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Autore: V4l3    25/02/2020    4 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Alex era immobile davanti il camino acceso, osservando le fiamme ardere, ascoltando il suono del fuoco e il ticchettio della pioggia che da quella mattina non aveva accennato neanche un momento di smettere; un ennesimo sospiro le uscì dalle labbra dischiuse, mentre cercava di calmare la preoccupazione che da giorni si portava dietro e sciogliere quel gelo che sentiva dentro.

Da quella notte di Capodanno, erano passati otto giorni e tutto era cambiato.

Mike e Jason non si parlavano più.

Mike era diventato scorbutico e intrattabile, andare al pub a lavorare era un inferno con lui e Liz che litigavano in continuazione e Alex, si era sentita sollevata, di sapere che per una ventina di giorni avrebbero chiuso per ferie, come facevano ogni anno, almeno avrebbe avuto modo di staccare un po'.

In quei giorni, aveva cercato di parlare con Mike, visto che Liz le aveva raccontato dei trascorsi tra lui e Jane, capendo anche meglio gli sguardi dell'uomo ogni volta che si nominava la ragazza, ma lui, in sostanza, le aveva detto di farsi gli affari suoi e lei lo avrebbe anche fatto, ma era preoccupata per Jason, tremendamente preoccupata per lui.

Da quella notte, lo aveva visto pochissimo, usciva la mattina presto, rientrando spesso in serata con l'umore a terra e l'unica cosa che gli aveva visto fare era andarsi a rifugiare nella sua camera senza spiccicare parola.

Non sapeva né cosa fare per aiutarlo né sapeva come doveva comportarsi

Si avviò in cucina sospirando per quella situazione che stava devastando tutti; mise a scaldare la minestra che aveva preparato per cena, pensando che qualcosa di caldo era l'ideale con la temperatura gelida di quei giorni, anche se avrebbe dovuto sforzarsi di mangiare, dal momento che la fame era l'ultimo dei suoi pensieri

Aveva ancora davanti agli occhi la litigata tra i due uomini che, purtroppo, le avevano offuscato la serata che aveva passato con Jason, il bellissimo spettacolo pirotecnico che le aveva permesso di vedere, ma soprattutto il bacio che le aveva dato; si portò una mano sul viso, in quel piccolo spazio, dove le labbra calde e morbide di Jason si erano posate, arrossendo al ricordo di quella sensazione inattesa e intensa.

Chiuse gli occhi ricordando quell'attimo che le aveva levato il respiro, emozionandola, ma si trovò a sobbalzare ritornando con i piedi per terra, nel sentire il rumore della porta; si girò di scatto quando vide Jason entrare lì in cucina passando per la porta sul retro, era a testa bassa e sembrava portare il peso del modo addosso.

Lo vide entrare guardandola appena sospirando subito dopo, si prese la sua tazza e si versò un po' di caffè sedendosi di peso su una sedia.

Alex osservò il suo viso contratto, il labbro e la guancia erano ancora leggermente gonfi, con striature gialle e violacee tipiche del livido, il suo sguardo era perso in qualche pensiero mentre fissava il tavolo e Alex avrebbe voluto conoscere quello che gli passasse per la testa, solo per poterlo aiutare.

-Come ti senti?- gli chiese dopo attimi di assoluto mutismo da parte dell'uomo che rimase nella sua stessa posizione senza proferire parola, Alex sospirò

-Jane come sta?- gli si avvicinò appena, ma solo dopo un tempo interminabile lui alzò il volto e la fissò con gli occhi arrossati dal poco sonno e dalla stanchezza

-Jason per favore, parlami- ma lui si alzò dalla sedia senza proferire parola e fece per andarsene

-Ti prego Jason!- Alex lo fermò per un braccio e si pentì del tono triste che aveva usato, ma si sentiva completamente persa vedendolo così, lui la fissò qualche attimo

-Non so cosa dirti Alex, non ho la forza per stare dietro anche a te- lei sgranò lo sguardo a quella frase che fece male come uno schiaffo, ma non rispose, allentando la presa su di lui e lasciandolo andare a chiudersi dentro la sua stanza.

Tutto ripiombò nel silenzio.

Un brivido le attraversò la schiena e gli occhi le pizzicarono per quello che le aveva detto.

Faceva male sapere che in quel momento lei era l'ultimo dei suoi pensieri, era come una comparsa in un vecchio film, aveva l'impressione di essere qualcosa che lo distraeva da ciò che più contava.

