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Autore: Samita    26/02/2020    0 recensioni
Devi mimetizzarti, come le zebre.
Luca e Camilla si conoscono da quando erano bambini. Le loro vite si intrecciano continuamente, fa incontri e talvolta scontri, in quella che forse solo loro due sono in grado di definire liberamente amicizia.
Piegato in due per il calcio rotante da poco ricevuto al fianco sinistro, si era pure preso la strigliata dalla maestra.
Va bene, Cami sanguinava dal naso.
Ma era il doppio di lui.
In altezza e in furia.

[Questa storia è presente anche su Wattpad, pubblicata dall'utente Malgari. Sono sempre io.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Missione


Cami lo guardava fisso da cinque minuti.
Cinque noiosissimi minuti, in cui Luca si ostinava a mantenere gli occhi fissi sulla prof, sbarrati, quasi alle lacrime. 
"E allora?" chiese, insistente, la ragazzina.
Non rispondere - si disse Luca. Non darle corda.
Tieni gli occhi fissi sulla Rumi, non staccarti dalla Rumi, ammira la Rumi e la Rumi saprà che stai ascoltando lei - e non Camilla.

Camilla, dal canto suo, sapeva bene come ottenere le attenzioni delle persone, e non era nemmeno arrivata alla metà di tutte le strategia e lei note - sino ad allora. 
Solitamente bastava parlare, e i compagni di banco subito rispondevano: i compagni, sì - i maschi erano quelli più facili con cui farsi una bella chiacchierata fra un esercizio e l'altro. Sino alle elementari, aveva funzionato.
Ma Luca, quel maledetto... sembrava Marianna, la lecchina della classe. Non rispondeva al chiacchiericcio, non rispondeva alle scritte, non rispondeva alle domande mirate.
Non rispondeva alle lunghe occhiatacce.
Non rispondeva.
E svegliati, porca miseria!
Era giunto il momento di passare alla fase successiva: se Luca era come Marianna, bisognava iniziare ad attuare le strategia per i Marianna-tipi. Cami sbuffò, distogliendo lo sguardo, tornando apparentemente a farsi gli affaracci suoi. Giusto il tempo per far abbassare la guardia a Luca, lasciarlo rilassare, consentirgli di immaginare che si fosse arresa, e... 
Allungò, lentamente, la mano verso il libro del ragazzino, abbandonato sulla cima del banco mentre quello era intento a riportare meticolosamente quanto scritto alla lavagna sul quaderno. Non se ne accorse.
Non in tempo per evitare che il ritratto in mezzo alla pagina di un tizio molto poco piacente vincesse un meraviglioso paio di baffetti nazisti. Marianna, all'epoca, era saltata sulla sedia quando il suo libro aveva subito una sorte del genere: precisina com'era, s'era messa a urlare all'impazzata per l'onta subita.
Luca no.
Se ne accorse, eh. Ma non reagì in maniera plateale.
Pose solo la mano sopra al ritratto, scostando la penna di Cami, e impedendole di completare l'opera (che prevedeva un articolato insieme di occhiali, sopracciglia e peli nelle orecchie).
Allora Camilla cercò un altro obbiettivo da deturpare: si spostò sull'angolo in alto a destra della pagina, dove soggiornava un cerchietto pronto a tramutarsi in un bel fiorellino - ma la mano di Luca la rincorse, impedendole di scrivere sul libro. Scrisse, in cambio, sul dorso della mano del ragazzino.
Quello se la guardò scostando rapidamente gli occhi dal quaderno, e con la sua eterna flemma iniziò a recuperare il libro, trascinandolo verso la sua metà di banco, ignorando i segni neri sulla sua mano.
Camilla pensò a lungo, chiedendosi se valesse la pena insistere. Ci mise ben due secondi.
Insistette. Rincorse il libro con la penna, ormai intenzionata a lasciarci un ulteriore segno, di qualsiasi tipo, in un qualsiasi punto, anche a costo di renderlo illeggibile: ci riuscì - ma la Rumi, a quel punto, si accorse di quanto stava succedendo.

La Rumi parlava con gli occhi. Un po' come Cami.
Per questo Luca le temeva entrambe.
La professoressa smise di parlare, osservando i due: dapprima, inespressiva. Poi, iniziando a flettere leggermente un sopracciglio. Uno solo.
Lentamente seguì l'altro.
La Rumi parlava con gli occhi, e in quel preciso istante diceva: Certo che siete veramente due idioti
Guardò un attimo fuori dalla finestra, poi tornò su di loro: Forse non dovrei lasciarvi in banco insieme? 
Corrugò la fronte, poi la stese, gli occhi - e solo gli occhi - al soffitto: La verità è che non ho alternative.

"Camilla. Esci."

Camilla era viola.
All'occhio poco attento poteva sembrare perché, oh sciagura, oh catastrofe, era stata richiamata - cosa a cui formalmente era poco avvezza.
Luca, di contro, sapeva benissimo cosa fosse quella: emozione. 
Finalmente.
Finalmente le venivano riconosciuti i meriti dei suoi sforzi.
E al ragazzino parve quasi di vedere Cami trottare fuori dalla porta.

