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Autore: Luana89    21/02/2020    0 recensioni
«Shùra se ti butti lì dentro e stai almeno un minuto ti darò diecimila dollari, parola di Misha» non piansi sentendo nuovamente quelle parole a distanza di anni, mi feci semplicemente forza sorridendo.
«La tua parola non vale un cazzo, ma voglio fidarmi. Accetto». Scoppiammo a ridere entrambi guardandoci per un lungo istante, fu Misha a riprendere ancora una volta il discorso.
«Quindi adesso temi che la tua anima possa congelarsi?» sorrisi sghembo scrollando le spalle.
«Sono ancora alla ricerca della mia anima, la troverò al quinto soviet probabilmente, mi aspetta rinchiusa in quello specchio da vent’anni ormai. Ah, prima che dimentichi ..sei carino quando sorridi, fallo più spesso». Mi spinse contrariato e imbarazzato.
«Shùra, cosa mi porterai dal tuo viaggio? Mi aspetto almeno un cazzo di regalo». Mi fissò seriamente.
«Non saprei, cosa vorresti?». Scrollai le spalle, nei nostri conti vi erano adesso trenta milioni di dollari, non c’era nulla che non potessi donargli.
«Portami l’orizzonte»
Quando tutto sembrava essersi concluso ecco che le carte tornano a mescolarsi. Shùra e Misha dissero addio alla bratva, ma la bratva aveva davvero detto loro addio?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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«Sei un bravo ometto Mickhail, non hai sentito la mia mancanza in questi due giorni?» Due fottuti giorni, sul serio? Mi sembrava fossi chiuso lì dentro da decenni, pensavo che riguardandomi allo specchio avrei visto le rughe sul mio viso, i capelli bianchi e i denti (se mai me ne avesse lasciati in bocca) ormai marci e caduti. Invece erano solo 48 ore quelle passate lì dentro. Mi ero consegnato di mia iniziativa dopo aver saputo della cattura di Nadja, cercavo in ogni modo di arginare i danni anche a costo della mia schifosa esistenza. Sentivo la voce di Shura rimbombarmi nelle orecchie, tra le pareti del cuore ferito ‘’hai commesso un errore di giudizio come sempre, Misha’’, cristo non ricordavo quasi più la sua voce, era storpiata quasi grottesca forse perché alla sua si accavallava quella di Dima.
«Da morire.. letteralmente.» Quantomeno non perdevo il mio senso dell’umorismo, la sua risata inacidì le mie vene, se solo non avessi avuto quelle catene ai polsi lo avrei scuoiato vivo ascoltandone le urla.  
«Adesso che so dove sono i soldi, penso dovrei ucciderti velocemente.» Lo guardai afferrare dei cavi elettrici, sapeva dove stavano i soldi? Supponevo Irina avesse parlato, come biasimarla d’altra parte? «Persino Nadja ha capito da quale parte schierarsi, le sono bastati due schiaffi..» provai a rompere le catene ai polsi, stavano legate direttamente alla parete dietro di me, quella mia esplosione di rabbia sembrò solo appagare il sadismo nella quale sguazzava.
«Lascia andare Irina e Nadja, figlio di puttana.» Sputai nella sua direzione osservandolo fissarmi senza scomporsi.
«E se ti dicessi che vogliono restare loro insieme a me?» I cavi vennero collegati, bagnò il mio petto con dell’acqua prima di accendere l’interruttore. La scossa che mi investì mi mozzò il fiato, non ebbi nemmeno la forza di urlare in un primo momento raggrinzendomi su me stesso. Non ero mai stato un credente convinto, non come Aleksandr almeno eppure in quel momento desiderai con tutto me stesso quello che la gente chiama: miracolo. Ma i miracoli si sa vengono chiamati tali perché non succedono quasi mai, o che cazzo esisterebbero a fare? E perché mai Dio avrebbe dovuto aiutare me? L’aveva già fatto una volta, sul pontile di una nave, mentre sorreggevo una pistola puntandola contro mi fratello. Dovevo essere ingordo e richiederne un secondo?
«Sai cosa mi urta veramente? Dover stare qui con te, piuttosto che altrove. Sono da sempre abituato a criminali di un certo tipo, non a spazzatura simile.» Beh, non faticavo a crederci, il grande Dimitri Cernenko, il fottuto erede della bratva bazzicava solo ai piani alti.
«Vorresti qualcun altro al posto mio?» Sorrisi leccandomi il labbro, sentendo il sapore ferroso del sangue inondarmi il palato.
«Quella puttana di tua madre.. o Shura.» Si accucciò accanto a me, nei suoi occhi non albergava la minima traccia di vita. «Lui è decisamente migliore, ha sempre avuto del merdoso stile non trovi? Ha dilapidato un intero conto della bratva, e lo ha pure diviso con un parassita della tua specie.» Respirai profondamente restando in silenzio, immaginavo dove volesse andare a parare con quel discorso anche se non mi sentivo di dargli torto. Voleva sentirmi urlare, ma non l’avrei fatto, sarei morto in silenzio e allo stesso modo avrei sofferto.
«Shura avrebbe fottuto pure il trono su cui vuoi fare accomodare il tuo bel culo, se lo avesse voluto.. non dovresti ringraziarlo?» La testata che mi arrivò tre secondi dopo mi strappò un gemito soffocato, sputai a terra osservando i grumi di sangue.
«Invece di delirare, perché non mi dici dove sta? Ti risparmieresti la morte dolorosa che ti ho preparato.» Interessante ricatto, dovevo ammetterlo. Conoscendolo ero già preparato a essere spellato vivo, o fatto a pezzi in maniera tale da rimanere vigile fino all’ultimo. L’idea della morte non mi spaventava come avevo sempre pensato, quella del dolore forse.. tornai in me e il mio sguardo ridivenne attento, curvai le labbra all’insù arricciando il naso in un’espressione irriverente (ammesso ne fossi in grado visto che temevo d’avere la faccia paralizzata a causa dei lividi).
«Marcirò all’inferno, è da sempre il mio posto preferito.» Dimitri annuì alzandosi, scrollando la polvere dalle mani. Vidi Yuri davanti la porta, quello spiraglio di luce mi fece più male delle percosse, avevo la libertà a pochi metri e non potevo neppure usufruirne.
«Chiudilo qui dentro coi ratti, si divertiranno loro con lui..» chiusi gli occhi trattenendo un’imprecazione e svariate bestemmie (sia mai dio avesse deciso di aiutarmi davvero e s’offendesse sul più bello). «Sai qual è il vero peccato Misha? Domani avrai la morte che tanto hai sempre desiderato.. e non vedrai mai la nascita di tuo figlio.» E Dimitri ottenne ciò che voleva, le mie urla rimbombarono nel palazzo vuoto e più su fino al Dio che m’aveva abbandonato.
 