Si morse il labbro, pensierosa, perché se c'era una cosa che stava iniziando a capire di Jason, era il suo non saper affrontare certe situazioni, dover esternare i sentimenti che lo attanagliavano.

Il dolore e la colpa che sentiva e si portava addosso come delle zavorre legate a doppio filo con la sua anima erano evidenti, ma allo stesso tempo impediva a chiunque di aiutarlo, chiudendosi a riccio in quei pensieri neri che lo stavano consumando e questo lo portava ad aggredire chi gli stava intorno, senza rendersi conto di quanto quel suo modo di fare potesse ferire.

Le tornò alla mente quando le aveva detto che dovevano parlarsi per poter affrontare tutto insieme, un po' come una squadra, ma aveva capito che entrambi facevano fatica a mantenere la promessa che si erano fatti.

Lui troppo chiuso in sé stesso e lei inesperta a doversi aprire con chiunque non fosse la madre. Sospirò avvertendo il bisogno di avercelo accanto, di sapere che stesse bene, poter guardare quegli occhi che tanto amava e rivedere di nuovo quella luce, ora spenta.

Un leggero bussare alla porta la fece sussultare, presa alla sprovvista, subito si avviò e quando aprì si ritrovò a sorprendersi per quell'arrivo improvviso

-Ciao Alex- la salutò con voce roca, il viso stanco, con leggere occhiaie a contornare gli occhi spenti

-Mike! Entra!- lo fece accomodare vedendolo infreddolito, pensando che la situazione fosse ancora molto tirata tra lui e Jason, se non era entrato come suo solito.

Mike si avvicinò al fuoco per scaldarsi

-Ti ho disturbato?- le chiese sorridendo appena e lei scosse la testa

-Non disturbi mai, lo sai! - rispose per poi avvicinarsi all'uomo

-Levati la giacca, ti aiuto- l'uomo non oppose resistenza ad Alex che lo aiutò per andare a sistemarla sull'appendiabiti, quando si girò ad osservarlo perso nei suoi pensieri, vicino al fuoco, Alex vide la disperazione in quello sguardo

-Vuoi una birra?- chiese e lui ricambiò con un sorriso stanco, appena accennato

-No, grazie- lo vide portarsi le mani a strofinarsi il viso, come per cercare di svegliarsi

-Mike, cosa succede?- Alex gli si avvicinò e aspettò che lui la guardasse -Come mai sei qui?- lo vide sospirare pesantemente

****

Si appoggiò alla porta esausto, accese il lume sul comò e sprofondò nella poltrona della sua camera, sentendosi completamente a terra.

Erano passati giorni infernali, nei quali le condizioni di Jane erano stabili, ma comunque preoccupanti, soprattutto per il trauma cranico riportato nell'incidente.

Si prese il capo tra le mani, gli doleva ogni giorno, come fosse pronta a esplodergli da un momento all'altro. Il medico di Jane, vedendolo quella mattina, gli aveva dato alcune pasticche e consigliato di farsi una bella dormita, visto che da quella maledetta sera, non era riuscito a chiudere occhio se non per pochissime ore.

Ogni volta che ci provava, sognava di Jane, di Emma e lui si sentiva ferito e vulnerabile per lo sguardo che le due donne gli riversavano addosso.

Sentire la colpa stringergli la carne, faceva male.

Quell'amica fedele che sperava si allontanasse, ora che aveva Alex, gli era di nuovo ripiombata addosso, più ingombrante di prima.

Possibile fosse destinato solo a ferire le persone che gli stavano attorno?

A questo si aggiungeva anche Mike: da quella notte, era diventato un estraneo.

Si incontravano tutti i giorni all'ospedale, ma Mike lo ignorava completamente, come se lui non ci fosse e questo faceva ancora più male; aveva sempre contato sul rapporto che avevano, sulla loro amicizia; Mike era forse l'unica persona che per Jason avesse mai contato e sapere che in un momento come quello, non potessero condividere neanche una parola, lo feriva, l'indifferenza di Mike lo faceva sentire fragile come se la loro amicizia in qualche modo gli avesse sempre permesso di contare su un rifugio sicuro, di sapere che comunque qualcuno dalla sua parte ci sarebbe sempre stato.

Ma si era anche reso conto che aveva sbagliato alla grande nel pensare che Mike lo avesse perdonato, che avesse accettato la relazione che lui aveva intrapreso con Jane.

