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Autore: Star_Rover    28/02/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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IV. Nouex-les-Mines
 
Il fronte britannico si animò rapidamente, una batteria pesante rispose con impeto e violenza all’ultima tempesta di proiettili tedeschi.
Finn ormai non avvertiva più i ruggiti dei cannoni, l’aria vibrava e le trincee tremavano in un fragore assoluto. Davanti a sé, nella devastata terra di nessuno, poté scorgere un macabro scenario di morte e distruzione. Pesanti frammenti volavano nel cielo per abbattersi con una pioggia di detriti. Enormi masse di terra fluttuavano come onde di un mare impetuoso, pronte ad inghiottire e trascinare nelle più oscure profondità le ignare vittime.
Il tenente Green osservava con apprensione la linea nemica, aveva ancora i nervi scossi dopo l’ultimo bombardamento, eppure continuava a dare ordini mantenendo il suo solito rigore.
Il sergente Redmond provò a distrarre i suoi compagni con alcune battute, anche in quel clima dove la tensione era ormai insopportabile egli riuscì a suscitare qualche sincera risata.
Proprio in quel momento un proiettile si frantumò sul fondo della trincea, tre uomini furono brutalmente fatti a pezzi. Finn, che fino a pochi istanti prima aveva un flebile sorriso sulle labbra, si ritrovò a riflettere sulla terribile casualità della morte. Il suo sguardo rimase fisso sui resti dei suoi compagni, i loro corpi non erano nemmeno più riconoscibili, restavano solamente arti mutilati e disgustose frattaglie insanguinate.
Il giovane avvertì gli occhi lucidi, per la prima volta si ritrovò davanti al vero orrore della guerra.
Il tenente Green stava dialogando con il capitano Kennet attraverso un muro di detriti. All’improvviso Richard non ricevette più alcuna risposta, quando si decise a scavalcare l’ostacolo trovò il suo interlocutore disteso a terra. Un proiettile aveva perforato la sua fronte, giungendo proprio sotto all’elmetto con un colpo diretto e preciso. Solo un rivolo di sangue scorreva sul suo viso pallido come un’ultima lacrima purpurea.
Probabilmente il capitano non si era nemmeno accorto di esser stato colpito, almeno non aveva sofferto.
Green provò una profonda inquietudine guardando i suoi occhi vitrei.
L’ufficiale si arrampicò sul parapetto e raggiunse le postazioni di tiro, senza esitazione puntò il suo Lee-Enfield, il suo obiettivo era il tedesco che aveva sparato a Kennet.
In realtà Richard non era realmente in cerca di vendetta, ma ormai la frustrazione e l’ardore della guerra avevano preso il sopravvento.
Nel mezzo della battaglia, tra boati ed esplosioni, il tenente accettò la sfida trasformando quello scontro in un avvincente duello.
Finn assistette allo scambio di proiettili con evidente apprensione. Pensò alle lezioni del caporale Speller, un buon tiratore come il tenente poteva sparare un massimo di trenta colpi al minuto, considerando un buon tempo di ricarica. In quel momento però lo scontro era talmente intenso da non poter distinguere nemmeno un colpo dal precedente o dal successivo. Le armi crepitarono furiosamente. Un'impetuosa tempesta di proiettili si abbatté per poco più di sessanta secondi, ma per il giovane attendente quegli istanti parvero durare un’eternità.
Alla fine Green sparò il colpo decisivo abbattendo definitivamente il suo avversario.
L’ufficiale si ritirò all’interno della trincea, l’eccitazione per quell’intenso combattimento iniziò a svanire, ed egli si accasciò stremato contro il muro di terra.
Finn corse subito in suo soccorso: «signore, si sente bene?»
Richard notò l’espressione spaventata sul viso del suo attendente, così tentò di rassicurarlo.
«Certo, ho vinto!» disse sforzandosi di sorridere.
Il ragazzo finse di credere al suo entusiasmo e gli porse la borraccia d’acqua. Dopo aver bevuto un lungo sorso il tenente parve riprendersi. Ringraziò Finn con una pacca sulla spalla e si rialzò per raggiungere i nidi delle mitragliatrici.
Il giovane prese un profondo respiro, poi con rassegnazione seguì il suo comandante.
 
