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Autore: LysandraBlack    16/02/2020    3 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 25
Victim or executioner?

 

 

«Junior dovrebbe arrivare a breve, no?» Gli chiese Varric mentre si addentravano tra le vie della città bassa, dove avevano fissato l'incontro con Cadash.

«Già... in realtà aveva detto a fine Umbralis, ma con tutte le bufere che ci sono ultimamente, non oso immaginare come sia il tempo più nell'entroterra.» Rispose Garrett di cattivo umore, stringendosi ulteriormente nel mantello. Il vento infuriava da giorni nella baia portando con sé neve e schegge di ghiaccio che tagliavano la pelle come lame affilate.

«E io che pensavo che ai Fereldiani piacesse, il freddo.»

«Non lo sai? Ho cercato infatti di tornarmene a casa, ma non mi hanno voluto riprendere proprio per questo.» Rabbrividì, aprendo la porta della taverna e accogliendo la zaffata di aria calda e fumosa con un sospiro di sollievo. «Cazzo, aveva ragione Bu a starsene a casa, stamattina.» Aveva provato in tutti i modi a portare fuori la mabari, ma dopo i primi minuti passati a fare lo stretto necessario, l'animale si era fiondato di nuovo all'interno, barricandosi in salotto e rifiutando categoricamente di allontanarsi per più di qualche metro dal camino acceso, accoccolata sul tappeto.

«In effetti anche io mi fiderei più del cane che del tuo giudizio, Scheggia.» Gli diede corda Varric sogghignando. I suoi occhi dardeggiarono ad analizzare la stanza da cima a fondo.

Garrett fece lo stesso: un bancone semplice rovinato dagli anni, alla cui sinistra un corridoio si perdeva nella penombra, una coppia di lunghi tavolacci di legno segnati da chissà quanti boccali e coltelli, una finestra malconcia con delle spesse grate di ferro all'esterno e una scala che portava al piano di sopra. Almeno una dozzina di commensali, la maggior parte nani dall'aspetto poco amichevole, si erano girati contemporaneamente a fissarli. Nessuno di loro sembrava essere particolarmente contento di vederli lì. «Bella giornata, vero?»

Il nano dietro il bancone, una massa di muscoli e una folta massa di capelli e barba neri come la pece, si girò a sputare un grumo di foglie rossicce in una zuppiera accanto a sé. «Salite le scale, spilungone, senza perdervi in chiacchiere.»

«Sempre un piacere rivederti, Otto...» Ribattè imperturbabile Varric, facendo strada a Garrett per il piano di sopra.

Le scale di legno erano più solide di quanto si sarebbe aspettato, le assi che scricchiolavano appena sotto il loro peso. Dal pianerottolo partiva un breve corridoio stretto, due porte per lato e una più grossa verso il fondo. Il nano si diresse senza esitazione verso l'ultima, fermandosi a circa un metro da essa e battendo tre volte col tacco dello stivale sul pavimento.

Garrett sentì scattare qualcosa, seguito da un cigolio: si accorse solo in quel momento di due piccole feritoie ai lati del soffitto, che si stavano ora chiudendo fino a scomparire alla vista.

La porta si spalancò e una figura conosciuta lì salutò con un sogghigno, arricciandosi i folti baffi biondi. «Avanti, non vi mangio mica.»

Stök Cadash non era particolarmente massiccio, e di certo non era alto (come tutti i nani, d'altronde), portava i capelli rasati ai lati e il ciuffo al centro lungo quanto un palmo di mano. La barba era tenuta corta e un bel paio di baffi incorniciava il sorriso che si apriva sui denti larghi, lasciando intravedere un incisivo d'oro. All'orecchio destro portava due spessi orecchini a sfiorargli la pelata. «Allora, spilungone, sei venuto a rimborsarci dell'oro perso per colpa del vostro improvviso cambio di rotta?»

«Non devo rimborsarvi un bel niente: non ne sapevo nulla, altrimenti vi avrei fermati prima.» Ribattè Garrett, incrociando le braccia. Intercettò lo sguardo di ammonimento di Varric. «Ma potremmo trovare un compromesso che vada bene ad entrambe le parti...»

Il sorriso del nano davanti a lui si allargò ulteriormente. «Ora sì che parli la mia lingua!» Gli diede una pacca sul braccio, facendoli entrare, la porta che si chiudeva dietro di loro. «Prego, favorite pure.» Disse loro indicando una bottiglia sul tavolo, il suo contenuto verde brillante.

Il mago si accomodò sulla sedia, trovandola un po' bassa per il suoi gusti ma sorvolando. Vide Varric versarsi una piccola quantità dello strano liquido, e fece lo stesso. Annusò il contenuto del bicchiere, sotto gli occhi divertiti di Stök. Odorava di menta, muschio e, tanto da fargli prudere il naso, alcol. Ne mandò giù un sorso, mozzandosi il respiro quando la sostanza scese a bruciargli la gola e lo stomaco. Tossì, cercando di riprendere fiato mentre il nano del Carta scoppiava a ridere di gusto. «Cosa cazzo...?»

«Non è veleno, ma non è nemmeno per i deboli di stomaco.» Sentenziò Stök, brindando alla loro salute e bevendo tre lunghi sorsi. Ruttò sonoramente. «Allora, qual è la proposta?»

«La Resistenza ha bisogno di voi. Geralt e i suoi si sono spinti troppo oltre causando decine di vittime innocenti, e come risultato i Templari ci stanno addosso peggio di prima. Nel Circolo è un incubo e i rastrellamenti casa per casa, soprattutto nell'Enclave e in città bassa, accadono quasi ogni notte. Stanno cercando chiunque sia rimasto in città, non possiamo voltare le spalle ai maghi in difficoltà a causa di una manciata di stronzi.»