Mike non l'aveva mai dimenticata, non aveva mai smesso di amarla, neanche un istante anche se diceva ed era convinto di averlo fatto; e ora lui si recriminava l'ingenuità che aveva avuto, lasciandosi coinvolgere in una relazione che non aveva portato a nulla di buono, solo dolore e fraintendimenti per sè stesso, per Mike e per una ragazza che si meritava di avere accanto un uomo che l'amava con tutto sé stesso e non un uomo meschino come era diventato lui.

Si chiese quando fosse successo, se lo fosse sempre stato e non se ne fosse mai accorto, se davvero fosse stato tanto egoista da non rendersi conto di quello che stava accadendo davvero.

Quando era successo?

Aveva ragione il suo amico, quando gli aveva detto che Jane gli era servita solo per curargli le ferite, una volta ritornato con il cuore ridotto in pezzi per via di Emma e lui aveva sbagliato a non rendersi conto che quell'organo non sarebbe mai potuto appartenere a Jane; davanti a Mike non lo aveva mai ammesso, ma sapeva fosse così e, forse la stessa Jane ne era consapevole; le voleva un bene immenso, ma non sarebbe mai cambiato niente tra di loro, sarebbe potuto durare un'eternità il loro rapporto, ma Jane sarebbe stata sempre e solo una grande amica con la quale aveva condiviso momenti di piacere, certo, ma non di amore.

Aveva illuso se stesso e soprattutto lei, dandole quella speranza che forse stava cercando in lui: poter andare avanti nonostante tutto.

Ed ora Jane, che l'aveva curato con il suo amore, era sedata, in un letto di ospedale, con il volto tumefatto e ricoperto di bende, due costole rotte, così come il bacino e la gamba destra.

Era un miracolo che fosse ancora viva.

E poi c'era lei.

"Non ho la forza per stare dietro anche a te"

Si strofinò il viso chiedendosi come gli fosse uscita una frase del genere nei confronti di Alex; in tutto questo anche lei stava soffrendo, lo vedeva, lo aveva capito; era preoccupata per Jane, per lui e per Mike.

Quello sguardo che ogni sera si ritrovava addosso era gioia e supplizio insieme, un mix che non gli permetteva di aprire bocca, perché non voleva farsi vedere in quello stato eppure erano gli unici occhi che nel tormento che si portava dentro, riuscivano a farlo respirare, a fargli sorridere il cuore, a fargli sperare che tutto sarebbe andato bene.

Era diventata la sua forza, ma non voleva rischiare che leggesse quel sentimento ingombrante che aveva riempito ogni angolo del suo cuore, del suo corpo, del suo sangue.

Quel cuore in pezzi, che nessuno avrebbe potuto ricucire, era tornato quello di una volta, ed era bastato avere lei accanto.

Era difficile dover tenere lontano colei che gli aveva ridato un motivo per andare avanti in quella vita che stava lasciando passare come se ce ne fossero state altre, infinite, dopo la morte.

Non riusciva ad essere più così oggettivo e l'aveva dimostrato proprio in quella sera.

Chiuse gli occhi per poter ritornare a quel momento, beandosi ancora una volta dello stupore di Alex nel vedere quello spettacolo di colori che si riflettevano nell'oceano, rivedendo quell'affetto, quella riconoscenza che quegli occhi del colore del mare gli avevano rivolto per averle permesso di smettere di piangere; ma soprattutto rivide quell'attimo esatto in cui con uno sforzo sovrumano, aveva deviato le sue labbra sull'angolo della bocca di Alex.

Quanto avrebbe voluto fare tutt'altro, ma quel briciolo di buon senso, aveva in qualche modo permesso che non succedesse l'irreparabile, ma niente e nessuno poteva levargli quella sensazione che lo aveva attraversato come un tuono, nel sentire la morbidezza di quella pelle, quella consistenza fredda e vellutata e quel profumo che avrebbe riconosciuto ovunque e forse avrebbe cercato in chiunque, se lei se ne fosse andata, un giorno.

