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Autore: Melanto    26/02/2020    6 recensioni
[Storia scritta per la FlashChallenge: bacio del gruppo facebook 'Il Giardino di EFP']
Una squadra di calciatori all'ultimo anno di liceo, tre manager e due giorni di ritiro in solitaria come regalo del loro mister prima che gli esami li assorbano del tutto e il diploma li catapulti nel mondo degli 'adulti'.
Due giorni per godere appieno di quella adolescenza che sta per tramontare. Benvenuta maturità... o quasi.
«Siamo soli, quindi?»
«Così pare.»
«E allora direi che possiamo scatenare l'inferno!»
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Shingo Takasugi/Bob Denver, Yukari Nishimoto/Evelyne Davidson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So, kiss me - #11

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- XI: Fame emozionale -

(prompt #7: Bacio alla francese)

 

 

 

 

 

 

 

“Ba-cio! Ba-cio! Ba-cio! Ba-cio!”

 

Il fottuto coretto dei suoi amici ce lo ha in testa da ieri, quando era stato convinto di non averlo neppure sentito perché troppo preso da tutte le emozioni che gli suonavano dentro peggio della Filarmonica di Vienna il giorno di Capodanno.

Quella è l’ultima sera di ritiro, domani dopo pranzo saliranno sul pullman per tornare a Nankatsu e invece di andare come sempre dietro alla struttura nel cerchio dell’amicizia, ha scelto di stare per conto suo.

Vado a fare due passi lungo la strada.

La semplice frase snocciolata a Misaki che l’ha colto in flagrante e poi ha preso un’altra strada, è uscito dall’ingresso anteriore e si è diretto al promontorio con il belvedere. Il panorama della baia, da lì, è molto bello, ci sono passati spesso in quei giorni e gli sembra il luogo ideale per stare da solo. L’aria è dolce, estiva ma non afosa. C’è una brezza che gli solleva le maniche della maglietta mentre cammina con le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini lunghi al ginocchio. Lì che sono in alto di svariate decine di metri spira più che al livello del mare, però non gli dà fastidio né increspa la pelle.

È piacevole starsene un po’ da soli dopo cinque giorni trascorsi tutti insieme; Yuzo ne sente il bisogno, soprattutto perché non ha voglia di finire di nuovo in mezzo a qualcosa come quella di ieri. Non ci ha dormito la notte, perché come chiudeva gli occhi sentiva di nuovo la bocca di Mamoru sulla sua ed era impossibile sperare di prendere sonno, soprattutto con il cuore che iniziava a pompare come un ossesso.

Mamoru lo ha tenuto sveglio con un semplice bacio a stampo nemmeno fosse un ragazzino delle medie alla prima cotta. Neppure allora si era sentito così, ma quello forse era colpa del fatto che stava iniziando a capire che il proprio mondo interiore non viaggiava sugli stessi binari di quelli dei suoi compagni e amici.

Camminando sulla stradina che dalla struttura scende verso il paese, Yuzo si rende conto che forse il problema è proprio quello.

Alle medie non ha potuto emozionarsi perché il bacio di una ragazzina non aveva alcun significato per lui, mentre quello sciocco sprecato con Mamoru è l’emozione che alle medie non ha assaporato.

E niente, anche nella crescita, il suo mondo è proprio destinato a girare sempre al contrario.

Il cellulare vibra nella tasca un paio di volte, ma non è una chiamata, quanto una notifica di messaggio: ed è di Mamoru.

Dove sei? Non riesco a trovarti.

Perché dovresti? Vorrebbe scrivere, ma c’è quel tuffo al cuore inaspettato che gli fa scegliere di rispondere invece che ignorarlo.

Sono quasi arrivato al belvedere. Voi cominciate pure senza di me.

Yuzo eclissa di nuovo il cellulare nei pantaloncini e stavolta decide che qualora dovesse vibrare ancora non risponderà. Starsene in pace non è chiedere la luna, dopotutto.

Il belvedere ha delle panchine disposte a semicerchio in modo che tutti possano godere del panorama e dell’eco del fruscio del mare.

Yuzo prende posto scegliendolo con calma, tanto c’è solo lui. Si è fatto buio e i lampioni sono accesi, compresi quelli della piazzola. La panchina di mezzo viene eletta a trono e lui tira su i piedi in modo da poter circondare le ginocchia e poggiare la testa. Quest’ultima è un focolaio che non ha smesso nemmeno un po’ di bruciare.