I tedeschi erano intenzionati ad annientare completamente la linea nemica prima di uscire all’attacco. Per questo decisero di scagliare contro gli inglesi un secondo bombardamento.
Le trincee britanniche erano ormai irriconoscibili, non restavano altro che profondi crateri e montagne di terra bruciata.
Finn si ritrovò raggomitolato in una buca, ad ogni tremore sobbalzava stringendosi contro al tenente, il quale non poteva fare altro che proferire qualche parola di incoraggiamento. 
I proiettili continuarono ad abbattersi intorno al rifugio per un tempo interminabile, sembrava che i nemici avessero a disposizione una scorta infinita di munizioni.
Una bomba cadde proprio nel mezzo delle trincee, i superstiti si trovarono avvolti da una densa nube di fumo. Richard rimase confuso e stordito dall’esplosione, si rialzò in piedi tossendo e ansimando.
Non si era ancora reso conto di ciò che stava accadendo quando ad un tratto avvertì un grido.
«Attenzione, signor tenente!»
Green riconobbe la voce del suo attendente, in quell’istante Finn l’afferrò per la giacca e lo spinse a terra appena in tempo per evitare una raffica di proiettili.
I due rimasero stesi nella polvere finché il fuoco non si placò.
«Tenente, è ferito?» chiese il ragazzo con tono preoccupato.
Green negò, era ormai esausto e stremato, a stento trattenne i singhiozzi. Il giovane aiutò l’ufficiale a rialzarsi e sostenendolo lo condusse nuovamente al riparo.
 
La prima linea fu abbandonata tra la nebbia e il vapore. Gli inglesi lasciarono le loro postazioni ed arretrarono per prepararsi a respingere l’imminente assalto. 
Dopo aver ispezionato le mitragliatrici Richard approfittò di quell’attimo di respiro per provare a calmare i nervi. Era ormai pomeriggio inoltrato, anche se il sole era oscurato dal fumo degli incendi. Il tenente si prese la testa tra le mani, aveva affrontato decine di battaglie, la sua esperienza e le sue competenze si erano sempre rivelate utili sul campo, eppure quella volta sentì di essere ormai giunto al limite.
Il sergente Redmond si sedette al suo fianco offrendogli una sigaretta. L’ufficiale accettò, per un po’ i due rimasero in silenzio ad osservare i soldati che con dedizione si occupavano di ergere e rafforzare le barricate.
«Il suo assistente è davvero un ragazzo in gamba» disse il sottufficiale indicandolo tra la massa color kaki. 
Il tenente mostrò un debole sorriso: «già…è un peccato che giovani come lui siano destinati a questo inferno»
«Be’, lei non era molto più vecchio quando decise di prender parte a questa follia»
«Volontario a ventidue anni, promozione ad ufficiale a ventitré» ricordò Green.
«La guerra l’ha fatta crescere troppo in fretta. A volte mi dimentico che dietro alla sua espressione severa c’è un ragazzo di venticinque anni. Diamine, potrebbe essere mio figlio!»
«Ho dovuto prendermi le mie responsabilità, non ho avuto scelta»
«Certo signore, ma si guardi intorno. Cosa potrebbe fare un solo uomo di fronte a tutto questo?»
Il tenente si scrollò via la polvere dalla divisa: «solo il suo dovere, Redmond. Un uomo in guerra può solo fare il suo dovere»
Il sottufficiale si rassegnò, senza dire altro si rialzò e tornò al lavoro.
Richard era rimasto colpito da quelle parole, non credeva che un uomo semplice come il sergente Redmond potesse metterlo di fronte ad un dilemma così complesso.
 