*****

-Devo parlare con Jason, riguarda Jane- Alex sentì un tuffo al cuore alle parole di Mike

-Come sta?- chiese preoccupata vedendolo irrigidirsi

-Stazionaria, ma l'anno fatta svegliare qualche ora fa- alzò il viso guardando il soffitto e prese un profondo respiro -Ha chiesto di vedere Jason- aggiunse, Alex si rattistó per l'espressione affranta che comparve sul volto di Mike

-Tu come stai?- gli chiese e un lampo di sorpresa attraversò quegli occhi del colore del cioccolato 

-Come stai davvero, Mike?- l'uomo fece un sorriso forzato e si girò verso il fuoco scuotendo leggermente la testa

-Non mi sono mai sentito così perso come ora- ammise con voce bassa -Mi sento uno schifo, Alex- lei gli si avvicinò poggiando una mano sul suo braccio

-Sei riuscito a parlare con lei? Sa che ci sei sempre stato?- chiese, ma lui scosse il capo

-No, anche alla sorella Rita, ho chiesto di non dirle nulla- la cosa intristì Alex che non osava immaginare come potesse sentirsi.

Dopo tutto, Jane aveva chiesto comunque di Jason.

-Forse dovresti cercare di far pace con te stesso, Mike- a quella frase lui si voltò a guardarla stupito scorgendo un leggero sorriso sul viso della ragazza

-Avete pagato tutti, ora basta- disse - vi state facendo del male, senza che questo porti a qualcosa di buono- disse pacata.

Non voleva certo interferire, ma le persone a lei più care, si stavano rovinando la vita e questo non era più accettabile

-Mike, l'amicizia che c'è tra te e Jason, non potete cancellarla come una scritta sulla sabbia, come se non ci fosse mai stata. Vi conoscete da sempre, siete amici da sempre- lui la guadò senza distogliere mai i suoi occhi, visibilmente colpito a quelle parole

-Ti prego Mike, perdonati per ciò che è successo anni e anni fa, hai pagato abbastanza- gli occhi di Mike si fecero improvvisamente liquidi, ma Alex si sentì in dovere di continuare -hai trattenuto i tuoi sentimenti per così tanto tempo che ora ti sono esplosi dentro, facendoti perdere di vista chi è Jason hai tuoi occhi. Non puoi incolparlo per quello che è accaduto a Jane, non farlo, lui si sta già colpevolizzando abbastanza, ha bisogno di te, come tu ne hai di lui- Mike si ritrovò a tiare su con il naso, una lacrima gli fuoriuscì dagli occhi sorprendendolo

-Ti prego Mike, per Jason tu sei più importante di chiunque altro, non ferirlo anche tu- Mike la fissava con la bocca socchiusa e lei alzò una mano posandola sulla sua guancia ricoperta di barba, gli sorrise e asciugò un'altra lacrima

-Basta soffrire, Mike- disse ancora -non merita nessuno di soffrire così, dalle la possibilità di sapere che l'ami ancora, che hai sofferto tanto quanto lei- a quelle parole Mike sentì il suo cuore sanguinare, come mai aveva fatto, si ritrovò con le lacrime a rigargli il volto e l'unica cosa che riuscì a fare fu quella di stringere Alex tra le braccia.

La strinse forte, lasciando che quella piccola ragazza ricambiasse, che gli infondesse quel calore e quell'affetto di cui ne sentiva tremendamente bisogno

-Mike!- la voce di Jason sorprese i due, Mike alzò il capo asciugandosi il viso con una mano, Alex allentò la presa e si girò ad incontrare lo sguardo spaesato del moro che stava osservando quell'abbraccio senza capire

-Che succede?- chiese scendendo gli ultimi gradini con la paura negli occhi

-Dopo che te ne sei andato questa mattina..-Mike iniziò a parlare

-Sono stato da un cliente- lo interruppe il moro quasi a volersi giustificare del fatto che non fosse rimasto in quel corridoio tutto il santo giorno, come aveva fatto dalla prima sera.

-Hanno svegliato Jane- aggiunse il rasato vedendo Jason cambiare espressione - e ha chiesto di te- Mike parlò pacato vedendolo sgranare leggermente gli occhi a quella richiesta

- Come sta?- chiese sentendo lo stomaco stringersi come una morsa, terrorizzato nel poter ricevere notizie negative

-Stazionaria, ma i medici sono ottimisti visto che svegliandola ha ricordato tutto-

Jason fece un leggero cenno d'assenso con il capo, sospirando di sollievo

-Quando posso vederla?- il tono apprensivo

-Anche subito, se vieni con me ti accompagno- Jason si sorprese nuovamente per quella frase, visto che non si parlavano da giorni e Mike lo evitava come la peste

-Ho il pick-up, posso venire con la mia auto- Mike accennò un leggero sorriso per il tono piccato che Jason non aveva per nulla mascherato

-Verrai con me, coglione, devo parlarti- e si girò di nuovo verso Alex ora più serena

-Grazie- le disse e lei ricambiò il suo sorriso, contenta di vedergli uno sguardo finalmente diverso

-Non ho fatto nulla- rispose con una leggera alzata di spalle e lui si piegò leggermente verso di lei, le prese il viso tra le mani sorprendendola

-Hai fatto moltissimo invece- sussurrò posando le sue labbra su quelle della ragazza che rimase pietrificata a quel contatto.

