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Autore: Enchalott    25/02/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’unica chance
 
Narsas sollevò l’arco e mirò al bersaglio: il minuscolo cerchio carminio, tratteggiato sul muro della fortezza, era appena visibile attraverso lo scroscio temporalesco che da vari giorni si rovesciava con ostinata intensità su Iomhar.
Mollò la corda e la freccia sibilò attraverso le gocce fitte e azzurrate, conficcandosi a qualche centimetro dall’obiettivo.
L’arciere sospirò, rilevando la discrepanza lieve ma fastidiosa. Come aveva rimuginato, la prepotente variazione climatica influiva sul lancio e l’impennaggio dell’asticella si saturava d’acqua, mandando a monte la precisione del tiro.
Aveva fatto bene a scendere nel cortiletto, incurante del tempo da lupi e del freddo comunque insopportabile, per allenarsi a non fallire anche in quelle condizioni, cui non era decisamente abituato. Non avrebbe dovuto sbagliare, mai, soprattutto quando sarebbe stato a tu per tu con il Traditore.
Scelse un altro dardo, optando per alcune piume più rigide e impermeabili che aveva raccolto a Jarlath, avendo presunto una simile eventualità.
Riacquistò la posizione e la pioggia ruscellò sulla cappa incerata che portava sulle spalle, penetrando all’interno del cappuccio che teneva sollevato sul capo, inumidendogli i capelli bruni.
Ignorò le gocce che gli scorrevano sul viso, annullò i pensieri che gli occupavano la mente, cancellò il creato, rendendo visibile solo quel lontano puntino colorato.
Lo strale abbandonò l’arma con un lamento e fendette l’aria madida, piantandosi con decisione nel punto prestabilito. Finalmente.
Il guerriero Aethalas esaminò con cura la situazione e si preparò a ritentare l’operazione, per scansare il dubbio che non si fosse trattato di mera fortuna. Segnò nuovamente il bersaglio con il colore, ma scelse una tonalità più chiara per sottoporsi a un’ulteriore prova. Sicuramente, il Nemico non se ne sarebbe stato immobile ad attendere una circostanza ideale, pertanto risultava necessario proseguire l’allenamento incrementando gradualmente gli impedimenti.
Si guardò la punta dell’indice macchiata di rosso chiaro e la tinta tenue gli riportò alla mente il marchio degli Anskelisia. Arancio stinto, tendente all’ocra. Strinse i denti e scacciò da sé l’odioso conto alla rovescia che gli enumerava i battiti cardiaci. Aveva tempo, non era ancora finita.
Sollevò lo sguardo verso la cima tetra e appena distinguibile di Leu-Mòr, avvolta dalla bruma che esalava dalle mura millenarie della città. Adara era al sicuro, il principe l’avrebbe protetta contro il male imperante. Non era suo compito occuparsi di lei o pensarla senza sosta… quello era di pertinenza dell’uomo che lei aveva sposato e che, sebbene adducesse ragioni di ripugnante profitto personale, aveva impedito fino a quel momento che le tenebre le nuocessero. Narsas riteneva che ci fosse ben altro, ma aveva deciso di tenerlo per sé, fatto salvo per l’impeto di collera che gli era sfuggito durante l’ultimo incontro-scontro con Anthos. Il suo ufficio era soltanto quello di uccidere il Traditore, come stabilito.
Tornò in posizione, tendendo i muscoli e stringendo le palpebre per individuare il segno tracciato a distanza; la microscopica macchia rosata si delineò con una vibrazione attraverso l’acqua torrenziale che lo stava inzuppando fino al midollo.
La freccia si staccò dall’arco come ogni volta, ma la vista del ragazzo si sdoppiò, provocandogli un intenso giramento di testa. Abbassò l’arma e si appoggiò al puntale, faticando a mantenersi eretto. Era senza fiato.
Sollevò lo sguardo e mise lentamente a fuoco il risultato del lancio: il dardo aveva centrato l’obiettivo, nonostante il successivo capogiro.