 

Aleksandr POV

 
Misha era nelle loro mani. Quella notizia bastò a scombussolare il mio intero asse, osservai le mie mani attentamente.. non tremavano. Sui palmi portavo ancora i calli dovuti all’uso della pistola, neppure i due anni a Perm, fissando quello specchio incrostato, erano bastati a cancellare chi ero. Lo portavo dentro, ogni traccia di me diceva chi ero stato. Il mio modo di muovermi, sempre furtivo, il mio andare al poligono due volte a settimana, i miei tatuaggi e le mie mani. Fissai ancora una volta l’angolo sinistro del pavimento, cosa mi tratteneva? Forse la consapevolezza che riprendendo un’arma in mano sarei ripiombato nelle vecchie abitudini. Ero un marito adesso, un padre.. ma ero anche un fratello, anzi ero soprattutto quello. Non potevo dimenticare, non potevo esimermi, mi alzai con impeto andando verso l’angolo ma il telefonino tornò a suonare, fissai il numero che adesso conoscevo rispondendo al secondo squillo.
 
— So dove hanno portato Misha.
— Pensi di riuscire a tirarlo fuori?
— Ho i miei metodi si..
— Cos’è che vuoi in cambio, Dasha?
— Pensi voglia qualcosa?
— Nessuno fa niente per niente, soprattutto la puttana del Vor.
— A tempo debito, Shura.

