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Autore: Matagot    28/02/2020    1 recensioni
Lily Luna Potter era da sempre una piccola peste, [...] assomigliava violentemente alla madre [...] ed era, ad onor del vero, una bella ragazza di quindici anni, il cui aspetto angelico celava l’animo più pestifero che Hogwarts avesse avuto l’onore di ospitare dai tempi dei Malandrini.
[...]
Così crebbe Lily Potter: in mezzo ad una famiglia numerosa, per cui aveva imparato ad essere discreta;
attorniata da cugini e fratelli più grandi con caratteri decisamente forti, che le avevano insegnato a non tirarsi mai indietro e a non aver paura;
cresciuta da un Potter e una Weasley, cosa che le aveva permesso di sviluppare una grandissima curiosità per cose bizzarre o pericolose, un talento particolare nel cacciarsi nei guai e un’insaziabile e onnipresente voglia di torta di mele di nonna Molly.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: Lemon, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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CAPITOLO 3



 Draco Malfoy, ex Serpeverde, padre di Scorpius Malfoy
 
 
“Albus, ti prego, dammi una mano, quella donna non vuole demordere e io mi sento come se i Mangiamorte stiano cercando di stanarmi, è ovunque!”
Scorpius giaceva nel suo letto, a pancia in giù, tentando di leggere il capitolo sui Dissennatori che la professoressa Frost aveva assegnato per la settimana seguente.

Albus sapeva di essere l’unico con cui Scorpius si sarebbe abbandonato ad una simile metafora, giacché chiunque altro avrebbe storto il naso ad una battuta del genere.
Scorpius non parlava quasi mai di come la sua famiglia fosse stata assolta dai processi svoltisi dopo la Seconda Guerra dei Maghi poiché l’omissione di Narcissa Malfoy era risultata determinante nella sconfitta di Voldemort e inoltre Draco, padre di Scorpius, aveva collaborato per stanare gli ultimi Mangiamorte in fuga.

Certo, la loro reputazione non ne uscì intatta, ma grazie anche alla testimonianza di Harry Potter, Draco fu ritenuto manipolato e costretto alla collaborazione con il Signore Oscuro mediante coercizione e quindi scagionato da gran parte delle accuse.

Scorpius ricordava perfettamente la mattina di metà estate che precedette la sua partenza per Hogwarts, il giorno in cui suo padre gli chiese gentilmente di raggiungerlo nel suo studio e di mettersi comodo.

Disse che gli avrebbe raccontato tutta la storia, non solo quella riveduta e corretta che un padre avrebbe dovuto raccontare al figlio pur di proteggerlo dai mali del mondo. Gli avrebbe detto tutto, veramente tutto, anche le cose che avrebbero distrutto la sua fiducia, anche se questo lo avrebbe portato a provare diffidenza o addirittura odio verso di lui. Gli giurò che riconosceva tutto quello che di sbagliato commise, ma voleva fargli capire i vari perché così che, una volta ad Hogwarts, quando avrebbe sentito mille persone calunniare la sua famiglia, si sarebbe potuto aggrappare a quel ricordo, a quella verità che lui aveva raccontato a chiunque avesse voluto ascoltarlo davvero, ma che non lo scagionava dagli errori commessi. Suo padre asserì anche che era da lì, dalla volontà di rimediare in modo decisamente esiguo a tutto il male che aveva inferto, che aveva dirottato le sue aspirazioni verso la Medimagia. Si era convinto che cercando di salvare la vita alle persone, negli anni sarebbe riuscito a perdonarsi la malvagità di cui si era sporcato le mani e, a dire il vero, anche l’avanbraccio. Mostrò il Marchio Nero al figlio, gli raccontò di come i suoi genitori, da sempre, erano stati vicini al Signore Oscuro. Raccontò di come si fossero accostati a lui inizialmente per affinità di ideali, un mondo perfetto in cui regnavano i Purosangue e le antiche famiglie magiche erano equiparate alla nobiltà. Riferì di come tutto fu semplice all’inizio, di come Lord Voldemort apparisse accattivante, da abile oratore che era. Quello che inizialmente si trattava solo di un circolo di amici che condividevano l’ideale della purezza, con ritrovi sistematici in cui potevano, in tutta privacy, discutere di queste idee così contrarie al perbenismo diffuso che li avrebbe additati come razzisti, si trasformò gradualmente. Narcissa fu la prima ad averne il sentore e, quando espresse i suoi timori al marito, questo la guardò con dolcezza, le scoccò un lieve bacio sulla fronte e le disse di non preoccuparsi, che la sua mente stava galoppando un po’ troppo velocemente. Presto anche Lucius si rese conto che Lord Voldemort sarebbe passato all’azione e, se all’inizio poté considerare divertente qualche scorribanda a discapito di Babbani, cose semplici, tipo l’appenderli a testa in giù nel cuore della notte per terrorizzarli a morte e generare un po’ di scompiglio per gli addetti ministeriali, successivamente il Signore Oscuro non mancò loro di chiedere di riconfermare la loro lealtà nei suoi confronti tre volte, con la maledizione Imperius, con la maledizione Cruciatus e con l’Avada Kedavra.