Quando si staccò le accarezzò il viso e si girò verso un Jason sconvolto

-Andiamo, coglione- disse con il suo solito tono divertito.

******

Jason non riusciva a distogliere lo sguardo da Mike che guidava con un'aria completamente diversa

-Dammi un motivo per cui non dovrei spaccarti la faccia- disse con voce strozzata, ancora aveva davanti agli occhi quel fottuto bacio, Mike sorrise guardando la strada

-Ne avrei diversi, ma se proprio vuoi ti dirò Jane- a quel nome Jason deglutì, era un colpo basso e lo infastidì vedere il compiacimento nello sguardo di Mike che si era girato un attimo a fissarlo, per poi tornare sulla strada con quel sorrisetto che gli avrebbe volentieri strappato dalla faccia

-Cosa cazzo ti è saltato in mente?!- sbottò alla fine, non riusciva a credere che Mike l'avesse baciata davanti a lui, il rasato fece uscire una risata dalle sue labbra

-Voglio davvero voltare pagina, Jason, ma prima ho voluto farti provare un briciolo di quello che ho trattenuto fino ad oggi- rispose spegnendo il motore e girandosi verso il moro rimasto di sale a quella frase

-Non sono stato onesto con me stesso, prima di tutto, poi con Jane e anche con te- disse serio

-Ho sbagliato, pensavo davvero che sarei riuscito a dimenticarla a dimenticare quello che avevamo e abbiamo perso- si fermò un attimo girando il capo verso l'entrata dell'ospedale -ma non posso più continuare, non voglio più- si girò di nuovo ad incrociare lo sguardo del moro

-Se voglio davvero voltare pagina devo affrontarla- sospirò prima di continuare- non ho mai avuto il coraggio di parlarle, non ci siamo mai confrontati dopo il suo aborto- abbassò il capo sospirando -e questo è un peso che mi porto nel cuore da troppo tempo, se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato e ho rischiato davvero troppo- disse risoluto -e non posso colpevolizzare nessuno per quello che è accaduto, non posso prendere a pugni il mio migliore amico. Non ho mai pensato che fosse colpa tua, in realtà la colpa è solo mia che l'ho lasciata andare via, anni fa- Jason sospirò a sua volta come svuotato nel sentirgli dire quelle parole

-Abbiamo sbagliato tutti, Mike, né più e né meno, dovremmo solo trovare il modo per rimediare ai nostri errori -disse e Mike fece un cenno d'assenso con il capo

-Andiamo da lei- lo esortò il rasato aprendo la portiera e scendendo per poi fermarlo per un braccio prima di entrare

-Se provi davvero qualcosa per Alex, non fartela portare via- Jason lo guardò sbigottito da quelle parole, Mike sorrise con espressione sardonica

-Te lo dico ora e non te lo dirò più Jas- lo guardò dritto negli occhi

-Non so cosa accadrà da adesso in poi, ma se farai piangere Alex, te la farò pagare cara. E' una promessa dal tuo migliore amico- Jason sgranò lo sguardo stordito da quella frase

-Quella ragazza non merita nulla del vecchio Jason, per cui datti una regolata- detto questo gli diede una pacca sulla spalla rilassando l'espressione -Ora andiamo, Jane ti aspetta- e lo condusse all'interno dell'ospedale.

Salirono al terzo piano in rigoroso silenzio, Jason sentiva l'ansia espandersi a macchia d'olio dentro di sé, avrebbe dovuto mettere qualche puntino sulle "i" con Mike, per le ultime frasi che gli aveva rivolto, ma ora doveva trovare il coraggio per affrontare Jane.

Si avviò verso la stanza della ragazza trovando la porta aperta; Mike si fermò qualche passo indietro come al solito, Jason si girò a guardarlo

-Lo farò dopo, ma ora vai tu- gli disse e il moro prese un profondo respiro e continuò fino alla porta dove si affacciò trovando Rita davanti il letto di Jane; la donna, appena lo vide, gli andò incontro salutandolo con un bacio su una guancia ed uscì richiudendo la porta.

