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Autore: Crudelia 2_0    01/03/2020    6 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: rullo di tamburi… CE L’HO FATTA! Ecco il nuovo capitolo, perfettamente puntuale. Lo so, c’è dello strabiliante. Ma non vi abituate a due aggiornamenti a settimana, non vi vizierò così spesso.
Comunque, parlando di cose serie: ho lavorato al capitolo piuttosto in fretta e spero mi perdonerete eventuali errori. In realtà, non mi convince del tutto, ma ci tenevo ad un aggiornamento puntuale.
Ancora una cosa. A chi recensisce: grazie, grazie, grazie. Siete splendidi. Questo è per voi,
 
Crudelia
 
 
 
 
 
 
 
La visita
 
 
 
Ginny si morse un labbro, pensierosa. Prese un biscotto dal vassoio e se lo rigirò tra le mani, senza addentarlo né spezzarlo.
«Vuoi sapere cosa ne penso?»
Hermione non disse niente, prendendo un sorso del suo te. Se aveva raccontato tutto a Ginny era per avere un parere esterno, inoltre sapeva che l'amica le diceva sempre ciò che pensava. Né più né meno.
Quindi aspettò che Ginny rompesse a metà il biscotto mentre raccoglieva le idee.
«Non vorrei che si rivelasse un altro Smith, ecco»
Hermione sbattè le palpebre, perplessa.
«Smith»
Ginny annuì. «Zacharias»
Entrambe bevvero dalle tazze, in silenzio. Hermione sapeva che quanto successo con Zacharias era stato un errore e non aveva affatto collegato le due cose. Aveva incontrato Smith per caso quasi un anno prima, si era mostrato gentile con Kathleen, da cosa nasce cosa e si era ritrovata invischiata in una pseudo-relazione alquanto discutibile.
Ogni volta che se ne parlava Ron rideva per dieci minuti buoni.
«Non succederà» borbottò con la fronte aggrottata.
«Hermione» iniziò Ginny lentamente. «Il fatto è che quando Kathleen è contenta tu sei... coinvolta»
«Ovvio che sono coinvolta, Gin, è mia figlia»
«Non era quello che intendevo» disse svelta Ginny. «Intendo che se un uomo la fa felice tu sei più disposta a... cedere. Ecco!»
Hermione la guardò scettica. «È successo solo una volta»
Ginny si strinse nelle spalle. «Io te l'ho detto» sospirò, inutile insistere con Hermione. «Hai sentito Ron, ultimamente?» chiese per cambiare discorso.
Hermione annuì. «L'ultima sua lettera è arrivava dalla Spagna, ma è stata consegnata piuttosto in ritardo»
Ginny era d'accordo. «Anche a noi ha scritto dalla Spagna» disse riferendosi a sé e ad Harry. Hermione, segretamente, un po' invidiava il modo in cui gli amici si consideravano un'unica entità.

Come se fosse stato chiamato, la porta si aprì in quel momento. «Sono a casa» sentirono la voce di Harry dal salotto.
«Siamo in cucina» gridò Ginny.
Herry entrò con ancora addosso la divisa da Auror, gli occhi scintillanti e un sorriso smagliante.
«Oh! Ciao, Hermione» disse passandole accanto, quando arrivò vicino a Ginny si chinò a baciarla sulle labbra. Hermione distolse lo sguardo.
«Harry, tesoro» iniziò Ginny. «Che ne dici di cambiarti e raggiungerci? Hermione ci deve parlare»
«Uhm, sì. Sì, certo!» Harry lasciò la stanza un po' perplesso, ma tutti sapevano che se Ginny gli chiedeva qualcosa con quel tono non sapeva dire di no.
 