Provò ancora, rabbrividendo e osservando le nuvolette di vapore condensato che gli uscivano dalle labbra con una velocità maggiore rispetto al consueto.
Puntò nuovamente l’arma, ma la visuale gli si appannò in modo ancora più acuto e fu costretto a recedere dall’intenzione. Inspirò lentamente, cercando di riguadagnare la concentrazione, ma un accesso violento di tosse lo fece piegare su se stesso, strappandogli il respiro. Tutto si fece scuro e confuso.
Narsas crollò a terra sotto la pioggia battente.
 
Tarlach si inginocchiò ai piedi del reggente, in mezzo al corridoio che conduceva alla sala del trono, poi lo seguì all’interno dell’ambiente disadorno che ben conosceva.
“Presuppongo un’urgenza…” congetturò il principe, senza accomodarsi sul seggio e posando la sinistra sull’elsa della spada, come infastidito dalla richiesta d’udienza.
“Sì, mio signore” rispose umilmente il soldato, mantenendo lo sguardo abbassato.
Adara smise di dedicarsi all’affresco e si avvicinò al marito, sinceramente preoccupata dal tono allarmato del fedele comandante della Guardia reale.
L’uomo sollevò gli occhi grigioverdi dal suolo e la sua espressione si fece ancor più angosciata mentre cercava le parole opportune da proferire.
“La pioggia ha causato alcuni cedimenti, altezza; il terreno duro di Iomhar non riesce ad assorbire un quantitativo d’acqua tanto fuori misura” riferì rammaricato “Jarlath è praticamente isolata, fatto salvo per alcuni sentieri ancora intatti. Il livello del mare è salito a dismisura, neppure Neirstrin è più attivo ad oggi. La situazione è molto grave”.
Anthos si versò un bicchiere di vino caldo e iniziò a sorseggiarlo in silenzio.
Adara, che si era angustiata grandemente alla notizia quasi ovvia, si irritò per l’atteggiamento apparentemente indifferente del principe.
“Le persone, Tarlach…” intervenne, senza attendere che il sovrano parlasse, in barba al protocollo “Ditemi che ne è della gente che viveva in quei villaggi!”.
L’uomo si trattenne, stupito, temendo che il reggente non approvasse un rapporto rivolto alla sua sposa e non a lui. Ma questi non obiettò.
“Oltre ai rifugiati tra i picchi del Sirideain, che presto saranno costretti a spostarsi in quanto le esondazioni dei fiumi riguardano anche le montagne, gli sfollati sono accampati oltre la foresta di Taavin, alla mercé degli elementi. Mia signora, sono meno del previsto poiché il freddo e la fame li stanno decimando senza misericordia”.
“È atroce!” esclamò lei, costernata “Anthos, non puoi lasciare che i tuoi sudditi muoiano in mezzo alle nevi che si sfaldano! Ti prego!”.
“Secondo te, che cosa dovrei fare?” ribatté lui, incolore.
“Lascia che entrino tra mura di Jarlath! Troveremo un modo per accoglierli!”.
Il principe parve trovare spassosa la soluzione proposta. Abbassò il calice vuoto.
“Certo, così le scorte della capitale si esauriranno in un terzo del tempo. Mi pare un’idea geniale, e io che non ci avevo pensato…”.
“Almeno io ci sto provando!” gridò lei, esasperata dalla sua insensibilità “Usa le tue facoltà, puoi farlo se lo desideri! Salva quelle vite, ti scongiuro!”.
Tarlach impallidì, prima al pensiero dell’immane potere del reggente e poi nello scorgere la sua espressione furente rivolta alla moglie.
“Non sono disposto a pagare il prezzo che mi verrebbe richiesto!” sferzò, lui duro “Le priorità sono altre, lo sai bene. Perciò risparmiati la parte dell’eroina e cerca di schiarire la tua visione immatura degli eventi”.
