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Autore: C_Totoro    23/02/2020    2 recensioni
Questa storia nasce dalla volontà di approfondire il rapporto tra le sorelle Black. Davvero Bellatrix, Andromeda e Narcissa non si sono più viste dopo che Dromeda ha “tradito” i Black sposandosi con un Nato Babbano? Davvero da quel giorno si sono solo odiate?
“Sapeva bene quanto Dromeda, nonostante tutto, amasse le sue sorelle. Odi et amo, diceva Catullo, ed erano proprio questi i sentimenti contrastanti che, Ted lo sapeva, alloggiavano nell’animo della moglie. Non aveva nessuna importanza che non vedesse Bellatrix da quasi dieci anni, che quest'ultima non avesse mai mostrato nessun interesse per Andromeda o Ninfadora da allora. Certi sentimenti non si possono cancellare neanche volendolo.”
I personaggi potrebbero risultare leggermente OOC, ma immagino dipenda dall'idea che ci si è fatta dei personaggi.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Quando Narcissa entrò nel salotto di Malfoy Manor e trovò comodamente seduta su una delle poltrone la sorella Bellatrix rimase come pietrificata. Un turbinio di emozioni diverse la invase e non riuscì più a capire cosa stesse provando.

Contentezza, prima di tutto. Finalmente poteva riabbracciare la sorella, quella che non l’aveva tradita e non l’aveva abbandonata per un uomo… non di sua spontanea volontà, almeno.

Paura. Bellatrix rimaneva un’assassina, una torturatrice, una Mangiamorte spietata, non come Lucius. Lucius non era come lei, di questo Narcissa ne era sicura. Non sapeva cosa facesse di preciso, quale fosse il suo ruolo tra i Mangiamorte, quale fosse la missione che il Signore Oscuro gli aveva affidato ma no, no, sicuramente non era un demone come Bellatrix. Non poteva esserlo.

Rimorso. Non era neanche andata a salutarla, non era andata al processo… ci aveva lasciato andare Andromeda, la rinnegata.

“Cissy!” esclamò Bellatrix vedendola impalata, come pietrificata, sulla porta. “Non vieni ad abbracciare tua sorella, dopo quattordici anni che non ci vediamo?” le chiese alzandosi in piedi e aprendo le braccia.

Narcissa sentì il proprio corpo muoversi come comandato da qualcun altro e, senza quasi rendersene conto, si ritrovò ad abbracciare Bellatrix. Era così magra che, sotto le sue dita, sentiva distintamente la colonna vertebrale e le costole della sorella, anche il suo odore era cambiato; non aveva un odore sgradevole, ma era qualcosa che sapeva di mare, salsedine e umidità. Tutte cose che erano sempre state estranee a Bella. I suoi capelli erano un cespuglio ingarbugliato, i suoi occhi incavati lanciavano oscuri bagliori.

“Cissy, Cissy, Cissy, come stai?” le sussurrò all’orecchio. Anche la voce suonava così strana a Narcissa! La voce di Bella non era mai stata così roca e atona, non era mai stata così fredda e tagliente.

“Oh Bella, non come sto io! Ma come stai tu! Sei riuscita a sopravvivere, lo sapevo che eri forte, che ce l’avresti fatta…”

“E’ stato il Signore Oscuro a darmi la forza. È solo grazie a Lui se io sono qui ora a stringere tra le mie braccia la mia sorellina”

Narcissa aveva saputo dell’evasione la sera stessa, qualche ora prima che accadesse. Era stato Lucius a comunicarglielo, frettoloso e ben poco incline al dialogo.

“Da stasera avremo degli ospiti qui, a Villa Malfoy” le aveva comunicato, entrando con le vesti da Mangiamorte nella camera padronale. Narcissa aveva alzato un sopracciglio e aveva gettato un’occhiataccia al marito. Lucius ben sapeva che non le piaceva avere persone estranee in casa e, ancora meno, aveva piacere ad avere a che fare con i Mangiamorte. Il ritorno del Signore Oscuro l’aveva gettata nel panico, vero che condivideva i suoi ideali, vero che credeva nella superiorità dei Purosangue… ma il ritorno del Signore Oscuro significava guerra e guerra significava che Lucius e, con ogni probabilità il suo Draco, sarebbero stati in pericolo di vita. A lei non interessava se Hogwarts era frequentata da centinaia di Sanguesporco, ciò che contava era che Draco e Lucius fossero al sicuro. Non c’era nulla di più importante per Narcissa. Nulla di più importante della sua famiglia che, in definitiva, comprendeva principalmente solo Lucius e Draco. Voleva bene a Bellatrix e aveva sentito profondamente la sua mancanza in tutti quegli anni ma, nonostante tutto, aveva imparato a fare a meno di lei… con il tempo si impara a fare a meno di chiunque.

“Tranquilla Cissy, non saranno estranei… sono Rodolphus e Rabastan. Il Signore Oscuro li farà evadere da Azkaban tra poche ore e ha affidato a ciascuno di noi qualcuno di loro da accudire e rimettere in forze. Dobbiamo stare molto attenti, è vero che il Ministero sta negando il ritorno del Signore Oscuro, ma l’Ordine è allerta più che mai!”

Narcissa si alzò in piedi di scatto.

“E Bellatrix?” chiese in tono apprensivo. Perché il Signore Oscuro mandava da loro Rodolphus e Rabastan e non Bella, la sua Bella, sua sorella… chissà se ancora le voleva bene!

“Bellatrix… Bellatrix starà dal Signore Oscuro” aveva risposto Lucius guardandola in modo eloquente.

Da quella sera era passato qualche mese, Rodolphus e Rabastan, a parte essere deperiti e di cattivo umore, erano gli ospiti perfetti: silenziosi e invisibili. E ora, finalmente dopo ancora un paio di mesi, Narcissa si ritrovava di fronte a sua sorella. Non aveva potuto né vederla né contattarla per mesi, relegata lontano, in un luogo segreto dove si nascondeva il Signore Oscuro.

“Sono contenta che il Signore Oscuro ti abbia liberata e ti abbia rimesso in forze” rispose Cissy accomodandosi sul divano insieme a Bella “Avrei ospitato volentieri anche te, insieme a Rod e a Rab” aggiunse con un sorriso.

“Oh, è andata bene così” le rispose Bellatrix distrattamente.

“Bella” fece Narcissa, dopo un attimo di silenzio. Aveva così tante cose da dire a Bella! Sarebbero mai riuscite a recuperare tutti quegli anni di lontananza? “Mamma e papà… sono venuti a mancare, qualche anno fa non so se…”

“Me lo ha comunicato il Signore Oscuro qualche giorno dopo l’evasione” l’interruppe Bellatrix, sbrigativa. Non sembrava esserci traccia di dispiacere o rammarico nella sua voce. Narcissa si ritrovò a pensare cosa avesse passato Bellatrix ad Azkaban per reagire con tale freddezza alla notizia della morte dei genitori. O forse si era già sfogata con il Signore Oscuro? Guardava sua sorella e stentava a riconoscerla, al di là del suo aspetto fisico, anche il modo di reagire e di parlare era diverso. Era come se fosse l’ombra di sua sorella, una specie di sua sosia venuta male.

“Ah bene, allora” disse Narcissa, a disagio. Provava strane sensazioni, da una parte avrebbe voluto continuare ad abbracciare Bellatrix e non staccarsi più da lei, implorarle perdono e tornare a scherzare come facevano da ragazzine. D’altra parte, il cambiamento di Bellatrix era così evidente, così radicale, da farle paura, da non farle capire come comportarsi. Sentiva come di avere a che fare con una belva feroce e, qualsiasi mossa, doveva essere ponderata con estrema cura. Bellatrix sembrava essere nervosa; pur stando seduta continuava a muoversi con piccoli scatti nervosi che erano indice di come nel suo animo non dimorasse tranquillità.