Lucius Malfoy ben presto comprese che ormai era troppo tardi per tornare indietro, che se solo avesse accennato a tradire Voldemort, le ripercussioni sarebbero state irrimediabilmente fatali per la sua famiglia. Imparò a reprimere ogni traccia di umanità e studiò l’Occlumanzia, perché Colui Che Non Deve Essere Nominato era un abile Legilimens. Si premurò che anche la moglie e il figlio studiassero l’arte del chiudere la mente, così che nessuno di loro avrebbe corso rischi a causa delle avventate scelte di Lucius. Scelte che lo condussero ad Azkaban, con grande ira di Voldemort, il quale stabilì il suo quartier generale a Malfoy Manor e impose a Draco Malfoy, appena sedicenne, di prendere il Marchio Nero e votare la sua vita alla causa della purezza. Draco viveva nel terrore e non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts, almeno non avrebbe visto casa sua, la casa in cui aveva trascorso così tanti momenti felici nella sua infanzia, profanata da quei Mangiamorte abietti e assetati di nefandezze di ogni genere. Li vedeva vagare per i corridoi in cui aveva imparato a camminare, adocchiando i preziosi tesori di famiglia e insozzando la casa dei suoi avi con azioni abominevoli, cose che lui non si sarebbe mai riuscito a togliersi dalla testa. Avrebbe pagato qualsiasi prezzo per potersi liberare di quella vita che ormai non gli apparteneva più, niente aveva più senso o valore. Si ritrovò presto prigioniero in casa sua, dove era costretto a recitare una parte. Draco confessò al figlio che vagliò l’idea del suicidio, ma non ne fu davvero capace, ebbe paura di abbandonare la madre ad un terribile destino. Raccontò di quanto lo aveva logorato la missione che doveva compiere, di come dover uccidere una persona non sia lontanamente semplice come i Mangiamorte continuavano a ripetergli. Davanti ai suoi amici, tutti figli di altri Mangiamorte, era costretto a pavoneggiarsi, a vantarsi dell’onore che il Signore Oscuro gli aveva riservato, a mostrarsi fiero e determinato. Si chiudeva spesso in bagno a piangere, Draco, piangeva lacrime amare, piangeva sperando sempre di svenire per passare poche ore nell’oblio. Le lettere della madre erano strazianti e i messaggi di Greyback, appostato ad Hogsmeade, gli mettevano fretta nel compiere ciò che avrebbe dovuto fare. Raccontò poi dell’essere riuscito a far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts, mettendo in pericolo la vita dei suoi compagni di studi ma salvando quella della madre, la fuga dopo la morte di Silente, le torture che era stato costretto a compiere, le sevizie perpetrate dietro minaccia, tutto ciò che era avvenuto nella Battaglia di Hogwarts e poi il sollievo nella morte definitiva di Lord Voldemort, di quanto si fosse sentito leggere dopo, libero, intoccabile.

E invece intoccabile non lo era e lo scoprì ben presto. Aveva cercato di redimersi, seppur debolmente, collaborando con il ministero, lasciandosi interrogare sotto Veritaserum, intraprendendo gli studi da Guaritore, ma tutta la vita come l’aveva conosciuta prima dei suoi sedici anni era svanita, ormai per lui c’erano solo insulti, sguardi d’odio e ancora peggio, quelli addolorati e vendicativi che gli rivolgevano i famigliari delle vittime. Scoprì ben presto di non essere abbastanza forte per tutto questo e ancora una volta, pensò ad un modo per cessare tutto quell’odio, quell’orrore, quel dolore.

L’unica ancora di salvezza fu per lui Astoria Greengrass, una boccata di ossigeno dopo anni di asfissia.

“Fu solo per l’amore di tua madre che non compì quel gesto. E quando mi disse che aspettavamo te, fui davvero grato di non averlo fatto, di aver tenuto duro, perché non credevo potesse esistere qualcosa al mondo che potesse guarirmi dentro, che mi avrebbe davvero fatto ringraziare di essere vivo e invece tu mi smentisti. Avevo una ragione per svegliarmi ogni mattina ed essere una persona migliore, avevo un motivo per poter sorridere e ringraziare Merlino. Ti devo ringraziare, Scorpius, perché grazie a te sono oggi la persona che avrei sempre voluto essere, tu mi hai dato la forza per farlo.”

Suo padre era una maschera impassibile, ma centinaia di lacrime silenziose gli erano scivolate via dalle ciglia in quelle due ore.