 
La linea si interruppe e io rimasi a fissare il cellulare adesso muto, che avrebbe potuto chiedere l’amante di Sergej? Era evidente lo stesse tradendo, così com’era evidente che volesse fottere Dima, ma io in che modo potevo esserle d’aiuto? Mi veniva in mente solo una cosa: informazioni. Ero stato per anni dentro quella famiglia, nulla mi era precluso, talmente tanto da essere riuscito a risalire ai loro conti. La porta cigolò distraendomi, Sophia entrò e io mi focalizzai sul suo ventre appena accennato, il materasso si piegò appena sotto il suo peso e la sua mano coprì la mia.
«Pensi che riuscirà a salvare Misha?» La sua voce tremava, sapevo che era prossima al pianto non faceva altro ormai da due giorni. La notte quando pensava io dormissi, sgattaiolava in bagno e lì si chiudeva sfogando il suo dolore.
«Pensi non ci riuscirà?» La guardai accarezzandole la guancia, era pallida più del solito.
«A volte penso tu sia l’unico a poterci riuscire.. ma so che se ti esponi non avremo più alcun vantaggio su Dimitri o su Sergej.» Erano le mie stesse paure quelle, entrare in azione equivaleva a mettermi allo scoperto, e mettermi allo scoperto equivaleva a giocare l’unica carta che avevamo. Il loro non sapere dove fossimo era l’unica arma nelle nostre mani, potevo darla via così facilmente? Il viso di Misha simile ad artigli affilati mi strinse il petto. Avrei dato via ben altro per salvarlo, lo sapevo sin troppo bene.
 

Dimitri POV.

 
 
Quando entrai nel mio ufficio percepii subito qualcosa di diverso, per un maniaco dell’ordine come me persino un sopramobile spostato equivaleva a un’intera stanza nel caos. I miei occhi si fecero attenti, cercavo la nota stonata come un pazzo cerca le medicine in mezzo a un mucchio di merda. Yuri mi venne alle spalle senza preavviso.
«Che diavolo fai lì impalato?» Lo afferrai per la maglia strattonandolo fin dentro la camera.
«Qualcuno è stato qui, adesso mi domando.. dove stavano le fottute guardie?» Guardò il mio sorriso, mi conosceva abbastanza bene da sapere quanto questo non preannunciasse nulla di buono. La mia euforia per l’imminente assassinio di Misha era stata spazzata completamente via.
«Io non vedo un cazzo..» mi sfregai gli occhi sbuffando spazientito, sedendomi sulla poltrona girevole.
«Questa è la sostanziale differenza tra noi, ed è sempre per questo che io comando e tu no.»
«Ah, pensavo fosse perché tuo padre era socio di Sergej.» Sorrisi fintamente divertito, adoravo quella sua crudele ironia seriamente.
«Visiona le telecamere, e fallo immediatamente.»
Due ore dopo scoprii perché nessuno aveva notato intrusi nel mio ufficio: l’unica persona ad averci messo piede era Dasha. Osservai i filmati con attenzione, guardava dentro i cassetti e in alcune cartelle, cosa cercava? Probabilmente se lo stava chiedendo anche Yuri al mio fianco senza trovare una risposta.
«Cosa pensi voglia? A parte rompere il cazzo come suo solito.» Quella era un’ipotesi non trascurabile, dovevo ammetterlo. Daria Iglenko a volte faceva cose per il puro gusto di irritarti, ma non stavolta.
«Sta guardando i registri contabili, è evidente cerchi qualcosa di specifico.. probabilmente i conti con le affiliazioni terroristiche.» Era sempre stata ossessionata da quel traffico, la sua natura votata al caos non riusciva a resistere di fronte a certe cose.
«Benissimo, adesso non abbiamo solo a che fare con una puttana pazza.. ma con una puttana pazza e pure bombarola.» Risi di gusto asciugandomi l’angolo dell’occhio, schioccando la lingua contro il palato.
«Oh si, le piace proprio far saltare le cose in aria.. ma stavolta salterà in aria pure lei, posso assicurartelo.» La porta si spalancò con un boato, Slonko aveva tutta l’aria d’aver visto un cadavere.
«Misha.. è scappato.» Avevo ragione, aveva appena visto un cadavere fuggire.
 