 
 
Alla fine convincere Harry era stato più facile del previsto. Da quando Piton era uscito dall'ospedale e Harry era riuscito ad ottenere un colloquio con lui aveva iniziato a nutrire per l'uomo una fervente ammirazione. Venerazione, sosteneva Ginny ogni Natale, quando Harry si preoccupava di far recapitare al professore una bottiglia del miglior Whisky Incendiario in circolazione.
«Strano, però» disse dopo un po', dopo aver accettato senza problemi che Piton esaminasse Teddy. «Hai detto che la prima volta ti ha detto di no?»
Hermione si irrigidì. Sulle gambe, pur fasciate da un paio di jeans, senti l'ombra delle dita di Piton accarezzarle la pelle.
Rabbrividì. «S-sì, ma ha subito cambiato idea quando ha incontrato Kathleen» cercò di sviare l'amico.
«Mmmh» Harry si accarezzò pensieroso il mento. «Beh, in fondo chi riuscirebbe a dire di no a quella bambina?» concluse sorridendo.
«Già» asserì Hermione. «Tanto più con il vestito che le ha regalato Ginny per il compleanno»
I due amici si sorrisero ed Hermione si concesse un sospiro di sollievo. Lo annegò nella seconda tazza di the, per questo si perse l'occhiata che Ginny le rivolse sopra la ceramica.
 
 
 
Convincere Andromeda era stato un altro paio di maniche, ma la donna aveva deciso di mettere da parte le sue reticenze se ciò avesse giovato a Kathleen.
Tuttavia, alle sue condizioni.
Tanto per cominciare dovevano essere presenti il maggior numero possibile di adulti, e Piton non doveva mai essere lasciato solo con il bambino.
Pur trovando il tutto eccessivo Hermione aveva acconsentito a mandare un gufo al professore per sapere se fosse stato d'accordo. Contro ogni aspettativa, aveva accettato.
«Certo, è ben poca cosa cosa rispetto al resto» aveva commentato Harry. Hermione non aveva capito a cosa si rifesse, ma aveva scritto un altra lettera perché l'incontro avvenisse quanto prima.
Ed ecco perché quel sabato pomeriggio erano riuniti alla Tana - cosicché gli adulti presenti fossero Hermione, Harry, Ginny, Molly e Arthur. Andromeda si era rifiutata di presenziare.
Hermione si avvicinò alla finestra e scostò una tenda. Ancora niente, ma lo stomaco non voleva smetterla di contorcersi.
 
 
 
«No, Teddy, non hai capito niente!» Kathleen posò la matita sul tappeto su cui stavano colorando e si alzò a sedere sulle ginocchia. Si scostò i capelli dalla fronte prima di ricominciare. «È come Batman che ti fa paura, ma è buono. Perché sconfigge i cattivi.»
Teddy continuò a colorare i capelli di arancione al bambino del disegno. Si limitò a stringersi nelle spalle. «Ho capito, Kat. Non ti arrabbiare.»
La bambina sbuffò, poi decise di tornare a coricarsi e riprendere a colorare. «Bah, non mi avresti chiesto del mantello allora»
«Tutti i supereroi ce l'hanno. Anche Zorro»
«Ma Zorro non fa paura!» Kathleen lo guardò a bocca aperta: era chiaro che l'amico non avesse ragione. Doveva dare ragione a zia Ginny: i maschi non capisco proprio niente.
Alzando gli occhi al cielo prese la matita verde, pronta a colorare l'albero.
«E poi la mamma mi ha detto che lo zio Harry lo stima molto»
«E cosa vuol dire?»
«Non lo so» rispose Kathleen, ma era evidente che se la madre sosteneva una cosa doveva essere corretta.
Teddy sbuffò, ma non era realmente irritato con l'amica. Ne erano una prova i capelli, rimasti della solita sfumatura celeste.

«Kat, Teddy, venite! È arrivato» giunse la voce di Ginny dal salotto al piano inferiore. Kathleen scattò in piedi, aveva già fatto due passi quando Teddy la richiamò.
«Kat, bisogna mettere a posto»
Kathleen si voltò un po' stupita, non ci aveva pensato.
Fece un verso impaziente. «Ma è arrivato»
«Ho capito, ma bisogna mettere a posto» ripeté il bambino.
Kathleen tornò indietro a passi pesanti, prese le matite a manciate e cercò di comprimerle il più in fretta possibile dentro il portapenne. Fatto quello lo lanciò sul tavolo. «Ecco fatto. Dai!» senza curarsene oltre prese il bambino per mano e iniziò a correre. Pur avendo uno svantaggio iniziale Teddy si riprese e la superò, arrivando primo alla fine delle scale e nel salotto.
«Primo!» gridò girandosi e gettando le braccia al cielo. Kathleen arrivò e gli capitolò addosso. «Non vale, hai le gambe più lunghe» disse, la bocca atteggiata in un broncio.
Prima che la solita pantomima andasse avanti Hermione si schiarì la voce, attirando l'attenzione dei due bambini.
Quando si accorsero dell'uomo entrambi parvero impallidire.
«Teddy, questo è il professor Piton» disse Hermione.
Decisamente, il bambino era impallidito.
 