“Lo so che questa è una cosa enorme da metabolizzare e capirò se per un po’ non avrai voglia di vedermi, parlarmi o abbracciarmi, ma ho pensato che tu dovessi sapere, prima di Hogwarts, perché non potrei sopportare l’idea che quello che ho fatto io possa essere usato contro di te e ferirti.”
Scorpius era scioccato, quasi non respirava più da quando suo padre aveva iniziato a parlare. Aveva la gola secca, continuava a sbattere le palpebre e a grattarsi il collo con le mani. A fine discorso, il collo era ormai rosso vivo. Non sapeva bene come reagire a tutto questo, gli orrori compiuti da suo padre ai danni di quelli che erano, probabilmente, i genitori dei suoi futuri compagni di scuola, l’orrore e la paura che il comportamento da terrorista di Lord Voldemort avevano generato nell’intera comunità magica e l’animo spezzato di quel padre che, seppur rigido saltuariamente, era stato sempre amorevole nei suoi confronti.

D’impulso, Scorpius gettò le braccia al collo del padre, che rimase paralizzato dalla reazione del piccolo.
“Grazie per essere stato sincero, papà. Io ti perdono e ti difenderò davanti a chiunque.” gli scappò detto velocemente, stringendosi forte al genitore.
Draco Malfoy quella sera esaurì tutte le sue lacrime, ma almeno quelle finali furono generate dalla commozione di essere riuscito a crescere un figlio esattamente come avrebbe voluto essere stato allevato lui.
 
**
 
Tyler Wood, ex Grifondoro, Cadetto all'Accademia Auror

“Al, ti prego, aiutami, Persephone è una spina nel fianco.”

Scorpius chiuse di scatto il libro e si voltò per guardare il suo migliore amico. Albus era davanti allo specchio, invero strano, era un’abitudine che non aveva mai avuto, probabilmente era la diretta conseguenza di un commento malevolo ricevuto da qualche ragazza. Stava cercando di arruffarsi i capelli, un po’ sullo stile di suo fratello. Malfoy lo guardò incuriosito, ma non disse nulla, ci sarebbe stato tempo per indagare su quella cosa.

“Non so Scorpius, ti ricordi quando Tyler Wood aveva cercato di piantarla?” accennò l’amico, ricordandosi di quello spiacevole accadimento.

Tyler Wood aveva terminato gli studi due anni prima. Era alto, con la struttura fisica muscolosa tipica dei battitori, un sorriso genuino ad illuminargli il bel viso e la chioma color cioccolato che puntualmente generava commenti svenevoli da parte delle ragazze. Era stato eletto Fusto dell’Anno per tre anni di fila dalle studentesse di tutte le Case e, ovviamente, si trascinava ad ogni passo il cinguettio noioso di uno stormo di fan accanite. Lui e James Potter erano migliori amici e questo non faceva che accrescere il numero di ormoni scatenati al loro passaggio, incrementandolo esponenzialmente.

La quindicenne Persephone si era posta come obiettivo proprio quel belloccio e non le fu difficile avvicinarlo. La pubertà l’aveva trasformata, il viso si era affilato e le rotondità infantili iniziavano a ridistribuirsi sul suo corpo, aggiungendo qualche curva che lei non si premurava di nascondere.
Una sera, durante la cena in Sala Grande, si era avvicinata a lui. Sfoggiava la camminata felina che ben presto l’avrebbe caratterizzata, avanzava lenta tra i tavoli con un sorriso ingenuo stampato in faccia. Sorriso strano se accostato allo sguardo sensuale che aveva puntato dritto nelle iridi castane di Wood. Sembrava un’incantatrice di serpenti ed ignorò i vari fischi di apprezzamento e i commenti del tipo “hey Zabini, ti sei persa?” che ricevette durante il percorso.

Si sedette di fianco a Tyler e, per aiutarsi, poggiò casualmente la sua mano sulla spalla di lui, regalandogli un sorriso.
“Hey Wood, mi hanno detto che dai ripetizioni di Incantesimi.”
Nel dirlo, si era sporta un po’ verso di lui dopo aver gettato dietro la spalla i capelli lunghi, con gesto noncurante.
Mezzo tavolo di Grifondoro tacque e le reazioni furono plurime: le ragazze morirono di invidia, inghiottendo la bile con gli occhi spalancati e fissi sui due, i ragazzi lanciarono sguardi carichi di gelosia a lui e avidi verso di lei, qualcuno sollevò le sopracciglia pensieroso, altri osservarono incuriositi. James Potter, seduto di fronte all’amico, lo guardò con un sorriso impertinente, in silenzio. Tutti sembrarono trattenere il respiro.
“Ciao Zabini. Sì, mi mancano alcuni crediti extra prima dei M.A.G.O. e ho deciso quindi di dare ripetizioni, sei interessata?”
Il tono gioviale di lui fu del tutto mal interpretato da lei, le ultime due parole infatti la fecero annuire come una gattina allusiva. Tyler deglutì nel realizzare il fraintendimento.

