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Gli prudono le mani.
E no, non nel senso collerico del termine.
Gli prudono le mani e sa che se posa la bottiglia di liquore a terra, quelle andranno a trovare conforto in altri materiali inebrianti e stordenti.
Per cui beve, beve tanto Zoro.
Beve con Franky attorno al fuoco acceso sulla spiaggia dove campeggiano per la notte, su una nuova isola.
Beve con Chopper, prima che Rufy e Usopp lo rapiscano in un ballo osceno.
Beve perfino col cuoco, pur di non lasciare nell’ozio le mani, sempre impegnate ad armeggiare bottiglie fino a quando non incespicano nella leggera sbronza.
Ma continuano a prudere.
Prudono cavolo, prudono da impazzire.
Sembra abbiano il fuoco sotto pelle.
Come se un liquido sconosciuto abbia trovato breccia dalla sua prigione e ora non abbia alcuna intenzione di fermarsi se prima non prende il pieno controllo delle sue mani e le usa per…
Per…
Zoro sa per fare cosa.
È tutta la sera che evita di pensarci, che mantiene gli occhi incollati ai nakama e beve per trattenersi.
Ma basta scivolare con l’iride d’ossidiana appena più in là del profilo afro di Brook per vederla ballare, e le mani scalpitano e stringono talmente forte la bottiglia che la incrinano.
-Yo-hohoho Zoro san: che presa!-
Già, che presa.
Che presa vorrebbe liberare da quelle mani, posandola su Nami.
Nami che balla, ancheggia, volteggia con Chopper o il dannato cuoco.
Nami che salta attorno al fuoco sulle note del violino di Brook, Nami che mostra i suoi fianchi scoscesi e invitanti.
E le mani prudono.
Le dita scioccano tra loro e scalpitano per potersi posare, stringere, pizzicare quella pelle lattea che si tende in giravolte e passi di danza, offrendosi a lui con fin troppi invitanti movimenti.
Sta per impazzire!
Se lo sente, insieme alla smania di pizzicare i fianchi di Nami che gli brucia le mani: se non poserà le dita attorno alla sua pelle, la sua mente si liquefarà.
Basterebbe così poso.
Un piccolo, piccolo pizzicotto sui suoi fianchi nudi mentre salta davanti ai suoi occhi.
Solo uno…
Beve avido, e annega quel desiderio, annacqua il bruciore alle mani e spera di salvarsi.
Si, ci spera.
Ci spera anche mentre la bottiglia gli scivola di mano, finalmente libera!, e si alza in piedi.
Ci spera ancora quando Nami si volta, ancheggia davanti ai suoi occhi e si piega verso di lui.
Ci spera, ci spera eccome.
Ci spera anche quando le dita febbreccitanti si posano sui fianchi della navigatrice e li stringono con appagante e beata forza.
Ci spera.
Spera che il contatto non finisca mai.
-Gigil- ansa con le dita strette su Nami, a un soffio da lui.
Gigil, ripete, mentre la rossa lo prende per mano e si allontana con lui.
E no, non nel senso collerico del termine.
Gli prudono le mani e sa che se posa la bottiglia di liquore a terra, quelle andranno a trovare conforto in altri materiali inebrianti e stordenti.
Per cui beve, beve tanto Zoro.
Beve con Franky attorno al fuoco acceso sulla spiaggia dove campeggiano per la notte, su una nuova isola.
Beve con Chopper, prima che Rufy e Usopp lo rapiscano in un ballo osceno.
Beve perfino col cuoco, pur di non lasciare nell’ozio le mani, sempre impegnate ad armeggiare bottiglie fino a quando non incespicano nella leggera sbronza.
Ma continuano a prudere.
Prudono cavolo, prudono da impazzire.
Sembra abbiano il fuoco sotto pelle.
Come se un liquido sconosciuto abbia trovato breccia dalla sua prigione e ora non abbia alcuna intenzione di fermarsi se prima non prende il pieno controllo delle sue mani e le usa per…
Per…
Zoro sa per fare cosa.
È tutta la sera che evita di pensarci, che mantiene gli occhi incollati ai nakama e beve per trattenersi.
Ma basta scivolare con l’iride d’ossidiana appena più in là del profilo afro di Brook per vederla ballare, e le mani scalpitano e stringono talmente forte la bottiglia che la incrinano.
-Yo-hohoho Zoro san: che presa!-
Già, che presa.
Che presa vorrebbe liberare da quelle mani, posandola su Nami.
Nami che balla, ancheggia, volteggia con Chopper o il dannato cuoco.
Nami che salta attorno al fuoco sulle note del violino di Brook, Nami che mostra i suoi fianchi scoscesi e invitanti.
E le mani prudono.
Le dita scioccano tra loro e scalpitano per potersi posare, stringere, pizzicare quella pelle lattea che si tende in giravolte e passi di danza, offrendosi a lui con fin troppi invitanti movimenti.
Sta per impazzire!
Se lo sente, insieme alla smania di pizzicare i fianchi di Nami che gli brucia le mani: se non poserà le dita attorno alla sua pelle, la sua mente si liquefarà.
Basterebbe così poso.
Un piccolo, piccolo pizzicotto sui suoi fianchi nudi mentre salta davanti ai suoi occhi.
Solo uno…
Beve avido, e annega quel desiderio, annacqua il bruciore alle mani e spera di salvarsi.
Si, ci spera.
Ci spera anche mentre la bottiglia gli scivola di mano, finalmente libera!, e si alza in piedi.
Ci spera ancora quando Nami si volta, ancheggia davanti ai suoi occhi e si piega verso di lui.
Ci spera, ci spera eccome.
Ci spera anche quando le dita febbreccitanti si posano sui fianchi della navigatrice e li stringono con appagante e beata forza.
Ci spera.
Spera che il contatto non finisca mai.
-Gigil- ansa con le dita strette su Nami, a un soffio da lui.
Gigil, ripete, mentre la rossa lo prende per mano e si allontana con lui.
Gigil, l’impulso irresistibile di pizzicare
o stringere qualcuno a cui si vuole bene
(Tagalog, lingua delle Filippine)
o stringere qualcuno a cui si vuole bene
(Tagalog, lingua delle Filippine)