Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: namelessjuls    27/02/2020    1 recensioni
Fra le atrocità commesse dall'animo umano, spesso si dimentica la più crudele rivolta al genere femminile: la caccia alle streghe.
Perdurata per secoli, raggiunge il suo apice nella metà del Seicento. Donne morte, donne malate incomprese, donne "volubili" e donne incantatrici: non esiste cura per loro, solo la forca.
1654, contea di Essex.
Ophelia è una giovane abitante della ormai tiepida e spenta comunità di Salem. Qui mancano i soldi, manca la condivisione, ma certo non si scarseggia di paura. Ophelia non è sposata, e i suoi lunghi capelli rossi sono una macchia difficile da nascondere, soprattutto agli occhi del fratello Adam. Lui, che della bramata sorella vive e respira, preferirebbe uccidere che lasciarla andare.
Una sventura, però, destinata ad accadere quando il lord Uriah Donovan irrompe nelle loro vite.
Lui, signore della città, con le mani sporche del sangue di centinaia donne innocenti in tutta la contea. Lui, il lord cacciatore di streghe, ora davanti alla loro porta con la vecchia promessa di avere in sposa la giovane.
E cos'è il matrimonio per una donna libera, se non l'ennesima delle prigioni?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Sposarsi ai tempi della caccia alle streghe o, semplicemente, l'ennesima tortura all'animo femminile.

Le donne non avevano potere, né possessi - e come potevano? Sin dalla nascita, loro stesse appartenevano al padre e ogni loro decisione doveva essere approvata dallo stesso, compreso credo religioso, amicizie e, soprattutto, marito, a cui sarebbero state donate in seguito.

Eravamo corpi vuoti, involucri di carne che respiravano, parlavano, sorridevano ma, in realtà, sotto la pelle, non c'era altro che la mente di un uomo. Ci credevano troppo fragili, troppo esposte ai peccati della vita visto il nostro animo sentimentale: eravamo noi a tradire, noi a mal sopportare i problemi della vita. 

Credevano che togliendoci la nostra mente, noi non avremo mai sbagliato - eccoci, il modello di donna perfetta, controllata dall'ennesimo uomo.

E, nel caso questo non bastasse, potevano sempre denunciarci per stregoneria.

 

«Ophelia non si sposerà.»

 

Adam si era tirato in piedi e, come una muraglia, si era frapposto fra me e lo straniero, quasi a proteggerci. Guardai al suo volto, notando la piega corrugata della sua fronte e la vena del suo collo pulsare in tensione.

 

Uriah ci squadrò con una calma disarmante, e, con la stessa monotonia, porse di nuovo il foglio ad Adam. «Questa non è la firma di vostro padre?»

 

«Ho visto la firma,» lo zittì Adam, nervoso: «ma le cose non cambiano: nostro padre è morto ed ora la sua custodia è mia. Io non mi ricordo di voi e nemmeno di questo...patto. Quindi, mia sorella non si sposerà.»

 

Mio fratello sembrava pronto ad esplodere. Sapevo quanto Adam fosse poco incline al controllo e, ad ogni parola simil canzonatoria di Uriah, temevo che lo avrebbe ucciso. 

Lui non avrebbe mai permesso che mi portassero via, ci teneva troppo - era una salvezza e un'ossessione.

 

Un'ossessione potenzialmente mortale.

 

«Questo è un vero peccato,» commentò Uriah, con un sospiro pesante. Piegò con cautela la pergamena, infilandosela nel taschino. Quando risollevò lo sguardo, notai che mi spiò per un breve attimo.

 

Mi nascosi dietro le spalle di Adam, intimorita dalla sua attenzione. Cosa voleva da me? Perché a un uomo come lui - un lord - premeva di sposare una contadina arricchita? Secondo le leggi del buon vivere, tutto ciò non aveva senso.

 

«Credo che dovreste andare, ora,» accennò Adam: «i miei uomini mi attendono nelle campagne.»

 

«Campagne?» Chiese Uriah, accennando ad un sorriso viscido. «Possedete dei territori, quindi.»

 

«Posseggo dei territori,» confermò Adam, circospetto. «Perché lo volete sapere?»

 

L'uomo sospiro, perdendo tempo nell'osservare l'ora sul suo orologio a tasca. Inevitabilmente, era d'oro e carico di diamanti.

Senza rendermene conto, iniziai a rigirarmi nella tasca il mio vecchio orologio, sentendo il meccanismo ticchettare contro il palmo della mia mano.

 

Smisi sentendo il cane nero grugnire alle mie spalle. Lo guardai furtiva, nervosa, e lui mi stava ancora fissando.

 

«Sto cercando una soluzione, mio signore. Come voi stesso avete detto, io sono un moderatore, e il mio compito non è altro che mantenere la pace a Salem. Ma come farlo?» Uriah sorrise brevemente. Poi, ogni senso di leggerezza scomparì dal suo viso, lasciando il gelo. «Dando ad ognuno ciò che si merita.»

 

Il cane iniziò ad ululare di tutto fiato. Spaventata, quasi balzai dietro la schiena di Adam, ma, un ulteriore caos ci distrasse: letteralmente oltre le mura delle nostra casa, urla forsennate iniziarono a levarsi insieme all'indistinguibile suono di fucili e pistole messe in moto.

