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Autore: BabaYagaIsBack    19/02/2020    0 recensioni
● Book II ●
In una notte Aralyn ha compiuto nuovamente l'impossibile, mettendo in ginocchio l'intero clan Menalcan. Ha visto ogni cosa intorno a sé macchiarsi del colore del sangue e andare distrutto - forse per sempre. Così, in fuga dai sensi di colpa e dal dolore che le schiaccia il petto, si ritrova a essere ancora una volta l'eroina del suo branco e il mastino al servizio del Duca, ma anche il nemico più odiato dai lupi del vecchio Douglas e l'oggetto di maggior interesse per il Concilio che, conscio di quale pericolo possano ora rappresentare i seguaci di Arwen, è intenzionato a fargliela pagare.
Ma qualcuno, tra i Purosangue, è disposto a tutto pur d'impedire che la giovane Aralyn Calhum venga punita; anche mettere a punto un "Colpo di Stato".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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2. A returned friend

Arwen osservò la schiena di Killian sotto alla canottiera scura studiando ogni movimento dei suoi muscoli, quasi quelli potessero spiegargli ciò che stava avvenendo al di là del trapezio di carne pallida. I lunghissimi capelli neri, raccolti in una coda bassa, oscillavano scandendo il tempo al pari del pendolo di un orologio, ricordandogli che sua sorella era priva di coscienza da una quantità di ore decisamente preoccupante.
E lui non parlava. Nemmeno mezza sillaba.
Stava lì, curvo su di lei a tamponare, disinfettare e cucire al pari di un sarto d'anime, senza però proferir parola.

Cosa gli sarebbe costato aggiornarlo sulla situazione?

Erano fermi a metà strada, a tre ore dal tunnel che collegava la Gran Bretagna con il resto d'Europa - ciò significava che, tutti gli sforzi del momento, sarebbero potuti diventare vani se uno solo dei Menalcan li avesse trovati - quindi Arwen aveva bisogno di rassicurazioni, di sapere che non stavano rischiando tutto per una causa già persa.
Con le dita tastò nuovamente sul sedile accanto a sé, alla ricerca di qualche sigaretta che il licantropo di fronte ai suoi occhi aveva imprudentemente lasciato alla sua mercé. Era l'attesa più estenuante a cui avesse mai dovuto far fronte e la consapevolezza di non sapere quando sarebbe terminata, ma soprattutto con che esito, la rendeva ancora più atroce.
Mordendosi il labbro, l'Alpha prese a picchiare il piede nudo sul pavimento del camper in cui erano rintanati. Non si era ancora concesso una doccia o un minuto di riposo, troppo teso per fare qualsiasi cosa se non star lì.
Il sangue rappresosi aveva iniziato a tirargli la pelle con fastidio, ma lui non aveva ceduto, restando su quel sedile a osservare.
Le tende chiuse e il parabrezza coperto facevano da scudo tra l'esterno e l'abitacolo adibito a sala operatoria, nascondendo così sia la sua tensione e il suo stato pietoso, sia le movenze esperte di Killian che, d'un tratto, interruppe ciò che stava facendo, piegando il capo all'indietro e sospirando.

«Non farlo...» sbuffò dopo qualche istante. La sua voce fu poco più che un sussurro, facendo quasi dubitare che si stesse rivolgendo all'altro e non a sé stesso o a una qualche divinità.

Arwen si tolse il filtro dalle labbra, spazientito: «Non fare che?» domandò poi, arricciando la smorfia. Non riusciva a capire, men che meno a dare una spiegazione al fatto che lui si fosse interrotto. Voleva forse dire che aveva finito con Aralyn? Stava gettando la spugna oppure era riuscito a salvarla?