Jason rimase qualche attimo immobile ad osservare quella stanzetta, con una finestra sul fondo dal quale si vedevano gli edifici intorno, il colore verde chiaro delle pareti e del pavimento, per poi osservare le due sedie e la piccola scrivania e infine il letto dove era sdraiata Jane.

Lei lo guardava in silenzio, il suo volto era ancora pieno di contusioni, aveva la testa fasciata, così come parte del busto, del braccio e una gamba ingessata leggermente sollevata.

-Ciao- la voce di Jane lo riscosse, facendolo avvicinare

-Ciao- rispose abbozzando un sorriso, era semidistesa con il tubo della flebo che le entrava nella farfallina appuntata sul braccio

-Come ti senti?- le chiese e lei sospirò appena

-Sono viva, è abbastanza- rispose piano, faceva fatica a parlare, le sue labbra erano screpolate, Jason prese la boccetta di acqua vicino a quella specie di carrello e ci infilò una cannuccia

-Bevi un po'- le disse aiutandola; Jane bevve qualche sorso e lui, dopo averla aiutata, le si sedette accanto sul letto, subito le dita di Jane trovarono quelle di Jason

-Sei gelato- gli disse e anche lui in quel momento avvertì la netta differenza tra le sue dita e quelle calde di Jane, il freddo era dato dalla paura, dall'ansia, ma non disse nulla abbassando la testa verso quelle dita sottili

-Ti ricordi cosa è successo?- le chiese dopo qualche attimo sentendola sospirare

-Tutto- rispose semplicemente e Jason fissò il suo sguardo leggermente liquido

-Mi dispiace Jane, è colpa mia- le disse abbassando il capo, sentendosi completamente affranto per come ora lei stesse soffrendo

-No Jason, non lo è- i loro occhi si incrociarono ancora una volta -ero io a guidare, avrei dovuto fare più attenzione, ma ho permesso alle emozioni di prendere il sopravvento e mi sono distratta, è stato un attimo- Jason la guardò e sentì un profondo senso di sconforto

-Non dovevi andare via da sola- insistette, ma lei gli strinse leggermente la mano

-Sapevo che sarebbe andata a finire così- Jason la guardò sentendosi uno straccio, si sedette sulla sedia lì accanto -lo abbiamo sempre saputo, Jas- aggiunse e lui avvertì i suoi occhi inumidirsi capendo a cosa si stesse riferendo

-Sono sbagliato, Jane- riuscì a dirle -ho avuto sempre chiaro che tu non meritavi questo mio modo di fare, ma non ho fatto nulla per cambiare questa situazione- il peso che sentiva nello stomaco si fece più pesante levandogli il respiro -anche se dici il contrario, so che è colpa mia- lei lo guardava con apprensione e dolcezza che annientarono ancora di più l'anima ferita di Jason

-Abbiamo tutti peccato di presunzione, Jas- disse flebilmente -entrambi eravamo convinti di poter e saper gestire questa situazione, ma come vedi non è stato così- affermò e Jason abbassò il capo alle loro mani intrecciate

-L'aiuto che abbiamo cercato l'uno nell'altra si è tramutato in qualcosa di malato per entrambi, ci siamo fatti del male- Jason la guardò e sospirò chiudendo gli occhi nel sentire quelle parole

-Quando mi sei venuto a prendere per andare al pub, l'ho capito subito che era l'ultima sera per noi- Jason aprì di scatto gli occhi per incrociare quello liquido di Jane -in realtà lo avevo immaginato, il tuo comportamento era cambiato già da un po'- ammise e lui si sentì come scoperto sotto quelle frasi

-Alla fine siamo ciò che facciamo non ciò che diciamo- il cuore di Jason perse un battito alla nitidezza di quella frase, alla verità che c'era in quelle parole.

Avrebbe potuto dire tutto quello che voleva, ma in realtà i fatti e i comportamenti avevano parlato molto chiaramente.

