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Autore: Eliot Nightray    23/02/2020    8 recensioni
Solaire Lavellan è un inquisitore solare, allegro e sempre disposto al dialogo. Non è come gli altri elfi, non ha un nome elfico, non loda i Numi e di certo non chiama gli umani Shemlen
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dorian Pavus, Inquisitore
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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C’è sangue, troppo sangue
Sulle sue mani, nella sua bocca, tra i suoi capelli
C’è sangue, troppo sangue
Sulla tenda, negli occhi di Felron, nelle mani del suo amante
 
«Solaire» Cassandra lo chiama, una forse due volte. L’elfo si ricompone, abbasso lo sguardo dal ramo del pino su cui si è accomodato. La cercatrice lo guarda con fare insistente, è preoccupata lo si legge dal fare materno con cui gli sta porgendo una ciotola di sbroscia calda. Lo fa perché ha visto il suo sguardo alla vista dei templari, Solaire lo sa ma non lo turba. Resta sul suo trespolo, come un uccellino costretto nella sua gabbia d’oro e la fissa con i suoi grandi occhi azzurri.
 
Non ha problemi con gli umani, da tempo ha smesso di additarli come un dalish, di chiamarli shemlen. Lui non ha problemi con nessuno, meno che con i templari. Solaire trema, si regge al ramo portando la mano dietro la schiena così da non farsi notare, espira rumorosamente dal naso rotto. Ha il setto deviato da anni, Solas si è proposto più volte di ripararglielo, ma lui sa di non avere niente di rotto e quel gorgoglio che emette a sera lo fa sentire meno solo nelle lenzuola. Solaire Lavellan non ha problemi con nessuno, il suo gruppo di mercenari capeggiati da Katari Adaar lo sa bene perché è lui il diplomatico del gruppo.
 
Porta la testa all’indietro, rovesciando i capelli rossi ed espira ancora. Non ha voglia di mangiare, ma di certo non vuole preoccupare ulteriormente Cassandra. Gli sta simpatica la cercatrice, è scontrosa e burbera quanto sua sorella e forse per questo si sente complice del suo malumore
 
«Non dirmelo» alla fine si costringe a parlare con quel suo sorriso sghembo che si trova addosso, quello che lo fa passare a tutti come un simpatico chiacchierone. A Solaire sta bene così, non gli piace che gli vengano rivolte le domande sbagliate «ancora stufato di nug o finalmente Varric è riuscito a catturare qualcosa che assomigli minimamente ad un drufalo»
 
«Beh» la cercatrice abbassa lo sguardo sulla ciotola, si fa impacciata ed esala un sospiro rassegnato «temo che sia pesce»
 
«Non sono un gatto» la cercatrice sorride, Solaire la segue e si allunga per afferrare il piatto e portarlo con sé sul suo trespolo di legno. La cercatrice però lo sta ancora guardando, muove i piedi come fa una bambina pronta a chiedere una caramella al padre
 
«C’è posto attorno al fuoco, potresti scendere almeno eviteresti di congelarti»
 
«Scenderò Cassandra, ma tra un po’»
 
«E’ per colpa di quei templari?» Solaire si volta scocciato, la cercatrice indica i tre templari che hanno accolto nel loro accampamento. Tre stronzi che si erano presentati al suo cospetto chinando il capo e chiedendo misericordia. Volevano pietà da lui. «Se posso fare qualcosa per te» Cassandra tenta di proseguire, ma gli occhi azzurri dell’elfo sono una risposta esaustiva e batte in ritirata tornando da Varric che non ha mai smesso di guardarli
 
È colpa dei templari? Certo che lo è, è sempre stata colpa loro. Lo avevano ridotto in quello stato, lo avevano coperto di sangue e lasciato lì davanti al cadavere ancora caldo di Felron come fosse morte lui stesso. In un certo senso quel giorno i templari avevano ucciso due elfi.
 
