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Autore: Letterenascoste    23/02/2020    1 recensioni
«Se Silente è morto, per quale motivo sei qui?» lo sguardo della donna era guardingo, pronto a scovare una qualsiasi discrepanza in ciò che avrebbe detto la giovane ragazza.
«Poco prima di…» cominciò Hermione inclinandosi verso la donna e prendendo fiato «morire, il preside ci ha parlato di lei.»
«A te e a chi altro?»
«Ero con i miei amici, Ronald Weasley ed… Harry Potter»
«Harry Potter» disse la donna ridendo. Era una risata strana, che riempì la stanza «Il ragazzo che è sopravvissuto… che continua a sopravvivere».
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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Albania, 15 Luglio 1997


L’orologio a pendolo di un piccolo salottino aveva suonato otto rintocchi anche quella sera. Una mano segnata dal tempo scostava le tende di una finestrella logora.
«Non riuscirò mai ad aggiustare questa maledettissima finestra» disse una donna, tra sé e sé, che con un lieve cenno di bacchetta fece comparire dei piccoli secchielli agli angoli dell’infisso. Fuori stava impazzando un temporale e l’acqua sbattendo contro i vetri riusciva, come sempre, a infiltrarsi in casa. «Stai cadendo a pezzi anche tu, cara mia» affermò guardando la casa in cui aveva vissuto per oltre ventisette anni.
 Come ogni sera, ormai da tre anni, dopo aver cenato si sedeva solitaria davanti al camino scoppiettante che le donava un po’ di luce durante le ore serali, così da poter trascorrere qualche ora leggendo.
Era chiusa in quella casa senza poter uscire da così tanto tempo che aveva già letto tutti i libri che aveva accumulato negli anni. C’era un periodo in cui ogni giorno si recava dal libraio, ai mercatini o in qualsiasi rigattiere potesse avere dei testi diversi da quelli che già aveva messo di lato: una parte di sé sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui sarebbero tornati utili. La libreria che aveva in casa era di modeste dimensioni, perciò vi era un angolo tra le scale e il camino, che era stato occupato da diverse pile di libri ordinati, suddivisi per argomento.
Fuori continuava a piovere a più non posso, era un temporale estivo in piena regola: alla pioggia si erano uniti in cielo tuoni e fulmini.
Quando l’orologio rintoccò per dieci volte, la donna chiuse il libro di rune antiche che aveva cominciato per la terza volta quell’anno, ripose gli occhiali sul mobile accanto al sofà di tessuto scuro sul quale era seduta.
Aveva le sue abitudini ormai, le aveva decise nel momento in cui dovette segregarsi in casa. Le regole, aveva pensato, l’avrebbero aiutata a conservare almeno la sanità mentale. Per questo, nonostante le sue giornate fossero vuote e solitarie, ogni mattina spegneva la sveglia alle otto, si occupava del giardino dopo aver fatto colazione: era molto orgogliosa dei suoi alberi da frutto e dell’orto che era riuscita a far crescere, previdentemente, negli anni. Fu grazie a quell’orto e un piccolo pollaio che riuscì a non morire di stenti: poteva provvedere a quasi tutto con la magia e con le pozioni, ma non al cibo. Per procurarselo sarebbe dovuta uscire e lei non aveva intenzione di mettere neanche la punta del piede al di fuori dell’aria protetta che si era creata.
Così, come ogni sera, stava risalendo le scale che l’avrebbero portata in camera da letto, quando, d’un colpo, tutta la terra tremò. La scala era stretta e cinta da mura, cercò di non cadere, nonostante ormai non fosse più agile da più di qualche anno.
La casa scricchiolò, lasciando cadere polvere e piccoli detriti su tutto il piano inferiore. Le candele si spensero.
«Lumos» disse agitando la bacchetta.
Sentì il cuore batterle a un ritmo più sostenuto. Disperati pensieri le si affollavano in mente. Scese nuovamente le scale, con molta calma.
Poteva essere stato una scossa di terremoto, pensò, o qualcuno era riuscito a infrangere i suoi incantesimi di protezione e occultamento sulla casa. Andò lenta verso la stessa finestra che continuava a perdere, il secchio pieno d’acqua si era rovesciato a causa della scossa.
«Nox»
Quando fu al buio scostò nuovamente la tenda, sperando di non vedere nessuno.
Strinse un poco gli occhi per vedere meglio: vide qualcosa che si avvicinava ma non poteva ancora capire bene. Stringeva la bacchetta, come forse non aveva mai fatto. Piano piano, tra la fitta pioggia, cominciò a delinearsi una figura sempre più nitida, grazie anche alla luce che i fulmini procuravano: una ragazza dai capelli ondulati di colore castano raccolti in una coda, media altezza, giovanissima.
Non poteva essere né un auror, né tanto meno un mangiamorte data la giovane età, pensò la donna all’interno della casa.
Rimase a fissarla dalla finestra, fin quando questa non arrivò a bussare alla porta con un tocco deciso delle nocche.
Sapeva che qualsiasi intenzione avesse quella ragazza, non era certo una porta mangiata dalle termiti che avrebbe potuto proteggerla.
Strinse la vestaglia in vita e piano si diresse verso la porta.
Esitò un attimo quando mise la mano sulla maniglia.
La ragazza dall’altra parte bussò nuovamente.
La donna all’interno, si fece coraggio e, sempre tenendo ben stretta la bacchetta, aprì la porta.
«Cosa cerchi da me, ragazza?» chiese con voce inizialmente un po’ rauca, erano anni che non parlava con qualcuno. Le puntò contro la bacchetta.