 

«Stanno sparando!» Urlai, sconvolta. Adam corse alla porta, pronto a correre in aiuto dei suoi uomini - a me bastò osservare dalla finestra. Degli uomini in divisa sera rincorrevano i nostri contadini, braccandoli a terra o sparando loro alle gambe, così da impedirgli di scappare.

Era una caccia all'uomo.

 

«Si può sapere che cosa state facendo?» Tuonò Adam, affacciandosi dalla porta. Dalla rabbia, il suo viso era diventato rosso e gonfio. Trattenni il respiro quando lo vidi estrarre il suo coltellino dalla cinta, ma anche quella sua breve spinta di coraggio si annullò quando il cane nero si alzò dal suo trono, parandosi a difesa del suo padrone con le zanne bianche in bella vista.

 

«Adam,» sussurrai, tremante, ma mio fratello non mi ascoltò. Guardava Uriah - lo voleva sfidare - eppure la sua mano vacillava.

 

«Quell sono i miei uomini, signore,» esclamò, duro.

 

«Lo so,» concordò Uriah, calmo come un cielo sereno. «E so che voi siete un uomo d'affari, per questo capirete il mio risentimento. Io sono venuto qui, quest'oggi, credendo di ottenere una moglie, ma voi mi private di questo mio diritto, quindi - suppongo - che mi spetti qualcosa in cambio.»

 

«Un cambio?» Ripeté Adam, paonazzo. «Tutti i miei averi?»

 

Uriah scosse le spalle. «Cerco di essere equo.»

 

«Voi non potete farlo! È contro la legge!» 

Adam puntò con più vigore il coltello verso il collo di Uriah che, comunque, non si sbilanciò.

 

E fu palese il suo sorriso divertito, languido e crudele, quando calò la sua sentenza. «Sono io la legge.»

 

Mio fratello sprofondò nella sua stessa perdita, ed io con lui. Stavo sudando freddo e ormai il cinturino del mio orologio si stava consumando contro le mie dita.

Quella non era stata altro che una trappola ben pensata: in ogni caso, noi avremo perso.

Solo, non capivo perché.

 

«Tenetevi pure vostra sorella, mio signore.» Uriah posò la mano sul capo del suo cane, calmando i suoi lamenti all'istante. «Io mi accontenterò della terra.»

 

Uriah si sistemò i capelli dalla fronte, piegando brevemente il capo. «Buona giornata.»

 

«Aspettate!» Adam gli bloccò l'uscita, ponendosi con forza davanti a lui. 

 

Uriah si finse sorpreso. «Sì?»

 

Lanciai uno sguardo a mio fratello, cercando di capire le sue intenzioni. Era tremante, con il suo solito sguardo da pazzo a spezzargli il volto. Ormai, aveva abbandonato il suo coltello al fianco, così come il mio sguardo.

 

«Prendete lei.»

 

Sgranai gli occhi, sconvolta. In un solo momento, ogni mia più chiara convinzione era stata demolita. 

Adam mi stava ripudiando. Lui, che avrebbe dato tutto per sapermi sua per sempre.

Lo avevo desiderato tanto - sentirmi libera da lui - eppure, non mi sentivo felice.

 

«Adam?» Chiamai fra i gemiti. Volevo il suo sguardo, volevo il suo pentimento, ma ciò non avvenne mai: mio fratello restò con lo sguardo basso e distante, sforzandosi di non piangere.

Del grande carnefice, era rimasto il vile traditore.

 

«Se questa è la vostra decisione,» sentenziò Uriah, come se nulla fosse. Si sporse verso la porta, richiamando un soldato posto a vedetta. «Io parto ora, devo andare in municipio. Voi aiutate i contadini feriti e lasciate che la signorina prepari i suoi bagagli. Se dovesse succederle qualcosa durante il viaggio, ti riterrò il diretto responsabile.»

 

Il soldato chinò il capo con rispetto. «Sarà fatto, mio signore.»

 

Uriah prese un respiro, voltandosi verso il suo cane, che subito andò al suo fianco, servizievole. Uriah se ne andò senza nemmeno guardarmi, come se non fossi altro che un oggetto appena conquistato. Aveva vinto la sua battaglia, ora toccava agli altri sistemare le cose.

 

Mi disgustò in modo stomachevole, ma mai quanto Adam, ancora perso nel dolore della sua scelta. Mi rivolsi a lui, avvicinandomi e contemplandolo con tutto il mio malessere.

 

«Guardami,» ordinai, ferrea, ma lui non mi ascoltò. Strinsi i denti, non sopportando una tale codardia.

Per anni, lui mi aveva spezzata e rovinata, lasciandomi a marcire nella sua ombra. Era stato tutto vano. «Tu non sei mio fratello.»

 

Adam singhiozzò, pentito, ma ormai era troppo tardi. Lo lasciai andare, rivolgendomi alla guardia che, sulla divisa, portava lo stemma del mio compratore - un corvo nero dagli occhi dorati. 

 

E d'oro sarebbe stata la mia nuova prigione.

 

Angolo


Continuo ad avere problemi con la stesura del testo, scusate :(
Comunque, ecco il secondo capitolo!
Uriah ha "vinto" il possesso di Ophelia, ma perché tanta premura? Cosa vorrà mai da lei? Un'intetesse strano..

Cosa ne pensate della storia? Vi piace?

Spero me lo facciate sapere!

 

Ora scappo

A presto,

Giulia

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: namelessjuls