“Non vedo l’ora di conoscere Draco” fece Bellatrix dopo qualche attimo di silenzio, sembrava una frase quasi di circostanza “Me lo ricordo che era un lattante, ora sarà diventato un uomo”

Al sentire nominare Draco lo sguardo di Narcissa si illuminò.

“Sì, Draco è un perfetto gentiluomo, uno studente modello! Assomiglia così tanto a Lucius…!”

Bellatrix fece un verso strozzato di scherno e il suo viso si accartocciò in una smorfia.

“Mi auguro proprio di no. Lucius è un viscido e un codardo!”

Narcissa si alzò in piedi di scatto, allontanandosi da Bellatrix. Era impallidita all’improvviso.

“Non osare, Bellatrix” sibilò “Non osare insultare mio marito in casa nostra!”

Bellatrix sbuffò, divertita. Sì, odiava Lucius, non lo stimava e lo trovava un inetto. Solo sua sorella Narcissa, la sciocca, poteva innamorarsi di una tale nullità. E come poteva il Signore Oscuro affidare una missione così importante a Lucius Malfoy? Lei aveva passato anni ad Azkaban per Lui e chi veniva ricompensato? Lucius Malfoy, quello che già la sera della scomparsa del Signore Oscuro era al Ministero a fingere di essersi appena risvegliato dalla Maledizione Imperius. Oh sì, era stato incredibilmente scaltro. Neanche ci aveva provato a cercalo…

“Ha rinnegato il Signore Oscuro per non finire ad Azkaban… e ora il Signore Oscuro gli affida una missione così importante!” commentò acida Bellatrix, osservando attenta la sorella da sotto le sue palpebre pesanti. Narcissa non fece in tempo a risponderle che la voce strascicata di Lucius le raggiunse.

“Cara Bella, ciò che odono le mie orecchie è forse invidia… o addirittura, gelosia?”

Bellatrix si alzò in piedi, inviperita più che mai. Narcissa ne percepì distintamente il potere oscuro e un brivido le percorse la schiena.

“Non cantare vittoria, Malfoy. Il Signore Oscuro ti sta dando una seconda possibilità, ma puoi stare certo che sarà anche l’ultima”

“E chi sei tu per farmi tali promesse, eh? Torna al tuo posto, Bellatrix. Anche il Signore Oscuro te lo ha ripetuto più volte, o sbaglio?” rispose Malfoy con un sorrisetto canzonatorio sulle labbra.

Bellatrix arrossì e boccheggiò per qualche secondo come un pesce fuor d’acqua.

“Vedrai Lucius, sarò di nuovo io a risolvere la missione e a rendere fiero il Signore Oscuro” ringhiò Bellatrix, sempre più agitata.

Narcissa si lasciò ricadere pesantemente sul divano, prendendosi la testa tra le mani e isolandosi dal mondo esterno, chiudendo fuori le voci di Lucius e Bellatrix che litigavano lanciandosi frecciatine. Incredibile come Bellatrix si fosse subito agitata, perdendo le staffe. Sembrava non avere più autocontrollo, sembrava essere più che mai persa, completamente persa dietro al Signore Oscuro.

Narcissa strinse più forte la sua presa sulla testa.

Forse non aveva mai capito.

Forse aveva sempre frainteso tutto.

Forse, la sorella che l’aveva abbandonata, non era poi Andromeda.

***

Andromeda sapeva che prima o poi sarebbe successo. Era inevitabile, non c’erano alternative, ma un conto era “sapere che sarebbe potuto succedere” un altro era avere la certezza che fosse successo.

Stava per iniziare il suo turno al San Mungo quando il patronus di Remus Lupin la raggiunse e, con la voce calma e ferma del licantropo, disse che Dora era stata ferita e che la stavano portando d’urgenza proprio lì, al San Mungo. Ted doveva aver ricevuto lo stesso messaggio qualche minuto prima perché se lo ritrovò al suo fianco prima ancora che lei riuscisse a realizzare ciò che quelle parole realmente significavano.

Dora ferita. La sua bambina portata d’urgenza al San Mungo.

Corsero nel reparto del pronto soccorso e lì vi trovarono proprio Remus Lupin che girava in cerchio, preoccupato, sconvolto, le lacrime a rigargli il viso.

“Remus!” gridò Ted, correndogli incontro.

Lupin sussultò, come se l’urlo disperato di Ted lo avesse riportato all’improvviso alla realtà.

“Cos’è successo?” chiese Andromeda preoccupata, disperata.

Lupin sospirò, non sapeva neanche da che parte iniziare. Era successo tutto troppo in fretta. Un attimo prima erano a casa di Sirius, tranquilli, poi tutto d’un tratto erano stati avvertiti da Severus, la lotta al Ministero… le immagini iniziarono a sovrapporsi nella testa di Remus. Sirius che scherzava con lui a Grimmauld Place, il viso disteso e la sua risata simile a un latrato che contagiava tutti i presenti… Sirius colpito al petto che cadeva oltre il velo mentre la sua risata simile a un latrato ancora rimbombava tra le pareti dell’Ufficio Misteri. Gli salì la nausea all’improvviso e si sentì prendere dalle vertigini. Le urla disperate di Harry e poi ancora, il funerale di James e di Lily…

“Remus?” lo richiamò con urgenza Ted mettendogli una mano sulla spalla.

Remus inspirò ed espirò profondamente. Doveva scacciare dalla sua testa quei pensieri e quelle immagini, doveva riprendere coscienza di sé, rendersi conto che sarebbe stato di nuovo da solo, senza amici…

“Siamo corsi all’Ufficio Misteri, al Ministero, per proteggere Harry e altri studenti che sono caduti in una trappola di Voldemort” gracchiò infine Remus, la voce tremante, quasi stentava a riconoscerla. Non riusciva neanche a guardare in faccia le due persone di fronte a lui. Andromeda e Ted, i genitori di Dora. Già, Dora, la ragazza che con ogni sorriso s’impossessava sempre di più di un pezzetto del suo cuore. La ragazza con la quale non sarebbe mai potuto stare, pericoloso com’era. La ragazza che mai l’avrebbe voluto, essendo lui un mostro.

“Harry Potter? Ma cosa ci faceva all’Ufficio Misteri? Non ci sono gli esami a Hogwarts in questi giorni?” chiese perplesso Ted, non capendo nulla.

Remus sospirò e, finalmente, guardò i due genitori. Erano l’immagine dell’ansia e della paura. E come dare loro torto.

“Non posso spiegarvi e scendere nei dettagli…”

Andromeda l’interruppe, afferrandolo per un lembo del mantello.

“A me interessa solo sapere come sta mia figlia. Voglio sapere perché è ricoverata in ospedale, com’è successo. Chi è stato. Tieniti pure le tue informazioni su Harry Potter e l’Ordine della fottuta Fenice” sputò fuori a denti stretti.

“Dromeda…” provò a calmarla Ted, ma Andromeda scosse il capo, spostando il braccio dalla stretta di Ted.

“No! Che mi dica come sta Ninfadora! Chi è stato?!”