«Non mettermi fretta» finalmente il profilo tagliente dell'uomo si mostrò agli occhi dell'albino e una pupilla completamente fusa con l'iride lo fulminò. C'era così tanta severità nel suo sguardo, un'autorevolezza che difficilmente veniva rivolta a un lupo mannaro come Arwen che, improvvisamente, si ritrovò a irrigidirsi ancora.
Da quando era salito su quel camper non aveva ancora rilassato i muscoli, ma solo in quel momento si accorse di quanto fossero tesi, dal modo in cui reagendo a Killian avevano preso a bruciare sotto alla carne.

«La fai facile tu...» con una mano si portò indietro alcune ciocche bianche, spostandole dal viso contrito.

L'altro sbuffò ancora, forse rinunciando a farlo smettere e tornando così a dargli le spalle. Si piegò con il capo su di Aralyn, poi, compiendo un gesto secco, strappò con i denti il filo dall'ago ricurvo con cui le aveva ricucito i lembi di pelle.
Aveva messo così tanti punti a quella sutura che l'albino temette il momento in cui le si sarebbe fatto vicino, scoprendo il lascito che Douglas le aveva donato.

«Affatto» disse d'un tratto l'uomo con lui. 
Usando una delicatezza quasi irreale coprì il corpo della ragazza con le lenzuola, si mise dritto dopo tutto il tempo passato in ginocchio e sospirò ancora. Non aveva fatto una sola pausa dal momento in cui lei era stata adagiata su quella specie di letto, provando così a recuperare tutte le ore perse.
Era piombato da loro il più in fretta possibile e non aveva fatto alcuna domanda, prendendosi semplicemente cura di lei - esattamente come aveva fatto con il fratello anni prima.
Non c'era stata distrazione a rallentare il suo intervento, paura a farlo tentennare. Killian aveva solo ed esclusivamente pensato alla salvaguardia di Aralyn, alla sua vita appesa a quella che, più che un filo, sembrava essere una ragnatela.
La sua figura si stagliò alta e scura sopra di lei, soffermandosi qualche istante in quello che parve un vero e proprio gesto di contemplazione: «Ho fermato l'emorragia, ma così non va» prese a raccattare tutto ciò che aveva usato fino a quel momento per curarla: le garze, i catini con l'acqua e il disinfettante, le erbe, ago e filo - poi, con le mani segnate di rosso, si era portato verso il lavandino: «Ha perso molto sangue, Arwen, ha una sorta di trauma cranico e le serve riposo. Dobbiamo fare una trasfusione il prima possibile, ma finché non saremo a Mont Saint Michel non posso far più di quello che ho già fatto, mi capisci?»

L'Alpha prese a torturarsi le labbra. Cosa voleva dire? Che nonostante le ore di attesa sua sorella non era ancora fuori pericolo?
La cenere cadde a terra, sfiorandogli le dita di un piede.

«Okay, allora andiamo. Ti darò tutto il sangue di cui ha bisogno, l'importante è che resti con me» sibilò con una convinzione tale da sembrare un ordine, più che un'asserzione.

Killian restò qualche minuto in silenzio, forse soppesando la situazione - era difficile capire cosa gli passasse per la mente, il suo viso era una maschera troppo spesso inanimata, mentre i suoi occhi due pozze oscure in cui perdersi, come in un mare di pece.
Con la mano ancora sporca si prese il viso, alla base, cingendo mento e bocca: «Non lo dubito, la ami troppo per poterla lasciare andare... ed è per questo che mi chiedo come sia possibile ritrovarci qui, in questa situazione» le dita si allontanarono, rivelando la linea dura delle labbra.
Arwen avvertì un brivido freddo corrergli lungo la schiena e la sensazione di essere stato scoperto si fece sempre più opprimente, ma non proferì parola, restando piuttosto in attesa.