Abbassò il capo sentendosi stremato

-Vorrei sentirti arrabbiata con me, vorrei sentirti dire che mi odi e vorresti vedermi al tuo posto- disse sconfortato -ma da te non escono mai cose di questo tipo- lei sorrise appena

-La mia non è bontà nei tuoi confronti, Jason- gli disse -perché purtroppo vedo chiaramente il tuo dolore, sia per me che per te stesso e questo è abbastanza- Jason deglutì fissando quegli occhi verdi ora velati da una patina di tristezza ma anche di consapevolezza, di qualcosa che anche se in quella maniera, si era fatto chiaro.

Jason prese un profondo sospiro, aveva i polmoni contratti da giorni, come se fosse difficoltoso anche compiere un'azione così naturale come respirare

-Ti chiedo solo una cosa, Jas- lui fece un cenno d'assenso con il capo, privo di parole e la vide portare lo sguardo davanti a sé

-Vorrei sapere la verità su di te, vorrei conoscere quel Jason che tornato dall'Italia era cambiato, vorrei sapere cosa è successo e chi stai aiutando con tutto te stesso- Jason rimase di sale a quella richiesta, si portò una mano a tirarsi indietro i capelli e sospirò guardandola

-Quando uscirai da qui, ti dirò tutto - le sorrise appena -ho sbagliato a non farti mai partecipe di nulla, credo sia il minimo che possa fare, ti racconterò quello che è successo e chi è Alex- lei lo guardò riconoscente accennando un leggero sorriso

-Grazie, Jas- gli disse- so quanto sia difficile per te, ma forse parlandone potrai liberarti un po' di tutto quel peso che ti sei portato dietro fino ad oggi- lui chiuse gli occhi a quella frase, sentendosi quasi un fantoccio sotto la chiarezza che Jane aveva sempre dimostrato

Era e sarebbe sempre stata una donna splendida, con una sensibilità fuori dal comune, una dolcezza e una premura per chi le stava intorno che raramente si poteva incontrare e di questo Jason ne fu quasi onorato

-Sei una donna eccezionale Jane- le disse vedendola socchiudere leggermente le labbra per lo stupore che evidentemente aveva provato nel sentirgli dire quelle parole

-Lo sei davvero e dovresti smetterla di pensare che non sia così, dovresti smetterla di accontentarti, come hai fatto con me- lei gli strinse un pò la mano sospirando sotto quelle parole

-Hai tutta una vita davanti Jane e la prima che deve credere in sè stessa, sei tu. Non puoi più pensare che non vali molto solo perchè hai incontrato degli ostacoli, perchè li hai superati andando comunque avanti e meriti tutto ciò che desideri- lei gli sorrise con gli occhi ricolmi di lacrime

-C'è qualcuno qui fuori che ha fatto la muffa in questi giorni per starti accanto- Jason cambiò discorso, dopo un breve silenzio e le sue parole la sorpresero ancora una volta, avvertì la sua mano fremere appena, la vide voltare il viso verso la finestra

-Non credo di essere tanto forte, Jas- disse piano e lui le strinse la mano per farsi guardare

-Nessuno lo è Jane, non lo siamo mai stati, ma possiamo iniziare ad esserlo piano piano- le disse accarezzandole una guancia -vorrebbe davvero poterti stare vicino senza più nascondersi- la vide sgranare gli occhi a quella frase e lui arricciò appena le labbra in un sorriso -non ha mai smesso di amarti Jane, nonostante me, nonostante noi, nonostante gli anni passati. Lui ti ha sempre amato- una lacrima le solcò il viso livido

-Quello che ti è successo è colpa mia, Jane, lo sappiamo entrambi, anche se dirai sempre il contrario, permettimi almeno di aiutarvi a risolvere quello che avete lasciato in sospeso- aggiunse e lei gli strinse forte la mano

-I medici ti aiuteranno a rimetterti in piedi, cureranno le tue ferite, ma permettimi di aiutarti, per quanto mi è possibile, a curare quello che ti porti dentro, come tu hai fatto con me- le si avvicinò e posò le sue labbra sulla fronte, mentre calde lacrime le stavano rigando il viso

-Non importa quello che accadrà, ma datevi la possibilità di raccontarvi il vostro dolore, forse è più simile di quello che avete sempre pensato- le disse a un soffio dal viso e lei si sforzò di sorridergli priva di parole.

Si guardarono negli occhi e Jason lesse in quelle gemme verdi come i prati della loro terra, quei bellissimi anni passati insieme. Era stato uno stupido a non rendersene conto prima, ad aver aspettato un fatto straziante come quello che stavano vivendo, per dirglielo e mettere a fuoco quello che aveva avuto tra le mani.