Fu così che Persephone, che non aveva assolutamente bisogno di ripetizioni in nessuna materia, fece in modo di passare due ore a settimana da sola con Tyler Wood, in un’aula a loro disposizione.
La storia tra di loro non tardò molto ad iniziare e fin da subito tutta la scuola si chiese come un animo gentile come quello di Tyler potesse accettare di essere sbandierato a mo’ di trofeo dalla Serpeverde. Perché quasi tutti si rendevano conto che, di lui, a lei non importasse molto. Certo, aveva sempre un ghigno soddisfatto nel constatare che tutte le ragazze la fissavano con odio, avvelenate visceralmente di gelosia, e come i ragazzi fissassero lei e Wood con gli occhi frementi di chi avrebbe venduto l’anima per fare cambio con lui.

Giravano mano nella mano nei corridoi, sparivano per intere serate, non cercavano assolutamente di nascondersi quando sentivano l’impellente bisogno di baciarsi appassionatamente in pubblico e nemmeno di tenere la mani al loro posto durante quelle effusioni. Erano a tutti gli effetti la coppia più popolare di Hogwarts, lui era bello da mozzare il fiato, lei era ammirata da tutti i ragazzi al pari di una Veela, era naturale che stessero insieme. Tutti parlavano di loro, tutti volevano essere loro e, in alternativa, loro amici. Erano visti al pari di una coppia reale, destinati ad esistere l’uno di fianco all’altra.

Wood si sentiva così fortunato ogni volta che guardava la sua ragazza, decisamente la studentessa più seducente di tutta la scuola, di cui era perdutamente innamorato ma, nonostante l’infatuazione iniziale gli avesse fatto perdere in alcune occasioni tutta la decenza di cui era dotato, dopo un paio di mesi ritornò ad essere il bravo ragazzo che era sempre stato, il tipico vicino della porta accanto pronto ad aiutare la vecchietta a far scendere il gatto dall’albero o a recuperare il pallone di alcuni bambini che, giocando, lo avevano fatto finire al di là della recinzione del parco.

Gli amici di lui, quelli più intimi, gioirono nel constatare che Wood era rinsavito e che stesse finalmente realizzando che la Zabini non era l’angelo sensuale che lui si era immaginato. Lui iniziò ad accorgersi dei commenti velenosi di lei verso le altre ragazze, dell’atteggiamento di superiorità che riservava a tutti e di come gli imponesse di amoreggiare con lei quando attorno vi era una piccola folla. A dirla tutta, lei voleva amoreggiare selvaggiamente solo con un pubblico presente, sussurrandogli paroline dolci e maliziose ad un orecchio dopo avergli lanciato uno sguardo di quelli che gli facevano venir voglia di spogliarla. Questo amore passionale svaniva nell’animo di lei non appena erano in intimità.

In poco tempo Tyler si convinse di dover parlare con la Zabini, per capire se fosse cambiato qualcosa tra di loro, se vi fosse un qualche problema. 

**
 
 
Persephone Zabini, Serpeverde, VII anno

Persephone era arrivata in anticipo al loro appuntamento e quando Tyler entrò nel bagno dei Prefetti, la trovò già completamente nuda, che lo aspettava nell’enorme vasca. Rimase per un attimo senza fiato perché, nonostante i suoi buoni propositi di chiarire quella situazione un po’ dubbia, lei era incantevole con i capelli bagnati e il corpo celato solo in parte da qualche accumulo di schiuma sparuto. In un attimo la sua mente si svuotò e, con tutto l’ardore che può provare un diciassettenne, non perse troppo tempo con l’ingombro dei vestiti addosso. Entrò nella vasca fremente e cercò subito le labbra di lei mentre la cingeva alla vita. Lei gli concesse giusto un bacio prima di staccarsi da lui, un po’ infastidita, e girò il viso in direzione opposta. Lui si concentrò quindi sul collo di lei, martoriandolo di baci e morsi, mentre le mani gli scivolarono velocemente sulle natiche, accarezzando, stringendo, rimarcando il suo possesso. La strinse a sé, così che i loro bacini si toccarono e lei iniziò una danza lenta e morbida, per eccitare ancora di più il ragazzo, che ora aveva afferrato con foga un seno. Wood buttò la testa all’indietro, con gli occhi chiusi e il respiro strozzato, mentre con le mani sul suo bacino la aiutava a muoversi e inconsciamente la attraeva ancora più vicino a sé, per riuscire ad entrare in lei. Persephone, fiera e capricciosa come una gatta, gli buttò le braccia al collo e, con la labbra quasi a sfiorare le sue mormorò: “Aspetta un attimo campione, non ti sembra che prima tocchi a me?”.

Vorace, lui la prese in braccio per poi stenderla a bordo vasca a pancia in su, prendendosi un attimo per rimirare quel corpo magnifico, coperto ancora in alcuni punti di schiuma. L’eccitazione di lui era ormai al limite, ma decise di accontentarla e, dopo averle allargato le cosce, si buttò a capofitto nel sesso di lei per portarla gradualmente al piacere con la lingua.

