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Autore: apollo41    03/03/2020    2 recensioni
A undici anni dalla fine della guerra Draco ha trovato un nuovo equilibrio: è il proprietario di un negozio di successo, vive con la sua migliore amica e si gode l’anonimato che deriva dalla mancanza di una vita sociale. Certo, è consapevole di un vuoto che non sa come riempire, ma lo ignora occupando le giornate in un’inutile battaglia contro il Poltergeist che infesta il magazzino del suo negozio. Basta però che a varcare la soglia di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch sia un vecchio nemico per fargli scoprire che quel vuoto ha in realtà dei contorni ben definiti.
Dal testo:
Draco poteva sentire fisicamente su di sé lo sguardo di Potter, eppure non riuscì a distogliere l’attenzione da quel pezzo della sua famiglia che non avrebbe mai avuto l’opportunità di conoscere a causa degli errori del suo passato. Era così vicino, eppure così distante che Draco poté quasi sentire il suo cuore spezzarsi.
Teddy, nella sua totale ignoranza di chi lui fosse, gli aveva ricordato per la prima volta in molto tempo cosa di preciso avesse perso per colpa della guerra: qualcosa che neppure tutto l’oro del mondo avrebbe mai potuto dargli.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Teddy Lupin | Coppie: Draco/Harry
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo 13

 

Through all of the troubles in my life

 

Draco non avrebbe mai creduto di poter essere tanto felice da riuscire a non preoccuparsi della stampa.

In seguito al piacevole pomeriggio in compagnia di Ron ed Hermione, lui e Harry avevano ricominciato a uscire anche nella Londra magica. Inevitabilmente, un articolo accompagnato da una serie di scatti che li ritraevano mano nella mano e in atteggiamenti dolci impossibili da fraintendere, aveva speculato su quali fossero stati di preciso gli sviluppi della loro storia.

Draco aveva continuato a ricevere gufi morti sullo scalino di fronte al negozio, eppure era diventata quasi una routine avere qualcuno della Squadra Speciale che passava a recuperarli.

Era forse terrificante da ammettere, ma non lo toccava neppure più che si trattasse a tutti gli effetti di una minaccia – o che Cornfoot avesse smesso di presentarsi di persona dopo l’ennesima strigliata da parte di Saoirse per la loro totale incompetenza.

Il Ministero se ne stava comunque occupando, giusto? Solo perché non c’erano novità non significava che avessero smesso di indagare o che le indagini fossero a un punto morto.

E anche se così fosse stato, per il momento il colpevole sembrava accontentarsi delle minacce, perché avrebbe dovuto badarci quando era occupato a pensare a Harry?

Saoirse di certo non concordava con il suo voler aspettare.

Era sempre stato Draco a ritrovare i piccoli cadaveri di fronte alla porta, anche se aveva avuto la sfortuna anche lei di assistere al macabro spettacolo che presentavano. Tuttavia, la prima volta in cui era stata Saoirse ad aprire il negozio e ritrovarsi di fronte a un gufo dal petto squarciato, Draco si era visto costretto a darle la giornata libera tanto la cosa l’aveva scossa e fatta infuriare allo stesso tempo.

Saoirse aveva quasi fatto una scenata vera e propria nel bel mezzo di Diagon Alley quando uno dei tizi della Squadra di Cornfoot le aveva rifilato le stesse vuote parole che si sentiva ripetere da fin troppe settimane Draco ogni volta che si erano presentati a recuperare le “prove”.

La giornata di relax, ovunque Saoirse l’avesse passata – cosa su cui aveva preferito non indagare – non era comunque servita a farla smettere di insistere perché Draco si presentasse al Ministero per avere risposte più concrete.

Non aveva davvero tempo comunque per sciocchezze simili.

Era troppo occupato col negozio, che aveva visto l’ennesimo influsso di curiosi interessati solo a fargli domande su Harry, anche se stavolta sembravano essere più educati e gestibili. O forse con l’esperienza Draco aveva imparato a deviare meglio l’argomento parlando di scope e lucido finché il curioso di turno non si stancava e se ne andava.

E poi c’era Harry, che appena aveva un attimo libero bussava alla porta sul retro o gli chiedeva di raggiungerlo al cottage oltre la collina per passare un po’ di tempo assieme.

