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Autore: RosaRossa_99_    18/02/2020    1 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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I due giorni seguenti li passammo insieme in piscina o sul mio letto, abbracciati. Si offrì anche di riaccompagnarmi a recuperare la macchina, che per fortuna trovammo intera e dove l’avevo lasciata. Non si parlò più degli eventi successi, né di suo padre né di Dave. Volevo che fosse Stef a raccontarmi di lui, avevo capito che insistere non avrebbe portato a nulla e che quando sarebbe stato pronto ne avrebbe parlato lui stesso.

Era lunedì e la sveglia suonò puntuale. Mi portai il cuscino sopra gli occhi, cercando di cancellare il rumore assordante, ma invano, così sbuffando mi alzai, recuperando il cellulare dalla scrivania. Era un ottimo metodo quello di tenerlo così lontano: non potevo far altro che alzarmi per zittirlo. Quando lo sbloccai notai un messaggio di Kylie:

Sophie! Buongiorno, oggi ci vediamo all’ingresso? Ho molte cose da raccontarti -K

Sorrisi, felice di aver trovato una nuova amica e le risposi:

Buongiorno a te! Farai meglio a raccontarmi tutti i dettagli… 

Decisi di non dire niente ancora di Stef, non volevo correre troppo. Bloccai il telefono e corsi in bagno, facendo una doccia veloce e uscendo dal bagno con un asciugamano avvolto al corpo. Iniziai a canticchiare una musichetta, entrando nella stanza e dirigendomi verso il guardaroba per vestirmi.

“Killer Queen? Non pensavo che ti potessero piacere i Queen”

Saltai in aria, spalancando gli occhi e guardando Stef coricato tranquillamente sul mio letto ancora disfatto, il suo sguardo puntato su di me, i lividi e i tagli ormai quasi scomparsi. Indossava una maglia nera, con i suoi soliti jeans del medesimo colore leggermente strappati e un paio di stivaletti sempre neri in pelle. I capelli poco tirati in su gli incorniciavano il viso e una leggera barba era spuntata sul suo mento, probabilmente la mattina non si era rasato. Si leccò le labbra, percorrendo il mio corpo con lo sguardo, facendomi realizzare che ero ancora in asciugamano. 

“Che ci fai qui? Mi hai spaventato da morire”

Dissi stringendomi l’asciugamano ancora di più e arrossendo sotto il suo sguardo. Lui alzò un sopracciglio, scendendo dal letto e avvicinandosi fino ad arrivare di fronte a me. Abbassai lo sguardo ma lui prontamente portò due dita sotto il mio mento, facendomi alzare lo sguardo e facendolo scontrare con il suo. Un sorrisetto gli fece spuntare una fossetta sulla sua guancia destra

“Pensavo avessimo superato la fase d’imbarazzo”

Disse riferendosi alla mia timidezza sull’essere praticamente nuda di fronte a lui.

“Uhm… beh si, suppongo”

Si chinò leggermente, continuando a guardarmi negli occhi come per chiedere il permesso, e io in risposta mi misi sulla punta dei piedi, facendo scontrare dolcemente le nostre labbra. Le sue mani si spostarono subito una sul mio collo e l’altra dietro la schiena avvicinandomi ancora di più a lui e facendomi portare le mani sul suo petto, per non perdere l’equilibrio. Le sue labbra si muovevano dolcemente, accarezzando le mie con attenzione. Un bacio diverso da tutti quelli scambiati fino ora, che mi fece perdere qualche battito. Ci staccammo, mantenendo le fronti a contatto e lui gemette in approvazione

“Buongiorno”

Sussurrò sulle mie labbra, prima di lasciarvi un altro bacio a stampo

“Giorno”

Gli sussurrai con un sorriso stampato in faccia

“Ora forza, per quanto mi piacerebbe vedere quello che c’è qui sotto… vatti a vestire o arriveremo in ritardo. Veloce, prima che cambi idea. Ti aspetto davanti casa, ti do un passaggio”

Io risi, anche se una parte di me desiderava che lui mi tirasse via l’asciugamano e mi spingesse su quel letto. Mi girai, dopo avergli dato un ultimo veloce bacio, iniziando a camminare verso l’armadio, e appena lo feci uno schiaffo sulla natica mi fece saltare in aria. Mi girai con un sopracciglio alzato, guardandolo mentre cercava di trattenere un sorriso

“Me ne vado, me ne vado”

Disse, scavalcando la finestra e iniziando a scendere dal tronco dell’albero. Roteai gli occhi, correndo verso l’armadio e cercando qualcosa da mettere. Ero decisamente in ritardo. Optai per una gonna beige, una tshirt e delle sneakers bianche e leopardate. Raccolsi velocemente i capelli in una crocchia scombinata e applicai un po' di mascara e una spolverata di fard color pesca.