Persephone era esigente e del tutto dimentica che il sesso si faceva in due. Lei viveva il tutto come un mero processo per arrivare al piacere, al suo piacere. Tyler leccava, succhiava e si aiutava con le dita, ma per lei non era abbastanza. Lo spinse di lato, rovesciandolo sulla schiena. Puntò le sue ginocchia ai lati della testa di Tyler e si abbassò un poco, così che lui potesse continuare agevolmente a farla godere. Lei gli afferrò i capelli e strinse quasi con violenza, tenendolo fermo a terra e decidendo che, ancora una volta, avrebbe dovuto provvedere da sola ad alleviare la frenesia che ora le stava inondando il corpo. Strinse più forte e Tyler gemette appena per il dolore alla cute, ma a lei non importava e sapeva che nemmeno lui ci stava dando troppo peso. Iniziò ad ondeggiare con il bacino sulla faccia di lui, era una danza che ormai conosceva fin troppo bene, presto avrebbe aumentato il ritmo e si sarebbe abbandonata a quella meravigliosa sensazione di appagamento che la percorreva come scariche elettriche ogni volta che scopava con qualcuno. Guardò in basso e lo sguardo adorante di Tyler ebbe un macabro effetto sulla sua libido, azzerata da quegli occhioni da cucciolo. Spostò lo sguardo sui suoi capelli e strinse ancora più forte, volendogli causare un po’ di dolore, per far sparire quel maledetto sguardo pieno di unicorni e arcobaleni. Questo gesto scatenò in lei un’eccitazione senza pari e non passò molto tempo prima che Persephone gemette, arrivata al culmine. Solo allora, sudata e con il viso arrossato, si premurò di lasciare la chioma del ragazzo. Lei fece per allontanarsi, ma lui l’abbracciò teneramente e affondò il viso nei capelli di lei e Persephone poté alzare gli occhi al cielo a quelle romanticherie senza ricevere un rimprovero. Avrebbe voluto andarsene, si sarebbe voluta risparmiare quel supplizio, ma effettivamente lui non le avrebbe concesso di lasciarlo insoddisfatto. Ancora abbracciati, lei prese a massaggiargli il membro, sperando di cavarsela così, ma lui la prese in braccio e la sdraiò su un telo per terra. Persephone aspettò che lui raggiungesse l’orgasmo con espressione scocciata, insensibile alle premure che lui le riservava o ai baci. Pensò che era davvero una bella fregatura doversi preoccupare anche dell’appagamento del partner, perché invero a lei non interessava.
 

Dopo il famelico amplesso, Persephone corse a rivestirsi, senza degnare di uno sguardo il Grifondoro. Questo lo avvilì ancora di più e, nonostante la passione che quella ragazza riusciva sempre a tirargli fuori, si convinse definitivamente che quello non era il tipo di relazione che a lui sarebbe andato bene ancora per molto.
“Sephy, dolcezza, siediti un attimo.” Disse lui, con voce calma e il solito sorriso che ispirava fiducia a chiunque lo vedesse.
Lei si girò verso di lui, inarcò un sopracciglio con fare indagatorio, ma decise di non ribattere. La curiosità la spinse a fare come lui, stranamente, chiedeva.
“Vorrei capire cos’è questa relazione per te, perché io non la sto vivendo serenamente come vorrei.” Proseguì sempre con voce affabile, sedendosi di fianco a lei per poi avvolgerle le mani con le sue. Prima di proseguire, cercò il suo sguardo e parlò solo quando lei si degnò di guardarlo negli occhi.
“Mi piacerebbe capire se c’è qualcosa che non va, se ho fatto qualcosa di sbagliato. Un momento sei amorevole e mi dai attenzioni, il momento dopo non riesci neppure a guardarmi negli occhi mentre facciamo sesso, poi ritorni subito possessiva e poi ancora eviti di baciarmi. Ti prego, io ci tengo a te, dimmi cosa c’è che non va.” Terminò lui, con gli occhi che guardavano dolcemente quelli di lei.
A lei si mozzò il fiato. Cos’era quel discorso? Perché non se ne stava zitto e buono come al solito? Era il preludio di un piagnucolio quello?
Cosa? Tyler, cosa vuoi? Perché devi rovinare del sesso meraviglioso con queste stronzate da femminuccia?” gli occhi di Persephone si strinsero e, uniti al tono avvelenato, sembrava davvero un animale pronto ad attaccare ferocemente, perché Persephone Zabini non sapeva mettersi sulla difensiva, non lo aveva mai fatto e non avrebbe certo iniziato ora.
“No Sephy, non reagire così, voglio solo sapere se ho fatto qualc…”
“Wood, tu non hai fatto niente, a parte tediarmi ora con queste pippe mentali da primina. Cosa vuoi da me, che ti rimbocchi le coperte? Le coccole dopo una semplice scopata?
“Beh…” esordì Tyler, avvilito da quell’aggressività. Perché lei stava facendo di tutto per sminuire la loro relazione? Non vedeva come lo stava facendo soffrire?
“Beh, sì.” Concluse semplicemente, denudando il suo animo di fronte a lei, ora immobile.
“Persephone, io ci tengo a te e vorrei che la cosa funzionasse. Tu ci tieni a me?”
Lei si morse le labbra, gli occhi freddi andarono a cercare quelli di Tyler. Qualcosa le mozzava le parole in bocca, sarebbe stato davvero semplice dire Sì Tyler, ci tengo a te, ma non sarebbe riuscita a mentire così spudoratamente davanti ai maledetti occhi da cucciolo sincero che la natura aveva donato al maledetto Wood. Ora che ci pensava, non aveva davvero voglia di giustificarsi o di spiegarsi con quel bamboccione.
Rimasero qualche secondo a fissarsi e Tyler, intuendo la situazione, scosse il capo come per liberare la mente di tutto ciò che stava per ferirlo. Avrebbe dovuto ascoltare i suoi amici, quelli che gli avevano detto che lei lo stava solo usando, avrebbe dovuto proprio dar retta a James quando lo rimproverò di essere accecato al sesso e che lei lo stava solamente sfruttando per la sua popolarità.