“Bellatrix” soffiò fuori Remus, guardando Andromeda dritta negli occhi. La somiglianza con Bellatrix, nonostante quest’ultima avesse passato quattordici anni ad Azkaban, era ancora evidente. Nei tratti di Andromeda rivedeva anche quelli di Sirius, lo stesso naso, le stesse labbra… chissà se anche la sua risata era simile a quella di un latrato…

Andromeda, sentito il nome di Bellatrix, sembrò sgonfiarsi. Se lo aspettava, sapeva che prima o poi sarebbe successo.

“Cosa le ha fatto?” chiese piano mentre la sala d’aspetto vorticava intorno a lei. Non poteva essere che Bellatrix avesse fatto del male a Dora consapevolmente. Non poteva essere…

“Stavano duellando. Dora voleva proteggere Harry e gli altri e… insomma… Bellatrix ha abbattuto Malocchio, Shacklebot, Dora… tutti hanno provato a fermarla e lei li ha sconfitti uno dopo l’altro. È incredibilmente potente, sembra davvero una macchina da guerra. Pensa che ha anche parato un incantesimo di Silente… Comunque. Ora sono tutti qua ma, insomma, non si sa ancora quanto siano gravi. Nessuno di loro era cosciente quando sono stati portati qua” Remus sospirò, poi, con voce tremante, proseguì “Bellatrix ha ucciso Sirius”.

Andromeda sgranò gli occhi, incredula.

“Cosa?” chiese, sicura di aver capito male. Non poteva essere.

Remus gettò un’occhiata a Ted, in cerca di aiuto. Lui proprio non riusciva a parlare. Non poteva pensare a Sirius morto, la consapevolezza della sua morte iniziava a farsi sempre più forte e il suo cuore iniziava a pesare come un macigno.

D’altra parte anche Ted era senza parole. Sirius era stato l’unico membro della famiglia di Andromeda che avesse mai davvero conosciuto, con il quale aveva parlato, scherzato. Anche lui era convinto, come Andromeda, dell’innocenza di Sirius quando questi era stato mandato ad Azkaban con l’accusa di essere uno dei più fedeli sostenitori di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. E poi, appena un anno fa, la notizia che Sirius era, effettivamente, innocente… lui e Dromeda avevano perso l’occasione di rivederlo – non facendo parte dell’Ordine non potevano andare al quartier generale e Sirius non poteva uscire – e ora… ora non avrebbero mai più potuto rivederlo, abbracciarlo.

Morto.

Ted abbracciò Andromeda che sembrava come una statua. Ferma, immobile.

“Sicuro l’abbia ucciso Bellatrix?” chiese, muovendo appena le labbra.

Remus annuì semplicemente, incapace di aprire la bocca.

I tre rimasero a osservarsi per qualche attimo, senza sapere cosa dire, cosa fare… o anche cosa provare.

I pensieri di Andromeda andavano a intermittenza. Incapace di credere che effettivamente Bellatrix potesse aver ucciso Sirius, suo cugino, e aggredito Dora, sua nipote. No, doveva esserci stato un errore. La Bellatrix che conosceva lei non l’avrebbe mai fatto! Andromeda era sicura di questo. Ma una vocina nella sua testa continuava a ripeterle che Bellatrix aveva torturato alla follia i Paciock… torturato alla follia. E quindi forse sì. Una donna capace di quello poteva essere capace di tutto. Capace di odiare la propria famiglia fino ad arrivare al punto di ucciderne i membri. Sarebbe stata in grado di uccidere anche lei, sua sorella? Si lasciò cadere sulla panca e si prese la testa tra le mani.

E se anche Dora fosse morta? E se avesse ucciso anche la sua bambina? Andromeda serrò la bocca. Sarebbe andata a cercarla e l’avrebbe uccisa, si disse. Si immaginò a duellare contro Bellatrix, sopraffarla, e infine ucciderla, senza pietà. Vide i suoi occhi vuoti fissarla senza poterla realmente vedere. Il solo pensiero la mise a disagio. Scosse la testa. No, non sarebbe mai riuscita a uccidere Bella. Non sapeva neanche se era in grado di odiarla, odiarla davvero, come Bella doveva odiare lei, Sirius, Dora… la sua famiglia.

“Signori Tonks? Guaritrice Tonks” la chiamò la sua collega.

“Guaritrice Miller” rispose Andromeda alzandosi in piedi e guardando con apprensione la collega “Come sta mia figlia? Come sta Ninfadora?” domandò Ted, al suo fianco. Lupin rimase in disparte, non volendo entrare nell’intimità di quella famiglia ma tendendo comunque le orecchie: in quel momento non avrebbe potuto sopportare un’altra perdita. Non quella di Dora. Una donna così giovane, piena di energia e intelligente non poteva morire così, mentre lui continuava a uscire illeso da ogni situazione. Non era giusto.

“Sta bene” li rassicurò subito la guaritrice Miller, sorridendo. Lupin si alzò in piedi, non riuscendo a contenersi. Dora stava bene.

“Anzi, è già sveglia. La terremo in osservazione per questa notte ma, fortunatamente, nessun organo vitale sembra essere stato colpito e la maledizione lanciata, per quanto potente e oscura, sembrava come… priva della reale intenzione necessaria affinché potesse effettivamente fare il suo effetto e quindi siamo riusciti abbastanza facilmente a fermarla”.

Andromeda abbracciò stretto il marito, il cuore più leggero, le sembrava di essere più leggera. In preda all’euforia diede un veloce bacio a stampo a Ted.

“Possiamo entrare a vederla?”

La guaritrice Miller sorrise e annuì “Oh sì, direi anzi che è un’ottima idea considerando che stiamo faticando a tenerla ferma a letto”.

Ted scosse la testa, le lacrime agli occhi, “Sì, è proprio la nostra Dora…”

Lupin si fece avanti, guardingo “Moody e Shacklebot, invece?” chiese piano alla guaritrice. Miller lo osservò per qualche istante “Lei è un parente?” chiese con gentilezza.

Lupin scosse la testa.

“Temo di non poterle dare informazioni, allora”

“Ma…”

La guaritrice Miller si guardò un attimo attorno, poi aggiunse in un sussurro “Io comunque fossi in lei non mi preoccuperei. Potrete visitare presto anche loro”

Strinse un’ultima volta la mano ad Andromeda e se ne andò.



 

“Mamma, ti ho detto che sto bene” sbottò Ninfadora dopo che, per la centesima volta, Andromeda la guardava con sguardo critico e iniziava a provare a visitarla “Domani mi dimettono, credi che i tuoi colleghi siano degli incapaci?” le chiese addolcendo un po’ il tono.

Andromeda scosse la testa, ancora in ansia per sua figlia.

“Mi dispiace per Sirius, Remus” disse poi rivolta a Lupin. Andromeda guardò attenta i due, c’era una strana tensione fra loro due, qualcosa che metteva a disagio Andromeda. Era la stessa tensione che c’era stata in passato tra lei e Ted, ne era certa. Era una persona molto sensibile e, certe cose, le capiva subito, senza pensarci troppo. Questa cosa tra Ninfadora e Lupin non le piaceva proprio per niente. Non che Remus Lupin fosse una cattiva persona, anzi. Ma era un licantropo e… per la sua Dora aveva sperato in qualcuno di diverso… ma forse era solo la sua immaginazione, forse tra i due effettivamente non c’era niente.

“Tu come stai mamma? Sirius alla fine era tuo cugino” chiese poi riferita a sua madre. Andromeda sorrise, triste.

“Spero almeno che gli diano la giustizia che non è mai riuscito ad avere quando era ancora in vita”

“Sì, se lo merita. Sono certo che Silente si batterà per questo”

“Lo credo anche io! Ma quindi mi stavi dicendo, Remus, che Silente si è presentato all’Ufficio Misteri?”