«Se non trovate Misha entro 24 ore, la cattedrale rossa avrà delle belle teste appese entro il prossimo tramonto.» Ero sicuro come lo ero di star sorseggiando il mio brandy preferito, che dietro a quella fuga ci fosse quella puttana di Dasha, avevo solo bisogno di prove inequivocabili per mandarla dal boia. Ovvero me. Perché lo avevo giurato, a ucciderla sarei stato solo e soltanto io. L’oggetto dei miei pensieri si materializzò davanti a me, vestita di bellezza e di un vestito che non serviva nemmeno a coprire il culo. Restai in silenzio facendo cenno a Yuri di uscire, guardandola accomodarsi di fronte a me.
«Ti stai divertendo, dolcezza?» Mi chinai verso di lei poggiandole una mano sul ginocchio, i suoi occhi azzurri sembrarono incenerirmela solo con lo sguardo.
«Da morire..» le labbra scarlatte si curvarono in un sorriso, avrei voluto dirle che, come per Misha, quell’espressione usata la trovavo molto azzeccata al momento.
«Ti stai infilando in giochi più grandi di te, e non riesci a rendertene conto Dasha.» Il mio ammonimento bonario non sembrò scalfirla, era tipico dei folli non fiutare il pericolo laddove l’avevano praticamente sotto al naso.
«Ti garantisco che prima della fine di questo glorioso anno, la bratva sarà mia.» La mia mano scattò veloce stringendosi sul suo collo, la vidi sbarrare gli occhi e conficcarmi le unghie nella carne dolorosamente. Non feci una piega avvicinandomi col viso al suo, stringendo lentamente la presa.
«Dove sta Misha?» Una semplice domanda, ma della quale esigevo la risposta. Risposta che non arrivò, a meno che la risata soffocata che mise su non si potesse considerare tale.
«Vai a farti fottere.» Strinsi ancora di più la presa lasciandola andare con uno strattone, non volevo ucciderla così. Soffocarla sarebbe stato banale, oltre che poco doloroso. No, Dasha meritava una morte in grande stile, e io stavo già preparando le sue doverose condoglianze.
«Dovresti frequentare gente più raccomandabile, sai?»
«Parli di te o?» Mi girai di spalle alzandomi per dirigermi verso la grande finestra, le mani nelle tasche e la schiena contratta.
«O no, parlo di Shura.» Il silenzio mi accolse, lo scacco matto che le avevo appena mosso non sarebbe passato in sordina, lo sapevo. Aveva appena avuto la certezza d’essere sorvegliata, avrebbe provato a muoversi d’anticipo ma era ormai tardi: sapevo che teneva contatti con Aleksandr Belov, trovarlo era solo questione di tempo. Bastava avere pazienza, e per fortuna quella non mi era mai mancata.
 
 

Irina POV

 
 
Regina entrò in camera mia con passo risoluto, la sua faccia sembrava scolpita nella pietra mentre mi annunciava che quella sera io e altre ragazze avremmo fatto da ‘’accompagnatrici’’ a un gruppo di uomini facoltosi, probabilmente politici o perché no anche criminali visto chi gestiva quel posto. Mi accasciai sul letto stringendo le lenzuola tra le dita, mi trovavo in quella fase della mia vita nella quale non sapevo dove o come muovermi, ben peggiore di quando scappai dal mio patrigno senza lasciare traccia. Non sapevo stavolta chi mi avrebbe accolta al mio ritorno, non sapevo a quale porta bussare, mi sentivo nuovamente naufraga di me stessa. E tra tutte le mie paure a torreggiare, bello come la dannazione, vi era il viso di Dimitri. Ricordavo il nostro bacio su quel terrazzo, la reazione del mio corpo, quanto tempo era passato? Solo poche settimane in realtà, eppure a me sembrava un’eternità. E adesso eccomi lì, a mettere nuovamente in gioco la mia identità e integrità, c’era lui dietro a tutto questo? Probabilmente si, forse il suo era un semplice giochetto psicologico per farmi capire quale fosse il male minore: concedermi ad un’unica persona o essere il giocattolino di tanti. Coprii il viso con le mani che tremavano stendendomi, anzi raggomitolandomi su me stessa, non dovevo perdere la calma perché lì fuori c’era ancora Shura con Misha.. il mio Misha. Come stava? Nonostante quella notte avesse scelto il fratello di una vita a me non gli serbavo rancore, la mia paura per lui surclassava qualsiasi altro sentimento dentro di me rendendomi incapace di provare altro. Mi ci volle più di un’ora per prepararmi, le mie dita tremanti non sembravano obbedire ai miei comandi.
 