“Però il costo di quelle vite lo stai offrendo in olocausto alla morte stessa!” esplose lei “Almeno manda qualcuno ad assisterli, fingi di esserti interessato alla loro sorte! Gli uomini impegnati nella difesa della capitale… lo sai anche tu che puoi farne a meno! Hai sempre agito da solo, non comprendo l’utilità di un tale assembramento di guardie sulle mura! Concedilo almeno per orgoglio!”.
Le iridi d’ambra del reggente brillarono feroci, ma parve ascoltare la proposta.
“Le persone che stanno agonizzando laggiù sono i genitori, i fratelli e le mogli dei tuoi soldati! Sono certa che non rifiuteranno di prestare loro soccorso!” continuò Adara, accorata “Manda la tua Guardia con gli approvvigionamenti necessari, quelli destinati all’esercito che non possiedi e di cui non hai bisogno!”.
Il principe posò il bicchiere e osservò la pioggia insistente cadere sulla fortezza. Poi sollevò lo sguardo sulla ragazza, illeggibile nel suo distacco.
“È quello che vuoi?” le domandò.
“Voglio che sopravvivano!”.
Anthos corrugò la fronte, senza abbandonare l’espressione indecifrabile che lo avvolgeva. Si voltò verso il suo comandante, scostando il lungo mantello nero.
“Tarlach” affermò piatto “Hai sentito la regina”.
“Sì, maestà”.
“Ottempera alla richiesta, allora. Subito”.
L’uomo si rialzò prontamente, incredulo, e si profuse in un inchino formale davanti al sovrano. Poi si rivolse alla giovane donna che era incredibilmente riuscita a smuovere le intenzioni del loro spietato signore e le rivolse un omaggio ancora più sentito, commosso dalla sua gentilezza.
“Vi ringrazio, altezza” osò mormorare piano “Con il vostro permesso…”.
Uscì dalla sala il più velocemente possibile, esalando un sospiro di sollievo.
Anthos lo seguì con lo sguardo duro, enigmatico.
“Sei convinta che spedire in mezzo al nulla con un pugno di viveri e coperte la mia Guardia, per prestare un vano soccorso a dei moribondi sia la soluzione perfetta?”.
“È la speranza che devono portare! Non altro. È lei a non dover morire nei loro cuori. In base a questo, abbiamo ancora tempo. Sono certa che qualcosa accadrà”.
“Il tuo sconfinato ottimismo non finirà mai di sorprendermi. Che cosa speri, Adara? Che la pioggia cessi, che Irkalla ci salvi e che il Traditore si suicidi, liberandoci dai nostri problemi? Il solito, assurdo mondo perfetto che ti ostini a sognare?”.
“No” rispose la principessa, avvicinandosi a lui “Che tu ci salvi, che tu rintracci Irkalla, che tu sconfigga il Nemico. Tu, mio imperfetto principe”.
Il reggente spalancò gli occhi a quella definizione, invero non la prima uscita dalle labbra di quella donna, che lo aveva lasciato privo di repliche e che lo aveva impegnato in un duello contro il proprio ego. Che gli aveva regalato quella sensazione sempre più difficile da contenere.
Spreco di te stesso. Futuro in potenza. Mio imperfetto principe.
“C’è altro?” domandò, caustico.
“Sì…” sussurrò lei, prendendogli le mani e fissandolo con dolcezza.
Anthos strinse le palpebre e si irrigidì, ma non rifiutò il contatto. Avvertì il sangue ruggire nelle vene, impetuoso e ardente.
“So già che non mi piacerà…” commentò tuttavia, ironico “Quale altro atto di odiosa clemenza vuoi che conceda senza ricevere nulla in cambio?”.
“Niente di tutto questo. È solo qualcosa che vorrei tu sapessi…”.
Lui ebbe un tuffo al cuore e le pulsazioni iniziarono a salire, rombandogli nelle orecchie. Si spostò, affacciandosi alla finestra, nel tentativo di smaltire quell’emozione devastante, che lo stava frastornando in modo sgradevole.
“Faresti meglio a convocare il tuo guardiano, invece di perderti in vane aspettative” asserì, mutando repentinamente tono “Il tempo del popolo di Iomhar non è l’unico ad essere in scadenza prossima”.