Solaire dondola sul grosso ramo volgendo le spalle al falò poco dietro. Abbassa la testa sul piatto solo per essere investito da un pungente odore di pesce, svuoto la ciotola a terra senza badare di poter colpire qualcuno o qualcosa. Cyrron, il suo halla, gratta il capo contro il tronco, deve essere il periodo dell’accoppiamento. Non gli sarebbe dispiaciuto tramutarsi in un halla, avrebbe cavalcato nel vento senza badare ai passanti e poi si sarebbe ricongiunto alla terra in un luogo appartato
 
Qualcosa scivola nel buio, afferra il resto della sua cena e scivola via da dove era comparso. Un serpente? Forse, ma Solaire non ci bada troppo è solo un animale venuto a reclamare un pasto facile. Se solo all’epoca fosse stato così bravo a fuggire nel buio, forse Felron sarebbe sopravvissuto.
 
«Fasta vas» si trova costretto a ricomporsi un’ennesima volta, Dorian sta malamente tentando di aggrapparsi al ramo per risalire. Solaire gli sorride, celando una smorfia di disappunto. Non gli piaceva affatto quando fingevano di non ascoltarlo, aveva detto che sarebbe sceso. Ad un certo punto. Il mago gli si avvinghia addosso, finisce con la testa contro quella dell’elfo, gli accarezza i capelli corti ai lati per tenersi in equilibrio. Solaire sa di piacergli, ha notato come lo guarda passeggiare per tutta Skyhold, come il mago si faccia stranamente trovare in ogni stanza in cui decide di soffermarsi per un pisolino. Sa che è lì per lui «A voi dalish o come vi fate chiamare piace così tanto arrampicarsi?»
 
«Non sono più un dalish Dorian e comunque lo hai pronunciato bene, di certo meglio dell’ultima volta»
 
«Bah» Dorian grugnisce, sistemandosi i baffi e per poco non piomba di sotto. Nel suo essere un damerino è un dannato imbranato, ma questo a Solaire piace, rende Dorian più umano e lo fa scendere dal suo dannato piedistallo. L’elfo strattona il necromante, così da tenerlo vicino ed evitare che cada di nuovo. percepisce i battiti dell’altro accelerare, un rumore che lo rincuora e rasserena «Grazie»
 
«Non ringraziarmi, è sempre un piacere stringersi ad un uomo tanto bello» Non ha mai nascosto i suoi gusti, perché avrebbe dovuto? Aveva già conosciuto il disgusto ed il delirio di chi è incapace di accettare un mondo diverso dal loro. Non ha mai nascosto un certo interesse per Dorian, gli piace parlare con lui. Le loro conversazioni sono sempre interessanti, colorate e vive. Si sente vivo in sua presenza come quando era assieme a Felron
 
«Solaire» Da quanto tempo lo sta chiamando? Si è di nuovo perso nei suoi pensieri, nei suoi ricordi. Dorian gli sta sventolando sotto il naso una bottiglia di vino, sembra pregiata, non che faccia alcuna differenza. Non è un amante del vino, preferisce la birra. Si rende conto che col passare del tempo è diventato sempre di meno un elfo, ma forse non è un male
 
«Perdonami, stavo rimuginando»
 
«Rimugini molto ultimamente» Solaire si limita ad annuire e Dorian non gli fa altre domande. Lo vede attaccarsi alla bottiglia e l’elfo resta in silenzio, in attesa del suo turno. «E’ colpa dei templari?» L’inquisitore Lavellan si blocca nuovamente, serra le labbra, stringe i pugnoli e sente i muscoli irrigidirsi. Certo che è colpa dei templari
 
C’è sangue, troppo sangue per capire dove finisca il suo corpo ed inizi quello di Felron
C’è sangue, troppo sangue per capire cosa sta colpendo il pugnale del templare
C’è sangue, troppo sangue per capire se la sua vita sia finita o meno
 