Tutto brucia, dalla sera prima. Anche lo stomaco.

Yuzo vorrebbe solo tornarsene a casa, a Nankatsu, dedicarsi allo studio e non pensare più a quel bacio senza senso. Sanae ha ragione nel dire che a volte i ragazzi agiscono a caso e le conseguenze, chissà perché, sono sempre le peggiori o quelle che lasciano più il segno e ti piantano dentro particolari minuscoli come granelli di sabbia che all’improvviso si scatenano in tempesta.

Per lui, ad esempio, il granello di sabbia che gli è rimasto, più del contatto stesso con le labbra di Mamoru, è stato l’attimo in cui ha respirato il suo fiato.

Perché il contatto è scomparso appena separati, ma quel respiro gli è entrato in circolo, lo hanno assorbito i polmoni e il sangue.

Yuzo sospira, chiude gli occhi e nel fruscio del mare sente anche il rumore del fiato di Mamoru contro la pelle e il cuore batte di nuovo troppo veloce.

L’avvicinarsi di uno scalpiccio affrettato spezza l’incantesimo e gli fa tirare su la testa per guardarsi alle spalle, da dove è venuto anche lui. Una figura in pantaloncini come i suoi si fa più vicina, ma è nell’oscillare dei capelli che la riconosce e allora butta giù le gambe dalla panchina e tende la schiena, quasi si alza.

Mamoru si ferma a qualche passo di distanza, per riprendere fiato. Scioglie la bassa coda di cavallo e scrolla la testa. I capelli neri sono belli e selvaggi mentre ricadono sulle spalle.

«Ehi…»

«Che fai qui?»

«Ti cercavo.»

«Ti avevo detto che vi avrei raggiunti dopo. Se era urgente avresti potuto scrivermi di nuovo, sarei tornato indietro da solo.»

«Perché te ne sei andato e non sei rimasto con noi?»

Yuzo si stringe nelle spalle e guarda il panorama. Da lassù, il paese è uno sfracello di puntini luminosi e qualche macchia più ampia dei lampioni. C’è anche la luna, con il suo alone d’argento sul mare.

«Volevo starmene un po’ per i fatti miei.» Poi si volta, Mamoru è ancora in piedi ma si è avvicinato fino al lato opposto della panchina dove è seduto lui. «Che volevi?»

«Io… Posso sedermi con te?» Mamoru guarda lo spazio ancora vuoto. «Volevo parlarti.»

«È un paese libero.» Yuzo cerca di dissimulare il reale effetto che gli fa la sua presenza. Nonostante si conoscano da anni, c’è sempre stata un po’ di soggezione verso Izawa e un interesse sottile che lo sorprendeva a fissarlo più del normale o di quanto avrebbe fatto con qualsiasi altro. Deve essere per il suo modo di fare, si è sempre detto, o perché è molto bello; ma la seconda è una consapevolezza più recente.

Mamoru si siede piegando un ginocchio sulla panchina e poggiando il braccio sulla spalliera. È girato verso di lui, con sguardo serio. Yuzo direbbe accigliato.

«Sei arrabbiato con me? È tutto il giorno che mi eviti.»

Yuzo ha sperato che non se ne accorgesse, invece Mamoru è andato dritto a colpo sicuro, perché fin dalla mattina si è tenuto impegnato in altro e con altri, e sempre distante. Un po’ sciocco da parte sua, al limite dell’infantile, ma standogli accanto si è trovato a disagio, perché era quello il momento in cui il dannato ricordo del suo respiro diveniva più forte. Gli era sembrato di avere un incendio sotto la pelle.

«No! Perché?»

«Be’, per ieri sera.»

«E tu che c’entri? Al massimo dovrei avercela con Kumi, è lei che ti ha proposto l’obbligo di baciarmi.»

«Avrei potuto rifiutare. Non mi sembravi a tuo agio.»

Yuzo sbuffa un sorriso, guarda il mare e non i suoi capelli smossi dal vento che battono contro il collo in maniera sensuale.

«Quando mai? Era solo uno scherzo.»

«Avresti potuto rifiutare tu, allora…»

«E farmi prendere in giro da Ryo? No, grazie. Lo fa già così.»

«Maddai, dopotutto non era mica un bacio vero.»

«Ah, no? E cos’era?» Yuzo gli scocca un’occhiata ironica che Mamoru sostiene senza alcuna difficoltà. Lo provoca, invece, tirando un sorriso solo dal lato sinistro.