“Penso che dovremmo smettere di vederci.”
La voce di Wood era quella calma e affabile di sempre, ma aveva perso tutto il calore che l’aveva sempre resa irresistibile. Fece per alzarsi, ma lei con un gesto fulmineo gli afferrò l’avanbraccio e lo costrinse a sedersi di nuovo.
“Tu mi stai lasciando?” Persephone Zabini parlò con voce grave e bassa. Sembrava quasi un ringhio incredulo. Quando lui annuì, lei sbarrò gli occhi.
“Tu non puoi lasciarmi, Wood. Tu non puoi lasciarmi, tutti vogliono stare con me, non puoi lasciarmi!” ormai lei stava gridando, non disperata, ma vittima di una furia quasi animalesca. Lui non rispose e tentò nuovamente di andarsene. Questa volta lei non lo fermò. Gli occhi lampeggiarono d’ira mentre lo seguivano e, con un sorriso perfido, aggiunse in tono falsamente amabile: “Te ne pentirai, Wood.”
Lui la sentì, ma non si curò della vuota minaccia che lei gli mosse contro, lasciò il bagno silenziosamente mentre si riprometteva di stare alla larga il più possibile da quella pazza della Zabini.
 
Una settimana dopo, alla vigilia degli esami, Wood rimase misteriosamente chiuso a chiave nel bagno dei maschi al quarto piano. Disperato, si mise a gridare, a chiamare aiuto. Batté i pugni sulla porta e provò un Alohomora, un Bombarda, un Evanesco, ma nulla. Qualcuno aveva stregato la porta perché non si aprisse, l’aveva protetta e l’aveva poi imperturbata perché nessuno potesse sentire le urla. Iniziò a respirare sempre più velocemente, ma l’ossigeno sembrava essere svanito dal cubicolo. La fronte gli si imperlò di sudore e la mente non riuscì più a mettere a fuoco la porta.
Come si fa a respirare? Non si respira qua dentro, sto soffocando! Aiuto, qual era quel maledetto incantesimo per liberare le vie respiratorie? Fatelo smettere! Fa caldo o fa freddo? Non capisco. James! Dov’è James? Perché le pareti si stanno stringendo? Alohomora! Cazzo Alohomora! Le pareti! Mi schiacciano, sto per morire! Mamma, aiuto, mamma. Come si fa a non vomitare? Oddio. Maledette pareti! Oddio. Aiuto. Mi stanno scoppiando i polmoni! Dove sono gli insegnanti? Aiuto! Cazzo, sto morendo! Perché i bagni sono così piccoli? Dannazione, odio tutto sta collassando, le pareti, la porta, tutto! La porta, la porta non si apre, perché cazzo non si apre? Aiuto, non respiro, dov’è l’aria? Fatelo smettere, vi prego. Mi sta per scoppiare il cuore, la testa, gli occhi. Dov’è l’uscita? DOV’È?
 
James si preoccupò quando, alla vigilia dell’esame, l’amico non si presentò. Ebbe la sensazione che qualcosa non andasse, Tyler aveva lavorato sodo per ottenere buoni risultati nel suo M.A.G.O. di Incantesimi, il suo sogno era infatti quello di diventare un Auror, non avrebbe potuto saltare la prova scritta. Scongiurò la preside McGonagall di andare a cercarlo, perché quel comportamento non era sicuramente nella norma per l’amico Caposcuola. La preside si offrì di mandare qualche studente degli anni inferiori per non far perdere del tempo prezioso per lo svolgimento dell’esame a Potter, che si rifiutò categoricamente. Fuggì velocemente dall’aula alla volta della torre di Grifondoro. Corse come un forsennato, aveva il fiatone quando arrivò al suo dormitorio. Iniziò a svuotare il baule in modo confusionario, rovesciandolo alla bell’e meglio sul pavimento, alla ricerca disperata della Mappa del Malandrino. Individuato l’amico imprecò sonoramente e ripartì celere. Raggiunti i bagni maschili del quarto piano, spalancò rumorosamente la porta e, dopo molti tentativi, riuscì ad aprire il gabbiotto in cui era stato rinchiuso Wood.