Ombre grigie riaffiorarono nella terra di nessuno, la prima ondata raggiunse i reticolati restando praticamente indenne. I tedeschi si gettarono nella prima linea trovando solamente crateri fumanti e cadaveri. Fu in quel momento, quando il nemico credette di aver già vinto la battaglia, che la seconda linea sferrò il suo attacco.
Le mitragliatrici iniziarono a crepitare incessantemente, una tempesta di proiettili si scagliò contro gli intrusi, i quali tentarono di proteggersi nelle buche lasciate delle loro stesse bombe.
Anche l’artiglieria tornò in azione, palle di shrapnels disseminarono il terrore tra i tedeschi.
Finn assistette alla battaglia dalla sua postazione dietro alla barricata. Era la prima volta che vedeva il nemico da vicino, fu strano osservare i crucchi cadere davanti ai suoi occhi, sanguinavano, gridavano, piangevano e soffrivano esattamente come i suoi compagni.
Il ragazzo sentì la gola bruciare, quasi con delusione realizzò che il nemico non era un’entità mostruosa, erano solo uomini con la divisa di un altro colore.
Alla fine i tedeschi trovarono riparo nello scheletro della trincea abbandonata, infilandosi come ratti in ogni buca. La situazione tornò in una fase di stallo, il nemico sembrava determinato a resistere.
 
Gli spari provenivano da ogni direzione, l’avversario avrebbe potuto essere ovunque. Gli uomini di entrambi gli schieramenti si dispersero per proteggersi delle esplosioni, nessuno conosceva esattamente la posizione delle trincee occupate dal nemico e di quelle difese dai compagni. Una mitragliatrice britannica iniziò a sparare contro la seconda linea, ciò creò una certa confusione, dopo la prima raffica i soldati poterono constatare che la postazione era stata occupata dai tedeschi.
Il sergente Redmond bestemmiò.
«Quei bastardi ci stanno sparando addosso le nostre pallottole!»
Nel mezzo di quella confusione Finn si accorse di essere rimasto completamente solo. Si era gettato in fretta e furia in una buca per proteggersi da una granata, e quando era riemerso aveva realizzato non solo di aver perso i suoi compagni, ma anche di non aver più alcun punto di riferimento.
Il giovane soldato continuò a vagare nelle trincee deserte, da qualche parte alle sue spalle l’artiglieria inglese continuava a scoppiettare. Dalle colline e dalle barricate crepitavano le mitragliatrici, pronte a falciare le confuse linee d’avanzamento.
Nonostante ciò intorno a lui non vide nessuno, il ragazzo puntò la baionetta davanti a sé nel tentativo di farsi coraggio. Proseguì cautamente lungo quel che restava di un camminamento sventrato nella speranza di ricongiungersi con i suoi compagni. Fu in quel momento che incontrò il suo primo nemico, un tedesco era rannicchiato in una fossa poco profonda, le sue mani sporche di fango e sangue riaffioravano del terreno. I due si scambiarono un rapido sguardo, riconoscendo l’uno nell’altro il medesimo terrore.
Finn rimase paralizzato, strinse il fucile tra le mani, ma non riuscì a trovare la forza di muoversi. Il nemico sgusciò fuori dal suo rifugio, con ritrovato coraggio si innalzò in piedi pronto a premere il grilletto.
Il tedesco esitò ancora un istante, nel momento in cui puntò l’arma davanti a sé una pallottola raggiunse il suo petto. L’uomo cadde a terra agonizzante. Rantolò ancora per qualche secondo, farfugliò qualcosa nella sua lingua, poi esalò il suo ultimo respiro restando inerme al suolo.
Finn si voltò. Il tenente Green era in piedi dietro di lui con il Lee-Enfield ancora in posizione di tiro.
Il giovane avvertì le calde lacrime scendere sul suo viso, Richard abbassò il fucile e si avvicinò al suo assistente. Il ragazzo si poggiò al suo petto e scoppiò in singhiozzi.
L’ufficiale accarezzò delicatamente la sua nuca: «va tutto bene, tranquillo»
Finn non era solo sconvolto per l’accaduto, era anche deluso da se stesso. Avrebbe dovuto uccidere il suo primo nemico, invece aveva fallito lasciandosi sopraffare dalla paura.
Il tenente afferrò l'assistente per le spalle: «forza, adesso dobbiamo andarcene da qui!»
Egli tentò di calmarsi, i botti delle esplosioni e le grida dei feriti lo riportarono presto alla realtà della guerra.
Il giovane diede un ultimo sguardo al cadavere rivolto nella polvere, se non fosse stato per l’intervento del tenente sarebbe stato lui a giacere in una pozza di sangue.
 