Il sorrisetto divertito del nano di fronte a lui si era allargato man mano che parlava, al punto da scoppiare in una fragorosa risata alla fine. «Bravo, spilungone, che eloquenza!» Battè le mani tre volte, in una smorfia di finta ammirazione. Prese un altro sorso, schioccando le labbra. «Purtroppo, non sono le belle parole a muovere il mondo.» Si appoggiò allo schienale, arricciandosi i baffi con le dita della mano. «Il capo è furioso con voi, avete fatto un bel casino. Ma non siete gli unici, quindi – anche grazie alla nostra amicizia di lunga data, Varric – sono riuscito a convincere Orzammar che valeva la pena darvi un'altra possibilità.»

Varric annuì. «E te ne sono grato, Stök, davvero. Gli amici si aiutano a vicenda, no? Quindi, se ci dicessi in che modo potremmo darti una mano, saremmo felicissimi di provare quanto teniamo a questa collaborazione.»

Il nano del Carta smise di accarezzarsi i baffi, portando entrambi i gomiti sul tavolo e incrociando le dita all'altezza del volto. «Questo si vedrà.» Scrutò Garrett dritto negli occhi. Aveva finito di scherzare. «C'è un carico di lyrium che è partito due settimane fa dalla Bianca Spira, ma data la burrasca sono stati costretti ad attraccare al porto di Cumberland e proseguire via terra. Sono ad un giorno di cammino da qui, diretti di gran carriera verso Ostwik. Hanno fretta, e fanno bene, sapete perchè?»

Scossero la testa.

«Il loro capo ha avuto la presunzione di rifiutare la nostra protezione, tutto per difendere qualche briciola. Grosso errore, le strade di questi tempi non sono affatto sicure.»

Garrett si sentì sprofondare. Si trattava delle scorte dei templari, che sicuramente scortavano in gran numero la sostanza da cui dipendevano.

Cadash sembrò leggergli nel pensiero. «Oh, non preoccuparti spilungone, non vi lascerò andare da soli. Dopotutto, ci tengo che quest'affare vada liscio come marmo.»

Varric sbuffò divertito. «Non sottovalutarlo Stök, questo spilungone è più in gamba degli altri.»

«Vedremo. Per ora l'ho solo visto farsela sotto per un paio di fuochi d'artificio.» Ridacchiò il nano. «Non sono io quello che dovete convincere, comunque. Fatevi trovare tra un paio d'ore alla porta nord, nelle vostre migliori condizioni. E nel caso qualcuno abbia intenzione di farsela sotto alla vista di qualche bronto in armatura fiammeggiante, portatevi un cambio.»

Vennero congedati. Scesero al piano di sotto, dove il nano dietro al bancone lanciò loro un altro sguardo infastidito, continuando a masticare le foglie rossicce. Si avventurarono all'esterno, il vento infuriava senza pietà.

«Passo a casa ad avvisare mia madre, tu convinci Anders a starsene a Kirkwall. L'ultima cosa che ci serve è Giustizia che se ne esce con una delle sue in mezzo a Carta e Templari.»

«Ogni volta che occorre diplomazia sono io a dover intervenire, possibile che non sai mai gestirti da solo il tuo ragazzo e il suo luminoso amico?»



 

Quando rientrò a casa, Bu lo accolse con un'occhiata di rimprovero dopo che una folata particolarmente gelida era riuscita a farsi strada fino alla poltrona dove la mabari si era accoccolata, incurante delle lamentele di Bodahn.

«Ah, Serah Hawke!» Saltò su il nano, sventolando nella sua direzione una spessa fetta di prosciutto.

«Se stai cercando di corromperla a scendere da lì, ti servirà l'intera coscia...» Gli consigliò divertito, scuotendo la testa.

L'altro abbassò la mano, sconsolato, voltando le spalle all'animale e facendo per andare verso le cantine. Con un balzo fulmineo, Bu si gettò sul boccone, sfilandoglielo dalle dita ancora prima che Bodahn potesse accorgersene.

Il nano inveì nella sua lingua, agitando il pugno in aria e cercando il sostegno di Garrett, che si limitò a ridere come un matto. «Tanto ormai la poltrona è sua, lascia perdere.»

«Ma vostra madre...»

Si strinse nelle spalle. «Tanto non c'è neanche oggi, no?» Fece vagare lo sguardo in salotto, fermandosi su un bouquet di fiori bianchi e rossi fresco fresco. «Di nuovo quell'Alphonse?»

Bodahn annuì.

«Uno di questi giorni dovrò andare a conoscerlo, credo. Spero solo non sia il tipico Orlesiano con la puzza di formaggio sotto al naso, o rischierò di scatenarmi contro le ire di mia madre per averle rovinato la piazza.»

«Il vicinato sembra aver cambiato idea su di voi, ultimamente, Serah. Persino la siepe è poco frequentata.»

«Oppure fa così freddo che la vecchiaccia si è congelata tra il viburno...»

«In tal caso, le fioriture saranno meravigliose quest'anno!»

«E soprattutto ce le godremo in pace.» Annuì, salendo in camera e recuperando in fretta armi e bagagli. Mise un po' di provviste nello zaino, qualche intruglio curativo di cui avrebbero probabilmente avuto bisogno data l'assenza di Anders, ci cacciò dentro due corde per l'arco e vi agganciò il giaciglio per la notte, prendendo la faretra dal suo supporto sul muro. Per ultimo prese il bastone magico.