Scesi le scale di corsa, salutando mio padre, che o era nello studio o era già uscito per andare a lavoro, e poi uscii fuori di casa, trovando Stef ad aspettarmi poggiato sul cofano della sua auto, intento a lanciare un mazzo di chiavi in aria e riprenderlo al volo. Al gesto i muscoli del braccio si flettevano e rilassavano, dando vita alle macchie d’inchiostro che lo coloravano. Si alzò gli occhiali da sole, portandoseli sulla testa, e si staccò dalla macchina, aprendo lo sportello e facendomi cenno di salirvi

“Vuoi farmi aspettare ancora?”

Disse con un sorrisetto beffardo, facendomi risvegliare dal mio stato di trance; scossi la testa

“Di sicuro non ti farebbe male aspettare altri cinque minuti”

Dissi scuotendo la testa ed entrando in macchina. Richiuse lo sportello ridacchiando per poi girare e venire a sedersi al posto del guidatore, girando la chiave nel cruscotto e facendo partire la macchina. Durante il viaggio ascoltammo la radio, cantando le canzoni che passavano nelle varie stazioni, inventando le parole per la maggior parte del tempo e esibendoci con le nostre stonature. Lui sembrava così diverso dal ragazzo che si era mostrato all’inizio… sembrava più rilassato e più libero.

Dopo circa dieci minuti arrivammo all’istituto dove lui posteggiò la macchina nel parcheggio riservato. Si girò verso di me, portandomi dietro l’orecchio una ciocca di capelli che si era liberata dalla crocchia, sorridendomi. Come avrei dovuto comportarmi? Non stavamo neanche insieme… non c’era una definizione per quello che c’era tra di noi, anche se di sicuro era più che amicizia. Accennai anch’io un sorriso, abbassando lo sguardo non sapendo che fare. Lui si schiarii la voce, allontanandosi da me e interrompendo il contatto

“Uhm… forse è meglio tenere la cosa per noi”

Dissi senza riflettere e alzai lo sguardo incrociandolo con il suo. Un qualcosa passò dalle sue iridi, ma non seppi riconoscerlo. Subito dopo ruppe di nuovo il contatto

“Si, forse è meglio”

Disse a denti stretti e accigliandosi. Sembrava quasi arrabbiato da questa mia risposta. Prima che potessi chiedergli cosa avesse, lui aprì lo sportello, uscendo dalla macchina e sbattendolo, provocandomi un sussulto. Pensavo che lui volesse tenere la cosa nascosta, se no non lo avrei mai detto… ero stata una stupida a pensarlo. Scossi la testa, scendendo anch’io dalla macchina e vedendolo poggiato poco più in là su un muretto con una sigaretta tra le labbra. Non appena chiusi lo sportello lui fece scattare la sicura, gettando il mozzicone mezzo finito per terra e pestandolo con gli stivaletti, per poi girarsi e raggiungere un gruppo di ragazzi che salutò con un cenno della testa. Abbassai la testa, iniziando a camminare verso la gradinata dell'entrata e alzai lo sguardo quando mi sentii chiamare: Kylie mi stava correndo in contro tutta trafelata. Indossava una camicetta azzurra con dei jeans aderenti, e cosa più importante, i suoi occhiali erano spariti.

“Sophie!!”

Disse abbracciandomi, e procurandomi una risatina

“Eilà”

La salutai avvolgendo le braccia intorno al suo busto

“Mi dispiace un sacco averti lasciata da sola alla festa!! Prima di andare ti ero venuta a cercare ma ti avevo vista impegnata… così mi ha fermato Stef. Mi ha detto che siete vicini di casa e che ti avrebbe lasciato lui, se no ti giuro! Non ti avrei mai lasciata!!”

Mi accigliai, ricordandomi come Stef avesse saltato totalmente questa parte del racconto. 

“Non preoccuparti! Piuttosto… Jeff, eh?”

Dissi con un sorriso malizioso, dandole una piccola gomitata per poi prenderla a braccetto e iniziare a incamminarci verso l’interno della scuola. Lei arrossì, nascondendo il viso con i suoi capelli e procurandomi una risata

“Deve piacerti proprio tanto eh”

Lei alzò il viso, mostrandomi le sue guance rosse e un sorriso che andava da una parte all’altra del viso, annuendo

“Su, raccontami. Voglio i dettagli”

Lei mi trascinò verso il davanzale della finestra, quello un po' più appartato, sedendovisi di sopra e io la imitai

“Beh… dopo che sono tornata da lui, abbiamo iniziato a parlare. Lo abbiamo fatto per tutta la sera, in effetti. Lui è così… intelligente, simpatico, bello! Abbiamo così tante cose in comune. Amiamo entrambi i libri, i vecchi film in bianco e nero, i Beatles!! Mi sembrava di conoscerlo da così tanto...”