C’erano le loro passeggiate mano nella mano sotto le stelle, le chiacchierate seduti sul divano di fronte al camino del cottage, le colazioni nel suo appartamento dopo aver passato la notte insieme…

Draco si sentiva come se la sua vita fosse stata colpita da un raggio di sole.

Quando la mattina apriva il Profeta per scoprire l’ennesima loro foto mentre camminavano uno accanto all’altro o mentre si guardavano negli occhi, non prestava più alcuna attenzione alle bugie scritte dal giornalista di turno.

Aveva invece cominciato una piccola collezione di quelle foto.

Draco non poteva che vederle in una luce positiva ora.

Forse era perché i paparazzi li coglievano di sorpresa e le loro espressioni erano genuine, eppure quelle foto gli permettevano di vedere un lato sia di Harry che di se stesso che altrimenti non avrebbe mai notato.

Accettò perfino l’invito di Harry a unirsi a lui e a Teddy per il tradizionale picnic con Ron, Hermione e i loro figli durante la pausa pasquale. Non era del tutto sicuro che fosse una buona idea intromettersi in una delle loro tradizioni, eppure desiderava far parte del mondo di Harry ed essere presente nella vita di Teddy.

Cercò quindi di mettere a tacere le sue insicurezze e decise per una volta di rischiare.

La giornata fu, come previsto da Harry, stupenda.

Avevano scelto un parco poco frequentato in un quartiere in cui vivevano sia famiglie babbane che di maghi. Sembravano tutti familiari con la presenza di Harry, Ron ed Hermione, quindi Draco intuì che ancora una volta avessero scelto un posto in cui erano già stati e dove forse si sentivano a loro agio.

Mangiarono i deliziosi manicaretti preparati da Harry sotto i tiepidi raggi del sole di inizio aprile, seduti attorno a un tavolo un po’ nascosto.

Alla fine del pasto Teddy corse a giocare con i ragazzini più grandi su un enorme castello in legno, dove sembrava gli altri fossero già immersi in una lotta immaginaria contro un drago che si supponeva sputasse fiammate verdi – o così si intuiva dalle loro urla.

Rose, la primogenita di Ron ed Hermione che avrebbe compiuto quattro anni di lì a qualche mese, si mise a sedere nel recinto della sabbia. Nonostante comunicasse in parole a volte un po’ rotte, sembrò comandare ben presto un vero e proprio cantiere per la costruzione del castello di sabbia perfetto.

Gli adulti rimasero al tavolo a chiacchierare e Draco scoprì di riuscire a intrattenere senza problemi una conversazione perfino con Ron.

Harry aveva aperto un ponte tra di loro menzionando la memorabile partita di scacchi che avevano affrontato al primo anno per recuperare la Pietra Filosofale. Subito dopo Ron stesso aveva mostrato interesse nel negozio di Draco e ne derivò una breve discussione sui migliori modelli di scopa al momento sul mercato – non avevano concordato, ma i toni erano sorprendentemente rimasti più ragionevoli di quanto fossero stati a volte tra lui e Saoirse.

Era stato quasi naturale passare a parlare di Quidditch, cosa che fece sorridere Harry, che ogni tanto li interruppe con commenti che vennero perlopiù ignorati, mentre Hermione portava gli occhi al cielo quasi annoiata e si assicurava che Rose non diventasse troppo dispotica.

Draco rimase un po’ stupito quando Hermione si sentì tanto a suo agio da mettersi ad allattare il piccolo Hugo di fronte a loro senza alcun problema.

La cosa non lo mise necessariamente a disagio, ma gli fece chiedere comunque se il gesto le fosse costato un certo livello di fiducia nei confronti delle persone che erano sedute al tavolo con lei o di coraggio verso il giudizio di chi non avrebbe trovato la cosa molto appropriata.

Ebbe la sua risposta quando un uomo un paio di tavoli più in là disse a voce abbastanza alta che a suo parere fosse qualcosa di privato, che avrebbe dovuto fare altrove, ed Hermione per poco non si mise a discutere apertamente con lui con Hugo ancora nel mezzo del suo pasto.