«Bu, fai la guardia alla poltrona, va bene? Non sia mai che Lumia decida di pulire il caminetto!»

L'elfa, il grembiule sporco di farina e il mattarello di legno in mano, si affacciò dalla cucina con un cipiglio feroce. «Può prendersi la poltrona quanto vuole, ma se riprova ad entrare in cucina mentre sto impastando, spargendo i suoi pelacci ovunque, la trasformo in un pellicciotto.»

«Sentito, bella? Fai la brava.» Fece due coccole sulla testa della mabari, che sbadigliò contenta, per nulla impressionata dalle minacce. «Starò via qualche giorno, se mi cerca qualcuno spargete la voce che sto andando a caccia di draghi!»



 

Quando arrivò all'appuntamento, trovò Varric che già lo aspettava.

«Ah, se ci siamo tutti direi di non perdere ulteriore tempo!» Lo salutò Stök, seguito da tre figure. Due erano nani, uno dei quali stava fumando la pipa, mentre la terza figura era qualcuno che Garrett conosceva bene.

«Adaar, quindi non sei sparita anche tu!» La salutò con allegria esagerata, sperando che la Tal-Vashoth non lo volesse morto quanto era probabile facessero i suoi due maestri.

Il volto della ragazza rimase impassibile, gli occhi viola che si puntarono nei suoi per un attimo prima di tornare a fissare davanti a sé, corrucciata. «Hawke.» Reggeva il pesante maglio da guerra apparentemente senza sforzo.

Stök saltò sul carro assieme al nano che fumava, il quale prese nella mano libera le briglie dei cavalli, aspettando l'ordine del capo.

«Varric, ti unisci a noi?»

Garrett incrociò lo sguardo di scuse che l'amico gli lanciò prima di arrampicarsi con qualche difficoltà nel carro, subito dietro a Stök. Spostò un paio di casse di legno impilandole su delle altre, facendosi posto per sedere. Garrett, Adaar e l'ultimo nano seguivano a piedi il carro, che aveva iniziato a muoversi lentamente sulla strada ghiacciata.

Camminarono fino a tarda notte, quando finalmente Stök diede l'ordine di montare il campo. Dopo ore passate a congelarsi le chiappe e numerosi tentativi di fare conversazione con i due che lo avevano affiancato per tutto il tempo, il profumo della carne che arrostiva sul fuoco e le risate sguaiate dei nani gli risollevarono notevolmente l'umore, anche se aveva sempre l'impressione che la metà delle battute fossero rivolte a lui.

«Come l'ha presa Anders?» chiese a Varric, mentre versava all'amico da bere.

«Tutto sommato bene, è Giustizia che mi è sembrato un po' contrariato... sai com'è fatto.»

Lo guardò preoccupato.

Varric fece un gesto con la mano come se stesse scacciando una mosca. «Non fare quella faccia, ha solo minacciato ogni templare e nano nel Thedas se non fossi tornato vivo. Tutto nella norma.»

«Pensavo sarebbe venuto anche lui.»

Garrett si girò sorpreso. Adaar si sedette accanto a loro, un boccale di birra in mano.

«Non potevamo lasciare la clinica scoperta... e se qualche mago avesse avuto bisogno di noi?»

«Se i templari fossero caduti, avremmo potuto prendere la città senza sforzo e liberare tutti i maghi. Nessuno di loro avrebbe più avuto bisogno di niente.»

L'uomo aggrottò le sopracciglia. «Credi davvero che uccidere tutta quella gente per salvarne altra fosse un buon compromesso?»

La Tal-Vashoth ci mise qualche attimo a rispondere. «Stai solo cercando di rallentare l'inevitabile. Siamo mostri ai loro occhi, e questo non cambierà mai.»

«Il tuo amico, Kadan, non era un mago, eppure ha dato la vita per te. Non ti considerava un mostro.» Si pentì immediatamente di aver parlato.

La ragazza scosse la testa, i capelli bianchi come la neve a caderle sulla fronte. «I sacrifici sono necessari per raggiungere un obiettivo. Sataareth kadan hass-toh, issala ebasit. Se non fossi disposta ad uccidere ed essere uccisa per portare avanti il mio ideale, il nostro ideale... non tornerò ad essere Saarebas nelle mani altrui, né permetterò che lo siano altri. Non infangherò il sacrificio di Kadan.»

«È questo che Geralt e gli altri sostengono? Che per avere la nostra libertà, dobbiamo uccidere tutti gli altri?»

Adaar puntò lo sguardo sul fuoco davanti a loro, senza degnarlo di una risposta, ma Garrett non voleva demordere. La Resistenza si era spaccata in due, ma erano troppo pochi per portare avanti due battaglie separate. Forse c'era ancora speranza di dialogo, di riconciliarsi e trovare una via di mezzo tra il massacro indiscriminato nel nome della propria salvezza e il chinare la testa agli abusi della Chiesa e dei Templari. «Saranno sempre più di noi, non puoi non vederlo. Se dovesse scoppiare la guerra che credi di volere, ci distruggerebbero. Migliaia di innocenti cadrebbero solo per essere finiti in mezzo allo scontro, e non rimarrebbe alcun posto sicuro per un mago, verremmo additati come colpevoli da tutti.»

«Solo quelli sotto la Chiesa e il Qun hanno paura dei maghi.»

«Stai dicendo che vorresti vivere nel Tevinter, tra maghi del sangue e demoni?»

La risposta fu secca. «La magia del sangue non è altro che magia, ma non è questo il punto.» Strinse il pugno, riaprendolo di scatto e facendo roteare nell'aria una scheggia di ghiaccio geometricamente perfetta a qualche centimetro dal palmo. «Siamo più forti di loro. Nel Tevinter solo una minoranza sono maghi, eppure comandano loro, senza alcun Arvaarad coi la frusta a tenerli sotto controllo.»