«Non ho avuto un bel passato con i templari» la risposta dell’elfo lascia Dorian stupito, forse non sa bene come rispondere. Lui i dalish non li conosce e di certo non ne conosce le abitudini. Solaire si attacca alla bottiglia, ne mordicchia la bocca di vetro cercando il giusto modo di bere. La cicatrice sulla lingua sta pulsando e gli riesce difficile ingurgitare in quello stato. Ai suoi amanti non dispiace quella cicatrice sulla lingua, sul palato, dicono che diano uno strano senso di piacere sotto le lenzuola. Tutte le volte che se lo sente dire la mano di Solaire corre al pugnale che porta accosto al cuscino e freme dalla voglia di fargli provare cosa significhi trovarsi una lama in bocca. Come era successo a lui
 
«Voi dalish»
 
«No» risponde secco Solaire mordicchiandosi la punta della lingua «solo io»
 
«Tua sorella sembra non condividere il tuo pensiero» Traxex, sua sorella è diversa da lui, lo è sempre stata. È piccola, minuta, dalla pelle scura ed i capelli di neve. Gli occhi rossi della sorella sembrano in netto contrasto con i suoi azzurri, come fossero due lati della stessa moneta.  Sua sorella non ama i maghi, ma è anche vero che sua sorella non sa davvero cosa gli sia successo dieci anni prima. Non sa davvero chi gli ha inferto quelle cicatrici, ma Solaire lo sa bene  
 
«Mia sorella è convinta che la magia sia un male, fosse stato per lei saremmo corsi dai templari»
 
«Quindi hai cercato l’appoggio dei maghi perché, come spesso ripete tua sorella, sei una testa calda?» Solaire ghigna, gli passa volutamente una mano sulla coscia fingendo di doverlo sostenere e Dorian distoglie lo sguardo
 
«Oh sì, molto calda» risponde con vare lascivo tornando a perdersi nel liquido scuro della bottiglia «Amavo un mago» alla fine risponde, Dorian sembra stupito «era il “primo” del nostro guardiano, si chiamava Felron» Solaire guaisce nel pronunciarne il nome, ma poi riprende questa volta quasi senza fiato «Lui era il mio vhenan, era così straordinario, gentile, dolce, accorto e premuroso. Era così bello» l’elfo sospira mordendosi un labbro e nel rivedere il volto dell’amato nella mente sente un fremito scuotergli il corpo «aveva i capelli castani, dello stesso colore dei castagni, lunghi fino alle spalle. Li portava sempre raccolti dietro la testa, diceva che era meglio così perché altrimenti li avrebbe carbonizzati. Aveva gli occhi neri, così grandi, così intensi, così puri» Dorian non risponde, lo lascia parlare sperando che l’alcool lo faccia sciogliere l’elfo
 
«Un nome molto.. elfico» Solaire solleva un sopracciglio, Dorian pondera prima di parlare «diversamente dal tuo»
 
«Ah» la risposta asciutta di Solaire lasciano Dorian spaesato, teme di aver detto la cosa sbagliata «forse perché non è un nome elfico»
 
«Sei… nato in un enclave?»
 
«Cosa?» la risata di Solaire è strana, un misto di tristezza e pura euforia «Per il Creatore assolutamente no»
 
«Eppure lodi il Creatore e sei molto diverso»
 
«Da chi? Vorresti dirmi che hai incontrato altri dalish»
 
«No, ma»
 
«Allora sta zitto» si rende conto di essere stato brusco, che Dorian non se lo merita e che forse è colpa dell’alcool. Spera sia colpa dell’alcool e non della sua dannata paura. Dondola il capo, si massaggia la punta del naso «scusami, sono stato uno stronzo»
 
«Solaire, stai bene?»
 
