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Autore: Star_Rover    07/03/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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V. Aprile di sangue
 

Il plotone del tenente Green venne trasferito in un villaggio che fungeva da centro di comunicazione tra le retrovie e la prima linea. Si trattava di un piccolo paesino situato non troppo distante dal fronte di Arras.
I civili erano stati evacuati ormai da tempo, nelle case abbandonate erano state installate attrezzature militari, radio e apparecchiature telefoniche.
L’ufficiale fu impegnato ad organizzare le trasmissioni con squadre di portaordini e ciclisti. Ebbe anche modo di intrattenersi in un’interessante conversazione con un soldato addetto ai messaggi dei piccioni viaggiatori.
Poco dopo il suo arrivo fu accolto dal sottotenente Conrad, il quale caricò il suo nuovo comandante su un’automobile e lo accompagnò per un giro di ricognizione. Le strade erano occupate dai soldati impegnati a scaricare i furgoni e a trasportare le pesanti casse di rifornimenti.
«Questo villaggio, così isolato e nascosto, è in una postazione strategica. L’abbiamo sottratto ai tedeschi circa quattro mesi fa, i nemici l’hanno difeso con gli artigli e con i denti. Alla fine però siamo riusciti a conquistare terreno e a costringere i crucchi alla ritirata. Al tempo qui trovammo un prezioso deposito di viveri, ma quei bastardi avevano sparato alle damigiane di vino e ai barattoli di marmellata pur di non lasciarci nulla. Scoprimmo anche che mentre noi morivamo di fame i nostri avversari potevano permettersi carne in scatola a volontà...»
«Mi hanno riferito che i tedeschi sono intenzionati a riconquistare quest’area» disse Richard con tono apprensivo.
«Probabilmente tutto questo movimento deve averli insospettiti. Ci sono state diverse battaglie aeree negli ultimi tempi, i tedeschi continuano a respingere i nostri attacchi. Questi cieli appartengono al nemico, diamine, quegli aviatori sono così agguerriti che potrebbero vincere questo conflitto da soli!»
«Ciò che sta dicendo non è molto patriottico» lo rimproverò Green.
«Mi scusi signore, ma si tratta della squadriglia del Barone Rosso! I nostri piloti dovranno impegnarsi sul serio per riuscire a sconfiggerla»
L’ufficiale rispose con una smorfia, aveva già sentito decine di storie riguardanti le avventure e le prodezze di quell’aviatore, per quanto assurde dovevano però racchiudere una fonte di verità.
Egli tornò a studiare le carte e ben presto cambiò argomento.
«Cosa mi può dire di quel bosco? Sulle mappe non è segnato»
Il sottotenente alzò le spalle: «nessuno conosce il vero nome di quella foresta, i più spiritosi l’hanno soprannominato “il bosco delle granate”. E’ la zona più pericolosa, per raggiungerla bisogna attraversare le paludi. Quell’area è sempre sotto il fuoco dell’artiglieria nemica, ma è l’unico passaggio per la prima linea. In ogni caso è meglio non trovarsi nel bosco alla luce del sole…»
L’ufficiale non trovò affatto rassicuranti quelle parole.
«A quanto pare mi hanno assegnato la zona più pericolosa del fronte» commentò con leggera ironia.
Conrad gli rivolse un sorriso complice: «sono certo che si adatterà presto signore»
 