«Quindi vorresti diventare a tua volta una despota, no?» Ribattè Garrett, incredulo. «Sfruttare la tua magia per controllare gli altri, per stringerli in una morsa di paura e obbedienza solo perché alcuni di loro hanno fatto lo stesso con noi. Passeresti da vittima a carnefice, Adaar!»

Sentì il bruciore alla guancia prima ancora di vedere la mano della Tal-Vashoth abbassarsi, gli occhi viola colmi d'ira. Si passò due dita sul taglio provocato dal ghiaccio, asciugandosi il sangue.

«Non parlarmi di vittime, Hawke. Mi avrai anche aiutata ad uscire dal Qun, ma non mi hai salvato. Sono stata trattata come una bestia, torturata, mi hanno strappato la mia voce e il mio scopo nella vita solo perché avevano paura di quelli come me. Il Qun non può essere convinto a lasciare la libertà ai maghi, non funziona così. E anche la tua Chiesa ha sempre massacrato chiunque si sia mai opposto alle loro regole: dai maghi, agli elfi, agli eretici.» Si alzò in piedi, troneggiando su di lui. Per un attimo, Garrett sentì un brivido gelido scendergli lungo la spina dorsale, e non era dovuto alla leggera nevicata sopra le loro teste. «Avrai anche visto le sofferenze dei maghi, ma finché non le avrai provate sulla tua pelle, non venire a parlarmi di vittime e carnefici, Garrett Hawke.»

La guardò allontanarsi, andando a sedersi accanto al nano che fumava la pipa e al suo compagno, che nel frattempo stava tagliando la carne e dividendo le parti.

«Te le ha cantate, eh?»

«Ti prego Varric, abbi pietà.»

«Non so come pensi di riuscire a risolvere questo casino, amico. Sembra un'impresa impossibile.»

«Eppure, non siete gli unici a credere che questa guerra non debba ancora scoppiare.» Stök allungò loro dei piatti colmi di cibo, che i due afferrarono esitanti. «Il Carta non è un branco di sorelle della Chiesa che prendono a cuore i poveri sfortunati, alla maggior parte di noi dei maghi non gliene può fregare di meno. Soldi entrano, soldi escono, e nel lyrium ce ne sono parecchi. Quando si scatenerà la guerra, dovremo scegliere una fazione, e non credo che il capo voglia trovarsi in quella situazione, non ancora.»

«Che intendi?»

Stök si succhiò un dito unto di grasso, apparentemente concentrato sulla cena. «Riunire tutti i vari clan criminali non è stato facile, ma lo sarà ancora di più convincerli che scegliere lo schieramento che paga meno possa essere una mossa vincente. Non ce la farà.»

«Il Carta potrebbe smettere di appoggiare i maghi, senza preavviso?»

«Oh, il preavviso gliel'ha già dato, di questo sono certo.» Rispose enigmatico il nano, staccando un gran boccone e masticandolo rumorosamente. «Ma voi spilungoni siete troppo soggetti alle correnti d'aria, con la testa sempre così in alto, e faticate a prestare orecchio ai consigli.»

«Su questo devo darti ragione.» Concordò Varric. «E per quanto detesti ammetterlo, Scheggia, il Carta non si schiererà a favore dei maghi, se dall'altra parte ci sono Orlais e tutti gli altri ad aprire i forzieri reali e chiedere più lyrium di quanto sia mai uscito dal sottosuolo.»

“E questo spingerebbe i maghi a rivolgersi agli unici abbastanza ricchi da poter competere con la Chiesa...” pensò Garrett, l'umore sempre più nero mentre masticava la cena. Quanto ci avrebbero messo i maghi liberi a chiedere aiuto al Tevinter? E per quanto ancora sarebbero rimasti tali?



 

In tarda mattinata del giorno successivo, incapparono nelle tracce fresche della compagnia che stavano inseguendo. I solchi lasciati dalle ruote del carro erano impressi a fondo nella neve fresca che si era posata durante la notte, coprendo anche le fronde dei sempreverdi del bosco.

Il nano che fumava la pipa tirò fuori una mappa della zona, guidandoli poi su un ripido sentiero che avrebbe messo alla prova la maggior parte dei cavalli che Garrett conosceva. La coppia di animali invece trainava il carro con facilità, arrampicandosi agilmente su per il pendio che curvava verso est, aggirando il costone. Per un attimo, prima che venisse inghiottita dalla folta vegetazione, gli sembrò di vedere la carovana dei templari sotto di loro. Quando dopo un po' iniziarono a scendere, Garrett intuì che avevano tagliato per una scorciatoia, per poi ricongiungersi con la strada principale che invece si snodava per diverse miglia serpeggiando accanto alle rive di un fiumiciattolo che scorreva nella vallata.

«Posto perfetto per un'imboscata.» Sentì Varric commentare, indicando un restringimento della via maestra tra una frana di rocce semi coperte dalla neve, gli alberi strappati via che allungavano arti spettrali verso il cielo, e l'argine del corso d'acqua. Tutto attorno la vegetazione sembrava impenetrabile, e si sarebbe certamente rivelata una via di fuga quasi impossibile data la ripidità del pendio e il fitto sottobosco.

Stök, accanto a lui, annuì con un largo sorriso sulle labbra. Guidò i cavalli fino a portare il carro proprio accanto alla pila di sassi, facendo segno a tutti di scendere. Il nano con la pipa iniziò a scaricare alcune casse, aiutato dall'altro compagno.