Le sorrise per poi allontanarsi piano e uscire dalla stanza, dove incontrò subito lo sguardo preoccupato di Mike

-Non vuole vedermi, vero?- chiese e Jason gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla

-Ha paura come te Mike, ma credo che non aspettasse altro- gli occhi di Mike si aprirono per la sorpresa e deglutì guardando la porta accostata della stanza dove sarebbe dovuto entrare; prese un profondo respiro sentendo la presa di Jason scivolare da lui, lo guardò negli occhi cercando e trovando quella forza che gli permettesse di entrare.

****

Aveva appena finito di infilarsi il pigiama quando sentì chiaramente l'auto di Jason. Si guardò allo specchio e un sorriso le nacque sulle labbra, fiduciosa che le cose tra lui e Mike in qualche modo si fossero sistemate. Uscì dal bagno nell'esatto momento in cui Jason stava salendo gli ultimi gradini. Era a testa bassa, ma quando avvertì la presenza della ragazza alzò il capo e si fermò sull'ultimo gradino.

Alex lo guardò con attenzione, cercando di capire se quell'espressione che aveva era data dalla stanchezza, o fosse successo dell' altro.

Abbozzò un sorriso incerta avvicinandosi all'uomo che non aveva mutato espressione, con quello sguardo che le dava l'idea che leggesse direttamente il suo Dna, la mascella era leggermente contratta e la luce data dall'unico lume acceso nel corridoio, disegnava sul volto di Jason dei chiaro scuri che enfatizzavano ancora di più il suo apparire estremamente serio.

-Come è andata? Jane si sta rimettendo?- chiese speranzosa mordendosi un labbro; non voleva essere né invadente, né commettere l'errore di dire o fare la cosa sbagliata in un momento come quello, ma aveva la necessità di sapere; quando lui rispose con un leggero cenno del capo, si ritrovò a sospirare di sollievo.

Lo vide aprire la porta della sua stanza, ma prima di lasciarlo sparire al suo interno chiudendosi la porta alle spalle, non ci pensò due volte e lo fermò posando le mani sul legno; lui si girò sorpreso

-E con Mike? Avete chiarito?- chiese sapendo che non sarebbe riuscita a dormire aspettando il giorno dopo per poterglielo chiedere; lo vide inclinare il capo leggermente di lato

-Si- le rispose semplicemente vedendola sorridere felice -ma non vorrei che per ogni nostra discussione tu debba baciarlo- aggiunse facendole morire il sorriso sulle labbra e diventare ancora più rossa

-E' lui che ha baciato me!- sbottò imbarazzatissima per quella frase ripensando al gesto di Mike

Jason fece un passo verso di lei che involontariamente indietreggiò, ma con una mossa inaspettata le prese il mento tra pollice e indice e le fece alzare il volto per guardarlo bene negli occhi, avvicinandosi anche un po'

Alex sentì che avrebbe perso l'equilibrio, così dovette portare le mani a toccare il torace di Jason per non finirgli completamente addosso, rimanendo spiazzata dalla sua vicinanza

-Lui lo fa per provocarmi, ma tu non farlo-le disse a un soffio dal viso, erano così vicini che percepire il profumo di Jason la stordì

-Se rivedo te e Mike di nuovo in quel modo, ti giuro su Dio che non risponderò più di me stesso- Alex sgranò lo sguardo trattenendo il respiro a quella frase, mentre lui continuava a tenerle stretto il volto, per poi vedergli puntare lo sguardo sulle sue labbra e deglutire

-Non mi piace ripetermi Alex, credo tu lo abbia capito- le soffiò

-Sei qui da poco e già sono un po' troppe le persone che ti hanno baciato- le disse avvicinandosi al suo orecchio -la cosa è alquanto fastidiosa, non pensi?- lei sentì le gambe farsi molli e il cuore battere come un tamburo -Vorrei evitare che la mia futura moglie si diverta così tanto a farmi saltare i nervi- il cuore le arrivò in gola, non aveva più fiato e le gambe erano diventate di gelatina.

A quel punto la lasciò accennando un sorriso per poi sparire dietro la porta della sua stanza, mentre Alex, con passi traballanti e la testa nel pallone, si avviò nella sua stanza cercando di riprendere fiato, ma nell'esatto momento in cui chiuse la porta, le gambe cedettero e lei scivolò lentamente sul pavimento, pensando che ora aveva da affrontare un grosso problema: il matrimonio.

 

  
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