“Come?” fece lei, turbata, raggiungendolo alla vetrata.
Seguì la direzione da lui indicata e trasalì, raggelandosi.
“Dei misericordiosi…” esalò nella disperazione più totale.
 
Narsas era fradicio e pallido come uno spirito notturno, la sua fronte bruciava di febbre, il suo respiro era irregolare e flebile, le sue mani gelide.
Dare Yoon depositò sul letto con cautela il corpo inerte del giovane Aethalas, che aveva trasportato fino a quel momento in una corsa folle verso l’ala est del palazzo.
“Mi chiedo a cosa serva parlare con un testardo del genere!” ringhiò, slacciandogli la camicia chiara e zuppa, resa trasparente dall’acqua “Gli avevo detto di non… ah, stramaledizione, mai che mi dia retta!”
Adara posò l’arco e si affrettò a recuperare dei teli puliti per asciugare l’arciere, mentre il soldato iniziava a spogliarlo degli abiti bagnati. Gli deterse il viso e gli tamponò i capelli grondanti con una salvietta, sfilandogli con delicatezza la fascia rossa e oro impregnata di pioggia.
“È l’effetto del koreyon?” chiese, angosciata.
“Forse” ribatté l’uomo, severo “Di certo il veleno che ha in circolo non è d’aiuto”.
La ragazza gli passò la stoffa morbida e pulita sul petto e sulle spalle, chiamandolo più volte per nome, mentre il compagno si affrettava ad attizzare il fuoco e a radunare tutte le coperte disponibili. Il giovane guerriero non reagì.
“Aiutatemi a tenerlo sollevato, Adara. Dobbiamo avvolgerlo nella lana per ripristinare la temperatura corporea, poi cercheremo di farlo rinvenire. Non deve assolutamente rimanere incosciente. Avete avvisato qualcuno?”.
“Sì” rispose lei, sorreggendo parte del corpo inerte del ragazzo “Ho chiesto a Màrsali di venire immediatamente e di portare con sé un guaritore…”.
“Suppongo che vostro marito non abbia intenzione di intervenire…”.
“È stato lui a scorgerlo per primo… non capisco come ci sia riuscito, ma…”.
“Tsk!” bofonchiò il soldato, estremamente contrariato, frizionando con energia la pelle abbronzata e umida dell’amico “Ancora non mi spiego la prima volta…”.
Adara tenne il capo dell’arciere contro la propria spalla, percependo con inquietudine il calore esagerato e pulsante delle sue tempie. Gli passò il braccio intorno alla vita e, nell’eseguire quel movimento, sfiorò il marchio circolare impresso sulla sua schiena. Abbassò gli occhi quasi per caso e incontrò il segno infamante. Trasecolò.
“Dare Yoon…” balbettò con la voce frantumata dal terrore.
L’ufficiale aggrottò la fronte e seguì la direzione del suo sguardo impaurito, spostandosi lievemente.
“Per l’inferno!” imprecò, illividendo all’istante davanti al colore stinto della linea tatuata “L’ultima volta non era così sbiadito!”.
Non riuscì a continuare il discorso, poiché l’angoscia gli serrò la gola.
“Sta morendo, vero?” domandò la principessa tra le lacrime, accarezzando con dolcezza il viso cereo dell’Aethalas, riverso sul suo omero.
“Sì…” rispose con onestà il soldato, cercando di darsi un contegno “Ma ha la pelle dura, lo sapete. Potrebbe trattarsi solo di febbre e non del koreyon che…”.
Si guardarono, disperati e inermi davanti a quella vita che fuggiva. Certi della verità che non osavano pronunciare, come se fosse stata in grado di materializzare all’istante l’ineluttabile.
“Non piangete, vi supplico” sospirò poi Dare Yoon, incapace di trovare qualunque valida opzione consolatoria a fronde di un dolore che condivideva profondamente “Pregate i Superiori e aiutatemi a farlo rinvenire…”.
