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Autore: NyxTNeko    01/03/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Napoleone, impaziente, agitato, controllava febbrilmente l'orologio e il cielo ancora scuro, vi si alternavano spesse nuvole sinistre, come se sapessero già ciò che sarebbe accaduto non appena il sole fosse sorto, e stelle. Il giovane tenente colonnello contava a grandi passi la stanza con le braccia allacciate dietro la schiena, non riusciva a stare fermo, era scosso da un'energia inarrestabile.

Si mordeva le unghie in continuazione, mentre scuoteva in continuazione la testa, mancavano pochissime ore all'alba - Io non ce la faccio più ad aspettare, ho già tutto pronto, perché devo attendere ancora? Sono io di competenza qui! Non certo quell'idiota di Rocca!

- Attento con le parole Buonaparte, anche i muri hanno le orecchie - lo avvertì Quenza, nemmeno lui sopportava il nipote di Paoli, ma si sforzava di essere il più conciliante possibile, per evitare guai. Tuttavia non poteva che condividere il tono acido e sarcastico del suo pari, che in quel momento si stava lasciando prendere dalla rabbia, come accadeva quando era ansioso.

Lo vide girarsi verso di lui e sbottare incontrollabile - Come se m'importasse qualcosa di quel parassita bastardo, che venga pure qui, se si sente offeso, io lo accoglierò a colpi di cannone! - si avvicinò ad una di quelle bocche e mise una mano sopra - Non ho certo paura di uno come lui! - rivolse lo sguardo al cannone e lo fissava immobile.

L'artigliera era lo strumento che gli avrebbe permesso di arrivare in alto, era sicuro di questo, lentamente stava scalando i ranghi dell'esercito. Però non gli bastava, voleva di più, voleva avere il solo comando, vedere i suoi soldati pendere dalle sue labbra e seguire solamente lui, com'era successo la sera, restando al fianco dei suoi uomini, dando l'esempio. Non era nato per obbedire, ma per essere obbedito, la Rivoluzione, per quanto lo stesse deludendo su molti aspetti, gli stava dando la possibilità di ottenere incarichi e gradi militari, fino ad allora esclusivo appannaggio degli aristocratici.

Quenza sospirò profondamente, prese anch'egli l'orologio da tasca e pregò che arrivasse in fretta il momento dell'azione. Non ne poteva più di sentire i suoi sproloqui, Napoleone sapeva essere insopportabile quando qualcosa non andava come voleva. "Gli manca solo il poter gestire a suo piacimento del tempo, ed è questo che lo innervosisce, non avere il potere di fare ciò che desidera con le ore, i minuti, i secondi". Ogni istante fermo ad aspettare era, per Buonaparte, tempo sprecato. Non lo mostrava, ma se c'era qualcosa di cui aveva terrore era proprio la perdita di tempo. 

Il debole chiarore del sole nascente dietro le montagne scosse Napoleone dai suoi pensieri e lo riportò alla realtà, non era quello a cui aspirava, le sue truppe erano del tutto prive del necessario per una campagna, marciavano senza tende, senza uniformi, senza mantelli, senza treni d’artiglieria. Erano sostenuti solamente dalla speranza del successo.

Perciò doveva accontentarsi e augurarsi che la spedizione andasse a buon fine, in modo da potergli garantire un avanzamento di carriera, oltre che di prestigio. Paoli, a quel punto, non gli avrebbe negato un posto tra i suoi ufficiali migliori, inoltre avrebbe insistito per dare a Luciano il posto che desiderava, così da poterlo calmare e, di conseguenza, usarlo come gli aggradava. - Ora! - tuonò imperioso.

- Ma è ancora presto... - emise Quenza di getto, rendendosi conto solo successivamente di non essere riuscito a frenare la lingua - Scu...scusate - Lo sguardo gelido di Buonaparte lo fece rabbrividire al punto da ammutolirsi. C'era qualcosa in quel ragazzo che lo rendeva terrificante. Era come se in lui convivessero due personalità distinte che Napoleone ben conosceva e che mostrava di volta in volta, all'occorrenza.

- È il momento perfetto per mettere il nemico in difficoltà - gli riferì Napoleone avanzando di qualche passo verso di lui, alzò lievemente la testa per guardarlo dritto negli occhi - Inoltre daremo una mano a quell'imbecille, se nemmeno così riuscirà a fare qualcosa allora ci penserò io...