Ron fu costretto a trattenerla per la spalla, ricordandole che loro figlio stesse ancora cercando di mangiare in pace e la cosa sembrò calmarla almeno per qualche momento.

Draco suppose, quindi, che semplicemente a Hermione non interessasse per nulla il giudizio altrui.

Ricordava quanto fosse stata ferita da giovane dalle sue prese in giro, ma sembrava che ora fosse così sicura di ciò che era diventata che non ci fossero insulti al mondo che avrebbero potuto scalfirla. La invidiò un po’ per quell’atteggiamento.

Aveva scacciato quel pensiero, e si era concentrato quindi su Teddy che giocava felice, le risate e le urla degli altri bambini nel parco che riempivano l’aria.

Si era abbandonato contro la spalla di Harry, che gli era seduto accanto, e si era lasciato abbracciare.

Quando rientrò nel suo appartamento ore più tardi, mentre il tramonto colorava di rosso i tetti di Diagon Alley, aveva il cuore così colmo di gioia che l’unica cosa a cui riuscì a pensare era che forse aveva finalmente un ricordo abbastanza potente per provare a lanciare un Patronus.

 

*****

Draco osservò l’Harry sulla pagina girare la testa, guardare il Draco seduto accanto a lui in modo tenero. Gli stampò un bacio a fior di labbra e poi riportò la sua attenzione nella direzione in cui Draco era sicuro il giorno precedente Teddy stesse spingendo Rose su un’altalena nelle tarde ore del pomeriggio, poco prima della fine del loro picnic.

Ron ed Hermione, il piccolo Hugo nel mezzo di un pisolino stretto tra le braccia del padre, nella foto stavano osservando a loro volta Teddy e Rose. Sorridevano e parlavano tra di loro, all’apparenza non avevano neppure notato lo scambio tra Harry e Draco.

Riconosceva perfettamente quel momento.

Era l’istante in cui aveva realizzato di aver trovato il suo posto nell’universo, di non poter desiderare nulla di migliore per sé, di voler tenere per sempre ciò che aveva trovato in quel gruppo di persone che mai avrebbe pensato avrebbero potuto accettarlo.

Era il momento in cui si era reso conto di essere innamorato di Harry.

Era il momento in cui aveva realizzato quanto, di preciso, sperasse che un giorno loro due e Teddy fossero una famiglia vera.

E ora eccolo lì. Su una pagina del Profeta, nella sezione del gossip… Il suo cuore messo a nudo perché tutti potessero vederlo e dissezionarlo, perché tutti potessero rendersi conto di quanto inadeguato Draco fosse.

Si chiese se i suoi sentimenti fossero ovvi solo ai suoi occhi o se altri avrebbero realizzato quanto di preciso fosse profondo il suo affetto per Harry.

L’articolo sembrava mettere a tacere ogni dubbio al riguardo: era lampante.

La Skeeter aveva definito l’uscita un affare di famiglia. Già speculava, tra le righe, se Harry e Draco avessero intenzione di rubare a Ron ed Hermione il titolo di power couple che per tanto tempo avevano mantenuto a detta della stampa magica inglese.

Draco sospirò.

Si chiese di preciso perché l’universo trovasse sempre un modo per rovinare la sua felicità.

 

*****

La prima cosa di cui si rese conto appena sveglio fu l’odore acre che gli riempiva le narici.

Anche senza aprire gli occhi, era conscio che la stanza doveva essere invasa dal fumo se a ogni respiro gli sembrava che i polmoni gli si riempissero di qualcosa di pesante che quasi gli impediva di respirare.

Ebbe a malapena il tempo di afferrare la bacchetta e alzarsi in piedi, quando sentì un improvviso crash di legno che andava in pezzi al piano di sotto, seguito da un urlo e infine dal familiare suono stridulo dell’incantesimo di allarme del negozio.

Cercò di concentrarsi sul suono sgradevole dell’allarme e di ignorare la sensazione di costrizione al petto che minacciava di farlo crollare in ginocchio. Quindi, barcollando sulle gambe, si avvicinò alla porta della stanza.

La punta della bacchetta accesa illuminava a malapena ciò che lo circondava, mentre il fumo rendeva impossibile distinguere davvero le forme degli oggetti.