James trovò l’amico accucciato per terra, bianco, tremante e in iperventilazione, subito si premurò di sollevarlo ed abbracciarlo. Gli ci vollero una decina di minuti per calmarlo e, nonostante la sua insistenza nell’accompagnarlo in infermeria, Tyler si rifiutò, poiché dall’esame in corso sarebbe dipeso il loro futuro lavorativo. Promise subito all’amico che, terminata la produzione scritta, si sarebbe recato da Madama Chips e dalla preside e solo allora James smise di assillarlo per la sua salute. Quando raggiunsero l’aula dell’esame, avevano già perso mezz’ora delle due a disposizione per lo svolgimento del tema
Durante tutta la prova, James lanciò varie occhiate all’amico per controllare il suo stato di salute, ma ormai Tyler sembrava essersi ripreso. Si era totalmente immerso nella spiegazione dell’Incanto Fidelio e probabilmente stava reprimendo tutto ciò che lo aveva sconvolto per non mettere a repentaglio la sua futura carriera che, inutile rimarcarlo, dipendeva strettamente da quel voto.

Terminato l’esame, James si premurò di informare dell’accaduto la McGranitt.
La preside convocò subito nel suo ufficio i due giovani e Madama Chips per un controllo veloce. Quando l’infermiera scolastica disse che Tyler necessitava solamente di riposo e cioccolata, fu congedata.

“Vorrei sapere che cos’è successo.” Esordì la preside senza la glaciale severità che era il suo marchio di fabbrica.

Tyler raccontò tutto l’accaduto, minimizzando il violento attacco di panico che lo aveva colto e assicurando la preside di sentirsi bene.
James fu di tutt’altra opinione. Si infervorò subito e Tyler non perse il suo tempo nel cercare di domarlo. Potter raccontò tutto, di come la porta fosse stata protetta, imperturbata e isolata dall’esterno e che questo denotava per certo che qualcuno avesse avuto l’intenzione di rinchiudere in un bagno Wood appena prima del suo esame. Disse anche che sicuramente questa persona era a conoscenza della claustrofobia dell’amico, perché erano incantesimi minori che Tyler sarebbe riuscito in condizioni normali a bypassare, ma dato l’attacco di panico, questo gli era stato impossibile.

“Capisce professoressa? Lo sapeva. Sapeva della sua claustrofobia e l’ha usata contro di lui!”

James sputò fuori quelle parole con rabbia, stringendo i pugni. La McGranitt pensò con nostalgia alle varie volte in cui aveva visto Harry in quello stato, le loro reazioni erano pressoché identiche.

“Abbiamo un’idea di chi potesse essere a conoscenza della fobia del signor Wood?”

Tyler aveva confessato di soffrire terribilmente di claustrofobia solamente a due persone: ovviamente a James e a… Persephone Zabini. Raccontò velocemente quel dettaglio alla preside, che si premurò di indagare sulla faccenda. Quando Tyler la guardò negli occhi, vide in lei una luce risoluta e combattiva e seppe di potersi affidare serenamente nelle mani di Minerva McGranitt.

“Purtroppo Wood, sai anche tu che le prove M.A.G.O. sono gestite da una commissione esterna e che si svolgono solamente una volta all’anno, non ho il potere di farti rifare l’esame, nonostante queste circostanze siano del tutto eccezionali.” La preside sospirò e soggiunse: “Tengo le dita incrociate per il tuo esame, Tyler.”

Pochi giorni dopo, la McGranitt convocò Wood nel suo ufficio e gli spiegò brevemente come si erano svolte le indagini. Lei e altri professori avevano sondato il bagno, decifrandone la Tracciatura e arrivando alla conclusione che la bacchetta utilizzata per tali sortilegi apparteneva ad un certo Rupert McDougal, primo anno di Tassorosso, il quale ne aveva denunciato la scomparsa poche ore prima. Trovata la bacchetta abbandonata sulla Torre di Astronomia, avevano confermato la tesi grazie al Prior Incantatio, ma la faccenda era morta lì. Non avevano modo, tramite la magia, di riconoscere chi effettivamente aveva scagliato gli incantesimi. L’autore del torto a Wood era stato davvero furbo, lasciandoli in un vicolo cieco.

Qualche mese dopo, Tyler scoprì di essere riuscito a strappare il M.A.G.O. con Accettabile e il suo sogno poteva comunque realizzarsi a patto che sostenesse ulteriori esami presso il Ministero. Maledisse la Zabini, tutta la furbizia tipica della Casa di Serpeverde, le donne, Salazar e le accuse cadute per mancanza di prove di quell’atto che gli avrebbe anche potuto far saltare la carriera.
 
**



Albus Potter, Caposcuola, Serpeverde, VII anno
 
“Forse ho un’idea, anche se è un po’ stramba.” Mormorò Albus dopo una lunga pausa.
“Al, sono disposto anche a rinunciare al mio patrimonio. Non posso chiedere agli insegnanti di intervenire, perché teoricamente non sta infrangendo nessuna regola. La affronterei se non fosse in grado di rovinarmi e sai che, dato il mio cognome, non posso permettermi che qualcuno mi rovini.”