«Signori.» Prese la parola Cadash, in piedi sul carro «gli ordini sono semplici: nessun superstite. Dobbiamo mandare un messaggio forte e chiaro.» Aprì una delle casse, tirandone fuori tre quadrelli di balestra e passandoli a Varric. «La tua mira è buona come sempre, spero.»

L'altro sogghignò. «Non deluderei mai la mia amata Bianca.»

Garrett incrociò lo sguardo di Adaar, ma la Tal-Vashoth distolse in fretta il proprio, impegnata a spostare alcuni dei massi più grossi. Garrett andò a darle una mano, ricevendo solo un'occhiataccia. Senza magia ci misero un po' di più di quanto avrebbe voluto, ma non potevano rischiare di allarmare i templari che dovevano essere al massimo ad un'ora da lì. I tre nani del Carta procedettero poi ad aprire le casse, rivelando diverse grosse otri di pelle, accuratamente avvolte in diversi stracci per evitare gli scossoni: alcune contenevano una sostanza blu scuro, altre una polvere nera come la pece, mentre le ultime due una serie di bocce di vetro grosse quanto un pugno, che Stök usò per unire con precisione i due componenti. Posero poi gli otri tra gli spazi creati nelle rocce, ricoprendoli di neve e sassi.

Quando fu soddisfatto del risultato, Cadash fece segno di allontanarsi.

«Voi due,» disse rivolto agli altri due compagni, «prendete il carro e portatelo più avanti. Adaar, vai con loro.» I tre annuirono, risalendo sul carro e proseguendo lungo la strada.

Stök si rivolse poi a lui e Varric, evidentemente pregustando quello che stava per accadere. «Speriamo che i nostri amici non tardino ad arrivare, non vedo l'ora di mostrargli un po' di calore.»

Si nascosero tra gli alberi, al riparo dietro un grosso masso, in attesa. Sotto di loro, la frana. Varric teneva Bianca stretta tra le mani, uno dei quadrelli di Cadash già incoccato, la balestra puntata verso una piccola conca dove avevano nascosto il grosso delle bocce di vetro.

La carovana templare avanzava con lentezza arrancando nella neve, i quattro cavalli che sbuffavano affaticati trascinando i due carri pesanti. Una delle ruote di quello che procedeva in testa stava cedendo, mentre tre uomini spingevano il carro di coda, che scricchiolava ad ogni buca del terreno.

Garrett contò velocemente gli avversari: sei nani procedevano armati fino ai denti in mezzo al gruppo, tre per lato, mentre cinque templari aprivano la fila e altri quattro la chiudevano. Tre di questi ultimi, quelli che spingevano il carro, sembravano reclute, poco più che ragazzini, il viso rosso per lo sforzo e i calzari infangati fin sopra le ginocchia.

Quello che doveva essere il capitano procedeva in testa alla carovana, l'armatura che brillava come ghiaccio, la spada fiammeggiante dell'Ordine sul petto e un grosso spadone a due mani al fianco. Da sotto il grande elmo usciva una treccia di capelli scuri.

Appena vide le impronte che avevano lasciato poco prima, il capitano si irrigidì, alzando il pugno in aria e ordinando a tutti di fermarsi, sguainando di poco la lama. Fece segno a due dei suoi compagni di controllare la strada di fronte a loro, ma dopo che ebbero seguito per qualche metro i solchi del carro dei nani del Carta, che proseguiva oltre la frana lungo la strada, sembrarono tranquillizzarsi, rimettendosi in cammino pur restando vigili.

Con il fiato sospeso, Garrett li osservò mentre avanzavano, arrivando all'altezza della frana sotto di loro e permettendogli di vedere le casse di metallo impilate nei carri spuntare al di sotto di un telo bianco sporco, recante anch'esso le insegne dei Templari.

Quando le ruote anteriori del trasporto di coda si incastrarono in una buca, il mago trattenne il fiato, un'imprecazione tra i denti. Stök, accanto a lui, si fregava le mani, gli occhi che brillavano. «Altri dieci metri, su da bravi...» lo sentì sussurrare, una mano sul braccio di Varric.

Vide l'amico scrocchiare il collo, chinandosi a prendere la mira.

I templari riuscirono a liberare la ruota, grugnendo di fatica nel sollevare il carro.

Quando i primi due cavalli ebbero superato il grosso della frana, Stök lasciò andare Varric.

Il quadrello sfrecciò silenzioso tra gli alberi, andando ad incastrarsi con precisione chirurgica nella fessura tra le rocce. Si coprirono le orecchie.

L'esplosione violacea che seguì portò una vampata di calore che li costrinse a gettarsi a terra, il rombo assordante che gli faceva fischiare i timpani, detriti, rami, rocce e terra sparati ovunque dall'onda d'urto. Le urla di dolore degli uomini e nani presi in pieno, il nitrito disperato di un cavallo, il rumore delle rocce e degli alberi che caracollavano verso il fondo della vallata. Stök era già in piedi, ad ammirare la sua opera con un cipiglio soddisfatto, le mani sui fianchi.

Garrett guardò disgustato un templare trascinarsi sui gomiti verso il fiume, lasciandosi dietro una strisciata di sangue dal moncone di gamba.

Il capitano si era riparato dietro uno dei carri, che ora giaceva riverso da un lato, mezzo in fiamme, le casse cadute tutt'attorno. Urlò qualcosa che non riuscirono a sentire, chiamando alle armi i compagni. Quattro dei suoi uomini non si muovevano più, uno doveva essere stato abbastanza vicino all'esplosione da venire tranciato in due, il torso in una pozza scarlatta, gli occhi bianchi rivoltati all'indietro. Uno dei nani era rimasto schiacciato, mentre un altro ringhiava bestemmie cercando di liberarsi da sotto il cadavere di un cavallo. Dei tre templari e due nani ancora in piedi, solo il Capitano, una recluta e un nano erano relativamente incolumi e in grado di combattere.