«Sono solo stanco, ecco tutto» non vuole spaventarlo né farsi detestare «Me lo sono scelto questo nome»
 
«E’ una pratica dei dalish?» domanda l’altro curioso. Ancora una volta Solaire sospira, si dimena sul grosso albero
 
«No, l’ho scelto io quando sono scappato»
 
«Oh»
 
«A loro non piaceva l’idea che un Lavellan si portasse a letto altri uomini, così mi hanno dato un ultimatum. Potevo sposarmi con una del clan e passare la vita a rinnegare me stesso, ma con il viso guarito, oppure fuggire via e rimanere sfregiato.»
 
«Il tuo viso?» “un elfo sfregiato” così riportava il rapporto su di lui scritto da Leliana. Non c’è altro modo per descriverlo, il suo viso è sfregiato, ha sette cicatrici. Due sulle guance, tre sulla bocca, due attorno agli occhi. Il rapporto però non riporta nulla sulle cause. Solaire invece lo sa
 
C’è troppo sangue per lasciarlo pensare, ragionare, scappare
C’è troppo sangue e Adhaleni ha paura
 
«Beh si, non è che me le sono fatte da solo radendomi. Agli elfi non viene la barba, la battuta è questa» Dorian trova commovente come l’elfo riesca a scherzarci su, ma vorrebbe sapere «Il mio nome era Adhaleni, Adhaleni Lavellan. Il mio clan mi ha rinnegato, non io quindi continuo comunque a farmi chiamare Lavellan»
 
«Loro si sono rifiutati di curarti?» Dorian è sconvolto, Solaire solo disgustato da quel ricordo
 
«Il mio volto in cambio della mia vita. Un giusto scambio»
 
«Erano stati loro?»
 
«No, non ci sarebbero riusciti. Troppo vigliacchi per fare una cosa simile, in più Felron gli avrebbe abbrustoliti all’istante se mi avessero toccato» Dorian si volta, gli occhi dell’inquisitore sono lucidi. Solaire sta piangendo, ma non se ne è reso conto «Lui ha provato a difendermi, mi ha sempre protetto»
 
«Solaire» Dorian allunga una mano, ma l’elfo si ritira nel sentire passi pesanti scanditi dal tintinnio di un’armatura. Uno dei templari si è accostato all’albero
 
«Sua eminenza» la voce del templare lo terrorizza, lo costringe a rannicchiarsi come un riccio infreddolito «vorremmo ringraziarla per averci concesso questa possibilità» Solaire trema, stringe i pugni, si affloscia come stesse per cadere. Ha voglia di vomitare, ha voglia di scappare
 
«L’inquisitore Lavellan è stanco, sono certo che sia contento di avervi aiutato» Dorian risponde al posto suo, il templare fa un cenno al mago per ringraziarlo e torna indietro dai commilitoni. Il respiro di Solaire si fa di nuovo calmo, sereno, lineare «Stai bene?»
 
«Odio quei dannati templari, odio tutto di loro»
 
«Beh sono un po' rozzi, ma»
 
«No» l’elfo urla istericamente, sta per afferrare Dorian per la tunica ma si trattiene. Respira, espira, torna a fissare la bottiglia. «Hanno ucciso il mio vhenan»
 
«Il tuo vhenan? Il tuo amante intendi»
 
«Non eravamo solo amanti. Certo passavamo le sere assieme, il sesso era delizioso e quando stavo accanto a lui mi sembrava che il mondo avesse senso. Profumava di more e di frutti secchi» il pianto di Solaire non si arresta, ma Dorian resta nel suo spazio. Lo sguardo dell’inquisitore ora è rivolto alla luna «Non era solo sesso» la sua voce è rotta «Parlavamo, cantavamo, facevamo tutto assieme. Certe volte ci limitavamo a sdraiarci e rimanere in silenzio fissando il cielo. Io mi sentivo completo, unico e speciale. Volevo scappare con lui, volevamo fuggire via nel Tevinter. Sarei stato la sua spalla e lui sarebbe diventato un magister potente»
 
«Poi che accadde?» forse è l’alcool, ma Solaire ha voglia di parlare ancora. Da quanto non parla di lui, del suo vhenan?
 