«Il bacio vero è quello alla francese.»

«Oh, alla francese», scimmiotta. «Ovviamente tu sai già tutto.»

«L’ho detto di aver baciato un ragazzo. Non parlavo mica di un bacetto a stampo.»

Ora Yuzo è interessato sul serio e l’ironia è sparita, almeno dal suo volto. Su quello di Mamoru aleggia ancora il sorriso, ma non è più provocatore. Al solito, è rilassato nel parlare di argomenti che per lui, invece, sono delicati come cristallo. Una parte di sé non vorrebbe neppure toccarli, ma la curiosità è forte. È tutto. È quella fame di sapere che non riesce a saziare. È quel desiderio di capire che lo fa sentire stupido, a volte, perché fino adesso ha potuto solo immaginare certe sensazioni e mai provarle.

Le farfalle nello stomaco, i brividi sotto la pelle, i formicolii dietro la nuca e in mezzo alle gambe, la terra che manca da sotto ai piedi, il fuoco che risale tra i reni. Li ha captati tra i bisbigli delle ragazze, mentre i suoi amici sono più sguaiati e materiali; dimenticano, in mezzo alle divise sudate, l’astrazione dei sentimenti, la loro poesia. La magia.

E lui vorrebbe provare entrambe le cose, dal rude al delicato, ma la paura torna sempre, come un boomerang, e ogni volta che qualche ragazzo ha tentato di mostrare interesse nei suoi confronti, lui è stato colpito alle gambe e si è ritratto. Scappato senza voltarsi mai in tutte le occasioni, perché poi dovrebbe ammettere di essere così e basta, e non si può tornare indietro, non si può fingere con sé stessi né con gli altri. Sei gay e non c’è niente da fare, non lo puoi cambiare né puoi cambiare la percezione che avranno di te; potete solo accettarvi a vicenda, con tutti i vostri limiti.

Per questo cedere fa paura, perché nessuno vuole sentirsi limitare nella propria esistenza.

Yuzo afferra il labbro inferiore tra i denti e ne sfiletta una pellicina con gli incisivi. «Davvero?»

Mamoru solleva il viso alle stelle; i capelli contro il collo sono black mamba che scivolano sulla gola. «In Spagna, l’estate scorsa. Ero andato a trovare i miei cugini, ricordi? Lì non si fanno tanti problemi.»

«Non lo avevi detto.»

«Non è che devo sbandierare sempre tutto.»

«E com’è stato?» chiede ancora, dopo un attimo di silenzio troppo lungo.

La fame. La fame è micidiale.

Mamoru ci pensa, fa qualche smorfia buffa che gli arriccia le labbra e poi conclude: «Salivoso. Come un bacio qualunque.»

«Detta così fa schifo.»

«Vorresti provare? Questa volta sul serio.»

Il sussulto che lo coglie per quello sguardo così penetrante è camuffato nel gesto distratto di cambiare posizione sulla panchina. «N-no! Perché mai-»

«Perché ti piacciono i ragazzi, Yuzo», sospira Mamoru. «L’ho capito, non sono mica scemo. Però sono stato insensibile con te, ieri. Scusa. E volevo dirti che non c’è niente di male, a me piacciono anche quelli.»

«Anche?»

«Certo. Se una persona mi piace, mi piace e basta, non importa se maschio o femmina.»

Quell’ultima frase gliela dice quando sono occhi negli occhi. Yuzo vi legge di nuovo tutta la sicurezza che lui non proverà mai. Il segreto del sentirsi sazi e non perennemente affamati come lupi, la forza di afferrare il boomerang prima di venire colpiti: è tutto lì, racchiuso in quelle iridi scure.

E il brutto sta nel capire che non si sarà mai all’altezza della propria natura, visto che gli hanno dato quella sbagliata per il suo carattere. Yuzo abbassa il viso, si guarda le mani, si sente vulnerabile come non mai e allo scoperto. Non gli piace.

«Non voglio mettere a disagio nessuno.»

«A me fa sentire più a disagio sapere che stai dicendo delle bugie. Bastavano le omissioni; ho notato anche quelle, non ti credere.»

«Non è che ci si possa fare molto.»

«Ma almeno con me puoi stare tranquillo, sai che non lo dirò a nessuno.»

L’ennesima frase che non si è aspettato perfora il muro invisibile che ha messo per separare sé stesso dagli altri. Passa attraverso tutti gli strati, come fossero di cartongesso e quella una punta d’acciaio. Poi arriva il colpo di grazia che spazza via tutto.