«Direi che è il caso di porre fine alle loro sofferenze.» Esordì Stök, incamminandosi verso di loro con aria serafica, dopo aver fatto cenno a Garrett e Varric di seguirlo. «Spilungone, a te l'onore.»

Prima che il Capitano potesse indirizzare contro di loro un'aura antimagia, il mago lanciò un dardo incantato verso di lui, mancandolo per un soffio quando quello si buttò da un lato e colpendo uno dei suoi uomini feriti, che crollò a terra con l'armatura infranta e fumante.

Garrett incoccò una freccia, l'attacco del templare a stringergli lo stomaco in una morsa di nausea e impossibilitandolo a lanciare altri incantesimi. Varric colpì uno dei nani sotto l'ascella, e Stök lanciò contro di loro una boccetta più piccola, che infrangendosi sprigionò una nube verde acido: le fiamme residue dell'esplosione si innalzarono vertiginosamente con un ruggito, bruciando le tossine e altri tre avversari, che urlarono di dolore contorcendosi nel fango mentre cercavano inutilmente di spegnersi.

Sentì il campo antimagia venire infranto mentre il capitano barcollava, tossendo. Lo vide togliersi l'elmo e gettarlo a terra, rivelandone l'aspetto: era una donna sulla cinquantina, il volto segnato da numerose rughe, gli occhi innaturalmente azzurri che trasudavano odio. Sputò un grumo di sangue per terra, colpendosi il petto con un pugno. Rialzò la testa, lo spadone puntato contro di lui. Al suo fianco solo la recluta, che tremava di terrore e stringeva la lama corta con l'aria di essere ad un soffio dal farsela addosso. L'ultimo dei nani soppesò la situazione, per poi voltarsi verso uno dei cavalli che nitriva disperato poco lontano, ancora legato al carro rovesciato. Scattò per raggiungerlo, ma a metà strada cadde a terra come un sacco di patate, le gambe imprigionate in una morsa di ghiaccio: Adaar e il nano con la pipa spuntarono da dietro la frana fumante, le armi in pugno.

La recluta templare non ce la faceva più. Ignorando gli ordini del capitano, si lanciò urlando contro Garrett, mulinando la spada davanti a sé come un pazzo.

Con un colpo secco del bastone, lo spedì a mangiare il fango con una saetta.

Il capitano, rimasta sola, strinse i denti guardandoli con disprezzo, mantenendo la posizione. «Fottuti bastardi.»

«Ah, coraggio, non dirmi che lo spettacolo non ti è piaciuto.» La prese in giro Stök, indicando con un cenno i detriti ancora fumanti. «Mi sono impegnato così tanto!»

Un altro colpo di tosse si mangiò la risposta della donna. Un rivolo di sangue le colava a lato della bocca, il braccio destro che tremava quasi incontrollabilmente, ma la stretta sulla spada rimaneva salda. «Il Carta sta lavorando per i maghi, ora?»

«Così mi offendi.» Sogghignò Cadash. «Questi due sono ai miei ordini, non certo il contrario. Mentre tu... hai solo fatto gli affari con i nani sbagliati, ecco tutto.» Sospirò teatralmente, arricciandosi i baffi. «In un'altra occasione, avreste potuto essere nostri ottimi clienti. Oh beh, peccato.» Indicò la templare, voltandosi verso Garrett. «Forza, che stai aspettando?»

La donna non accennava a muoversi, lo sguardo d'acciaio puntato nel suo. Annuì. Gettò a terra la spada, allargando le braccia, la mascella serrata, sfidandolo a procedere..

Era inerme.

Adaar, dietro di lei, lo fissava impassibile, il grande martello da guerra che brillava sinistro.

Aveva bisogno dell'aiuto del Carta, tutti i maghi di Kirkwall contavano su di lui. Incanalò il mana, sentendolo scorrere attraverso di lui fino alle due gemme incastonate nell'arco di Malcolm Hawke, puntandolo verso la templare disarmata.

La scarica elettrica la colpì in pieno, sollevando il corpo e sbalzandolo all'indietro di un paio di metri, la testa che sbatteva sul fondo del carro rovesciato, fumante.

«Vedi che le cose le sai fare, spilungone...» commentò Stök, dandogli una pacca sul braccio e procedendo verso i due carri per esaminarne il contenuto.

Il nano che era corso verso il cavallo era ancora vivo, e cercava disperatamente di liberarsi dal ghiaccio. Cadash lo raggiunse senza fretta, guardandolo dall'alto in basso con aria critica. «Se quei kalna imbecilli dei Ghest si fossero messi in riga e avessero pagato la loro percentuale, nulla di tutto ciò sarebbe successo.» Scosse la testa, dando un colpetto col piede ad un sassolino accanto alla testa del nano a terra. «Gliel'avevamo detto che poteva essere pericoloso, viaggiare in questo periodo dell'anno... Il capitano stava solo agendo responsabilmente quando vi ha fatti attraccare d'urgenza a Cumberland, immagino l'avrebbe fatto anche senza che glielo consigliassimo.»

L'altro ringhiò una serie di insulti in lingua corrente e nanica, sputando tra i denti.

Stök scoppiò a ridere, staccando dalla cintura l'ascia che portava al fianco e conficcandogliela con forza nel cranio.

Garrett distolse lo sguardo. Gli veniva da vomitare.