Adara annuì, passandosi le mani sulle guance umide e posando le labbra sulla fronte bollente del guerriero. Erano composti di giorni oppure di ore i respiri che uscivano dalla bocca dischiusa dell’arciere?
“Narsas…” chiamò ancora.
Irkalla, mio signore… non permettete questo… vi imploro…
 
Bussarono con energia alla porta e Dare Yoon si affrettò ad aprire, speranzoso.
“Màrsali, sia ringraziato il cielo” mormorò, lasciando entrare la giovane veggente, che gli rispose con un cenno rapido e preoccupato del capo.
Lui fece per accostare l’uscio, ma fu investito da una sorta di tornado in gonnella.
“Fammi passare, fanciullo!” esclamò Ide, accedendo all’ambiente con risonante prepotenza “Dov’è il ragazzo del deserto?”.
Adara spalancò gli occhi davanti all’irruente cuoca di palazzo, che si piantò al centro della stanza con le mani sui fianchi e l’aria saputa, soffiandosi via un ricciolo rosso fuoco dal viso rubicondo.
“Mi dispiace, mia signora” sussurrò Màrsali, rammaricata “Non ci sono guaritori alla fortezza, ma Ide sa il fatto suo… non posso fare altro per adesso”.
“Oh, scusate, maestà!” borbottò la donna, imbarazzata nello scorgere la regina in persona “Ho dimenticato la buona creanza nella concitazione del momento!”.
Eseguì una frettolosa e buffa riverenza, poi si diresse con sicurezza verso Narsas; Adara continuò a stringerlo a sé in silenzio, mentre la veggente dipanava con attenzione l’involto che aveva recato con sé.
“Pessimo affare” commentò Ide, esaminando il giovane con fare esperto “Pessimo davvero! Almeno ora ci sono io! Tu, soldato del Sud… finisci di levargli quegli abiti fradici prima che peggiori in una polmonite, mentre io metto a scaldare l’acqua!”.
Dare Yoon fu tentato di scattare sull’attenti a quelle maniere tanto perentorie, ma poi si limitò a brontolare che sembrava che qualcuno dovesse partorire e ricominciò a svestire il compagno con celerità.
“Màrsali, tesoro, prepara le erbe che ho portato” continuò la cuoca “E non sbirciare da questa parte, eh! Anche se a ben vedere lui è un vero spettacolo… o Haffgan se ne avrà a male! Anche voi, altezza, lasciate il vostro amico alle mie cure! Coraggio!”.
“Vi ringrazio, Ide” mormorò Adara, gettando un’ultima occhiata sconsolata all’arciere abbandonato sul suo petto e alzandosi poi con garbo.
Si accostò alla veggente e la aiutò preparare il farmaco.
“Perdonate la sua eccessiva spontaneità” bisbigliò questa, ancora paonazza in viso a causa dell’imbarazzante raccomandazione uscita dalla bocca della donna “È una brava persona e farà il possibile per Narsas. Mi fido di lei”.
“Non scusatevi” sorrise tristemente la principessa “Il suo è un ottimismo contagioso, sono certa che ci sarà più che mai d’aiuto. Piuttosto sono davvero rammaricata che a palazzo non sia presente alcun esperto di medicina…”.
“Sì” sospirò la giovane bionda “L’unico a vantare un tale titolo era Urien, ma come potete immaginare nessuno ha mai osato rivolgersi a lui”.
“Non a torto” commentò Adara, dura “Però è stato mio marito a consentire che foste abbandonati a voi stessi, così come sta continuando ora. A lui non servono guaritori e del resto dell’umanità non gli importa nulla!”.
“Non siate così inflessibile, vi prego. Sono certa che riuscirete a trovare in lui qualcosa di positivo. Rimanete al suo fianco, principessa, so che è arduo…”.
“Non lo è” mormorò lei “È ciò che desidero con tutta me stessa”.
Màrsali sorrise, commossa, sentendosi toccare l’anima: come se una luce diffusa e resiliente avesse improvvisamente schiarito le tenebre incombenti attraverso quell’asserzione pura e spontanea. Speranza.