«Non hai motivo di mentire con me.»

Così semplice – come sempre, per Mamoru tutto lo è – e lo fa crollare, lasciando macerie che le lacrime compresse da mesi di paranoie, in cui ha dubitato di ogni certezza a partire dall’amicizia che lo lega ai suoi compagni di squadra, possono sommergere con un’ondata. Si sente meschino, ma la paura non fa sconti né guarda in faccia nessuno. La sua, poi, teme anche sé stessa.

«Merda…» mastica mentre cerca di asciugarsi il viso con il taglio della mano, però le lacrime scappano dappertutto e quelle che non gli cadono dagli occhi le ingoia a fatica. «Merda… accidenti! Merda!»

Yuzo si accartoccia, nascondendo la testa tra le braccia e quando Mamoru cerca di toccarlo prova a divincolarsi, a rifiutare qualsiasi pietà, perché l’ha sempre odiata, però il compagno è ostinato e lui tanto debole da cedere, farsi abbracciare e restare così per il tempo che sente necessario. Ha il suo fiato calmo sulla nuca e le braccia attorno alle spalle; sembrano una fortezza.

«Non l’ho chiesto io…»

«Lo so, ma è tutto a posto.»

«Come fa a essere a posto? Non sarò mai come gli altri.»

«Ma certo che lo sei!»

«Ah, davvero?!» Yuzo si divincola e si alza di scatto. Vorrebbe guardarlo con ferocia, ma è convinto di essere solo patetico. «Se fosse tutto okay potrei andare tranquillamente a dirlo ai miei genitori o dirlo a voi, e invece no! E se mi rifiutassero?! I tuoi lo sanno che ti piacciono maschi e femmine? Glielo hai detto?!»

«No, ma un giorno lo farò. Se mi rifiuteranno, farà male, ma… io sono così, che ci posso fare? Non sono diverso da te o da Ryo o chiunque altro. Mi fa schifo il natto e mi avrebbe fatto schifo pure se fossi stato solo gay o solo etero. E non smetto di essere tuo amico.» Anche Mamoru si alza e tornano a guardarsi alla stessa altezza. «Puoi scommetterci, non smetteranno neppure gli altri. Su Shingo, Hajime e Teppei posso addirittura metterci le mani sul fuoco. E anche su Taro e Genzo.»

«No, non dirlo a Genzo! Ti prego!» Se il suo esempio di vita dovesse scoprirlo e rifiutarlo sarebbe una tragedia, per lui, ma Mamoru è tranquillo, continua a sorridere.

«Ovvio che non lo farò: spetta a te. Dove lo hai messo il tuo coraggio?» 

Yuzo non lo sa. È da un bel po’ che sente di averlo perso da qualche parte, ma non ricorda dove. Con la manica delle maglietta asciuga il bagnato lasciato dalle lacrime.

«Quindi adesso devi solo scegliere che cosa vuoi fare. Vuoi continuare a piangerti addosso o vuoi deciderti a provare che sapore avrebbe la vita che ti appartiene?»

Mamoru non sta scherzando e lui come sempre è combattuto, perché decidere non è un passo semplice.

Nervoso, afferra il labbro tra i denti, ma le dita di Mamoru gli camminano sul viso, facendoglielo alzare assieme allo sguardo. È un gesto semplice, ma così intimo da sentire una scarica attraversarlo dalla testa ai piedi.

«Non morderle, se no le rovini. Sarebbe un peccato.»

Si rende conto, Mamoru, di quanto sia desiderabile? Si rende conto di come lo riduce dentro? Di come spalanchi una voragine nella fame di emozioni che lo sta divorando?

La comprensione, il sostegno, la serietà, la seduzione.

Yuzo ha sentimenti rimescolati con lo shaker, in cui il cuore è il cubetto di ghiaccio che rimpalla solitario in attesa dell’ombrellino. Ma è troppo grande per ridursi come le ragazzine che a Mamoru fanno il filo sfegatato. Dovrebbe semplicemente rimettere insieme quel poco rimasto della propria spina dorsale, declinare, andarsene. Discorso chiuso, perché per quanto Izawa si ostini a dire che lui è normale, Yuzo saprà sempre di essere diverso agli occhi degli altri. Questo, ovviamente, se non fosse che, dal mento, le dita di Mamoru si aprono sulla guancia seguendo la linea della mascella. Sfiorano il lobo e i brividi sono così intensi da increspare la pelle e lasciarlo immobile sul fondo della trappola.