Il cadavere ebbe un paio di scossoni violenti, prima di accasciarsi immobile.

«Ottimo, ora recuperiamo il lyrium ancora intatto e leviamoci dalle palle, non vedo l'ora di farmi una bevuta alla faccia di Otto, che come al solito aveva dei dubbi sulle nuove dosi!»

Il nano con la pipa, il quale si era rimesso a fumare come se niente fosse, annuì interessato. «Eppure non aveva tutti i torti, mi è sembrata leggermente instabile...»

«Instabile era tua sorella dopo che avevo finito con lei, Oran!»

«Lascia stare Venna, Cadash, o il prossimo fuoco d'artificio che vedrai sarà su per il tuo culo.»

Continuarono a battibeccare scherzosamente come niente fosse, trasportando le casse con il lyrium ancora integro sul loro carro, che il compagno aveva riportato indietro. In breve tempo, riuscirono a caricarvi su tutti e diciannove i piccoli forzieri contenenti le boccette che erano sopravvissute all'esplosione.

Oran e l'altro nano legarono il cavallo superstite di fronte ai loro, poi montarono uno alla guida e uno tra le casse, aspettando di partire.

Stök si voltò verso Varric e Garrett, Adaar al fianco. «Metterò una buona parola per voi col capo. Quando torneremo con i profitti di questa roba, sarà più di buon umore e propensa ad ascoltare i vostri piagnistei sui poveri maghi maltrattati.»

«Grazie.» Rispose asciutto Garrett. «Sono contento che possiamo continuare a fare affari.»

Il nano sorrise sotto i baffi, sollevando una mano in cenno di saluto e montando anche lui sul carro accanto ad Oran, rubandogli la pipa di bocca e ignorando le sue proteste.

Adaar li fissò per qualche momento, seria. «Sono contenta anch'io.» Diede loro le spalle, allontanandosi a grandi falcate.

Avrebbe voluto urlarle di stare attenta, di non ascoltare le parole d'odio che Geralt sembrava star predicando all'intera Resistenza, ma si sentì un ipocrita, con il cadavere della templare a terra a pochi metri da lui.

«Torniamo a casa, Scheggia.» Lo spronò Varric, scuotendo il capo come se gli avesse letto nel pensiero.



 

Il viaggio di ritorno passò in un silenzio pesante, l'umore di entrambi grigio come le nuvole sopra di loro, i fiocchi di neve che si infilavano dappertutto facendoli congelare fin dentro alle ossa.

Quando giunsero alle porte della città era mattina presto, e un piccolo nugolo di persone era raccolto davanti a loro, rumoreggiando agitato.

«Che sta succedendo?» Si domandò Garrett, avanzando circospetto. Gli sembrò di intravedere un elmo alato in mezzo alla folla, ma fu solo quando un uomo dall'accento fereldiano urlò a tutti di togliersi dai coglioni senza mezze misure che la gente finalmente si disperse, permettendogli di vedere la manciata di uomini in armatura di fronte a loro. Erano in sette, gli elmi sottobraccio, le insegne dei Custodi Grigi ben visibili anche se inzaccherate di fango.

L'uomo che aveva alzato la voce si stava beccando un rimprovero bonario da parte di quello che Garrett riconobbe subito come il Comandante Adrien de Lancourt, ma fu il giovane accanto a loro che attirò la sua attenzione. Aveva i capelli un po' più lunghi di come li ricordava e un velo di barba sui lineamenti squadrati che si erano fatti più duri, ma il broncio che seguì immediatamente l'espressione sorpresa del fratello alla sua vista era lo stesso.

«Carver!» Gli corse incontro, sollevato. Si fermò con le mani a mezz'aria, incerto se abbracciarlo o meno.

Il minore degli Hawke si scansò appena in tempo per evitarlo, riuscendo a dargli una specie di buffetto sul braccio. «Ciao Garrett.»

L'uomo accanto a lui, un naso prominente e un arco legato dietro la schiena, diede di gomito ad una nana con il volto interamente tatuato, che scoppiò a ridere di gusto di fronte all'imbarazzo del compagno più giovane.

«Non sbilanciarti troppo, mi raccomando!»

«Ma se non vedeva l'ora di arrivare... ci ha tormentati più lui che le vesciche ai piedi.»

Garrett cercò di non unirsi a loro quando il fratello minore arrossì vistosamente, voltandosi dall'altra parte e bofonchiando offeso. «Ma smettetela...»

«Ti vedo bene, Junior!» Lo salutò entusiasta Varric, un largo sorriso sul volto. «Hai ammazzato qualche arcidemone, ultimamente?»

«Ah-ah, molto divertente...»

«Se avessi incontrato davvero un arcidemone, non ci scherzeresti su.»

Di nuovo il fereldiano. Doveva essere il più anziano del gruppo, aveva il volto solcato da piccole rughe, fili grigi tra i capelli sulle tempie, eppure non sembrava affaticato dagli anni né dalla vita da Custode Grigio.

«Loghain, sai sempre come rallegrare le conversazioni.» Lo canzonò un'elfa mingherlina, un bastone da maga sulle spalle e una zazzera di capelli scuri che sparavano dritti sulla testa.

«C'è poco da rallegrarsi, pensavo l'avessi capito ormai, Korva.»

Il Comandante Adrien sospirò profondamente. «Non ricominciate o vi rispedisco dai nani.»

«Creatore, no!» Alzò le mani l'elfa in segno di resa, reclinando all'indietro la testa.