***

Altre stranezze della guerra erano le contraddizioni che si verificavano in diverse circostanze. In quel caso, dopo l’arduo lavoro per l’installazione del centro di comunicazione, il tenente Green si ritrovò senza alcun messaggio da dover trasmettere.
Richard era certo che quella calma apparente non sarebbe durata a lungo, ma approfittò di quel periodo per esplorare il territorio e aggiornare le mappe. Il lavoro risultò particolarmente piacevole, poiché gli consentiva di occupare le giornate con lunghe passeggiate in compagnia del suo attendente.
Quel pomeriggio, dopo aver controllato i collegamenti con le retrovie, i due decisero di sostare in un solitario campo d’avena prima di far ritorno al villaggio.
Finn si liberò del peso dello zaino e del fucile, si levò l’elmetto e passò una mano sulla fronte sudata. Stanco per la lunga camminata si sdraiò a terra avvertendo la calda luce del tramonto sulla pelle e il fresco vento primaverile che gli scompigliava i capelli.
Il tenente si sedette vicino a lui.
Finn sorrise: «in fondo qui non è così male…»
«Già, però non dovremo farci l’abitudine»
«Lo so: la calma in guerra è sempre pericolosa» disse il ragazzo imitando il tono severo del suo superiore.
Richard parve divertito, ma la sua espressione tornò presto seria.
«Stiamo preparando un’offensiva, a breve torneremo in prima linea»
Finn osservò l’ufficiale negli occhi: «sono disposto ad affrontare il fuoco di ogni battaglia con te al mio fianco»
Green rimase ancora una volta colpito dall’ingenuo entusiasmo di quel giovane. Lentamente si chinò su di lui, sfiorò il suo viso con una carezza e rispose con un intenso bacio.  
I due si erano appena distaccati da quel tenero abbraccio quando all’improvviso udirono l’eco di un’esplosione.
All’orizzonte s’innalzò un fumo denso e scuro, l’artiglieria inglese era già in azione con i primi tiri di esercitazione contro la linea tedesca.
Poco dopo una feroce pioggia di proiettili di grosso calibro si abbatté contro un villaggio occupato dal nemico. Altre decine di nubi sfumate di rosso e nero comparvero nella campagna deserta.
Il tenente e il suo attendente rimasero seduti nel campo ad osservare quello spettacolo tanto affascinante quanto terrificante. Finn prese la mano dell’ufficiale, Richard ricambiò la sua stretta, quel legame restava la loro unica certezza.
 
 
Una mattina il tenente Green decise di prendere in prestito due biciclette per raggiungere una postazione di osservazione situata su una collina. Ovviamente Finn non esitò ad accompagnare il suo comandante in quell’impresa.
Richard provò una certa nostalgia pedalando lungo la strada sterrata, la sua mente lo riportò agli ultimi momenti di pace e serenità della sua giovinezza. In particolare si ricordò delle giornate trascorse in campagna insieme a suo fratello Albert. Le loro gite in bicicletta si trasformavano sempre in appassionanti gare di velocità.
Il tenente si guardò intorno con aria afflitta, quel luogo distrutto dalla guerra non aveva nulla in comune con i verdi paesaggi dell’Essex.
Il panorama brullo e deserto suscitava una profonda inquietudine, soprattutto se associato ai fragorosi boati che si avvertivano in lontananza.
Finn barcollava sul suo mezzo, a causa delle buche lasciate sulla strada dalle recenti esplosioni era costretto a serpeggiare tra i crateri. A metà percorso la stanchezza iniziò a farsi sentire, ma i proiettili che cadevano sempre più vicini al sentiero erano un buon incentivo per convincere il ragazzo a non fermarsi.
Superato quel pericoloso tratto il viaggio proseguì senza particolari problemi. Dopo aver oltrepassato un vecchio ponte di pietra i due incrociarono un convoglio che proveniva dalla prima linea. I veicoli erano carichi di feriti che dovevano essere trasportati nelle retrovie.
Finn rimase impressionato da quel lugubre corteo, egli rabbrividì udendo le atroci grida di sofferenza. Osservò i volti pallidi e inespressivi, le bende sporche di sangue e gli sguardi spenti di quegli uomini che sembrano appena tornati dall’Inferno.
Molti soldati erano orribilmente mutilati, altri invece avevano gli occhi coperti dalle fasciature, si trattava delle vittime dei gas.
Il tenente notò l’aria angosciata del suo assistente, così si avvicinò a lui.
«Va tutto bene?» chiese con il giusto riguardo.
Finn annuì con poca convinzione.
Green preferì non insistere, in fondo era giusto che quel giovane imparasse a conoscere ogni aspetto della guerra, e purtroppo quella davanti ai loro occhi era la realtà quotidiana del fronte.
 