«Emily Fawley?» chiese la ragazza esitando un attimo. Davanti a lei vi era una donna alta, sulla settantina, che si stringeva in una vestaglia di raso verde. Nonostante l’età, la postura era eretta e gli occhi scuri la scrutavano velocemente. Il viso, che riportava tutti i segni del tempo, era circondato da ciocche di capelli lunghi, lisci e scuri.
«Chi lo vuole sapere?»
«Ha ragione, non mi sono ancora presentata» disse la ragazza porgendo una mano che però non ricevette mai la stretta che aspettava «mi chiamo Hermione Granger, vengo per conto di Silente»
«Albus Percival Wulfric Brian Silente? Quel Silente?»
La ragazza annuì.
«È stato lui a dirti dove trovarmi?» domandò ancora la donna, che continuava a tenere la bacchetta alzata.
«Si»
La squadrò ancora un attimo, poi le fece cenno di entrare.
La ragazza era zuppa a causa della pioggia, così la donna, rigirando la bacchetta tre volte, la fece tornare asciutta.
«Accomodati» le disse la donna indicando una poltroncina dal tessuto scuro e logoro, proprio accanto al sofà.
La donna continuava a puntarle contro la bacchetta.
«Da quando Albus Silente usa come gufo delle ragazzine di… quanto, quindici anni?»
«Quasi diciassette» affermò la ragazza «e non sono venuta a riferire alcun messaggio da parte sua» continuò Hermione che si fece più scura in volto «perché Silente è morto poche settimane fa»
Emily abbassò lievemente la bacchetta a causa del dispiacere. Non pianse.
«Come?» chiese la donna sedendosi sul sofà. Aveva lasciato quanto più spazio poté tra lei e la ragazza. Abbassò anche la bacchetta, pur continuando ad impugnarla.
«Alla fine dell’anno scolastico c’è stata un’irruzione da parte dei mangiamorte ad Hogwarts. Lui era l’obiettivo» bisbigliò Hermione.
Non sapeva bene cosa provare per quella notizia, così disse l’unica cosa che le venne in mente e che poteva augurare a chiunque finisse la propria vita per mano di un mangiamorte.
«Spero sia stata una cosa veloce»
Hermione si stupì nel sentire la risposta, poi annuì.
«È stato Severus Piton»
Ci fu un attimo di silenzio. Emily aveva unito le mani, come per darsi forza. Era una notizia difficile da digerire.
Anche Hermione restò silenziosa a guardare la donna di fronte a lei. Aspettava una risposta o una reazione, ma non ci fu nulla a parte silenzio e lo sguardo basso di Emily.
Dopo qualche minuto, l’anziana donna alzò il volto, incrociando di nuovo lo sguardo di Hermione.
«Se Silente è morto, per quale motivo sei qui?» lo sguardo della donna era guardingo, pronto a scovare una qualsiasi discrepanza in ciò che avrebbe detto la giovane ragazza.
«Poco prima di…» cominciò Hermione inclinandosi verso la donna e prendendo fiato «morire, il preside ci ha parlato di lei.»
«A te e a chi altro?»
«Ero con i miei amici, Ronald Weasley ed… Harry Potter»
«Harry Potter» disse la donna ridendo. Era una risata strana, che riempì la stanza «Il ragazzo che è sopravvissuto… che continua a sopravvivere». Emily rideva di gusto.
Hermione rimase interdetta.
«Dov’è ora, il famoso Harry Potter? Come mai non è qui con te?» il tono era curioso ma sempre divertito.
«Ha ancora la traccia, e se si dovesse smaterializzare o anche solo accennare a usare la magia, temiamo, anzi, abbiamo la certezza che potremmo essere intercettati da…»
«Voldemort» terminò la Emily.
Hermione non si aspettava che la donna pronunciasse quel nome con tanta facilità, non erano molte le persone che lo facevano.
«Io quindi sono qui» riprese la ragazza «per farle delle domande. Silente ci ha solo accennato qualcosa, non sappiamo praticamente niente su di lei, ma pensiamo che ci possa aiutare»
«Credo ti sia rivolta alla persona sbagliata» tagliò corto la donna «non ho mai preso parte alla guerra magica, non sono un auror né tanto meno un mangiamorte. Quindi suppongo che tu possa anche andare cara» concluse la donna alzandosi e facendo cenno ad Hermione di fare altrettanto. Ma non lo fece.
«Stiamo cercando di capire come distruggerlo» asserì fermamente Hermione, non dando cenno di cedimento, non sarebbe uscita da lì senza le risposte che desiderava.
«È evidente che io non ne conosca il modo» sibilò la donna girando intorno alla poltrona su cui continuava a stare seduta la ragazza.
«Ci deve essere qualcosa, esattamente come c’è stata la prima volta» disse Hermione ora alzandosi «Ci deve essere qualcosa che possa farlo cadere definitivamente»
Emily cercò di scrutare tra i pensieri della ragazza, ma evidentemente era molto brava in occlumanzia.
«Le chiedo solo di raccontami la sua storia e sarò io a trarre le conclusioni»
La donna restò un attimo in silenzio, doveva riflettere velocemente. Mentre svariate ipotesi le ingolfavano i pensieri, lo sguardo ricadde sulla sua vecchia mano, la rigirò come la stesse vedendo in quel momento per la prima da troppo tempo. Guardò il palmo segnato da profonde cicatrici.
«Va bene» disse la donna riemergendo dai meandri dei suoi ricordi «siediti e ti racconterò di lui… ma credo che per farlo avrò bisogno di un po’ di vino»
   
 
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