Il sudore gli colava sulla fronte, non per colpa del calore che proveniva dal pavimento, bensì dal panico che poteva sentire già iniziare a ovattargli l’udito e annebbiargli la vista.

All’improvviso non era più nella sua stanza.

L’Ardemonio stava divorando tutto ciò che trovava sul suo cammino e avanzava veloce alle sue spalle, mentre i suoi piedi sembravano già essersi fusi al pavimento.

Il fumo che riempiva l’aria rendeva impossibile vedere la via d’uscita nel labirinto di oggetti che stavano cadendo l’uno sull’altro attorno a lui.

Era intrappolato nella Stanza delle Necessità. Sarebbe rimasto per sempre in quell’inferno di fumo e fiamme insieme al corpo senza vita di…

Una mano apparve dal nulla e lo afferrò, proprio come Harry aveva fatto quella notte.

Ma non era la stretta forte e rassicurante di Harry che lo stava trascinando al presente, era la presa delicata e altrettanto familiare di Saoirse.

A fatica, il respiro sempre più corto e affannato, riuscì a trascinarsi col suo aiuto lungo il corridoio e nella zona living, che li accolse con un’ondata di calore più intenso che quasi li sopraffece.

Il panico gli strinse la gola ancora una volta e il fumo non aiutò nel rendergli più semplice respirare, ma Saoirse gli stava praticamente affondando le unghie nel fianco nel tentativo di tenerlo nel presente mentre si sorreggevano a vicenda.

Quando riuscirono ad aprire la porta principale ad aspettarli c’era solo altro fumo che saliva dalle scale, accompagnato dall’ennesima ondata di calore e dalla luce delle fiamme che ardevano nel negozio.

Rischiarono di ruzzolare dalle scale più volte, colti entrambi dai conati causati dal troppo tossire nonostante l’incantesimo Testabolla che Saoirse aveva provato a usare su entrambi senza particolare successo.

Appena raggiunsero la fine delle scale, furono costretti a fermarsi per un istante.

Il calore in quell’area era quasi insopportabile nonostante l’aria che entrava dalla porta sul retro, che era stata scardinata e ora se ne stava abbandonata a terra di fronte a uno scaffale che si era rovesciato.

Il fumo mulinava sul soffitto, indeciso se salire dalle scale o scivolare verso l’unica via d’uscita che sembra essere al momento disponibile nella stanza.

Anche chinandosi il più possibile, l’aria restava irrespirabile e i conati li colsero di nuovo a causa della mancanza di ossigeno, che stava rendendo difficile perfino pensare.

Per un solo istante, entrambi in ginocchio ai piedi della scala, la mente di Draco fu abbastanza lucida da domandarsi come mai né lui né Saoirse avessero sentito chi l’aveva sfondata, prima di notare con la coda dell’occhio la capigliatura rossastra del Poltergeist.

I suoi capelli sembravano quasi fiamme in mezzo a quel fumo.

Il povero Poltergeist stava raccogliendo la sua preziosa polvere tra le braccia con espressione spaventata e distrutta, e se avesse avuto abbastanza aria nei polmoni, forse Draco avrebbe potuto persino ridere di quella scena tragicomica.

Saoirse gli affondò con urgenza le unghie nel fianco e con fatica si rialzarono, ricominciando a muoversi in direzione della soglia.

Avrebbero voluto tirare un sospiro di sollievo entrambi appena furono all’aria aperta del vicolo, ma era un viottolo così stretto e affiancato da altri negozi che non offriva in realtà molta aria pulita con tutta la cenere e il fumo che uscivano ancora come una nube tossica dalla porta spalancata.

Soltanto dopo aver fatto qualche passo lungo la via principale, Saoirse si concesse di lasciare la presa su di lui e collassarono entrambi di nuovo carponi sul ciottolato, prendendo grosse boccate d’aria fresca, i conati che continuavano a rendergli la mente leggera e vuota.

Draco stava ancora tossendo e cercando di riprendere fiato, quando qualcuno gli si avvicinò.

“State bene?” domandò la voce familiare di George Weasley.

Cercò di rispondere, eppure ogni tentativo servì solo a farlo ricominciare a tossire.

George lo placò poggiandogli una mano sulla spalla, soddisfatto forse che la risposta non fosse né sì, né no.