Eravamo in quattro, fissavo le altre tre ragazze con occhi stralunati, sembravano non provare la minima vergogna per quello che facevano. O forse le avevano talmente svuotate con la violenza da renderle simili a dei robot? Mi sarei ridotta anch’io in quello stato? Continuavo a sentire sempre gli stessi occhi su di me, erano di un uomo sulla trentina dall’espressione dismessa e cauta, beveva e beveva guardandomi attraverso l’orlo del bicchiere. Il mio vestitino mi sembrava improvvisamente più corto e trasparente di quanto non fosse. Regina mi aveva assicurato che non avrei dormito con nessuno di loro, quando la ringraziai mi aveva semplicemente sorriso tristemente accarezzandomi una ciocca di capelli. Non sapevo se ero stata graziata per volontà sua o per quella di Dimitri, il pensiero che lui non mi volesse con altri uomini mi faceva sentire strana, come un intenso pizzicore all’altezza dell’addome seguito da calore inspiegabile al viso. Avevo preso consapevolezza di ciò che provavo, un’attrazione mischiata alla repulsione e non per lui ma per me stessa. La me stessa che sentiva l’impellente bisogno di rispondere ai suoi baci e che allo stesso tempo sapeva di star tradendo tutte le persone che mi avevano amata davvero in quella vita. Probabilmente quei baci facevano parte del piano di Dima per distruggere mio fratello, mi stava usando per i suoi giochi sadici e io glielo permettevo, dio quanto ero patetica. Una mano sulla coscia mi fece trasalire, mi scansai fissando l’uomo di poco prima, quando diamine si era avvicinato? Provò ad approcciarsi ancora, e io tolsi le sue dita dal mio ginocchio con un sorriso contratto. Non riuscivo a fare la carina come mi avevano chiesto, sapevo che la mia prima volta con qualsiasi dei clienti sarebbe stato un vero e proprio stupro e la sola idea mi atterriva peggio di qualsiasi punizione fisica. Mi alzai di scatto uscendo da quella stanza, era meglio mi schiarissi le idee prima di tornare dentro; mi diressi al bagno dove restai aggrappata al lavandino fissando il mio viso truccato, non ero abituata a mettere nulla forse per questo il mio riflesso mi appariva così diverso. Sembravo più adulta, più consapevole, i miei occhi di quello strano azzurro apparivano più maliziosi, ma io non ero così. Mi pulii le labbra col dorso della mano, il rossetto si tolse sbavandosi sulla guancia e io sentii il bisogno di piangere, volevo mio fratello lì ad abbracciarmi e regalarmi un altro orso gigante, non mi importava se avesse parlato ancora una volta di Shura come quella sera di anni prima, purché mi guardasse e sorridesse ancora con quel calore e quella stramba timidezza.
Uscii barcollando appena dopo essermi data una ripulita, lo vidi solo all’ultimo e per poco non caddi, mi stava aspettando davanti la porta della camera dalla quale sentivo ancora gli schiamazzi, mi sorrise e io rabbrividii.
«Lì dentro c’è troppo casino, perché non andiamo sopra?» Indicò il primo piano dell’edificio, laddove evidentemente anche lui sapeva ci fossero le camere da letto. Sorrisi provando a superarlo ma me lo impedì afferrandomi per il polso.
«Mi lasci, per favore.» Cercai di divincolarmi senza molto successo, i suoi occhi prima così dismessi adesso sembravano alterati da rabbia e ferocia, evidentemente non gli piaceva essere rifiutato.
«Sei una puttana e come tale devi fare ciò che ti dico io.»
«Sono una puttana non una schiava.» Mi arrivò un ceffone violento sul viso che scattò di lato, sentivo la guancia in fiamme mentre tornavo a guardarlo incredula. Non mi diede il tempo di reagire avventandosi contro di me, non capivo se volesse picchiarmi o molestarmi, ma quando sentii le sue mani sotto il vestitino mi fu abbastanza chiaro. Mi divincolai cercando di fuggire senza successo, urlando affinché qualcuno mi aiutasse.
«Adesso urli, ma dopo ti piacerà. » Mi venne da vomitare a quelle parole mentre lo graffiavo alla cieca beccandomi solo l’ennesimo schiaffo finché un rumore assordante e un tonfo non mi resero libera. Aprii gli occhi fissando la folla di ragazze che s’era formata, a capo del gruppo Regina con una bottiglia spaccata tra le mani sporca di sangue.
«Dio, questi uomini mi esasperano.» La sua voce annoiata mal si accordava con l’arma scheggiata che teneva ancora tra le dita, sentivo il mio cuore prossimo ad esplodere mentre con le gambe malferme mi aggrappavo a lei. «Non c’è nulla da guardare, Indah chiama i ragazzi e fallo sbattere fuori.. e voi tornate a lavorare.» Le ragazze obbedienti si dispersero e io venni condotta nel salotto poco distante, mi accomodai sulla poltrona ma i brividi squassanti che mi attanagliavano mi impedivano anche solo di pronunciare un semplice ‘’grazie’’. Regina mi porse un bicchiere di liquore invitandomi a berlo, e dopo tre sorsate il calore mi permise di accasciarmi.
«Grazie.. ero così spaventata, io..» la vidi scuotere la testa come a fermarmi, bevendo con eleganza.
«Dimitri mi avrebbe scuoiata viva se ti fosse successo qualcosa.» Mi feci d’improvviso attenta al suono di quel nome raddrizzandomi sulla poltrona.
«Pensavo.. pensavo che volesse proprio questo.» Non voleva forse farmi brutalmente sodomizzare per far soffrire Misha?
«Oh dolcezza, non hai ancora capito? E’ Dima che detta le leggi..» no effettivamente non capivo, più che altro non comprendevo dove volesse andare a parare e forse la mia espressione interdetta parlò per me. La vidi fissarmi con commiserazione. «Non so se fosse peggio l’idea di volerti dare in pasto a tanti, o questa..»
«Questa?»
«L’idea di darti in pasto a lui.»