Al termine della giornata il tenente poté ritenersi soddisfatto da quella escursione, infatti riuscì a completare il suo lavoro con successo.
Un maggiore, incuriosito da quella visita inaspettata, interrogò Green con vivo interesse. Dopo aver appreso le sue ragioni espresse il suo sincero apprezzamento.
«L’Esercito britannico ha bisogno di ufficiali attenti e competenti come lei»
«Grazie signore, ma sto semplicemente svolgendo il mio dovere» replicò Green con la solita modestia.
Il maggiore spostò lo sguardo verso il giovane attendente, il quale era rimasto in silenzio accanto al suo superiore.
«Entrambi dovrete fare attenzione sulla strada del ritorno. Vi consiglio di andarvene in fretta, l’artiglieria tedesca è puntuale al tramonto»
Con quell’ultimo avvertimento l’ufficiale si congedò e tornò nel suo settore.
Richard rivolse un ultimo sguardo alle trincee, poi si avviò verso la strada.
 
Le parole del maggiore risultarono profetiche, Richard e Finn erano appena scesi dalla collina quando all’improvviso avvertirono il boato della prima esplosione.  
I due dovettero attraversare la campagna a tutta velocità per evitare di rimanere coinvolti nei bombardamenti. Quando i proiettili iniziarono a colpire anche il sentiero la situazione divenne più pericolosa. Ben presto furono costretti ad abbandonare i loro mezzi per correre al riparo. Mentre erano rannicchiati in una fossa una scheggia raggiunse in pieno una bicicletta riducendola in un’accozzaglia di rottami, l’altra invece rimase danneggiata e inutilizzabile.
Fortunatamente l’ufficiale e il suo attendente avevano ormai raggiunto la loro meta, così in quel breve tratto attraversarono i campi di corsa, tra il fumo e il fragore delle esplosioni.
Tornarono al villaggio sani e salvi, ma dopo quella brutta esperienza il tenente decise di rinunciare alle sue avventurose escursioni nelle campagne di Arras.
 
***

I bombardamenti sempre più frequenti divennero presto la principale fonte di preoccupazione per gli inglesi.
Il tenente Green alloggiava in una cantina che era stata adibita a rifugio. Lo spazio era ridotto, oltre a lui e al suo assistente ospitava anche il sottotenente Conrad e l’ufficiale cadetto Waddington. 
Questi ultimi non si vedevano spesso poiché trascorrevano la maggior parte del tempo al vecchio fienile insieme ai soldati. Entrambi però avevano la capacità di ricomparire in gran fretta ai primi accenni bombardamento, quando ansanti e tremanti si gettavano giù dalle scale in cerca di riparo.
Una volta il cadetto Waddington rientrò con così tanta foga da non accorgersi dell’ostacolo del primo gradino, così ruzzolò goffamente fino all’entrata.
Nonostante la gravità del momento quello fu un episodio alquanto divertente, soprattutto perché lo sventurato protagonista non si procurò altro che un grande spavento.
 