“Sì… io chiaramente non l’ho visto, ma pare abbia combattuto contro Voldemort”

Ninfadora fece un fischio.

“Dev’essere stato un duello spettacolare” commento, tirandosi un po’ più su sui cuscini “E Bellatrix è riuscita a scappare?”

Remus annuì.

“Voldemort l’ha afferrata e l’ha portata via con lui… almeno, queste sono le voci. Sicuramente, comunque, non è stata riportata ad Azkaban”

Andromeda si sedette ai piedi del letto di Ninfadora, stanca. E così il Signore Oscuro l’aveva presa e portata via con sé. “Non è una novità”, pensò tra sé e sé, “l’ha sempre fatto. Darle quel tanto che basta per tenerla legata a Lui…” scosse il capo.

“Come ti senti, mamma? So che in qualche modo… insomma, vuoi bene a Bellatrix” le chiese Ninfadora, accarezzando una coscia della madre col piede da sotto le lenzuola.

Andromeda alzò lo sguardo su sua figlia. Aveva i suoi capelli rosa shocking segno che, effettivamente, stava bene. Alzò le spalle.

“Mia sorella ha ucciso mio cugino e ha aggredito mia figlia” disse piano e alzò ancora una volta le spalle, non sapendo cosa dire. Voleva davvero ancora bene a Bellatrix? O forse l’affetto che provava per lei era ormai legato a una persona che, effettivamente, non esisteva più?

“Be’, comunque, pare avessi ragione” disse piano Ted. Era rimasto per tutto il tempo in disparte, guardando Dora come se dovesse scomparire da un momento all’altro. Le lacrime che ancora gli rigavano il viso. “Avevi ragione Dromeda, pare che tra loro due ci sia qualcosa, altrimenti perché salvarla?”

Remus alzò le sopracciglia.

“Ci sia qualcosa tra chi?”

Ninfadora roteò gli occhi, poi si rivolse a Remus “Mia madre è convinta che Bellatrix e Tu-Sai-Chi abbiano una sorta di tresca amorosa…”

Remus ci mise qualche istante per registrare le parole di Dora. Guardò per qualche secondo Ninfadora poi entrambi scoppiarono in una fragorosa risata e presto furono seguiti a ruota da Ted.

Andromeda si alzò di scatto, a disagio.

“Vado a prendere un té” disse piano.

“Oh no, mamma dai, non prendertela!” esclamò Dora, tra una risata e l’altra, tenendosi la pancia.

Andromeda sorrise triste, guardando la complicità di Dora e Lupin.

Il suo sesto senso non sbagliava mai.

***

Erano i primi di dicembre, le giornate si facevano sempre più corte e fredde. Narcissa non faceva altro che chiedersi come stesse Lucius ad Azkaban, cosa facesse, aveva delle coperte? Non aveva la minima idea di come dovesse essere quel luogo quando, le venne in mente, esisteva una persona che poteva raccontarglielo.

Bellatrix.

Dalla sua evasione non l’aveva poi vista molto spesso e, da quando a Draco era stato affidato il compito di uccidere Silente, aveva cercato di evitarla il più possibile. Bellatrix non capiva “se avessi dei figli li darei tutti al Signore Oscuro”. Era chiaro non fosse madre, altrimenti come avrebbe potuto pensare una cosa del genere? Dare tutti i propri figli a quell’essere spregevole? Non vedeva l’ora arrivassero le vacanze di natale per poter abbracciare Draco e vedere effettivamente come stesse. Non rispondeva più alle sue lettere, era sfuggente… le uniche informazioni che riceveva gliele dava Severus, la sua unica ancora di salvezza. Il suo unico amico.

Il Signore Oscuro e Bellatrix erano in movimento costante ma pare che usassero come base Villa Riddle, la casa Babbana. Fu lì quindi che Narcissa si smaterializzò.

Bussò piano alla porta che subito si aprì e comparve Bellatrix. Sembrava essere un po’ più in carne rispetto all’ultima volta in cui l’aveva vista ma c’era qualcosa di diverso, sembrava inquieta, preoccupata.

“Cissy!” esclamò, abbracciandola “Come stai? Cosa ci fai qui?” chiese Bella, preoccupata.

Narcissa ricambiò l’abbraccio e, finalmente dopo mesi, sembrava davvero di stare riabbracciando sua sorella e non più uno scheletro con le sue sembianze. Eppure c’era qualcosa di strano nel suo fisico che proprio non riusciva a spiegarsi.

“Lui è qui?”

Narcissa vide le gote di Bellatrix farsi più rosse mentre veniva pervasa da un sentimento di vergogna che non le apparteneva proprio. Eppure era così: ogni volta che si parlava del Signore Oscuro il suo atteggiamento cambiava, diventava sottomessa, remissiva.

“No, non è qui. Credo starà via per qualche giorno” rispose Bella “E’ sempre in movimento, sempre a sperimentare nuovi incantesimi”

“E non sei con Lui?” chiese Narcissa alzando un sopracciglio mentre entrava nel salotto.

“Non…” iniziò Bellatrix a disagio “Non lo ha ritenuto… opportuno” disse sedendosi su una delle poltrone e facendo segno a Cissy di accomodarsi a sua volta. Narcissa osservò per qualche istante Bella, le aveva dato una risposta così strana! Cosa le stava nascondendo?

“Bella, io volevo chiederti di Azkaban” disse piano Narcissa, cambiando argomento ma continuando a osservare Bellatrix. Era strana. Aveva un atteggiamento non suo, bizzarro, come se stesse cercando di nascondere qualcosa.

“Di Azkaban?” ripeté Bellatrix allungandosi per prendere un cuscino da mettere dietro alla schiena e stare più comodamente seduta. Fu confusa dalla richiesta fino a quando non realizzò “E’ per Lucius che me lo stai chiedendo, vero?” domandò con amarezza.

Ci era rimasta male. Sì, quando era stata liberata da Azkaban solo il Signore Oscuro si era dimostrato interessato a lei, Narcissa era stata fredda e distaccata troppo impegnata a pensare a Lucius e a Draco per chiedersi – chiedersi veramente – come lei stesse, cosa avesse passato durante quei quattordici anni ad Azkaban. Ma aveva sempre saputo che la sua sorellina più piccola aveva un animo egoista e opportunista non come l’altra, non come Andromeda.

“Azkaban è un posto orribile” iniziò Bellatrix stizzita “E non mi è sembrato ti sia importato di chiedermi qualcosa quando è stato il momento”

Narcissa abbassò lo sguardo. “Hai ragione Bella, avrei dovuto chiederti, domandarti, starti vicina… ma tu sei stata sempre con Lui… sei sempre così distante! Anche ora, ti vedo diversa, c’è qualcosa di strano in te… qualcosa che…”

Bellatrix portò le ginocchi al petto e scosse il capo.

“Non c’è niente che non va” la interruppe.