 
“Che cos’ha combinato per essere ridotto così male?” chiese Ide, accigliandosi e avvolgendo l’arciere tra le coltri di lana pesante “Scotta come la brace!”.
“È andato ad allenarsi al tiro con questo tempo” grugnì Dare Yoon, indispettito.
“Un’altra testa calda!” sbuffò la cuoca, pratica, versando una mestolata d’acqua bollente sulle erbe e osservando l’infuso giallognolo con atteggiamento critico “Come se qui non ne avessimo già abbastanza! Mi ricorda il nostro principe: bello da levare il fiato, ma quanto a sapersi moderare… bah! Con rispetto parlando!” aggiunse poi, lanciando uno sguardo timoroso alle sue spalle.
“Sono d’accordo con voi” ammise Adara avvicinandosi, tutt’altro che risentita per l’obiettiva valutazione espressa.
“È che bisogna avere polso! L’ho detto anche a quella bambina lì, quando ha dovuto tenersi il demone delle carceri come marito” aggiunse indicando Màrsali “Pazienza e nerbo! Noi donne possiamo solo questo in talune circostanze…”.
Le due ragazze si guardarono, condividendo un sorriso furtivo e complice.
Ide travasò il liquido fumante in una tazza e si rivolse a Dare Yoon, che la fissava tra l’inorridito e lo spaesato, incapace di arrestarne la logorrea.
“Ecco, caro, aiutami a rianimarlo o non riuscirà a ingoiare questa brodaglia”.
“C’è una cosa che dovete sapere, signora” intervenne lui, facendosi estremamente serio e puntando la tazza con animosità “Il mio amico è costretto ad assumere regolarmente un antidoto per il koreyon… mi auguro che le erbe che avete approntato non abbiano l’effetto di inibirlo o il veleno lo ucciderà prima della febbre”.
“Oh, per i ghiacci immortali! La radice della morte… povero bambino! Avete fatto bene a dirmelo, ma non datevi pena. La bevanda serve ad abbassare la temperatura nell’immediato, non ha effetti collaterali”.
Adara strinse le mani una contro l’altra, mentre Ide faceva inalare al ragazzo un unguento dall’odore penetrante. Pregò per la sua vita ancora una volta.
Divino Irkalla… vi supplico…
Narsas tossì e si contrasse e Dare Yoon lo tenne ancora più saldamente.
Il secondo tentativo andò meglio, anche se non totalmente a buon fine. Al terzo, l’arciere socchiuse debolmente le palpebre.
L’energica cuoca gli accostò il recipiente alle labbra, tentando di farlo bere.
“Coraggio, Aethalas… mandalo giù” disse l’ufficiale tra i denti.
La principessa si strinse a Màrsali, con il cuore in tumulto, osservando l’arciere che inghiottiva il preparato a piccoli sorsi.
“Ottimo, ragazzo!” commentò Ide, soddisfatta “Se penso a tutte le storie che fa mio marito, invece… Tu, soldato! Assicurati che ne prenda una tazza ogni tre ore, finché la sua temperatura non rientra alla normalità. Io devo tornare alle cucine, altrimenti oggi restiamo tutti senza cena e il reggente mi fa spennare come un tordo! Oh… sempre alludendo al nostro eccelso sovrano con ossequio!” di affrettò a ribadire, guardando nuovamente la regina con un certo impaccio.
Adara sorrise, osservando con sollievo il guerriero del deserto che si stava lentamente riavendo, sostenuto con premura da Dare Yoon.
“Chiamatemi in caso di bisogno” aggiunse Ide, facendo rapido fagotto dei suoi arnesi sparsi per la stanza “E, soprattutto, fatelo mangiare!” ordinò, indicando Narsas con dispotismo assoluto “È tanto carino quanto sciupato!”.
“Sissignora” borbottò l’ufficiale elestoryano con passiva rassegnazione, mentre l’arciere fissava la vigorosa cuoca con un certo sbalordimento.