Si interruppe, con un sorriso stampato sulle sue labbra, probabilmente ricordandosi di quella sera

“Poi mi ha chiesto se volevo essere riaccompagnata a casa e beh… ho accettato”

A quel punto il suo sorriso si spense ed io mi accigliai

“Pensavo che avrebbe provato a baciarmi, ma… si è limitato a stamparmi un bacio sulla guancia”

“Ti ha detto qualcosa prima che tu scendessi?”

Lei annuì

“Che non passava una serata come quella da tanto tempo… e che mi avrebbe voluta rivedere”

Le sorrisi teneramente

“Probabilmente non vuole correre. È meglio che non ti abbia baciato perché se lo avesse fatto avrebbe potuto significare che non gli interessava altro che quello. Invece così ti ha detto che ti vuole vedere ancora! Secondo me gli piaci”

I suoi occhi si illuminarono e mi ritrovai in un altro dei suoi abbracci, che mi fece ridere

“Grazie, grazie!! Sei il mio cupido personale”

La campanella richiamò la nostra attenzione, segno che le lezioni stessero per iniziare

“Cosa hai a prima ora?”

Mi chiese Kylie e io guardai la mia scheda

“Matematica”

Risposi

“Mamma mia che palle… tutti quei numeri mi fanno solo girare la testa! Non credo la capirò mai”

Disse ridendo e io di seguito a lei. In realtà non mi dispiaceva affatto, anzi. Era sempre stata una delle mie materie preferite, e si lo so, è strano, parecchio strano. Kylie aveva storia a prima ora così ci salutammo sulle scale, prima che io cercassi la mia aula, che trovai dopo poco. Entrai andandomi a sedere in quarta fila, dato che le prime erano tutte occupate. Iniziai a prendere il quaderno con l’astuccio quando un colpo di tosse richiamò la mia attenzione. Un ragazzo biondo con la giacca della squadra scolastica di football mi guardava con un sopracciglio alzato

“Posso?”

Disse indicando il posto vuoto accanto al mio. Annuii, spostando le mie cose e lasciandogli più spazio libero sul tavolo. Lui si accomodò, iniziando a fissarmi poggiato su un gomito. Dopo qualche minuto in cui non si decideva a parlare o a smetterla di guardarmi, mi girai abbastanza infastidita con un sopracciglio alzato

“Vuoi farmi un ritratto per caso?”

Lui scosse la testa, ridacchiando

“Ho sentito che hai messo a tacere quella troia di Molly, volevo conoscerti di presenza. A quanto pare le voci sono proprio vere...”

Disse accarezzandosi il mento. Lo guardai stupita

“Perdonami?”

Lui inclinò la testa, avvicinandosi ancora di più con la sedia, procurando un rumore stridulo

“Dicevano che fossi una gran bella ragazza con un bel caratterino. Dovevo per forza conoscerti”

Disse ammiccando, e io lo guardai con uno sguardo disgustato

“Sono Ben, onorato della tua conoscenza”

Mi tese la mano con un sorriso che lasciò scoperti i suoi denti, talmente bianchi da potermi accecare se un raggio di sole li avesse colpiti

“Direi che per me non è esattamente un piacere”

Risposi, rigirandomi e lasciandolo in tredici con ancora la mano tesa. Forse ero stata sgarbata, ma avevo vissuto un’intera vita a riconoscere il classico stronzetto montato di turno. E lui era esattamente quello. Delle risatine giunsero alle mie orecchie, probabilmente la classe aveva assistito alla scenata

“Acida del cazzo. Non hai la fica d’oro, non fare tanto la profumiera”

Stavo per controbattere ma non appena mi rigirai vidi Stef sovrastarlo e afferrarlo per il colletto, sollevandolo di poco da terra, come se fosse stato un bambino di appena qualche chilo

“Ritira immediatamente quello che hai detto”

Sputò tra i denti, lo sguardo nero e la mascella tesa. Il biondino lo guardò con gli occhi spalancati, portandosi le mani davanti

“S-si scherzava, mica te la sei presa… non è vero S-sophie?”