Un nano dai capelli rossi, che Garrett ricordava di aver incontrato nelle Vie Profonde, scoppiò in un attacco di tosse rischiando di strozzarsi con qualsiasi cosa stesse bevendo da un otre di pelle. Riemerse pulendosi i baffi con il dorso della mano, ridacchiando.

«Sempre meglio che tornare ad Orlais...» Replicò il fereldiano incrociando le braccia. Intercettò lo sguardo sorpreso di Garrett, che ricambiò con un cipiglio ostile. «Sì, sono Loghain Mac Tyr, proprio lui. Se ho causato la morte di qualche tuo consanguineo, amico o animale domestico, mettiti in lista, c'è una lunga fila di persone prima di te che mi vogliono morto.»

«E se questo è l'atteggiamento con cui ti presenti, non può che aumentare.» Commentò l'arciere, scuotendo il capo.

«Perché invece tu fa sempre un'ottima impressione...» Lo punzecchiò la nana.

Il Comandante annuì. «Sì, devo dire che sono rimasto particolarmente impressionato quando ti sei intrufolato nella mia fortezza, cercando di derubarmi e poi insultandomi dopo che ti avevano ragionevolmente rinchiuso in una cella.»

Il nano dai capelli rossi sogghignò. «Sei rimasto colpito letteralmente, Comandante. Ti ha dato una testata sul naso.»

«Quello è stato un incidente.» Si difese l'arciere.

«Certo, come no...»

Garrett squadrò Loghain Mac Tir, l'uomo che aveva causato la disfatta di Ostagar e, in parte, la distruzione di Lothering. Si diceva in giro che avesse compiuto una serie di crimini e nefandezze durante il Flagello, tra le quali incolpare i Custodi della morte del re, avvelenare l'Arle di Redcliffe tramite un mago del sangue e aiutare l'Arle di Dererim a vendere gli elfi dell'enclave a degli schiavisti del Tevinter. Eppure, e su questo tutti erano d'accordo, l'uomo aveva combattuto con onore nella battaglia finale, come un vero Custode Grigio. In molti lamentavano comunque che non fosse morto lui, al posto dell'Eroina del Ferelden.

Loghain gli rivolse un'occhiata sprezzante, per poi incrociare le braccia e rivolgere lo sguardo altrove. Garrett lasciò perdere. Unirsi ai Custodi forniva una seconda possibilità a tutti, in fondo.

Riportò l'attenzione sul fratello. «Nostra madre sarà contenta di vederti, ti aspetta impaziente da un mese. Piangerà, preparati ad inzupparti.»

Carver si lasciò sfuggire un sorrisetto. «Sopporterò.» Si voltò verso il Comandante, come a chiedere il permesso di allontanarsi.

Adrien de Lancourt gli fece segno di andare. «Staremo qui per un paio di settimane almeno, non c'è fretta.»

«Comandante, io un po' di fretta gliela metterei! Pensa a quella povera ragazza...» Commentò il nano dai capelli rossi, scoppiando a ridere sguaiatamente.

«Stà zitto, Oghren!»

«Lasciami dare qualche consiglio al ragazzo, Howe. Non batterà mai chiodo altrimenti.»

Garrett si scambiò uno sguardo divertito con Varric, ma entrambi si trattennero dal commentare. «Non abbiamo detto una parola a Merrill, come promesso.» Assicurarono al ragazzo.

Carver sembrò soddisfatto.

Salirono verso la città superiore, i gradini scivolosi dal ghiaccio nonostante la sabbia che le guardie cittadine spargevano quasi ogni giorno per le strade. Passarono davanti ad una bancarella di fiori, che si fermarono per un attimo ad annusare.

«Se ti stai chiedendo quali sono i suoi preferiti, io direi di puntare sempre sulle margherite.» Lo prese in giro Varric.

Carver finse di non dargli retta, ma Garrett potè giurare di averlo visto guardare con particolare attenzione un bel mazzo di margherite bianche e grandi fiori rosa acceso.

Una volta svoltato l'angolo di fronte a casa loro, però, l'ilarità cessò di colpo.

Un templare era stazionato di fronte alla porta, mentre due guardie cittadine montavano la guardia all'ingresso del vialetto. Il cuore di Garrett perse un battito, il pensiero che volava immediatamente ad Anders. Era stato catturato? L'avevano scoperto?

La guardia che gli corse incontro, però, non aveva l'aria di starlo per arrestare: aveva gli occhi lucidi. Aprì la bocca un paio di volte, senza che ne uscisse un suono.

«Donnic, che è successo?» Si sforzò di chiedergli, il terrore che si faceva strada come un serpente lungo la schiena.

«Mi dispiace... Creatore, Garrett, non-»

«Vieni al punto, dannazione!» Gli urlò in faccia Carver. Non ottenendo risposta, lo scostò di lato e si fece strada verso l'ingresso, gli occhi sgranati.

I due templari fecero per fermarlo, quando la porta si aprì di scatto.

Ne emersero Aveline e Anders, entrambi con l'aria sconvolta e gli abiti sporchi di sangue.


































Note dell'Autrice: sono tornata! Mi scuso per essere scomparsa per un po', è stato un periodo un po' strano e la voglia di scrivere scarseggiava.
Stök Cadash (a proposito, il suo nome in Svedese significa "Caos") fa la sua comparsa in grande stile, ha un po' di Natia, non trovate? In fondo lavora per lei. Garrett si trova a fare una scelta difficile, che non è nè la prima, nè soprattutto l'ultima, mentre Adaar sembra ormai aver fatto la propria. Anche Carver è tornato a Kirkwall, giusto in tempo oltretutto, gli Hawke e le gioie... però mi era mancato. 
Sperando di tornare presto, atrast tunsha! 

  
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