Quenza annuì, più spaventato che convinto, sapeva che non avevano le risorse necessarie e il fatto di essere arrivati sull'isola, con enormi difficoltà, poteva considerarsi un miracolo a tutti gli effetti. Svegliarono gli uomini che si erano addormentati e subito si misero all'opera, preparando accuratamente la poca polvere da sparo di cui disponevano e le palle di cannone.

Napoleone li teneva d'occhio, non gli sfuggiva nulla, era esigente e pretenzioso, severo nel giusto. Aveva instillato fiducia nei soldati, per cui non era necessaria l'estrema durezza. Indicò loro le varie altezze da cui partire per sparare agli obiettivi prestabiliti, ossia i forti, la flotta e l'abitato della Maddalena - Bombardate senza sosta! - ordinò a gran voce - Non devono avere alcuna speranza di reagire! Sparate!

Gli uomini fecero quanto ordinato e, presi dall'euforia dell'azione, li bersagliarono incessantemente. Il carattere implacabile del loro tenente colonnello era noto a tutti e avevano cognizione del fatto che una volta iniziata la battaglia, non avrebbe risparmiato niente e nessuno, fino alla resa del nemico. Né la pietà, né le suppliche erano capaci di scuoterlo, continuando imperterrito la sua opera di distruzione. 

Rocca fu riscosso da quella pioggia di palle di piombo che si abbattevano, inesorabili, sulla vicina isola della Maddalena - Ha già cominciato a fare sul serio - disse sbiancando. Adesso non poteva più ritardare l'attacco alle armate sarde, e nemmeno fermare quel maledetto Buonaparte, deciso più che mai a mettere in ginocchio la città e conquistarla a modo suo.

Perciò uscì dalla tenda e dispose i coscritti provenzali, in prevalenza contadini, che componevano le forze di Rocca, all'attacco - Soldati, uomini che avete deciso di far parte di questa piccola armata, il momento tanto atteso è giunto - esordì Pier Cesari Rocca dopo essersi messi in posizione, urlando perché il cannoneggiamento copriva gran parte dei suoni e delle voci - Seppur con pochi mezzi, dimostrate di essere all'altezza delle uniformi che indossate! Per la Corsica! Per Paoli!

I marsigliesi, pur non avendo alcun legame con l'isola francese, per spirito di collaborazione ripeterono, gridando, le ultime parole del loro comandante - Per la Corsica! Per Paoli! - e immediatamente raggiunsero le armate sarde, che nel frattempo, non avevano perso tempo. Disponevano delle migliori armi in circolazione, anche la flotta era equipaggiata al meglio ed erano motivati, bellicosi, desiderosi di voler difendere la propria patria dagli invasori.

Intanto, i colpi dei quattro cannoni corsi andavano a segno, seminando paura nel cuore dei maddalenini, i quali non si aspettavano una simile violenza e precisione. Napoleone non voleva dargli tregua, aveva intuito che se avesse gettato in loro il terrore più profondo, avrebbe avuto qualche chance di vittoria. Non aveva per nulla fiducia nelle forze, mercenarie, di Rocca, ma per non essere sconfitto ed umiliato, era disposto a dargli una mano e l'unico modo che conosceva era il bombardamento insistente.

"Alla fine si arrenderanno" si diceva incoraggiando i suoi uomini a non demordere - Fatelo per voi stessi, per dimostrare di essere i migliori, per non dover chinare la testa al nemico - ripeteva, anche a sé stesso. Seppur non lo facesse vedere, persino lui aveva dei momenti di sconforto, soprattutto nel constatare la loro ammirevole resistenza, rispondendo al fuoco.

Il nocchiere Domenico Millelire, rendendosi conto dell'incresciosa vicenda, che si stava facendo gravissima, per non dire critica, comprese che doveva agire il più in fretta possibile. "Quell'artigliere ci sta dando del filo da torcere, avevo previsto un attacco simile, ma non così preciso, diretto, persistente, aggressivo, tipicamente francese" rifletteva, osservando il tutto dal suo cannocchiale "Solo i francesi sanno essere brutali in quel modo, in battaglia, tuttavia devo puntare sulla flotta, è il loro punto debole, ancor prima di sbarcare ha dimostrato notevoli difficoltà".

L'ufficiale di marina, infatti, non era rimasto con le mani in mano, anzi, aveva intuito che qualcuno si sarebbe impossessato del forte San Giorgio. Per cui, durante la notte, assieme ai suoi fedelissimi,
aveva preso il comando di una piccola lancia e dopo aver imbarcato il cannone più grosso della Balbiano, e averlo trasportato alle spalle dei francesi sulla costa antistante, a Punta Tegge, la cala dell'isola di Santo Stefano in cui aveva trovato riparo la corvetta francese d'appoggio, Fauvette, lo aveva messo in batteria.