«Uno storpio che guida in battaglia il suo clan, mettendo in pericolo l'unica vita che gli sia realmente cara... perchè? Cosa ti ha fatto perdere il lume a questa maniera?» colpendo appena la leva del rubinetto lasciò che l'acqua ripulisse la sua rudimentale strumentazione, abbreviando i tempi: «Anni fa non eri così stupido, men che meno impulsivo. Eri la copia sputata di Veronika. Calcolatore, riflessivo, severo... non umano come Klaus». Si conoscevano da un tempo che Arwen nemmeno riusciva più a ricordare. Nella sua memoria quel licantropo era sempre stato presente: nelle poche foto che conservava dei suoi genitori, alle cene in quella che una volta era stata la sua unica e vera casa, durante i primi giorni di vita di Aralyn, in auto con loro verso la dimora del Duca... Già, Killian era sempre stato lì, eppure la sua fisionomia da eterno trentenne non lo avrebbe mai fatto credere. Era più vecchio di quello che qualsiasi occhio avesse potuto immaginare, maledetto da un destino a cui pochi licantropi erano destinati - ed era sempre stato al loro servizio, come un angelo custode.

Gli incisivi dell'Alpha premettero sul labbro: «Come hai detto tu, sono stato troppo umano» si schiacciarono con sempre più forza nella carne, finché un rivolo di sangue non iniziò a scendere lungo il mento, bruciante come il suo orgoglio in quel preciso momento. Sì, aveva quasi decimato il proprio branco per una stupida vendetta, per una gelosia insensata.

Un imprinting, sant'Iddio!

Non era stata una scappatella, una sua scelta, la volontà di ferirlo o di mettere a tacere gli ormoni. Non era stato il piano maleficamente architettato di un nemico, bensì quello degli Dèi - e volente o nolente, lui non avrebbe mai potuto mettere a tacere quella richiamo tra sua sorella e il figlio di Douglas. Nemmeno la morte di uno dei due avrebbe potuto cambiare la situazione: Fernando ne era stato la prova per tutti gli anni trascorsi insieme e, ora, aveva finalmente ritrovato la sua Layla nelle Lande Selvagge.

Avrebbe potuto tenere Aralyn lontana da Joseph, costringerla ad amare solo lui, ma era conscio che in fondo la sua anima non avrebbe mai smesso di appartenere a quel Puro - anche se avrebbe detestato quella consapevolezza con tutto sé stesso.

Killian si strinse nelle spalle, scuotendo la testa in una sorta di disapprovazione: «Me ne parlerai con calma mentre torniamo a Mont Saint Michel. Ora ho bisogno che mandi i tuoi due lacchè qua fuori al vostro quartier generale. Devono contare i danni, curare i feriti e assicurarsi che i Menalcan non siano alle vostre calcagna. Li avete invasi nel loro territorio, dubito che lasceranno correre un simile affron-» Arwen lo interruppe bruscamente, sorprendendolo.
In un unico respiro diede all'amico la notizia più importante di tutta quella nottataccia: «Sono in lutto. Douglas è morto» con tutto ciò che era successo non era riuscito a gioire per quella vittoria, per aver abbattuto l'Alpha rivale, l'uomo da cui tutte le sue sventure avevano avuto origine.
Avevano portato gloria al Duca, gli avevano aperto le strade verso la carica di capo del Concilio e, di conseguenza, al capovolgimento della società dei licantropi - forse sarebbero riusciti a essere liberi in un domani terribilmente prossimo.

L'altro sgranò gli occhi, incredulo.
La bocca si schiuse appena: «L'hai ucciso?» domandò, chiudendo improvvisamente l'acqua e portandosi più vicino, in modo da sentir meglio.
Arwen si passò la lingua sulle labbra, portando via i resti del sangue. Per quanto sapesse di aver raggiunto un traguardo di tale rilevanza per quelli della sua specie, doveva fare i conti con l'amarezza di non essere stato lui il vero artefice di tutto ciò.
Un bruciore lieve gli pizzicò la carne e, con un cenno, indicò il corpo sotto alle coperte: «Lei. E' stata lei».

 

 
   
 
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