 
 
Teddy continuava a guardare Piton con le labbra strette. Hermione lo guardava e si sforzava di sedare il sorriso.
Come con Kathleen, Piton aveva rivolto le stesse domande e fatto lo stesso incantesimo, la penna al suo fianco aveva segnato ogni risposta con puntuale precisione.
«Bene, avrei una richiesta» iniziò Piton drizzando la schiena e scostandosi i capelli con un gesto che Hermione non mancò di notare. «Sai farmi vedere il tuo colore naturale di capelli?»
«Certo!» rispose pronto Teddy e, per la prima volta, sorrise all'uomo. Senza fatica e senza sforzo i suoi capelli cambiarono colore, mostrando il loro naturale marrone chiaro. Hermione vide Harry sgranare gli occhi e, ad una seconda occhiata, la vista del bambino risultò come un pugno allo stomaco: la somiglianza con Remus era impressionante.
«A scuola li tengo così» spiegò timidamente il bambino, ignaro di ciò che gli adulti stavano provando.
Piton annuì, continuando a guardarlo. Non aveva dato segni di riconoscimento, né alcuna emozione era emersa dalla profondità dei suoi occhi.
«Sai farli diventare più lunghi?» chiese.
Questa volta Teddy dovette impegnarsi. Chiuse gli occhi e storse il naso, dopo un secondo i capelli si allungarono oltre le spalle.
«Un po' di più?» chiese ancora Piton, un sopracciglio arcuato.
Teddy si sforzò un po' più a lungo, ma non successe nulla. Aprì gli occhi, l'espressione quasi colpevole.
«Non ci riesco» disse, la voce flebile.
Piton fece un gesto vago con la mano, minimizzante. «Più corti?»
Teddy storse di nuovo il naso, l'espressione ancora più concentrata. Strinse le labbra e corrugò la fronte finché i capelli non furono più lunghi di qualche centimetro.
Aprì gli occhi, in attesa. Sembrava ancora più piccolo.
«È il massimo?» chiese Piton con voce strascicata.
Il bambino annuì, visibilmente dispiaciuto. Hermione sentì Harry irrigidirsi al suo fianco e fare mezzo passo in avanti.
«Non importa, era molto difficile» concluse Piton segnando qualcosa sulla pergamena. Ad Hermione quella frase suonò come un tentativo di rassicurare il bambino, e un po' della tensione che le stava tendendo le spalle si disperse.
«Abbiamo finito?» chiese Harry, visibilmente teso.
«Ancora una cosa» rispose Piton, tuttavia stava chiudendo la pergamena. «Sai cambiare i connotati della tua faccia?» fece rivolto al bambino.
Teddy sgranò gli occhi. Prima di rispondere fece vagare lo sguardo fino al padrino, ma non ottenne che un cenno di incoraggiamento.
«La mia faccia?»
Piton a quel punto fece un passo indietro, riponendo la pergamena in una tasca dei pantaloni. «Come ho detto, era difficile.» Si ritrasse ulteriormente, incrociò le braccia e attese.

Ci fu un momento di silenzio durante il quale nessuno si mosse, poi Hermione fece un passo in avanti. «Sei stato bravissimo, Teddy» disse sorridendo. Lo aiutò a scendere dal tavolo chiedendosi perché non l'avesse fatto Piton come la volta precedente aveva aiutato Kathleen. «Che ne dite di andare fuori a giocare, adesso?»
Kathleen fu veloce a saltare giù dal divano su cui aspettava l'amico e precipitarsi al suo fianco.
«Possiamo, mamma?» chiese trepidante, le gambe che continuavano a muoversi.
«Certo, tesoro» rispose sorridendo. «Ma non uscite»
«Evvai!» Kathleen saltò sul posto finché l'amico non la raggiunse, poi, senza un'altra parola, entrambi corsero in cortile.
Hermione scambiò un sorriso con Harry, che come lei non aveva perso neanche una mossa dei bambini. Quando tornò a guardare Piton scoprì i suoi occhi già su di sé.