 
 

Dimitri POV

 
 
Era iniziata come un gioco sadico verso Misha, e probabilmente lo era ancora, ma dentro s’era insinuato quel sottile piacere nel vederla e nell’averla tra le mie braccia. Da quanto non la vedevo? Non ero il tipo da tenere il conto, né da struggermi nella sua assenza, ma quando la vidi scendere le scale mi gratificai di quella visione lamentandomi di non essere venuto prima. Molto prima.
Indossava un vestito a fiori su sfondo bianco dal corpetto aderente, la gonna scendeva più larga arrivando sopra il ginocchio, scoprendole le gambe perfette e affusolate. Neppure Indah con la sua bellezza esotica poteva competerle, di questo ne ero sicuro.
«Hai sentito la mia mancanza?»
«Si.» La fissai attentamente, o era un’ottima bugiarda o stava dicendo la verità, cosa mi sarei dovuto augurare? Non mi ci soffermai troppo limitandomi a prenderle la mano e portarla via dalla triste dimora che avevo scelto come sua nuova casa. Regina mi aveva raccontato del piccolo ‘’inconveniente’’ accaduto qualche sera prima, e io mi ero assicurato che l’uomo in questione non potesse gioire più di nessuna donna, non solo di Irina.
«Hai trovato mio fratello?» Sorrisi divertito sorseggiando il vino, non sapeva neppure lontanamente quanto quella domanda apparisse ironica in quel preciso momento. La caccia a Misha si era aperta ufficialmente tre giorni prima, avevo persino scovato uno dei ragazzi che aveva aiutato Dasha in quel piano di fuga, restava solo da capire come farlo parlare e io sapevo che pure Yuri teneva metodi molto persuasivi.
«Vuoi sul serio parlare di Misha, Irina?» Reclinai il viso osservandole le labbra imbronciate e non truccate, mi rendevo conto di quanto il fratello fosse effettivamente un muro tra di noi. Ciò di cui non mi rendevo conto era quanto e cosa volessi da lei veramente, i miei pensieri apparivano abbastanza ottenebrati al momento. Notai le sue dita esitanti sporgersi verso la mia giacca, togliendomi un qualcosa che non mi premurai neppure d’osservare mentre le mie dita scattavano leste sul suo polso che strattonai con forza facendo collidere i nostri visi. La fissai intensamente per una manciata di secondi prima di seguire l’istinto e appropriarmi della sua bocca che con un sospiro si schiuse al mio assalto dandomi completo potere. Il potere di invaderla con la mia lingua e scoprire la sua, sentendo quella strana elettricità formarsi ancora una volta tra di noi, era chiaro desiderio sessuale quello che sentivo scorrere tra i nostri corpi, mi voleva tanto quanto io volevo lei, per quante scuse potesse accampare sapevamo che era solo questione di tempo. Il cellulare squillò proprio in quel momento interrompendoci, riposi senza staccarle gli occhi di dosso, aveva il fiatone e le labbra arrossate e gonfie, un piacere per ogni mio senso. Ma più di quello un altro piacere si insinuò in me quando la voce dall’altro capo pronunciò una semplice frase, due semplici parole: l’abbiamo trovato.
 

Oh mia bella Irina, i mostri non sono mai stati sotto al mio letto né dentro il mio armadio. Dicevano fossero nella mia testa, lo pensi anche tu? Pensi io debba esserne spaventato? Terrorizzato, magari. Ma vedi, non temo nulla, perché nulla v’è da temere. E sai perché? Perché il vero mostro sono io e forse tu un po’ lo sai.
Mi perdonerai mai?

 
  
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