E invece tutto non andava. Era incinta e non voleva. Era incinta e Lui voleva. Voleva ma continuava a lasciarla sola, non voleva che si mettesse in pericolo e, probabilmente, non sarebbe neanche riuscita ad andare a Hogwarts quando – se – Draco fosse mai riuscito nel suo intento. Non poteva sopportare di essere stata declassata da Mangiamorte a donna sforna figli. Lui non glielo diceva ma sapeva che doveva essere così. Che fosse la sua punizione per la questione “missione Ufficio Misteri”? Non capiva e Lui non le spiegava. Era stato molto, troppo, adirato per settimane. Poi lei era rimasta incinta e Lui… Lui quel bambino lo voleva. Non capiva per quale motivo – e Bellatrix ne era certa, un motivo c’era – eppure lo voleva. Se solo le avesse detto il perché sarebbe stato più facile scendere a compromessi con quella gravidanza! I mesi passavano e il feto si faceva sempre più presente e Lui non c’era. Voleva questo bambino ma non se ne curava minimamente. Che queste sue missioni che lo portavano lontano per giorni avessero a che fare con qualche incantesimo o maledizione per il bambino? Bellatrix non lo sapeva. Sapeva solo che il suo corpo stava cambiando che il suo umore era ballerino e che era straziata, divisa a metà tra il volere del suo Padrone - per il quale avrebbe fatto tutto e gli avrebbe dato tutto - e la sua volontà che, tutto sommato, sembrava inesistente. Un giorno pensava che non poteva essere poi male avere un figlio, l’attimo dopo avrebbe voluto strapparsi a mani nude quell’essere che cresceva nella sua pancia.

Bellatrix scosse la testa, scacciando tutti quei pensieri. Non voleva parlarne con Cissy. Lei non avrebbe capito. Si malediceva e cercava di far tacere i suoi pensieri ma c’era solo una persona con cui avrebbe voluto parlarne. Ma non poteva.

Cissy stava per insistere ma Bellatrix l’interruppe “Via, Cissy, ora ad Azkaban non ci sono neanche i Dissennatori e, te lo posso assicurare, erano una delle parti peggiori della prigionia. Lucius poi verrà liberato in men che non si dica. Appena Draco riuscirà nel suo intento e il Signore Oscuro potrà prendere il potere…”

Narcissa annuì lentamente. Sapeva che Bella aveva ragione, doveva avere fiducia nell’ascesa del Signore Oscuro, solo allora Lucius sarebbe stato di nuovo libero, di nuovo al suo fianco.

“Com’erano le tue giornate ad Azkaban?”

Bellatrix alzò le spalle.

“Fredde, grigie, tutte uguali. Dopo un po’ ti dimentichi dello scorrere del tempo e non sai neanche più da quanto tempo sei lì dentro… sono stata sorpresa, una volta uscita, di scoprire che erano passati solo quattordici anni. Pensavo molto di più. Per quattordici anni non ho parlato con nessuno, le celle sono piccole, strette e il soffitto è basso. Non c’era molta possibilità di movimento. Il fragore del mare è costante e d’inverno si gela, il vento soffia forte e porta all’interno salsedine e pioggia. D’estate invece si muore di caldo… ma per non farti capire dello scorrere dei mesi spesso gli Auror stregavano gli eventi atmosferici… e così magari avevo per mesi la neve anche durante la primavera e poi, tutt’a un tratto il caldo cuocente…” si bloccò, lo sguardo angosciato di Narcissa la fece smettere di raccontare, di pensare a quegli anni che sembravano essere passati come in un sogno. O meglio, un incubo.

“Tranquilla, Narcissa” disse Bellatrix alzandosi in piedi e sedendosi accanto alla sorella, cingendole le spalle “Ti posso assicurare che gli Auror adesso hanno di meglio a cui pensare che torturare i prigionieri ad Azkaban”. Un singhiozzo senza lacrime uscì dalla bocca di Narcissa.

“Sì, forse hai ragione”

“Anche quel verme senza spina dorsale di tuo marito può sopravvivere”

“Devi smetterla Bella” disse Narcissa alzando lo sguardo sulla sorella e indurendo la mascella “Devi smetterla di denigrare Lucius, quello che ha fatto, lo ha fatto per me, per Draco, la sua famiglia! E, se proprio vuoi la verità, avresti dovuto fare lo stesso! Avresti dovuto rimanere con me… invece hai messo un uomo davanti a me, proprio come…” s’interruppe, ma poi proseguì, indignata “proprio come Andromeda!”

Bellatrix la guardò a lungo in silenzio.

“Vuoi paragonare il Signore Oscuro a quel… a quel Tonks?!”

“E’ quello che hai fatto però, no?” insistette Narcissa, adirata. “Ve ne fregate tu, Andromeda, ve ne siete sempre fregate di me e di come sarei stata senza di voi”

Bellatrix sorrise arrogante “E tu ti senti tanto più brava di noi, sorellina? Tu? Il cui unico e solo pensiero sono Lucius e Draco? Tu che non sei venuta a vedermi prima che mi spedissero ad Azkaban! Tu, che non sei neanche venuta al processo!” sbottò, urlando.

“La mia è stata una risposta al vostro comportamento” rispose Narcissa, convinta. Bellatrix scoppiò a ridere e più rideva, più diventava una risata maniacale che mise i brividi a Narcissa.

“Torna dalla tua famiglia, Narcissa” le disse Bellatrix “Qui non hai davvero più nulla da fare”.

Narcissa si alzò in piedi e corse via, precipitandosi fuori da quella casa, precipitandosi lontana da Bellatrix. Quella Bellatrix che a Hogwarts per lei c’era sempre stata, quella Bellatrix che era stata la sua testimone di nozze e le era stata vicina durante il parto. Quella Bellatrix che, ancora una volta, aveva scelto il Signore Oscuro.

***

Continuava a passeggiare, con passo misurato, nel salotto di Villa Riddle. In cerchio, come un animale in gabbia. Come non era mai riuscita a fare ad Azkaban a causa degli spazi troppo stretti. Sentiva l’essere crescere dentro di lei e non poteva farci nulla. C’erano momenti in cui lo voleva, anche solo per l’egoistico fatto che sarebbe stato un essere che testimoniava l’unione di lei e del Suo Signore e altri momenti in cui non si dava pace, ben sapendo che la gravidanza non le avrebbe consentito di stare a fianco al Suo Signore come avrebbe voluto, essere in prima linea per Lui, andare a Hogwarts ad accoppare Silente. Ciò che più la faceva sentire senza via di scampo era il fatto che non avesse lei la situazione sotto controllo, non aveva scelta: doveva tenerlo perché Lui voleva così. Passando vicino al divano afferrò al volo un cuscino e soffocò un urlo. Alle volte lo odiava. Le faceva paura anche solo pensarlo, ma alle volte lo detestava davvero. Anzi, detestava se stessa e la sua volontà di accondiscendere sempre e comunque a ogni suo volere. E detestava se stessa per i suoi ormoni impazziti che la rendevano debole e le mettevano in testa strane idee, strane idee il cui seme era stato piantato da Narcissa. Perché sì, forse sua sorella tutti i torti non li aveva, forse non era poi così diversa da Andromeda. E fu in quel momento che le venne la folle idea.

Lanciò di nuovo il cuscino sul divano e si precipitò fuori dalla Villa, smaterializzandosi lontano.

Andromeda abitava in uno di quei quartieri di Londra ibridi a metà tra magia e babbanosità, non come Piton che invece abitava in uno di quei sobborghi in cui anche i babbani si vergognavano di vivere. Bellatrix aveva sempre saputo l’indirizzo della sorella ma non aveva mai neanche preso in considerazione l’idea di andare effettivamente da lei. Questa gravidanza però aveva cambiato tutto. Si avvicinò furtiva verso il giardino e notò, con suo estremo stupore, come non ci fosse nessuna barriera magica a protezione della casa. Il suo cuore batteva all’impazzata e c’era una parte di lei, quella ragionevole con ancora un cervello funzionante, che le urlava a gran voce di andarsene e tornare a casa, da Lui. Ma l’idea di vedere Andromeda era allettante, nonostante tutto, sentiva che si sarebbe potuta fidare di lei. Sapeva bene quanto Andromeda fosse diversa da lei, ma anche da Cissy. La verità era una: c’era sempre stata. Anche dopo il litigio, soprattutto dopo il litigio, era rimasta.