«Allora, professore?» chiese con la bocca asciutta.
Piton si prese lunghi istanti di riflessione prima di rispondere. Quando lo fece la sua voce era lenta, come se stesse misurando le parole man mano che le pronunciava. «Penso che possa essere una questione di intenzione»
«Cosa intende?» chiese Harry, le sopracciglia corrugate sopra gli occhiali rotondi.
«Lupin non voleva un figlio. Era troppo terrorizzato di trasmettere la sua malattia» fece una pausa, come aspettandosi di essere contraddetto, ma nessuno intervenne. «Al contrario, Grayback non aveva altro scopo che infettare quante più persone possibile. Posso immaginare che durante... l'atto» i suoi occhi indugiarono su Hermione, ma lei strinse i denti, cercando di non mostrare emozioni «il suo obiettivo fosse mettere al mondo un altro...»
«Infetto?» tentò Harry.
«Stavo per dire licantropo, Potter, ma può andare anche la tua versione»
«Quindi non c'è soluzione?» chiese Hermione, la voce tremante e le braccia incrociate nel tentativo di nascondere le mani che si ostinavano a tremare.
«Non ho detto questo» disse Piton. «Ho solo bisogno di tempo»
Hermione lo guardò negli occhi. Come già era successo nel suo laboratorio si perse nelle sue iridi scure. Inutile ribadire quanto l'uomo le sembrasse cambiato, ma c'era qualcosa, quando lui parlava con quella voce vellutata e calma, che la faceva sentire rassicurata, tranquilla, protetta.
«Se è tutto allora» Harry fece qualche passo avanti e iniziò a parlare con il professore, ma Hermione non sentì il discorso.
 
Questione di intenzione.
Infetto...
 
Le parole dell'uomo continuavano a risuonarle in testa, conficcandosi sempre più in profondità fino a raggiungere il cuore. Hermione aveva l'impressione che se avessero continuato a spingere in quel modo si sarebbe spezzato.
 
Ma cosa abbiamo qui...
 
«Hermione, stai bene?» Ginny le posò una mano sul braccio ed Hermione annuì automaticamente, abbozzando un sorriso che voleva essere rassicurante, ma che risultò essere solo una smorfia.
«Granger, una parola ancora»
Hermione alzò gli occhi e si accorse che l'uomo era già sulla porta, aperta alle sue spalle.
«Certo.» Si avvicinò, cercando di non arrossire per la sua mancanza di buone maniere, ma non fu sicura di avere successo.
Quando fu vicina all'uomo, sull'uscio, riuscì a sentire gli schiamazzi che facevano i bambini in un angolo del cortile.
«Vorrei tenere tua figlia in osservazione, se possibile»
Hermione corrugò la fronte. «In osservazione?»
L'uomo annuì, ma non aggiunse altro. La stava guardando attentamente ed Hermione provò l'istinto di di nascondersi dai suoi occhi. Si passò una mano tra i capelli, chinando la testa.
«Le manderò un gufo...»
 
Un bel bocconcino...
 
Annaspò. «Un gufo...» Ma erano parole vuole, non ricordava come doveva finire la frase.
«Granger?»
 
Morbida, morbida.
 
«Hermione?»
 
Mi piace la pelle morbida...
 
Una mano si allungò verso il suo braccio e la respinse facendo un passo indietro. Qualcosa di duro colpì la sua schiena e il dolore riuscì a diradare la voce nella sua mente.
«Professor Piton» mormorò, ma non seppe neanche lei il motivo.
«Hermione, stai bene?» Hermione sbattè le palpebre più volte finché il mondo non tornò a fuoco. Harry la stava guardando preoccupato, una mano sulla sua spalla.
«Harry» disse, confusa.
«Hai dimenticato qualcosa, Hermione? Il professor Piton se n'è andato cinque minuti fa»
Hermione scosse la testa. «No, no, solo...» si passò le mani sulle braccia: aveva i brividi. «Stavo solo pensando»
Harry la guardò perplesso ancora qualche istante, Hermione si costrinse a sorridere.
«Va bene. Entriamo allora»
Si fece guidare in cucina e accettò la tazza di the. Pur essendo metà pomeriggio era all'improvviso stanca.
   
 
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