Disse cercando il mio aiuto, e per quanto fosse comica la situazione, io roteai gli occhiali

“Mettilo giù Stef, avanti”

Gli dissi alzandomi, ma non appena poggiai una mano sul suo braccio, per fargli lasciare la presa, il professore entrò in classe

“Huston! Metti subito giù Wright!!!”

Il ragazzino si girò verso il professore

“Ha iniziato lui!! Insieme a lei!!!”

Urlò, indicando me e Stef. Io rimasi con la bocca aperta pronta a controbattere, ma lo sguardo infuriato del professore mi fece ingoiare tutte le parole che avrei voluto dire

“Lei è la nuova arrivata, la signorina...”

“Fiore”

Risposi e lui annuì

“Di lei non mi stupisco, signor Huston. Non riesce a tenersi lontano dai guai neanche per due giorni! Per quanto riguarda lei, signorina Fiore, imparerà che queste aggressioni non vengono prese sotto gamba. Entrambi in presidenza. ORA!”

Urlò, indicando con l’indice la porta. Sentivo tutti gli sguardi della classe addosso, così abbassai lo sguardo imbarazzata. Non ero mai stata richiamata, mai fatto niente di sbagliato, mai stata in presidenza se non per essere complimentata dei mie voti… cazzo. Che poi neanche era stata colpa mia… né tanto meno di Stef, lui aveva cercato di proteggermi

“Come dice lei, Signor Professore”

Rispose Stef con un tono canzonatorio, lasciando il colletto del ragazzo e sistemandoglielo, per poi dargli uno schiaffetto sulla guancia, come si farebbe ad un bambino, e facendolo diventare rosso dalla rabbia. Sembrava prendere tutto con così tanta leggerezza, come se fosse normale essere mandati in presidenza. Raccolse il suo zaino da terra e senza guardarmi uscì dalla classe. Io afferrai velocemente le mie cose, lanciando uno sguardo di fuoco al ragazzo e correndo fuori, vedendo Stef svoltare l’angolo. Iniziai a correre, cercando di non far cadere i libri che avevo raccolto di corsa e non posato nella borsa. Quando lo raggiunsi lo vidi fermarsi di colpo, facendomi sbattere contro la sua schiena e facendomi finire per terra

“Ouch...”

Dissi massaggiandomi la fronte. Lui si girò, sbuffando e prendendomi da sotto le ascelle, facendomi rialzare come se pesassi quanto una piuma, per poi chinarsi e raccogliere i miei libri. Senza parlare, bussò ad una porta a cui rispose una voce femminile che disse di entrare e così Stef spalancò la porta, mostrando una stanza con tanti scaffali pieni di libri e una scrivania in mogano a cui stava seduta una donna sulla cinquantina, con i capelli castani perfettamente acconciati e un completo blu. La targhetta poggiata dinanzi a lei recitava “preside Fuller”. Alzò lo sguardo su di noi, spostandosi sulla punta del naso gli occhiali dalla montatura rossa, per poi scuotere la testa

“Cosa ha combinato sta volta, Signor Huston?”

Chiese sconsolata, come se fosse abituata alla sua presenza. Prima che potesse parlare, io mi feci avanti

“È stata colpa mia, Signora Preside. Stefan mi ha solo difesa”

La donna spostò lo sguardo su di me, facendomi cenno con un dito di avanzare, e così feci

“Lei è la signorina?”

“Fiore, Sofia Fiore. Sono nuova”

“Oh lo vedo, signorina. Presto imparerà che in questa scuola ognuno è responsabile delle proprie azioni, ma se proprio la mette così… bene. In punizione. Entrambi”

Disse spostando lo sguardo da me a Stef, che notai roteare gli occhi come ad esserne scocciato. Io ero mortificata, neanche una settimana e già ero stata messa in punizione. Abbassai lo sguardo, annuendo

“Dopo la fine delle lezioni, presentatevi nella biblioteca dell’ala nord. Il signor Jeremy avrà del lavoro per voi. Questo è tutto, ora fuori”

Si riposizionò gli occhiali sul naso, e ritornò a leggere i documenti impilati dinanzi a lei. Uscimmo dal suo ufficio, richiudendoci la porta alle spalle, e vidi Stef iniziare a camminare lungo il corridoio

“Ei aspetta!”

Gli gridai contro, accelerando il passo ma non correndo, per evitare di finire di nuovo a terra.

“Stef! Cos’hai? Perché non mi parli?”

Lui sbuffò

“Lasciami in pace, Sofia. Non è il momento”

Disse prima di aprire una porta di emergenza e iniziare a scendere le scale metalliche che conducevano nel cortile interno. Io rimasi a guardarlo, decidendo di non seguirlo. Avremo avuto tutto il tempo per parlare e chiarire.

   
 
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