Si è presentata ai colloqui a cui nessun altro si era presentato, è venuta al processo.

“Ferma”

La voce imperiosa di Andromeda la colpì alla sprovvista. Si era così fatta prendere dai suoi pensieri che non aveva sentito i passi felpati della sorella alle spalle. Si sentì pungolare alle costole dalla bacchetta.

“Cosa ci fai qua?”

Bellatrix inspirò e si voltò di scatto facendo un passo indietro, allontanando la bacchetta di Andromeda.

“Sono venuta a parlare” rispose Bellatrix guardando dritta negli occhi Andromeda.

“Forse sarei così, se non fossi finita ad Azkaban” si ritrovò a pensare distrattamente, guardando i capelli e la pelle luminosa della sorella, le sue curve morbide e le sue mani lisce.

“Pensavo fossi venuta a finire il lavoro” ribatté Andromeda, sempre guardinga. Non poteva credere che quella davanti a lei fosse davvero Bellatrix. Che diamine ci faceva lì? Continuava a ripetersi, senza trovare risposta. Aveva visto per caso un’ombra aggirarsi in giardino e aveva deciso di andare a controllare ed eccola lì, che camminava tranquillamente, Bellatrix Lestrange, la pluriomicida.

“Possiamo entrare? Sai com’è, sono ricercata” disse Bellatrix e Andromeda a stento ne riconobbe la voce.

“Ma sì, certo, ti faccio il té” rispose ironica Andromeda alzando di più la bacchetta e puntandogliela al petto “Hai quasi ucciso mia figlia”.

Bellatrix scoppiò in una risata.

“Quella maledizione non avrebbe ucciso un bambino” e subito dopo si morse le labbra. Un bambino, ormai riusciva solo a pensare a quello. Possibile?

Andromeda notò immediatamente l’attimo di disagio che prese Bellatrix, non capendone tuttavia la causa.

“Quindi l’hai lanciata poco potente apposta?”

Bella roteò gli occhi.

“Hai importanza?”

“Ha importanza per me

“E non possiamo parlarne dentro?” insistette Bellatrix. Decisamente, essere arrestata mentre era nel giardino di sua sorella per parlare di quello non rientrava nei suoi piani. Rabbrividì al pensiero di ciò che avrebbe fatto l’Oscuro Signore se si fosse fatta arrestare come un’allocca. Rabbrividì ancora di più al pensiero di ciò che le avrebbe fatto appena avesse scoperto che era stata da Andromeda e, Bella ne era certa, lo avrebbe scoperto. Probabilmente avrebbe finito lei stessa col dirglielo, incapace di celargli segreti.

Andromeda la osservò per qualche istante. Non poteva negare che fosse curiosa, qualsiasi fosse il motivo che portava Bellatrix lì non poteva essere niente di malvagio, altrimenti probabilmente sarebbe già stata aggredita. Era davvero perplessa, non trovava soluzione.

“Se Bellatrix non è venuta a farmi del male, perché allora è qui?” questo continuava a chiedersi.

Infine annuì e abbassò la bacchetta, facendole segno di entrare.

“Che tanfo di babbano” commentò Bellatrix entrando nel soggiorno e passeggiando fino al camino per guardare le foto che vi erano esposte. Vide Andromeda vestita da sposa stretta a quel Babbano, vide la piccola Ninfadora che cambiava colore dei capelli e fu con un tuffo al cuore che notò anche una foto di loro tre – Bellatrix, Andromeda e Narcissa – a Hogwarts. Sentì i suoi occhi inumidirsi. Non poteva essere, non poteva stare piangendo sul serio, non ora, non a casa di Andromeda la rinnegata, non a causa di una stupida foto che apparteneva a un’altra vita.

“Sei sempre gentilissima Bella, grazie” disse Andromeda raggiungendola dal camino. Si girò verso la sorella con un sorriso ironico che le si gelò appena vide le guance di Bellatrix rigate dalle lacrime.

Fu in quel momento che le venne il dubbio che quella non fosse affatto Bellatrix. Bellatrix non piangeva. Non aveva pianto quando veniva umiliata dai genitori. Non aveva pianto quando le era stato detto che avrebbe dovuto sposare Rodolphus. Non aveva pianto quando lei aveva detto che se ne sarebbe andata. Non aveva pianto quando era stata condannata ad Azkaban. Bellatrix non piangeva, era un dato di fatto. Non così, senza motivo. Non così, per delle foto. Sotto gli occhi basiti di Andromeda, Bellatrix iniziò a singhiozzare e Andromeda non poté fare a meno di sfoderare la bacchetta e urlare “Revelio!” sicura di smascherare l’impostore che si nascondeva sotto la maschera di Bellatrix.

“Ma sei completamente scema?” le chiese Bellatrix, asciugandosi le lacrime con una mano tremante e allontanandosi da lei “Sono io, idiota babbanofila!”

Andromeda ripose la bacchetta. Non sapeva cosa fare. Quella, per quanto incredibile potesse sembrare, era Bellatrix.

“Cosa è successo?” le chiese guardandola fissa negli occhi “Cosa è successo?”

Bellatrix scosse la testa.

“Ho bisogno di bere” gracchiò Bellatrix dirigendosi verso la cucina senza aspettare alcun invito. Riconosceva Andromeda in quasi ogni dettaglio della casa, si domandò distratta come fosse stata la vita di Dromeda in tutti quegli anni.

“No aspetta Bella!” la fermò Andromeda raggiungendola “Non puoi venire qua, continuare a insultarmi, dire di volermi parlare e poi comportarti come fossi in casa tua!”

“Non posso, ma lo sto facendo” disse Bellatrix, sedendosi al tavolo e richiamando una bottiglia di Whiskey Incendiario con la bacchetta. Al diavolo l’essere, aveva bisogno di alcol se doveva sciogliere la lingua.

“Hai ucciso Sirius!” disse piano Andromeda, osservando la sorella aprire la bottiglia e riempire due bicchieri fino all’orlo.

“Sì” rispose Bellatrix, indifferente “E’ la guerra, Dromeda, ho fatto ciò che dovevo. Lui era pronto a fare lo stesso, puoi giurarci”

“Era tuo cugino”

“E ora non lo è più” alzò il bicchiere verso Andromeda, come per brindare con lei, e se lo portò alla bocca bevendone il contenuto avida. Sentì il Whiskey scendere nello stomaco bruciandole la gola, d’altra parte c’era un motivo se si chiamava “Whiskey Incendiario”.

“Non sono venuta qui per parlare di Sirius Black” disse poi Bellatrix fissando il bicchiere vuoto. Andromeda si decise a sedersi e bevve un sorso di Whiskey. Si preannunciava una giornata emozionante: si sarebbe ubriacata con sua sorella Bellatrix alle dieci del mattino. Meno male che non sarebbe stata di turno al San Mungo quel giorno.

“Sei venuta qui per scusarti di aver provato a uccidere Ninfadora?”

Bellatrix le fece un sorriso sghembo “Cara sorellina, io ‘non provo a uccidere’, io uccido e basta. Se ancora cammina e respira è perché io ho voluto così. Stai pur certa che quando deciderò che ha vissuto abbastanza non avrà più scampo”

Andromeda incrociò le braccia al petto “E per quale motivo io non dovrei chiamare gli Auror, l’Ordine della Fenice, il Ministero, qui e ora, e farti arrestare?”