“Bravo, soldato!” eruppe lei, assestandogli una pacca sulla spalla “Sei di poche parole, ma efficiente! Tua moglie è davvero una donna fortunata!”.
“Non sono sposato…” grugnì lui, imbarazzato da tanta confidenza.
“Oh, che terribile, terribile spreco!” sbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
E con quell’ultima affermazione infilò la porta e sparì.
“Perdonate l’eccessivo entusiasmo” si affrettò a dire Màrsali, arrossendo nuovamente “Sono felice che vi siate svegliato, Narsas. Ci avete spaventati a morte… Abbiate cura di voi, io tornerò quanto prima”.
Si inchinò davanti alla principessa e uscì a sua volta.
 
“Chi è…?” domandò timidamente l’arciere, ancora frastornato, mentre Adara si precipitava ad abbracciarlo, ringraziando silenziosamente tutti gli dei.
“Una fuori di cotenna” replicò Dare Yoon, scuotendo la testa “Ma mai tanto quanto te, Aethalas”.
“Narsas…” mormorò la ragazza, ancora sottosopra “Non farlo mai più! Mettere tanto incoscientemente a repentaglio la tua vita… Ho pensato di averti perduto quando ho visto che il colore del marchio…”.
Il guerriero avvampò, abbassando gli occhi scuri con consapevolezza.
“Ho ancora tempo, Adara…” affermò con gentilezza.
“Forse” rispose lei “I giorni che ti concederanno gli dei sono troppo preziosi, non voglio che scadano anzitempo Tu sei inestimabile per me!”.
“Saranno vani, se non ucciderò il Traditore”.
“È che dovresti arrivare alla resa dei conti ancora vivo!” rimbrottò il soldato, seccato “Inoltre, ti sei ben guardato dal riferire che il tatuaggio aveva cambiato aspetto!”.
“Ribadirlo non avrebbe fatto alcuna differenza” dichiarò stancamente l’arciere.
“Per noi sì” sussurrò Adara, stringendogli le mani “Non voglio mancare neppure un secondo di te, Narsas”.
Lo sguardo tenace del ragazzo si fece intenso e commosso. Ricambiò il contatto di lei con forza e la fissò con traboccante emozione.
“Diverrà giallo” disse mestamente “Poi rosa… infine, sparirà e io con lui. Così mi hanno assicurato gli Anskelisia mentre mi incidevano la carne. Il termine è questo”.
“Lo dividerò con te” sussurrò la principessa con voce rotta.
“No. Hai un altro dovere da compiere” sorrise malinconicamente l’arciere, chiudendo le dita di lei tra le sue “Devi ritornare da Anthos, adesso…”.
“Ce l’abbiamo tutti una responsabilità” intervenne l’ufficiale, incrociando pensosamente le braccia “Perciò vedi di guarire in fretta, non ho voglia di farti in aggiunta da badante, quando dovrei occuparmi dell’evasione del mio comandante!”.
L’espressione di Adara si fece più grave, mentre il ragazzo Aethalas si lasciava andare sui cuscini con un sospiro spossato, indice del suo precario stato di salute.
“A questo proposito” disse con angoscia “Sono costretta a chiederti un immenso favore, Dare Yoon. Non c’è altra scelta”.
“Senza esitazioni” rimandò lui, inchinandosi con rispetto.
“Dopo che mi hai riferito quanto hai appreso da Aska Rei e visti anche i recenti, tragici sviluppi degli eventi in corso, ho pensato di dover modificare il piano originario. Fuggirà come stabilito, ma tu dovrai andare via con lui”.
“Cosa?!” esclamò il soldato, esterrefatto “Ma io non posso lasciarvi qui con quel...”.
La mano della principessa si chiuse sulla sua con sofferenza e affetto immensi, troncandogli le parole successive.
“Ti scongiuro, Dare Yoon, non renderlo più difficile di così” mormorò, affranta “Ho bisogno di te, ma non ti affido un simile, ingrato compito per me… e non lo farei, se avessi un altro modo per lenire la disperazione di quello che ora è il mio popolo”.