Nei giorni seguenti la situazione peggiorò drammaticamente. Il villaggio era costantemente sotto il tiro dei mortai. I collegamenti telefonici furono bruscamente interrotti. Il tenente Green incaricò una staffetta di avvertire le retrovie della loro disperata condizione, ma dopo la sua partenza non ricevette alcuna risposta e non ebbe nemmeno più sue notizie. Alla fine dovette rassegnarsi al fatto che quel portaordini si fosse imbattuto in un triste destino.
Una notte Richard fu svegliato da un boato assordante, seguito poco dopo dalle grida allarmate del sottotenente Conrad.
«Che cosa succede?» chiese l’ufficiale ancora confuso e frastornato.
«I tedeschi ci stanno bombardando! La casa sta crollando!»
Green scattò in piedi, rapidamente indossò gli stivali e la giacca e raggiunse i suoi compagni.  
I quattro soldati si rannicchiarono sulle scale, i colpi divennero sempre più intensi, le mura tremavano pericolosamente, l’incessante fragore delle esplosioni era accompagnato dal rumore delle frane.
A quel punto il tenente ordinò ai suoi compagni di uscire dal rifugio. L’idea di ritrovarsi allo scoperto non era affatto piacevole, ma sembrava una prospettiva migliore rispetto a quella di essere sepolti vivi.
Richard fu l’ultimo ad abbandonare la cantina, Finn l’aiutò a risalire in superficie. La casa era già mezza distrutta, attraverso uno squarcio nella parete i quattro si ritrovarono in strada. Il paesaggio era ormai irriconoscibile, di alcune costruzioni restavano soltanto macerie e cumuli di detriti. L’intera zona era avvolta da una nube rossastra di fumo e polvere. Il terreno tremava, schegge e frammenti volavano ovunque.
Il tenente Green raggiunse la periferia del villaggio tossendo e ansimando. Aveva gli occhi arrossati dal fumo mentre polmoni bruciavano dolorosamente ad ogni respiro.
Per poter continuare quella fuga disperata fu costretto a sorreggersi al suo assistente.
Nel rifugio ai piedi della collina si erano radunati soldati provenienti da diversi reggimenti, tutti in cerca di un riparo da quella tempesta di fuoco.
Stretti uno all’altro gli uomini tentarono di farsi coraggio, attendendo ansiosamente la fine del bombardamento. I colpi divennero ancora più violenti, anche le pareti del ricovero iniziarono a tremare pericolosamente.
I botti dell’artiglieria nemica continuarono incessantemente per tutta la notte. Soltanto poco prima dell’alba un inquietante silenzio calò sulla vallata.
 
Il mattino seguente il tenente Green si ritrovò a valutare i danni di quel bombardamento. In realtà la situazione era meno grave di quel che avrebbe potuto immaginare, almeno metà del villaggio era rimasto intatto.
I soldati scavarono tra le rovine per recuperare morti e feriti.
Richard osservò alcuni soccorritori intenti a liberare il passaggio di una cantina crollata, miracolosamente un sopravvissuto venne estratto dalle macerie. L’uomo era bianco come una statua, coperto di calce dalla testa ai piedi. Sulla sua gamba sinistra, colpita da una scheggia, risaltava una macchia rossa di sangue.
Poco dopo furono riportati in superficie tre cadaveri, solamente uno di questi era integro e riconoscibile, gli altri due erano stati ridotti ad un ammasso di carne, viscere e ossa maciullate.
L’ufficiale aiutò i suoi commilitoni a coprire i corpi con delle coperte, poi si offrì di accompagnare il ferito al posto di pronto soccorso.
Green lasciò il sopravvissuto su una branda mentre ancora gemeva sofferente.
Sulla strada del ritorno il tenente infilò una mano nella giacca ed estrasse la sua preziosa fiaschetta di whiskey. Solamente dopo aver bevuto un lungo sorso riuscì a trovare la forza di presentarsi nuovamente ai suoi uomini.
 
***

La vita militare riprese il suo ritmo tornando presto alla solita quotidianità. I soldati si abituarono al nuovo aspetto del villaggio, imparando a riconoscere le case crollate e le strade ostruite dai detriti.
L’offensiva inglese era imminente, ormai era certo che da un giorno all’altro sarebbe giunto l’ordine di abbandonare quel paese fantasma per raggiungere la prima linea.
Nel frattempo i soldati erano stati sistemati nelle campagne circostanti in attesa dell’arrivo di altri rinforzi.
 