La battaglia proseguì con incessanti raffiche di mitragliatrici e fugaci scontri con le granate. Le Mills rotonde da una parte, le bombe a manico dall’altra. Era un continuo scambio di esplosioni che procedeva a un ritmo sempre più incalzante.
Finn sostituì il secondo uomo alla postazione di una Vickers, il commilitone che l’aveva preceduto era stato gravemente ferito. L’aveva visto mentre i soccorritori lo portavano via, aveva un grosso foro nel cranio, probabilmente non sarebbe sopravvissuto. Il ragazzo si accovacciò alla destra del mitragliere e si preparò ad affrontare lo scontro.
Il suo compagno continuò a sparare, la canna fumante e rovente sembrava pronta ad esplodere insieme ai proiettili. L’acqua oleosa e bollente non era sufficiente a raffreddare il metallo di quella macchina mortale.
Il mitragliere scaricò una pioggia di pallottole contro la barricata nemica. 
«Munizioni! Svelto ragazzo! Munizioni!»
Finn obbedì prontamente, ad un tratto avvertì un movimento di caricatori, i fucili tedeschi risposero al fuoco, un proiettile cadde così vicino da scalfirgli l’elmetto.
Il grido continuò a rimbombare nella sua testa.
«Munizioni! Munizioni!»
 
Un enorme boato si abbatté nell’ormai devastato campo di battaglia, poi tutto fu avvolto dal silenzio.
Finn si ritrovò sdraiato in una nube di polvere, era caduto in una fossa, aveva perso l’elmetto e il fucile era scivolato sul fondo della buca.
Appena la nebbia si diradò scorse una mano tesa pronta a raccoglierlo, egli accettò quell’aiuto.
«Signor tenente, che è successo?»
Green rispose con tono neutro: «è finita, il nemico si è ritirato»
Il suo attendente non credette a quelle parole: «significa che abbiamo vinto?»
L’ufficiale quasi si commosse davanti alla sua ingenuità: «abbiamo guadagnato un po’ di tempo prima del prossimo attacco»
Finn osservò la sua divisa lacera e infangata, in quel momento si rese conto della sua condizione.
«Mi dispiace signore»
Green non capì: «per che cosa?»
«Per averla delusa»
Richard lo rassicurò: «hai affrontato dignitosamente la tua prima battaglia, non hai nulla di cui rimproverarti»
Nonostante tutto Finn si sentì un po’ meglio dopo aver udito quelle parole. L’ufficiale poggiò una mano sulla sua spalla. Entrambi erano appena sfuggiti alla morte, quando i loro sguardi si incrociarono avvertirono che lentamente la vita stava ricominciando a fluire nelle vene.
 
***

Dopo quel violento attacco la situazione sembrò quietarsi, con l’arrivo dei rinforzi alle truppe che avevano resistito in prima linea furono concessi alcuni giorni di riposo nelle retrovie.
I soldati, stremati ed esausti, giunsero in un piccolo villaggio di campagna. La pace e la tranquillità della vita civile parvero irreali dopo il lungo periodo trascorso nelle trincee.
Quella sera i militari poterono distrarsi delle atrocità della guerra, bevendo e scherzando come ai vecchi tempi. Il tenente Green avvertì allegri canti e profonde risate provenire dalle case occupate e dai locali.
Solamente in un isolato cortile percepì un inconsueto silenzio, incuriosito l’ufficiale si affacciò con discrezione al cancello. Tre soldati si erano radunati intorno a un mesto falò e condividevano una bottiglia di vino rosso con aria assorta. Uno di loro, trasportato dalla malinconia del momento, recitò una triste poesia.
 