Gli sembra di rivivere la scena della sera precedente: in piedi, uno di fronte all’altro e sempre più vicini a ogni respiro. Respiro che si mischierà al suo, verrà inalato, gli entrerà dentro e brucerà tutto. Dovrebbe scapparne a gambe levate, invece le palpebre calano come la vicinanza aumenta. E nell’attimo in cui si chiudono, il resto dei sensi si spalanca.

La prima cosa che scopre è che tutto è diverso, già dal momento in cui si toccano, perché le labbra sono rilassate e non serrate; non temono l’invasore, ma lo lasciano entrare al secondo respiro, invadono a loro volta in un contatto salivoso che per poco non lo fa sorridere, ma poi sente il rumore del fiato di Mamoru, sente di averlo assorbito e la mano si aggrappa alla maglietta del compagno, stracciando il tessuto all’altezza del petto. Sotto, sente il cuore che batte fortissimo, e per riflesso la sua schiena diventa un alveare di brividi.

«È… normale che batta tutto così veloce?» chiede appena si separano, ma non si allontanano. Sono sempre lì a respirarsi di continuo, entrare e uscire dai polmoni dell’altro, mentre gli occhi neri di Mamoru lo inghiottono. Poi le mani sul viso diventano due, lo afferrano stretto tra guancia e mascella, lo tirano in avanti e la fame divora entrambi.

Perché la fame sono loro e mangerebbero il mondo con tutta quella passione che non sanno controllare e che li lascia senza fiato, peggio di prima.

«Sei bravo, non credevo…» sussurra Mamoru.

«Io sì. Di te ne ero sicuro al cento per cento.»

E ora che ha capito com’è, come fare, come vivere quell’esplosione stellare di carne e respiri, Yuzo lo anticipa e nello stomaco non ci sono farfalle, ma sciami di api assassine, i brividi sono ovunque e ha così tanto caldo che si strapperebbe i vestiti da dosso per non sentirli sfregare sulla pelle sensibilissima. La testa gira in una vertigine infinita, nemmeno fosse in carenza di ossigeno, eppure ha tutto ciò di cui ha bisogno: Mamoru glielo sta dando, gli sta insegnando il mondo di cui ha avuto paura, alimenta e sazia la sua fame al tempo stesso. E lui si sente bene, su quelle labbra si sente benissimo.

«Pensa se ti fosse capitato Ishizaki…»

Si guardano, scoppiano a ridere e le loro fronti sono collise per tenerli uniti, perché non sanno se saranno ancora capaci di respirare di nuovo da soli quando si separeranno.

«E… ora che succede?»

Mamoru lancia una veloce occhiata alle proprie spalle, verso la salita che porta alla struttura. «Possiamo tornare dagli altri, e amici come prima.»

Tutto finito. Prospettiva dell’Apocalisse.

Anche Yuzo guarda la strada; i lampioni la intervallano con coni di luce e macchie di buio.

«Altrimenti…?»

«Non lo so…» Il naso di Mamoru sfiora il suo di proposito, così come le labbra, in una carezza sensuale di preludio. Yuzo si fa distrarre dal suo sorriso, ma non abbastanza da non sentire la mano appoggiarsi sulla schiena per tirarlo più vicino. «…scopriamolo.»

E poi sono di nuovo solo respiro.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note finali: *-* teendramapuccio, e se qualcuno porta i tarallucci, io porto il vino! XD

Piccolini, ma che li potevo lascià litigati e con le incomprensioni addosso?!?!?!

Qui abbiamo uno Yucciolo megacomplessato che sta cercando di accettare la propria natura. T_T aveva bisogno di qualcuno vicinissimo che lo guidasse, e chi meglio di Mamoru-guru-dellavita?! XDDD Lui è già più avanti della luce e deve fare da faro per quella povera animella di Yuzo ç_ç (più che guru, mi sa che Mamoru è proprio Caronte XD – oltre che carogna! Perché in tutto questo, si è accaparrato la sua stellina disperata! AH! Che lenza! XD).

Sooo, another piece in place, per questi adolescemi e tutte le loro paturnie! <3

Oh, be’, e cosa ci è rimasto ancora?

Ah, già! La chiusura! ;)

 

A domani, con l’ultimo capitolo di questa storia :3 (o forse non del tutto? 😉 )

 

 

   
 
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