Quel pomeriggio, alla fine del solito addestramento, Finn rimase alla fattoria ad esercitarsi alle postazioni di tiro. Il ragazzo sbuffò, le cose andavano bene finché si trattava di sparare a bersagli di legno, ma era consapevole che sul campo di battaglia tutto sarebbe stato diverso. Spesso ripensava al tedesco che aveva incontrato nelle trincee, ricordava il suo sguardo, avrebbe dovuto sparargli in quel momento, invece aveva esitato. Uno sbaglio che non avrebbe mai più potuto commettere.
Il giovane era immerso in questi pensieri quando ad un tratto avvertì un ronzio, pian piano il rumore divenne sempre più intenso, il terreno iniziò a tremare. Immediatamente alzò lo sguardo, sopra alla sua testa si stava combattendo un violento scontro aereo. Sei Brisfit si trovarono ad affrontare cinque Albatros D.III.  
Era la prima volta che assisteva a una battaglia nei cieli, inizialmente la confusione non gli permise di comprendere a pieno la situazione. La sua attenzione fu catturata da un biplano nemico, la cui livrea completamente dipinta di rosso si stagliava contro il sole di ponente. Il ragazzo rimase immobile con il naso all’insù, ammaliato e affascinato da quella vorticosa danza. Un inglese iniziò un dinamico duello con l’Albatros rosso sangue. I due velivoli volteggiarono uno attorno all’altro, scambiandosi vicendevolmente feroci raffiche di mitragliatrice. Il biplano britannico sfrecciò in una nuvola e il suo cacciatore lo seguì senza alcuna esitazione. Sbucarono dalla nube e ricominciarono la loro sfida.
Alla fine fu il tedesco a prendere il sopravvento, l’uccello rosso si innalzò sopra al suo avversario costringendolo a scendere di quota. L’inglese però, pur vedendosi sconfitto, era determinato a difendersi fino all’ultimo. Così rapidamente tentò una fuga disperata. 
Finn vide i due aerei planare pericolosamente sul villaggio, istintivamente si gettò a terra con il timore di rimanere vittima di qualche proiettile volante. I biplani arrivarono quasi a sfiorare i tetti delle case, il Brisfit lasciava una scia biancastra dietro di sé, probabilmente era stato colpito al motore.
L’Albatros inseguì la sua preda sorvolando la campagna finché l’aereo non atterrò in un’area deserta di terra bruciata. L’aviatore tedesco si dimostrò leale e onorevole, considerando il combattimento concluso girò intorno al nemico vinto senza sparare nemmeno un colpo, poi riprese quota per riunirsi alla battaglia.
Finn era ancora steso a terra, poiché il pericolo era passato si rigirò sulla schiena e continuò ad assistere allo scontro.
Nel frattempo altri due Brisfit erano stati abbattuti, nonostante lo svantaggio numerico i tedeschi erano riusciti a sconfiggere il nemico senza troppe difficoltà. In aria rimanevano tre inglesi ancora impegnati a combattere. Uno di questi, appena identificò il biplano rosso, scese di quota per volare proprio incontro al nemico. L’altro l’accolse con una rapida raffica di proiettili. Con una manovra azzardata l’inglese scese in picchiata. In questo modo si ricreò la stessa dinamica del precedente combattimento.
Questa volta il tedesco non aveva intenzione di graziare il suo avversario. Nuovamente si fiondò all’inseguimento scaricando una violenta pioggia di proiettili dalle due mitragliatrici Spandau.
Il Brisfit si sfasciò completamente, le ali si accartocciarono mentre la fusoliera venne avvolta dalle fiamme.
Il biplano fu abbattuto proprio davanti alla fattoria, il velivolo britannico precipitò a picco, schiantandosi fatalmente al suolo con un fragoroso boato.
Lo scontro non durò ancora a lungo, il quinto Brisfit, gravemente danneggiato, si allontanò lasciando una scia di fumo nero, mentre l’ultimo sopravvissuto abbandonò la battaglia accettando la sconfitta.
Il rombo dei motori si affievolì sempre di più e pian piano il cielo tornò a schiarirsi. Infine anche la squadriglia della Luftstreitkräfte, rimasta illesa, scomparve a stormo all’orizzonte così come era apparsa.
 