C’è troppo sangue, Adhaleni ha capelli lunghi, rossi, un naso delicato. Sembra una ragazza, lo ripetono anche i templari davanti a lui
C’è troppo sangue, ecco cosa si ripete Adhaleni mentre tenta disperato di rianimare il corpo esamine dell’amante
C’è troppo sangue, ecco cosa pensa Adhaleni mentre uno dei templari lo trascina fuori dalla tenda tirandolo per i capelli
 
«Eravamo assieme quel giorno, accanto ad un lago. Solo io e lui. A sera finimmo col fare l’amore, non ricordo quante volte. Alla fine restammo distesi nella tenda, ricordo che Felron mi passò una mano tra i capelli. Poi udimmo delle grida, quattro templari entrarono nella tenda. Felron mi urlò di scappare e poi» Solaire si tasta la gola, stringe il collo «gli tagliarono la gola davanti a me, come fosse stato un agnello.»
 
«Kaffas»
 
«Io rimasi immobile, lo guardai dissanguarsi. Non capivo cosa stesse succedendo, forse ancora non ho realizzato»
 
«Sono stati i templari a farti quelle» Dorian indica le cicatrici dell’elfo, l’altro annuisce
 
«Pensavano fossi una ragazza, avevo i capelli lunghi, rossi, gli occhi grandi, un naso piccolo, lineamenti delicati. Ero giovane, avevo solo diciannove anni. Mi trascinarono fuori dalla tenda, mi violentarono a turno. Potevo vedere il volto di Felron dalla tenda aperta» Dorian si pente di aver chiesto, fa l’atto di abbracciare l’elfo e quello non si ritira «L’ultimo disse che avrebbe dovuto insegnarmi a non fraternizzare con i maghi, così mi ha infilato un coltello nella bocca. Non ricordo quante volte, ha continuato a pugnalarmi la faccia. Sono strisciato dal mio clan, ho trascinato con me Felron, si meritava di essere sepolto. Eravamo ancora nudi, ricordo lo sguardo inorridito del guardiano. Non perché era morto, solo perché eravamo nudi entrambi» Solaire non si ferma, continua parlare «Mi disse che avrebbe potuto guarirmi, ma che avrei dovuto smettere di essere diverso» Dorian lo guarda, nel suo sguardo c’è comprensione sa che cosa intende l’elfo e Solaire si sente compreso per una volta «Sono scappato via, ho cambiato nome perché non volevo più essere come loro»
 
C’è troppo sangue sul suo corpo
C’è troppo sangue nella sua bocca
C’è troppo sangue sui suoi occhi, ma riesce comunque a vedere la lama del templare avvicinarsi, la carne cedere, il dolore in ogni angolo del corpo
 
«Solaire è un bel nome» il complimento di Dorian lo costringe a guardare il mago e tira su col naso un paio di volte
 
«Adatto ad un tipo solare come me» Dorian sorride nervoso, poi Solaire gli si avvicina. Piega il capo, gli sfiora il naso, appoggia le labbra su quelle del mago. I baffi di Dorian lo fanno starnutire e ripiega indietro scocciato «Grazie per il complimento»
 
«Grazie del bacio»
 
«Vorresti una replica, magister?» gli afferra la tunica, se lo tira addosso e questa volta lo cerca in un bacio più invasivo. Dorian percepisce la cicatrice sulla lingua di Solaire, è stranamente piacevole, ma sapendo che cosa l’ha causata ne percepisce anche la tristezza. Le fila di denti si incontrano, battono l’una contro l’altra. Solaire si stacca con un gorgoglio di vittoria, si pulisce la bocca dal vino e collassa all’indietro sull’erba. Si è ubriacato abbastanza da parlare e Dorian spera che possa anche ricordare
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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