Now seven supple lads and clean
Sat down to drink one night,
Sat down to drink at Nouex-les-Mines
And then went off to fight;
And seven supple lads and clean
Are finished with the fight,
But only three at Nouex-les-Mines
Sit down to drink to-night.
 
And when we took the cobbled road
We often took before,
Our thoughts were with the hearty lads
Who trod that way no more.
Oh I lads out on the level fields,
If you could call to mind
The good red wine at Nouex-les-Mines
You would not stay behind.
 
And when we left the trench to-night,
Each weary with his load,
Grey, silent ghosts, as light as air,
Came with us down the road.
And now we sit us down to drink
You sit beside us, too,
And drink red wine at Nouex-les-Mines
As once you used to do. [*]

 
Gli altri ascoltarono in silenzio, alla fine innalzarono i bicchieri per un ultimo brindisi in onore dei caduti.
Il tenente si commosse davanti a quella scena, silenziosamente si allontanò, lasciando quegli uomini all’intimo ricordo dei loro compagni.
 
Tornando a vagare per il villaggio Green ritrovò un clima ben più allegro, i soldati appena tornati dal fronte erano intenzionati a godersi quella vita per cui avevano ardentemente combattuto.
L’ufficiale continuò la sua passeggiata allontanandosi dalla confusione, si ritrovò in una strada tranquilla, le grida e i canti dei suoi commilitoni echeggiavano in lontananza.
Ad un tratto notò un soldato seduto su un cumulo di macerie. Anche nell’oscurità riconobbe la sua figura senza alcuna difficoltà.
«Finn, come mai non sei a festeggiare insieme agli altri?»
Il giovane si rialzò in presenza del suo superiore.
«Ad essere sincero non apprezzo troppo certi divertimenti. E poi non credo che sia l’occasione giusta per festeggiare, non capisco perché siano tutti così contenti»
«Un soldato è sempre felice di essere ancora vivo»
Il ragazzo avvertì una strana sensazione, quella era la prima volta che parlava con il tenente al di fuori delle trincee.
«Lei invece perché non sta brindando in un tavolo di ufficiali?» chiese tentando di mascherare il suo nervosismo.
Richard prese un profondo respiro: «speravo di poter trascorrere questo tempo prezioso con qualcuno di veramente importante per me»
Finn non era certo di aver ben inteso quelle parole.
I due si guardarono negli occhi, per un lungo momento restarono così, immobili l’uno di fronte all’altro.
Quella volta fu il tenente a prendere l’iniziativa. Con un gesto deciso attirò il giovane a sé, prese il suo volto tra le mani e lo baciò con impeto e passione. Finn inizialmente si sorprese per la sua irruenza, ma ben presto anch’egli cedette ricambiando con altrettanto ardore.
Si distaccarono ritrovandosi entrambi con il respiro affannato e il cuore che palpitava sobbalzando nel petto.
Richard sorrise, Finn rispose con un altro bacio, più dolce e delicato.