Da qui, attraverso una raffica di palle, riuscì a danneggiare la fregata "Fauvette",  costringendola a riparare in un luogo più accorto per gettare l'ancora nella cala di Villa Marina a S. Stefano. Per i francesi la situazione era in bilico, i marinai tentarono di resistere all'attacco navale sardo, con parecchi disagi. 

Neppure sulla terraferma gli invasori riuscirono ad avere la meglio, erano sul punto di soccombere al nemico, che reagiva incredibilmente sia su via terrestre, sia su via marittima. La mediocrità di Rocca, in quei cruciali momenti, era più che evidente a tutti. In realtà Pier Cesari si stava deliberatamente trattenendo, come indicatogli dallo zio, poco prima di partire "Evitate il più possibile una carneficina, nipote mio" rimembrava "Non dimenticate che siamo alleati degli inglesi, che hanno delle basi anche in Sardegna, ho promesso loro che non saremmo stati troppo invasivi".

Non riusciva a capire il perché di quella spedizione, aveva sempre detto ai suoi che erano giunti lì per liberare i sardi dal dominio piemontese e di farli aderire alla rivoluzione e ai suoi ideali. Eppure neanche Paoli credeva nella Francia Repubblicana, la disprezzava addirittura, la vedeva come una trappola per i giovani corsi che desideravano fare carriera, sia militare, sia politica, in modo da renderli pienamente francesi, come era avvenuto. La caparbietà sarda dava ampiamente ragione allo zio: nessuno desiderava essere liberato dall'assolutismo, alla gente andava bene così.

All'inizio, con alte probabilità, in molti, all'estero, era nato il desiderio di ribellarsi all'ordine costituito, così come stavano facendo in Francia, chiedendo più diritti ed ugualianza per ogni singolo uomo, non essere più visti come sudditi, ma come cittadini. Vedendo l'evolversi della faccenda e il risvolto sanguinario, cruento che aveva intrapreso la Francia, avevano ritrattato la loro adesione o semplice approvazione. Rocca capì che quella spedizione era persa in partenza e che Paoli gli stava semplicemente dando una lezione di vita.

Chi invece teneva in pugno la situazione era Buonaparte, il quale, imperterrito, proseguiva il bombardamento. Aveva azionato anche il mortaio, che manovrava personalmente e i colpi di quel mezzo d'artiglieria erano ancora più potenti e distruttivi dei cannoni. I soldati erano entusiasti del loro superiore, nonostante la stanchezza, nessuno osava lamentarsi. Come una perfetta macchina da guerra eseguivano il loro compito egregiamente.

Napoleone prese il cannocchiale e ispezionava la flotta al largo, il contraccolpo avversario diminuiva, rallentava - Ancora un poco e li avremo annientati - ammise il giovane tenente colonnello, a mo' di incoraggiamento - Rimarranno a corto di munizioni e non potranno più attaccare rapidamente la nostra flotta...

- Siete sicuro della vostra strategia, Millelire? - domandò un tenente al suo seguito - Se continua di questo passo ci distruggerà davvero...

- Dobbiamo tenere duro e soprattutto mantenere il più intatto possibile questa nave - fu la sua risposta, secca e decisa, il suo sguardo era rivolto alla sua amata isola, al pari di lui, i suoi concittadini avrebbero resistito, ne era certo - Non è il nostro obiettivo, lo è quella corvette laggiù - indicò la Fauvette, che era sotto il loro tiro, mentre inseguivano il resto delle navi, facendo attenzione a non farsi scorgere dagli occupanti della fortezza - Quell'artigliere non ha alcun potere, si arrenderà anche lui...

Il tenente annuì velocemente, tenendo l'occhio puntato al fortino in lontananza, da cui piovevano incessantemente palle di cannone e di mortaio. Una volta affondate in mare facevano agitare le acque paurosamente e comprometteva il loro inseguimento. Quel continuo fischio alle orecchie, poi, gli stava creando non pochi fastidi.

I marinai della Fauvette iniziarono ad essere stanchi di quella situazione assurda, erano in completa balia del nemico, attaccati da ogni parte, e nessuno aveva intenzione di concedere loro un secondo di respiro o di pausa per potersi organizzare a mente fredda. Tra essi cominciava a serpeggiare la voglia di ammutinamento - Abbandonare la spedizione non è la soluzione, capisco il vostro stato d'animo, ma non possiamo lasciarli vincere, abbiamo speso tanto tempo per venire qui, tante energie per preparare l'assalto! - esclamò l'ammiraglio Laurent de Truguet - Se resistiamo ancora si stancheranno e potremmo penetrare nel resto dell'isola...