Scorpius non sembrava scherzare. Trascorse qualche secondo, Albus inspirò prima di parlare e poi diede una scrollata di spalle.

“Le ho pensate tutte, ma questa mi sembra l’unica soluzione. Mi costa dirlo, ma abbiamo bisogno di Lily.” Concluse semplicemente, come questa idea fosse l’ultima di una lunghissima lista, il cosiddetto Piano Z.

“Lily?” ripeté incredulo Scorpius. “Cosa può fare Lily?”

“Beh è l’unica che riesce a tener testa a Persephone. È una trovata geniale.” Rispose semplicemente, con un’alzata di spalle.

“Scorp, lo so che non la sopporti, ma a mali estremi…”

Lo sguardo di Albus era sconsolato ma convinto dell’ingegnosità della sua idea. Indagò un attimo con lo sguardo l’espressione dell’amico per capire quali fossero i suoi sentimenti rispetto alla soluzione da lui trovata.

“Bevi e rimedi.” Ribatté Malfoy ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Sai Potter, in realtà tua sorella è forte. Alla fine mi ha già salvato da un agguato di Persephone, in treno, ricordi?” mormorò Scorpius mentre si fissava le mani. Non riusciva a distinguere bene la combinazione di sentimenti che stavano sormontando dentro di lui. Si convinse, dopo una breve analisi, che era eccitato perché probabilmente il suo migliore amico aveva trovato una via di fuga, era speranzoso perché quasi sicuramente Lily sarebbe riuscita a far dannare la Serpeverde e contento perché… sicuramente perché sarebbe riuscito ad arrivare ai M.A.G.O. con serenità, senza doversi chiudere a chiave nel dormitorio per studiare.

“A proposito, non ti ho mai chiesto come mai sei intervenuto disarmando Seph quella volta sul treno.” Albus la buttò lì con noncuranza ed era decisamente più bravo di tutti i suoi fratelli a dissimulare le sue vere intenzioni. Meno male che quella dote l’aveva presa lui e non Lily, o probabilmente sarebbe diventata una terrorista all’età di 10 anni.

“Mi aveva appena salvato dalla Zabini, mi sembrava doveroso.”

Scorpius rispose velocemente, forse troppo, e Potter se ne accorse. Quelle parole suonavano come una cantilena, come qualcosa che Scorpius si era ripetuto nella testa un po’ troppo spesso. Forse non riusciva a trovare un modo per giustificarsi della cosa e quindi si era inventato quel debole pretesto. Entrambi sapevano che Albus era abilissimo nei duelli, grazie ai suoi riflessi pronti e alla costante pratica che suo padre gli faceva fare ogni estate, quindi non vi era pericolo alcuno che Persephone riuscisse a stregare Lily in sua presenza, anche Lily ne era conscia, o non si sarebbe permessa di essere così impudente.

“Hai ragione. Ora andiamo a cercare Wilkes, ha detto che doveva passarci lo schema Zampata della tigre fiammeggiante da studiare prima del prossimo allenamento.”

Sorrise, pensando che Scorpius era da sempre un tipo molto perspicace, ma evidentemente anche lui aveva dei limiti.

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Angolo Autrice

Rieccomi! Lo so, questo capitolo è un po' più pensate dei precedenti, ma a mia discolpa posso addurre le seguenti ragioni:
1) fatemi redimere Draco, perché io sono follemente innamorata di questo personaggio da sempre
2) per quel che riguarda la vendetta di Persephone, ho vagliato ogni modo in cui lei potesse davvero tentare di rovinarlo, facendola franca anche con la magia a disposizione come strumento di indagine, ci ho pensato e ripensato e questa era la circostanza meno debole. Sono sicura che qualcuno potrà trovare una falla, ma perdonatemi.
Vi chiederete perché semplicemente la McGranitt non dia del Veritaserum alla ragazza e qui vi anticipo in questo modo: non penso che un'insegnante possa somministrare una pozione della verità ad un minorenne, senza il genitore presente e senza un'accusa ministeriale ad avallare questo mezzo. La semplice deduzione di James può essere vista, da un occhio adulto e soprattutto da insegnante, come una ritorsione dettata più dall'antipatia e dalla storia finita male con l'amico. La McGranitt affronta il tutto basandosi sui fatti più che sulle congetture e sulle idee. Sappiate comunque che ai fini della storia, mi serve che Persephone sia una bulla del peggior tipo, abituata a farla spesso franca.
3) Sempre riguardo a Tyler e Persephone, mi scuso in anticipo se la scena di sesso può risultare descritta male. Questa è la prima volta che mi trovo a scrivere di questi temi, non siate troppo severi con me!

Detto questo, grazie a chi mi supporta recensendomi e inserendo la storia tra le preferite o le seguite, siete dei tesori.
Un bacio

Matagot

 
   
 
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