Camilla si appiattì contro il muro premendosi le mani contro le guance incandescenti. Nella sua mente, una sola sillaba: Woooooooo.
A oltranza.
Wooooooooooooo!
Woooooo!
Wowowowoooo!
Non aveva ancora chiaro se e quali potessero essere le ripercussioni di quanto accaduto – ma: Woooo
Fece in tempo a godersi la sua vittoria per una manciata di minuti, quando il suo cervello iniziò – senza esser stato interpellato – a ricapitolare gli eventi dell'ultima mezzora, come preso dalla frenesia di volerli rivivere e rielaborare.
Fu una pessima scelta.
Ci mise poco, troppo poco per ritornare con i piedi saldamente ancorati a terra.
No, no.
Nononono.
Ma porca miseria.
No, non era lei che aveva vinto.
Era stato Lui.

"Vaffanculo!"
Il bidello scattò in piedi dalla postazione in fondo al corridoio, e si avventò su Camilla a lunghi passi. "Ohi, signorinella! Ti sembra modo di parlare? Non ti è bastato farti buttar fuori dall'aula?"
La ragazzina strinse i pugni e soffocò un urlo in gola.
"Allora?"
"Ma lasciami in pace!"
"Allora vado dalla prof  – così può aggiungere ulteriori dettagli alla nota chilometrica che avrai già!"
"Ma fai come ti pare!"
Il bidello non si fece pregare due volte. Aprì la porta giusto il tanto da farci passar la testa e poter guardare verso la professoressa: "L'ha sentita?"
"Certo, Antonio." rispose la Rumi, sfiatando.
"E che facciamo?"
"Io vorrei far lezione. L'ho mandata fuori apposta."
"Sì, ma questa impreca."
"E che imprechi, Antonio. Lasciami finire."
Il bidello scosse il capo, arreso al totale disinteresse della Rumi sul problema imprecazioni.
Cami rise sonoramente, convinta che l'uomo avesse appena dimostrato di non valere granché.
"Camilla." la richiamò la Rumi.
"Posso rientrare?" osò chiedere quella, pensando che oramai il grosso fosse passato
"No. Ma vedi di dar fastidio anche dall'esterno e credo che dovrai iniziare a metter via soldi per il prossimo libretto, dato che a spanne questo finirà in meno di un mese. Hai capito?"
Cami sbuffò.
Antonio chiuse la porta, guardò la ragazzina truce, e fece per allontanarsi.
Poi, deciso, si girò.
"Però queste parole da scaricatore di porto non le puoi usare, tu."
"E perché?" lo provocò lei – conosceva molto bene quel discorsetto.
Sapeva anche bene come rispondere.
"Perché sei una bambina, non uno scaricatore di porto."
"Ma io da grande quello voglio fare. Mi alleno."
Avrebbe voluto aggiungere 'stupido', ma era in grado di distinguere fra un'imprecazione ed un insulto. Le era costato quattro dita di suo padre stampate in faccia, ma lo aveva imparato molto tempo prima.

La lezione proseguiva, e dal corridoio Camilla riusciva a stento a distinguere la voce della Rumi ovattata dai muri e dalla porta che la separavano dal resto della classe. Si sedette per terra, allacciandosi e slacciandosi i nodi delle scarpe per vincere la noia.
La sua mente continuava a elaborare il pensiero che le era giunto in testa poco prima della diatriba con il bidello, ma lei sembrava volerlo scacciare. Cercò di non prestare attenzione all'idea che stava prendendo forma nella sua testa, sino al punto da trovarsela là, bell'e pronta, senza aver chiarissimo da dove fosse uscita.
Più la studiava, più le sembrava un'idea giusta, sana e razionale.
Un'idea adatta a lei.
Una bellissima idea.
No, non era più un'idea – ora era diventata una missione.

Ma certo!
Camilla si alzò in piedi, sbigottita.
Il problema era Luca.
Il motivo per cui era stata buttata fuori era Luca.
Luca, Luca, stupido Luca.
Se Luca non fosse stato così ... se Luca fosse stata una persona normale, una persona che reagiva alle cose – allora, forse...
Perché era chiaro che se Luca era così molle e apatico e incapace di far alcunché al di fuori delle regole, la colpa sarebbe ricaduta sempre su di lei, qualsiasi cosa fosse successa su quel banco. Le professoresse delle medie non erano sceme come le maestre delle elementari e dell'asilo, avevano capito benissimo che Luca non era un maschio qualsiasi.
E quindi chiaro, ovvio, scontato che se la prendessero con l'altra metà del banco, cioè lei. 
E quindi no, un cavolo: il fatto che Cami fosse stata richiamata non aveva nulla a che vedere con lei. Ma con Lui.
Se fosse successo con qualsiasi altro ragazzino, avrebbero ancora dato "ragione" a Camilla.
Forse anche con una ragazzina.
Ecco, ecco.
Ora la missione era cristallina nella sua mente: avrebbe dovuto far incazzare Luca.
Ma sul serio.
Non avrebbe mai potuto giocare ad armi pari se lui si continuava a dimostrare incapace di... incapace di... incapace di qualsiasi cosa, insomma.
Ma cos'era, un'ameba?
No.
Camilla, la cosa, la prese sul serio: Camilla lo avrebbe svegliato.
Croce sul cuore.
 

   
 
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