I due furono costretti a separarsi quando avvertirono l’eco di alcune voci. Un gruppo di soldati già mezzi ubriachi attraversò il vicolo, gli uomini proseguirono barcollando, tra fragorose risate e volgari battute nemmeno si accorsero della loro presenza.
Green attese di vederli scomparire nell’oscurità, era ancora titubante mentre Finn riprese a provocarlo in modo sempre più audace e insistente. Nel suo sguardo riconobbe il suo stesso desiderio. Senza dire nulla si distaccò da quell’abbraccio, afferrò la manica del suo compagno e lo guidò per le strade deserte.
Il tenente condusse il giovane soldato nel suo alloggio, il quale consisteva in una modesta camera in una casa sopravvissuta ai bombardamenti.
Appena Green richiuse la porta alle sue spalle Finn si gettò tra le sue braccia. Richard si avventò nuovamente su di lui bramando le sue labbra, i due iniziarono a spogliarsi con frenesia, abbandonandosi alla passione e al desiderio.
Finn sbottonò la divisa del suo superiore e gettò la giacca a terra. Con gesti rapidi e impacciati tentò di strappare via ogni strato di stoffa che lo separava dalla pelle nuda del tenente.
Richard si distese sul letto trascinando il suo attendente sopra di sé. Finn sfiorò delicatamente la sua pelle, le sue mani esplorarono il corpo del tenente, accarezzarono le spalle robuste e le braccia muscolose, poi scesero lentamente lungo il suo petto.
Il ragazzo lasciò leggeri baci sulle profonde cicatrici, segni indelebili di ogni sofferta battaglia.
Green abbracciò il suo compagno e rotolò sul materasso invertendo le posizioni. Si chinò su di lui iniziando con un intenso bacio sulla bocca, per poi dedicarsi al mento e al suo collo sottile.
Finn sussultò avvertendo le forti mani del tenente che accarezzavano la sua pelle con decisione e delicatezza. Egli si morse il labbro e socchiuse gli occhi abbandonandosi completamente a quelle nuove e intriganti sensazioni. Non aveva mai provato nulla di simile prima di quel momento.
Ad un tratto Green si fermò, per un istante rimase ad ammirare il ragazzo steso sotto di sé, come per assicurarsi che tutto ciò fosse reale. Osservò i lineamenti delicati del suo viso e la sua espressione ancora contratta in uno spasmo di piacere. Nel silenzio poté avvertire solo il suo respiro spezzato e ansante.
Dopo quella dolorosa attesa Richard prese le sue mani, le loro dita si intrecciarono mentre i loro corpi si unirono per la prima volta con un fremito d’eccitazione. Completamente sopraffatti dalla passione entrambi dimenticarono ogni preoccupazione. Bramosi di calore e affetto continuarono a cercarsi, avvinghiandosi tra le coperte, tra baci appassionati e gemiti soffocati.
Quella notte la guerra era lontana, il valoroso tenente Green e il suo fedele assistente erano rimasti al fronte, in un angusto rifugio sotterraneo. In quella sicura camera da letto illuminata dalle flebili fiamme delle candele erano presenti solo due amanti travolti dall’uragano dei loro sentimenti.
 