Finn si affrettò a raggiungere il sentiero e scese lungo la ripida scarpata. Il ragazzo si avvicinò all’intensa nube scura che iniziava a disperdersi nel vento. Tutto ciò che restava del Brisfit abbattuto era la coda bruciacchiata, impiantata nel fango come una macabra croce. A terra, riversi accanto ai rottami, giacevano due corpi carbonizzati, ormai irriconoscibili.
In quel momento un gruppo di commilitoni, allarmati dallo schianto, raggiunse il luogo della tragedia.
Gli inglesi si radunarono intorno al relitto, affranti e sconvolti davanti a quell’orribile scenario.
Un soldato abbassò il capo in preghiera, un altro mosso dalla compassione coprì i volti tumefatti dei due malcapitati.
Il caporale Speller si occupò di disperdere la piccola folla ordinando a tutti di tornare a svolgere il proprio lavoro.
Finn rimase per ultimo, ancora tremante e con le lacrime agli occhi.
«La guerra è crudele, mi dispiace ragazzo, non c’è pietà per nessuno» disse Speller con tono severo, ma comprensivo.
Mestamente il giovane si voltò e seguì i suoi compagni lungo il sentiero.
«Un altro abbattimento per il Barone Rosso, hanno ragione i francesi, quello è davvero un diavolo!» commentò qualcuno con rassegnazione.
 
***

Finn rientrò silenziosamente nel rifugio, era ancora sconvolto dall’accaduto, ma trasse un po’ di conforto al pensiero di tornare dal tenente.
Quella sera però Green parve più ansioso e nervoso del solito, il giovane notò immediatamente l’espressione seria sul suo viso.
«E’ successo qualcosa?» domandò preoccupato.
L’ufficiale esitò prima di rispondere.
«Ho ricevuto l’incarico di unirmi a una pattuglia di ricognizione, domani dovrò partire per una missione speciale in prima linea»
Finn trasalì.
«Si tratta di un compito pericoloso?» 
«Probabilmente…» ammise Green.
Dopo i primi istanti di sconforto il ragazzo reagì imponendosi con decisione.
«Voglio venire con te»
Richard frenò immediatamente la sua frenesia: «sai bene che non puoi»
«Sono il tuo assistente, non posso abbandonarti nel momento del bisogno» protestò.
Il tenente non restò indifferente davanti a una simile dimostrazione di fedeltà, ma, tralasciando ogni idealismo, fu costretto a riportare quel giovane alla realtà.
«Per il momento è meglio che tu rimanga al sicuro»
«Non ho intenzione di restare rintanato come un vigliacco mentre tu sarai là fuori ad affrontare il nemico!»
«Non è una questione di coraggio. Per favore, devi fidarti di me»
«Io…non voglio lasciarti» confessò Finn ormai al limite della disperazione.
Green provò un’intensa fitta al petto nel sentire quelle parole, nonostante tutto però rimase convinto della propria decisione. Era consapevole di non poter proteggere quel ragazzo per sempre, ma era determinato a rispettare la sua promessa. Avrebbe fatto tutto il possibile per salvarlo.
«E’ il dovere di ogni comandante pensare al bene dei propri uomini. In questo caso tu non sei un’eccezione» concluse l’ufficiale con tono severo.
Finn si rassegnò, affranto e deluso.
Richard si avvicinò poggiando una mano sulla sua spalla: «mi dispiace, ma non ho altra scelta»
Il giovane si voltò e alzò lo sguardo mostrando gli occhi lucidi.
«Promettimi che starai attento e che tornerai da me» disse con voce tremante.
Il tenente accolse il ragazzo tra le sue braccia, ma non osò dire nulla per rassicurarlo.
Finn cercò conforto in quel contatto, poggiò la testa sul suo petto e trattenne il suo compagno aggrappandosi alla sua divisa. Richard ricambiò stringendolo dolcemente a sé.
I due rimasero a lungo avvolti in quel silenzioso abbraccio.
 