“Non lo faresti mai, mi vuoi bene. Sei debole” le rispose Bella bevendo alla goccia un altro bicchiere di Whiskey.

“Ah però, ad Azkaban facevate tanti festini?” le chiese Andromeda allibita dalla velocità con cui Bellatrix trangugiava quel liquido ambrato.

“Se non mi ubriaco non riuscirò mai a parlare” le spiegò Bellatrix versandosi ancora un bicchiere.

“Sempre che tu non finisca in coma etilico prima” commentò Andromeda, alzando un sopracciglio e bevendo ancora un sorso di Whiskey Incendiario. Tutto sommato poteva anche essere divertente. Fare ubriacare sua sorella, sentire cosa aveva da dire e poi chiamare Dora per farla arrestare. Perché no.

“Va bene allora, Bella. Ubriachiamoci” disse, facendo tintinnare il suo bicchiere con quello della sorella.

“Perché non ne parli con Narcissa?” domandò dopo un po’, guardando di sottecchi Bellatrix svuotare un altro bicchiere come se stesse bevendo succo di zucca.

“Non capirebbe…”

“E io sì?”

Bellatrix alzò le spalle. “Cissy non è più quella di una volta”

“Neanche io, se è per questo”

Bellatrix scoppiò a ridere “Oh, Dromeda, no. Tu sei davvero sempre la stessa. Tant’è vero che sei seduta con me, con me, a bere Whiskey. Cissy non lo farebbe mai”

Andromeda fece una smorfia “Touché”.

La curiosità stava iniziando a divorarla. Cosa mai poteva essere che doveva dirle? Proprio non riusciva a capire.

“Qual è la tua specializzazione al San Mungo?” le chiese Bellatrix. Andromeda notò che le gote scarne iniziavano ad accendersi, gli occhi a farsi più lucidi e vacui, la voce più impastata.

“Sono nel reparto malattie infettive sai, vaiolo di drago, kappavirus e cose del genere…” le rispose sbrigativa Andromeda.

“Ma comunque hai un’infarinatura di tutto, no?”

“Perché, sei malata?”

Andromeda la guardò con sguardo critico. Non poteva affermare che Bellatrix fosse in forma smagliante ma, dopo quattordici anni ad Azkaban, sarebbe stato strano il contrario. Anzi, guardandola meglio, notò come, tutto sommato, non fosse neanche eccessivamente sottopeso.

“Peggio” grugnì Bellatrix scolandosi un altro bicchiere. Andromeda scosse il capo “E cosa c’è di peggio che essere malati, Bella, sentiamo”

Vide Bellatrix aprire la bocca per dire qualcosa. Poi la richiuse e la riaprì di nuovo, scosse il capo.

“Mi ucciderà” disse infine, prendendosi la testa dalle mani “E poi verrà a uccidere anche te”

Andromeda alzò le sopracciglia “E stiamo parlando di…?”

“Lui. Il Signore Oscuro”

Andromeda si sedette un po’ più composta. Possibile che Bellatrix si fosse pentita…? La sola idea suonava senza senso, ricordava molto bene il discorso che aveva fatto a Crouch durante il processo. Se c’era una persona convinta delle proprie azioni, quella era Bellatrix.

“Hai paura di Lui?”

Bellatrix scosse il capo. Aveva paura di Lui? No, non davvero. Dentro di sé sapeva che non le avrebbe mai fatto del male, che non l’avrebbe uccisa. Non aveva motivo di ucciderla, non ne aveva mai avuto.

Andromeda sbuffò.

“Senti, beviti tutta la bottiglia e vedi di parlare. Questo sarebbe dovuto essere il mio giorno libero, sai”

Bellatrix si riempì il bicchiere e poi bevve alla goccia, sbattendo il bicchiere sul tavolo una volta finito.

“Sono incinta”

Andromeda ci mise un attimo per registrare le parole della sorella. E, una volta comprese, si portò automaticamente il bicchiere di Whiskey alla bocca e ne bevve una lunga sorsata.

“Incinta?”

“Incinta”

Quanti anni aveva Bellatrix? Quarantasei? O quarantasette?

“Sei sicura?” domandò “Hai fatto il test delle pozioni?”

Bellatrix si prese la testa tra le mani. Le girava forte ma probabilmente era colpa del Whiskey. Se fosse nato con dei problemi per colpa di questa sua bevuta? Oh, Lui non gliel’avrebbe mai perdonato. No di certo.

“Certo che l’ho fatto. Sono incintissima e io non lo voglio” disse di getto Bellatrix “O forse sì. Non lo so. Ma non voglio essere dipendente da un altro essere, non voglio mettere i miei bisogni dopo a quelli di qualcun altro. Questa non sono io. Sei tu, è Cissy. Ma non io”

Andromeda alzò le sopracciglia “Non lo fai già?”

“Cosa?”

“Mettere i tuoi bisogni al secondo posto, mettere al primo posto quelli di qualcun altro…” rispose allusiva Andromeda e fu in quel momento che la colpì la consapevolezza. Quel bambino non poteva essere di Rodolphus. Quel bambino poteva solo essere… doveva essere… si sentì mancare il fiato. Era possibile? Poteva davvero riprodursi? Aveva sentito che era orripilante dopo la rinascita e sua sorella aveva avuto il coraggio di…

“Non dirmelo” proseguì Andromeda “Non dirmi che è suo

Bellatrix bevve un altro sorso di Whiskey.

“Oh Dromeda” fece Bellatrix, la voce di nuovo intrisa di pianto “Lui lo vuole, capisci? E io non posso scegliere, non posso scegliere di levarmi questo coso che mi rende emotiva e mi sta facendo trasformare in una piagnona, in una debole! E dovrò affrontare tutto questo da sola. Lui continua ad andare via, non c’è mai...”

Andromeda scosse la testa. Non sapeva cosa dire né, tanto meno, sapeva cosa fare.

Sua sorella era incinta di Lord Voldemort e si stava lamentando con lei che non fosse un compagno presente. Sarebbe stato esilarante non fosse stato che era un’idea raccapricciante. Il figlio di Lord Voldemort.

“Se non lo vuoi, puoi abortire e al diavolo Tu-Sai-Chi” disse infine “Bella, se ti usa violenza…” Bellatrix fece un verso strozzato “… e importi un bambino è violenza, devi ribellarti”

Bellatrix alzò lo sguardo su di lei “Tu non capisci proprio niente” sbottò infine, provando ad alzarsi dal tavolo e finendo poi rovinosamente in terra. Andromeda si alzò e la guardò dall’alto in basso.

“Lo amo e godo nel soddisfare qualsiasi suo ordine o volere. Per me non esiste piacere più grande che servirlo, donargli tutto ciò che ho, sono sua e può fare di me ciò che vuole. Quindi va bene così”

Andromeda alzò le spalle. Non sapeva se essere disgustata o cos’altro. Mai avrebbe capito il sentimento di Bellatrix per quell’uomo e, tutto sommato, neanche ci teneva a capirlo. Le sembrava qualcosa di perverso e a senso unico, qualcosa di privo di senso, malato e distruttivo. Il sentimento di Bellatrix poteva essere considerato amore? “Amore” e “Lord Voldemort” erano in antitesi.

“Perché sei venuta qui, quindi?”