Gli occhi blu notte dell’uomo luccicarono, in una sorta di tragica intuizione.
“Tu e Rei dovrete allontanarvi da Jarlath, ma prima di raggiungere il mare radunerete i superstiti accampati precariamente nei pressi della foresta di Taavin e quelli che si sono rifugiati nelle grotte del Sirideain. Si fideranno di Rei, hanno già avuto occasione di incontrarlo. Lui saprà convincerli che raggiungere Neirstrin è l’unica possibilità di sopravvivenza, nonostante il terrore dell’inondazione”.
“Vi obbedirò, ma non vedo come io possa risultare utile…” obiettò l’ufficiale, in aperto disaccordo e restio ad abbandonare la donna che aveva giurato di difendere.
La stretta di Adara sulle sue dita aumentò e quella tensione gli fece comprendere quanto fosse penoso anche per lei allontanarlo da Jarlath.
“Farete in modo che si mettano in marcia e poi li precederete al porto. Laggiù i reduci della Xiomar stanno ultimando la costruzione del nuovo galeone, così come ordinato da Anthos all’attracco. Tu persuaderai Tsambika a richiamare a Neirstrin le navi che costeggiano la zona, sono certa che avrà un suo sistema personale per mettersi in contatto con esse anche dalla terraferma. Dovranno accogliere a bordo tutti”.
“Tsambika?!” sbottò lui, sbalordito “Quella merce da forca se la sarà già svignata e, se anche non fosse, si rifiuterà di imbarcare gli sfollati senza un riscontro personale! È una pessima idea, meglio l’alluvione di quella donna infida! Sarebbe capace di scaricarli nel Pelopi alla prima distrazione!”.
“Posso scrivere una lettera con questi ordini esatti e pretendere da lei il saldo del debito che ha con me” sussurrò tristemente la principessa, detestando imporsi “Ma sono certa che per Tsambika avranno più valore le tue parole, Dare Yoon. So di chiederti molto, ma ti ascolterà, ne sono convinta. Sei l’unico che può riuscire a smuovere il suo animo di pietra. Il solo che può salvare quelle vite”.
“Dannazione!” ringhiò lui, realizzando la portata epocale della missione “Io non sono un diplomatico e neppure un oratore! Mi verrà solo l’acuto stimolo di prenderla a schiaffi non appena la ritroverò, altro che persuasione!”.
“Sei libero di usare il sistema che preferisci” sorrise lieve la ragazza, cogliendo la frustrazione del compagno “L’importante è che la gente di Iomhar si metta al sicuro dall’acqua che si sta innalzando. Spero non sia già troppo tardi. Farete rotta verso Elestorya, lì troverete accoglienza. Mia madre e mia sorella saranno felici di riavervi con loro. Erinna è a sua volta in pericolo a causa degli Anskelisia, dunque il vostro apporto sarà fondamentale. Non tornate qui. Per nessun motivo”.
Le sopracciglia di Dare Yoon si contrassero.
Narsas aggrottò la fronte nell’udire il nome della tribù dei reietti.
“Sono loro il Nemico del Sud” vagliò, spossato “Il male si nutre di se stesso. Finché esisterà qualcuno disposto ad accoglierlo e ad assecondarlo, non potrà essere vinto”.
Si sfilò dal collo il lungo laccio di cuoio cui era appeso il sigillo recante il suo rango e lo porse all’ufficiale. Il pendente scarlatto al suo orecchio luccicò alle fiamme in quell’atto solenne.
“Sai già cosa devi fare, Dare Yoon” aggiunse con un sorriso triste.
Pose la mano su quelle già congiunte dell’uomo, che annuì con durezza, e della principessa, che trattenne le lacrime con estremo sforzo, in un contatto di tre anime consapevoli di quell’unica chance, ma che non avrebbero mai voluto dirsi addio.
“Lo farò a qualunque costo” giurò il soldato.
   
 
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