***

Il tenente Green radunò la squadra al tramonto, oltre al sottotenente Conrad erano presenti due sottufficiali e tre soldati.
Il suo discorso fu breve, si limitò semplicemente a ribadire gli ordini e ricordare gli ultimi avvertimenti.
Al termine di quella riunione i soldati rimasero rintanati nella loro buca, dovevano solamente attendere il calare delle tenebre.
L’ufficiale si accese una sigaretta e restò a fumare in silenzio. Inevitabilmente ripensò agli ultimi momenti trascorsi con Finn, non era certo di essersi comportato nel modo migliore. Avrebbe desiderato dimostrargli quanto in realtà egli fosse importante per lui. Se il loro era stato davvero un addio allora quello sarebbe rimasto il suo ultimo rimpianto.
Finalmente giunse il momento di entrare in azione. Uno ad uno i soldati uscirono dal nascondiglio ed iniziarono ad avanzare verso il bosco.
Il terreno veniva continuamente scosso dal tremore delle esplosioni, all’orizzonte era visibile un’intensa linea di fuoco.
Il tenente Green arrancò strisciando nel fango, tentò di seguire le ombre dei suoi compagni, ma ben presto si perse nell’oscurità. Rimasto solo non poté far altro che continuare ad avanzare, sperando di ricongiungersi con gli altri una volta raggiunta la prima linea.
La luna era coperta dalle nubi, il cielo però era regolarmente illuminato dal bagliore dei razzi, ciò gli permise di orientarsi e di individuare la giusta direzione.
Ad un tratto un pericoloso sibilo giunse alle sue orecchie, d’istinto Green si gettò in un enorme cratere senza però accorgersi che sul fondo era presente una profonda pozza di acqua stagnante.
A fatica cercò di riemergere dalla palude, annaspando nella melma, ostacolato dal peso e dall’ingombro del fucile. Stremato riuscì a raggiungere l’estremità della buca e con le ultime forze si aggrappò alla terra come un naufrago.
L’ufficiale riemerse fradicio e infangato, sputò acqua sporca e ansimò in cerca d’aria. Si fermò per risposare, doveva ammettere che fino a quel momento non aveva mai considerato il rischio di morire affogato.
Appena si fu ripreso decise di proseguire con più cautela, in quel luogo anche la natura non era un nemico da sottovalutare.
Dopo un po’ Richard si ritrovò davanti ad un ampio spiazzo di terra bruciata. Gli unici abitanti di quel piano devastato dalle esplosioni erano le sentinelle bloccate alle loro postazioni e qualche altro vagabondo della notte che come lui aveva il compito di portare a termine la sua pericolosa missione. Tra scambi di parole d’ordine e fugaci avvertimenti il tenente continuò la sua avanzata.
Tornò in completa solitudine quando giunse ai margini del bosco delle granate. L’ufficiale si infilò in un groviglio di rovi, rami intrecciati e alberi sradicati dalle esplosioni. Green faticò a districarsi in quel labirinto e ben presto si ritrovò a vagare a tentoni, inciampando continuamente tra fossi e crateri.
In lontananza continuava ad avvertire il boato dei cannoni e il crepitare dell’artiglieria. Nel buio riuscì a distinguere soltanto linee scure e ombre confuse.
Il tenente esitò, il suo ultimo ostacolo era un’ampia radura scoperta. Decise di attraversarla con una rapida corsa, senza mai fermarsi fino al più vicino riparo. A metà del suo percorso però ebbe modo di scoprire che quel luogo non era stato nominato il bosco delle granate senza una buona ragione. Il terreno iniziò a vibrare, intorno a lui decine di frammenti scoppiarono nell’oscurità. Green fu colpito ad una gamba da una scheggia, l’ufficiale si accasciò a terra gridando dal dolore. Mentre le esplosioni continuarono imperterrite Richard si trascinò fino ad un fosso e si gettò al riparo.
La radura fumante tornò avvolta nel silenzio. Green valutò lo stato della sua ferita, tentò di medicarsi al meglio delle sue possibilità con il kit di pronto soccorso, poi meditò su come avrebbe potuto uscire da quella drammatica situazione.
Dopo qualche tentativo riuscì ad alzarsi in piedi poggiandosi sull'arto sano. Zoppicando mosse qualche passo, ma ricadde miseramente poco dopo. Le fitte alla gamba erano sempre più intense, ormai stremato Green si accasciò accanto ad un vecchio tronco bruciato. I rumori della guerra sembravano provenire da una realtà distante e lontana, l’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu l’intenso bagliore dell’ennesima esplosione.

   
   
 
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