Alla fine Draco si limitò a rigirarsi per mettersi a sedere sul ciottolato quasi con la testa tra le gambe, prima di rivolgere lo sguardo verso il negozio.

Gran parte della facciata frontale era ancora avvolta dal fuoco, che sembrava avesse iniziato ad ardere anche all’interno del piano superiore, a giudicare dalle fiamme che intravedeva dalle finestre del salotto.

Se lui e Saoirse non si fossero svegliati in tempo e affrettati a uscire, forse sarebbe già morti entrambi, se non a causa delle fiamme di sicuro per colpa del fumo. Era ovvia sia dalla colonna nera che saliva verso il cielo, che dalla difficoltà che avevano ancora a recuperare fiato.

C’era una piccola folla di persone in strada che, bacchette alla mano, cercava di spegnere le fiamme.

Era un’impresa che comunque non sembrava avere molto successo per il momento.

Chiunque avesse provato a ucciderlo, aveva usato con successo una qualche maledizione, seppure non si trattasse di Ardemonio. Sembrava, infatti, che nonostante tutti i loro sforzi il fuoco non avesse alcuna intenzione di rinunciare a prendersi il più possibile del suo negozio e della sua casa.

Ancora sotto shock, si accorse a malapena quando George cercò di forzarlo in piedi.

Collaborò abbastanza a lungo per lasciarsi trascinare sui gradini di un negozio un paio di metri più lontano, forse consapevole inconsciamente che così avrebbe lasciato spazio ad altre persone che stavano arrivando ad aiutare a spegnere le fiamme.

Infine si abbandonò di nuovo a terra in modo scomposto. Era troppo occupato a osservare i sacrifici di anni andare in fumo per preoccuparsi di cosa avrebbero pensato di lui i suoi vicini.

Rimase a lungo con gli occhi fissi sulle fiamme che lentamente venivano domate, nonostante l’istinto gli chiedesse di distogliere lo sguardo.

Dopo quelli che parvero giorni interi, restò soltanto il fumo nero a ricordargli che era sopravvissuto a un altro atto di vandalismo al suo povero negozio. O forse era meglio pensare a quel gesto come a vero e proprio tentativo di ucciderlo.

Si chiese cosa ne sarebbe stato del suo negozio, ora ridotto a uno scheletro annerito e bruciato. E della sua casa, resa inabitabile dal fumo, le fiamme e l’acqua che avevano usato per spegnere l’incendio.

Qualcuno si mise a sedere accanto a lui, abbracciandolo e poggiando la testa sulla sua spalla.

Sentì delle labbra calde tra i suoi capelli e chiuse gli occhi con un sospiro.

Affondò il viso in un collo familiare e maledì il fumo che ancora gli riempiva le narici impedendogli di respirare quel profumo che sapeva sempre calmarlo.

“Sono qui, Draco. Lo affronteremo insieme.”

Draco si lasciò cullare dalle parole rassicuranti di Harry – che non voleva neppure sapere quando fosse arrivato o perché.

Era però così difficile credere che ci fosse una soluzione quando sembrava che il suo futuro fosse di nuovo stato divorato da una nuvola di fumo nero.

 

*****

Draco se ne stava seduto su una poltrona un po’ consunta e guardava senza davvero vederlo l’arazzo che ricopriva la parete che aveva di fronte.

Harry lo aveva lasciato da solo per la prima volta in ore e, per una ragione incomprensibile, da quando non era più accoccolato tra le sue braccia, si sentiva un po’ più vuoto.

Sapeva che Harry sarebbe tornato. Eppure stare in quella stanza un po’ buia e polverosa nella casa ancestrale dei Black lo stava riportando lentamente alla sensazione di panico e di solitudine che lo aveva colto quando era rimasto immobile, incapace di distogliere lo sguardo dalla facciata del negozio che ardeva.

Era sicuro che quell’arazzo non stesse aiutando per nulla a farlo sentire meglio.

L’albero genealogico della famiglia Black dava bella mostra di se stesso, ogni ramo costellato da piccole bruciature nere nei punti in cui i nomi dei traditori erano stati cancellati.

Si chiese se fosse ironia della sorte o giustizia poetica che qualcuno avesse provato quella notte a eliminare anche lui da quell’albero bruciandolo in un modo molto più letterale.