Una palla del potente cannone di Millelire colpì l'albero maestro delle Fauvette, la parte superiore, dove sventolava il tricolore francese, si spezzò e cadde a picco in acqua. Quel colpo fece prendere la decisione definitiva ai marinai e uno dopo l'altro si ammutinarono, rifiutando di proseguire la spedizione - Abbiamo perso ormai, metà delle nostra flotta è abbattuta, la Fauvette è in condizioni disastrose - l'ammiraglio non poté opporre resistenza e dovette accettare la loro scelta che avrebbe posto fine alla spedizione, all'incubo.

La notizia raggiunse Rocca che accolse quella decisione con sollievo, pure le truppe che aveva condotto erano esauste e molti avevano cominciato a lamentarsi della scarsità dei mezzi e delle risorse. Fece suonare la tromba che annunciava la ritirata, arrivando fino alla fortezza occupata da Napoleone e il suo 'quartier generale'.

Quando Buonaparte e Quenza l'udirono, si guardarono negli occhi per parecchi secondi, il collega scorse nel suo pari la collera che lo accecò - No, no, no, io non mi arrendo - sbraitò battendo furiosamente la mano sulla pietra - Continuate a sparare, io non getto la spugna, proprio ora che li abbiamo in pugno, preferisco farmi catturare piuttosto che arrendermi! - urlava tremando per la rabbia.

Raggiunse il tavolo e buttò tutto all'aria, cartine, strumenti, niente veniva risparmiato dalla sua furia, imprecando ed elencando  tutti i santi del paradiso. Poi si fermò e guardò gli uomini che si stavano riposando - Non sento i colpi, ho detto che dovete continuare fino a quando non vi dico io di farla finita! - strepitò scosso, agitando le ossute mani in aria.

Quelli ripresero il bombardamento, Quenza provò a placarlo, prendendolo per le braccia - Calmatevi, vi prego - riuscì a dire solamente, venendo strattonato dal collega. Era completamente preda dell'ira, si chiedeva come facesse a dimostrare ancora prontezza e lucidità.

La ripresa del cannoneggiamento turbò Rocca, quella reazione era tipica di Napoleone, seppur avesse sperato che agisse in maniera ragionevole e comprensiva - Andate a riferirlo di persona, non possiamo lasciarlo qui - insistè il generale. Intanto, i maddalenini rispondevano al fuoco con le poche munizioni che gli restavano.

Millelire rimase colpito da quella resistenza, non aveva previsto, né immaginato una simile svolta, eppure, non si fece prendere da panico. Non perdeva di vista il suo obiettivo, la Fauvette, che attendeva impaziente l'arrivo degli artiglieri, mancavano solo loro per la partenza. Il generale aveva dato l'ordine di non abbandonare l'isola fino a quando non fossero saliti tutti a bordo.

- Dovete eseguire l'ordine del vostro comandante, tenente colonnello Buonaparte, altrimenti verrete accusato di insubordinazione e abuso di autorità - disse l'ufficiale incaricato di comunicare la notizia, ingoiando la saliva. Napoleone, dopo essersi calmato leggermente, ma sempre nervoso, appoggiato al muro, con un cenno della mano obbligò i suoi uomini di fermarsi e di prepararsi per il ritorno - Dovete lasciare anche i cannoni, i marinai si rifiutano di imbarcare le armi...

Napoleone, ringhiando sottovoce, raggiunse il mortaio e con una forza inaudita lo prese e lo scaraventò giù dalla rocca, tra lo stupore generale - Andate tutti al diavolo! - sbottò. Poi si avviò verso la porta e uscì, sbattendola adirato, il rimbombo dei suoi passi risuonava minacciosamente. Il resto lo seguì, incredulo e tramortito, sbarcando su quel che rimaneva della Fauvette. Buonaparte si rifiutò di parlare con Rocca e gli altri, per evitare di compiere follie. Il suo cuore gridava vendetta, quel poco che era rimasto della stima nei confronti di Paoli e dei suoi collaboratori, svanì.

Quando salparono dall'isola di Santo Stefano, si accorsero che Millelire lì stava seguendo ancora, quasi fino in Corsica, solamente dopo essersi accertato dell'attracco a Bonifacio, il nocchiere sardo svoltò per ritornare alla Maddalena. 

 

 

   
 
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