Finn si rannicchiò contro il petto del tenente. Il ragazzo aveva il volto arrossato e i capelli arruffati. Richard passò delicatamente una mano tra i suoi ricci ribelli.
Il giovane tornò a sfiorare il torace dell'ufficiale, la sua mano scese poi sul ventre, la sua attenzione si soffermò sulla profonda cicatrice ad altezza dello stomaco.
«E’ successo durante la Battaglia della Somme?» domandò seguendo con le dita la linea di sutura.
Green annuì, non aveva mai parlato con nessuno dell'accaduto. Inevitabilmente quei ricordi riaffiorarono nella sua mente.
«Durante un violento assalto mi ritrovai in una trincea ai limiti di un villaggio fantasma. Il comandante ordinò di scattare, così mi sistemai l’elmetto, imbracciai il fucile ed uscii dal mio riparo. Il fragore dell’artiglieria mi disorientò, poi un rombo di motori scosse le nostre membra. Rabbrividimmo quando alzando lo sguardo notammo i velivoli decorati con grandi croci di ferro dipinte sul rovescio delle ali. Gli aeroplani sorpassarono le nostre teste scaricando solo qualche colpo di mitragliatrice, probabilmente non eravamo noi il loro principale obiettivo. Subito dopo la marcia ebbe inizio, raggiungemmo il villaggio stremati ed esausti. La campagna era devastata dagli incendi, dense nubi giallastre si avvicinavano pericolosamente trasportate dal vento. Indossammo le maschere anti-gas, ma non riuscimmo a proseguire oltre poiché proprio in quel momento dal fronte opposto partì un pesante bombardamento. Le nostre unità furono sparpagliate dai proiettili e dalle granate, schegge e detriti volavano ovunque intorno a noi. Rapidamente mi gettai in una buca insieme a due sconosciuti. Il tiro di sbarramento era impenetrabile, sarebbe stato impossibile sorpassare quel muro di fuoco. Un grido mi allarmò, uno dei miei compagni mi tirò a forza fuori dal rifugio prima che esso potesse diventare una trappola mortale. Ci gettammo a terra mentre una granata distrusse il nostro riparo, il terzo uomo che era con noi scomparve nell’esplosione. L’attacco era fallito, non potemmo far altro che tornare indietro. Così fuggimmo per le strade infangate tra i crateri fumanti. La corsa però non durò a lungo, una mitragliatrice leggera bloccò la nostra ritirata. Fummo costretti a rintanarci nuovamente in una fossa ritrovandoci presto nel mezzo di un’intensa sparatoria. Ad un tratto, quando mi rialzai per rispondere al fuoco, venni accecato dal bagliore di un’esplosione. Avvertii un inteso dolore al ventre, caddi all’indietro, abbandonai il fucile e battei la testa sul fondo del cratere. Quando ripresi i sensi il sole era già calato, il mio compagno era scomparso, forse si era salvato oppure era rimasto ucciso in un disperato tentativo di fuga…non ebbi mai modo di scoprirlo. In ogni caso mi ritrovai disteso nel fango, solo, con una scheggia nello stomaco. Ero certo che sarei morto in quella fossa, il dolore era insopportabile, tanto che sperai che un tedesco compassionevole potesse ascoltare i miei lamenti e porre fine alla mia sofferenza. Invece furono tre commilitoni a trovarmi, svenuto, al termine della battaglia. Mi portarono al riparo nelle retrovie, dove fui operato con urgenza. Nei giorni seguenti rimasi sospeso tra la vita e la morte, la febbre mi assalì tra incubi e allucinazioni. Alla fine mi abbandonai a un sonno profondo, il mio ultimo ricordo di quella terribile agonia è il lontano fragore dell’ennesima battaglia che nel frattempo era scoppiata all’esterno del rifugio. Non è stato nulla di eroico o glorioso, questo è solo il segno di una sconfitta»
«Deve essere stato davvero terribile» commentò Finn impressionato dal racconto.
«Già, ma ormai è solo una vecchia storia…»
Il giovane percepì un velo di tristezza in quelle parole. Richard invece trovò conforto nel dolce viso del suo assistente, il suo sguardo si perse in quei grandi occhi azzurri, limpidi e chiari come il mare d'Irlanda.
«Sai Finn, mi ero sbagliato su di te»
Egli assunse un'espressione perplessa.
«Decisi di prenderti come mio assistente perché non volevo abbandonarti, ero convinto che ti servisse il mio aiuto, ma in realtà le cose sono ben diverse. Sono io ad aver bisogno di te»
Finn fu colpito da quelle parole.
Richard accarezzò il suo volto: «prima di conoscerti non credevo più a nulla, non avevo più alcuna ragione per combattere questa guerra, tu sei diventato la mia unica speranza e la mia ultima salvezza»
Al termine di quella confessione il tenente strinse il ragazzo a sé, ascoltò il battito accelerato del suo cuore, sentì il suo caldo respiro sulla pelle e assaporò ancora una volta le sue labbra.
Avrebbe desiderato restare per sempre in quell’abbraccio, ma il tempo scorreva inesorabilmente, e alle prime luci dell’alba quell’incantesimo sarebbe svanito.
 
 
 
 
[*] Red wine, poesia di Patrick MacGill contenuta nella raccolta Soldier Songs (1917).
   
 
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