“Non lo so, io dovevo dirlo a qualcuno” rispose Bellatrix “Mi sento così debole! Continuo a piangere di nulla e non so neanche cosa aspettarmi da questa gravidanza…”

Andromeda si sedette accanto a lei, senza sapere bene cosa dire o cosa fare. Bellatrix continuava a singhiozzare in silenzio quando all’improvviso fu presa da un conato di vomito. Andromeda fece apparire un secchio, le spostò i capelli e le tene la testa mentre la sorella maggiore si svuotava lo stomaco nel secchio.

Era una situazione così insensata che Andromeda si chiese se potesse essere effettivamente reale. Forse si sarebbe risvegliata nel suo letto e tutto si sarebbe risolto a quel modo. Cosa avrebbe dovuto fare? Appena Bellatrix si fosse ripresa cosa avrebbe dovuto fare?

Chiama gli Auror.

Ma è tua sorella.

È incinta di Tu-Sai-Chi.

Infatti, non si può mandare una donna incinta ad Azkaban…

Scosse la testa con forza.

“Dromeda” la chiamò Bellatrix con voce debole. “Non lo dirai a nessuno, vero?”

Andromeda sospirò guardando il vomito marrone nel secchio.

“Evanesco” disse, agitando la bacchetta e facendolo scomparire.

“Non posso promettertelo Bella, lo sai”

Bellatrix le prese una mano e poi intrecciò il mignolo nel suo.

“Facciamo come quando eravamo bambine, il nostro Voto Infrangibile”

Andromeda provò a divincolarsi.

“No Bella dai, non posso”

“Certo che puoi”

“Promessa, promessa dal cuore mi vieni…”

“Finiscila Bellatrix” la bloccò Andromeda afferrandole il polso e provando a staccare il proprio mignolo da quello della sorella maggiore. La sua presa però era incredibilmente forte per essere quella di una ubriaca debilitata da anni ad Azkaban.

Andromeda sbuffò.

“E sia. Ma tu promettimi che non toccherai più Dora. Io do a te e tu dai a me, Bella”

Bella annuì, distratta e già sull’orlo di un deliquio.

“… e nella mia testa io sento che tremi…”

“… dammi il dito e stringilo forte…”

“… il nostro patto è eterno come la morte!”

Il dito di Bellatrix scivolò dalla stretta di Andromeda.

“Bella?” la chiamò Andromeda guardando la sorella scivolata lunga distesa in terra, svenuta. Andromeda si alzò in piedi. Per Merlino, in che guaio si era cacciata?

Con un gesto della bacchetta fece levitare Bellatrix fino al divano nel salotto, pose sul tavolino una boccetta di pozione post-sbornia e, accanto a essa, la bacchetta di Bella e poi si sedette su una poltrona a osservare Bellatrix per qualche minuto.

Dentro di sé sentiva che la cosa giusta da fare sarebbe stata chiamare gli Auror e sapeva si sarebbe pentita di non averlo fatto. L’ultima volta che non l’aveva denunciata a rimetterci erano stati i Paciock. Questa sua scelta avrebbe avuto delle conseguenze e lei avrebbe dovuto affrontarle, ne era certa.

Denunciala!

Ma abbiamo fatto il nostro Voto Infrangibile…

“Sei proprio una sciocca irresponsabile” le avrebbe detto Ninfadora.

“Sei troppo buona” le avrebbe detto Ted.

“Cosa mi hai fatto?” chiese confusa Bellatrix, provando a mettersi seduta.

Andromeda si riscosse.

“Ti ho tenuto la testa mentre vomitavi, ti ho ripulita, ti ho sdraiata sul divano e messo una pozione che ti aiuterà a riprenderti lì sul tavolino. Non c’è di che” rispose Andromeda altera incrociando le braccia sul petto.

Bellatrix afferrò la pozione e la bevve senza pensarci due volte.

Il cuore di Andromeda si strinse.

Si fida di me.

“Non lo dirai a nessuno quindi, vero?”

“Del tuo figlio bastardo fatto con il Signore Oscuro?” chiese retorica Andromeda.

Annuì.

“Non lo dirò a nessuno, Bella. Ma tu, tu hai promesso che non aggredirai più Dora”

Bellatrix si alzò in piedi, prese la sua bacchetta e la rimise sotto la veste.

“Hai promesso, giusto?” insistette Andromeda alzandosi a sua volta.

Bellatrix annuì, senza guardare sua sorella. Aveva promesso? Non lo ricordava, tutta quella conversazione le risultava confusa e senza un reale senso.

“Se non lo vuoi, puoi abortire” disse Andromeda scambiando il silenzio di Bellatrix per tristezza circa la sua situazione.

“Non voglio abortire” rispose Bellatrix, lisciandosi le pieghe del vestito. “Le darò il nome di una costellazione”

“Tipico Black. Io opterei per Delphinus… o Delphini se fosse femmina”

Bellatrix alzò le sopracciglia, confusa.

“E’ il titolo del principe ereditario del re di Francia… azzeccato, no? Anche se effettivamente il Signore Oscuro non è francese, va be’, in onore del cornuto Rodolphus”

Bellatrix incrociò le braccia sul petto, meditabonda “Sai che potrebbe anche essere un bel nome. Al contrario di Ninfadora…

“Non farle del male, Bella. Ti prego”

Bellatrix abbassò lo sguardo. Gliel’aveva promesso ma non sapeva se sarebbe riuscita – se avrebbe potuto – mantenere quella promessa. La piccola Tonks era una Auror e gli Auror erano nemici. E se il Signore Oscuro le avrebbe ordinato di ucciderla lei lo avrebbe fatto senza esitazione alcuna.

Nulla per lei era più importante di Lui, neanche il Voto Infrangibile che facevano da bambine, neanche la sua sorellina Andromeda.

Le due sorelle si osservarono in silenzio. Così simili e allo stesso tempo così diverse.

Una che, nonostante tutto, ancora una volta, era disposta a dare fiducia all’altra.

L’altra che non avrebbe mai smesso di lottare per l’unica cosa che sembrava avesse avere importanza. Lui.

“Suppongo che questo sia un addio definitivo” fece Bellatrix, rimanendo però ferma, senza muoversi di un millimetro, vagamente a disagio.

“A meno che tu non decida di invitarmi alla presentazione del principe o principessa ereditario, ovviamente” rispose ironica Andromeda alzando le spalle.

“Ti abbraccerò, Dromeda. Ma solo perché questi ormoni mi stanno facendo impazzire e mi stanno rendendo una debole”

“E io te lo permetterò perché… be’, perché sono buona e una sciocca irresponsabile, suppongo”.

Il cuore di Andromeda prese a battere più forte quando sentì le braccia di Bella cingerle i fianchi. La strinse forte al petto, inspirando il suo profumo, scoprendo però di non riconoscerlo affatto.
 

Amore che scioglie le membra, di nuovo mi scuote,

Irresistibile creatura dolceamara.

(Saffo, fr. 130 V)


 

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Lo so, lo so. Questo capitolo è infinito. Perdonatemi, ma è uscito così! So anche che nella parte finale entrambe le sorelle potrebbero risultare OOC (soprattutto Bellatrix) ma questa ff è davvero senza pretese e scritta solo per mettere a tacere la mia immaginazione e riprendere la mia altra ff (dove sono un po’ arenata). E poi per Bellatrix OOC c'è la scusa degli ormoni della gravidanza dai! ;)
Ma comunque spero che questo capitolo, nonostante tutto, sia risultato godibile. Il prossimo direi che sarà l’ultimo.

Sappiamo già come andrà a finire… Bella non manterrà la sua promessa e Andromeda dovrà fare i conti con la propria coscienza.

A presto!

Clo

  
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