“Eccoci qui,” borbottò Harry entrando nella stanza con un vassoio in mano, prima di versargli una tazza di tè. “Bevi Draco, ne hai bisogno.”

Draco accettò la tazza e la portò al viso respirandone il profumo a pieni polmoni, anche solo per liberarsi dall’odore della cenere che sembrava gli fosse rimasto ancora addosso nonostante Harry lo avesse già aiutato a farsi un bagno e a cambiarsi.

Non riuscì a bere neppure un sorso, quindi alla fine abbassò la tazza. Tornò con lo sguardo a sfiorare i rami dell’albero, come se stesse cercando un indizio di qualcosa, seppure non fosse sicuro neppure lui di cosa.

“Ho provato più volte a rimuoverlo, era quello che avrebbe voluto Sirius. L’incantesimo che lo tiene al muro è troppo forte… In un certo senso lui e sua madre avevano reso l’Incantesimo di Adesione Permanente una tradizione di famiglia. O forse era diventata una sorta di guerra silenziosa,” mormorò Harry sorseggiando con calma il suo tè.

Sembrava consapevole che Draco non avesse nulla con cui rispondergli, perché continuò.

“Credo si somigliassero, seppure la pensassero in modo molto diverso. Magari per questo Sirius la odiava tanto. Non voleva diventare come lei.”

“Capisco quel sentimento,” rispose, la voce ancora roca a causa del fumo.

Se avesse avuto le mani libere forse avrebbe cercato di coprirsi il Marchio Nero. Seppure al momento il tessuto della maglia lo nascondesse, poteva quasi sentirlo bruciare di un dolore fantasma che proveniva da un passato lontano.

Harry si alzò, gli afferrò la tazza dalle mani e la lasciò insieme alla sua sul tavolino lì accanto. Quindi si inginocchiò di fronte a Draco e gli strinse le mani tra le sue.

“Draco, non sei mai stato e mai sarai come tuo padre. Né come nessuno di loro.”

Il tono di Harry era sincero e rassicurante, e i suoi occhi brillavano di una luce che trasmetteva soltanto affetto e sicurezza in ciò che aveva detto.

Draco rimase incantato dal suo sguardo a lungo, infine si sporse sulla poltrona per poggiare la fronte contro quella di Harry. Chiuse gli occhi e provò a svuotare la mente per l’ennesima volta dal turbinio di pensieri che l’avevano riempita.

Quando finalmente riuscì a fare un po’ d’ordine, per la prima volta ammise anche a se stesso di non poter più fare a meno dell’aiuto di Harry. La cosa non gli piaceva affatto, e si sentiva ancora in colpa a chiedergli di soccorrerlo in quel modo, ma allo stesso tempo si rendeva conto di quanto la situazione spaventasse anche Harry.

Non riuscì a non ripensare alle sue parole ancora e ancora: avrebbero avuto paura insieme, si sarebbero protetti a vicenda.

Doveva accettare che insieme significava anche collaborare e parlargli.

“Non sono sicuro che il Ministero abbia preso sul serio la situazione,” sussurrò dopo quella che parve un’eternità.

Harry aveva iniziato a carezzargli i capelli, ma erano rimasti nella stessa posizione nonostante a Draco facesse male il collo e sicuramente le ginocchia di Harry non fossero in condizioni migliori.

“Avrei dovuto parlatene prima, lo avevo promesso e ora mi dispiace non averlo fatto… Ma davvero non pensavo che saremmo arrivati a questo.”

Harry gli carezzò il viso. “Me ne stai parlando ora. È tutto okay.”

“Hanno affidato il caso a un certo Cornfoot della Squadra Speciale Magica. Non so se è solo incompetente o se ha un pregiudizio verso…” lasciò la frase in sospeso.

Harry continuò solo a carezzargli il viso, i capelli, la schiena.

“All’inizio era solo posta fastidiosa: non mi divertivo a leggerla, ma era innocua. Poi c’è stato il primo attacco al negozio e… credevo che quel Marchio gli avrebbe fatto prendere più sul serio l’investigazione. Subito dopo sono iniziati i gufi morti, ma ancora nessuna notizia dal Ministero.”

Cadde di nuovo il silenzio.

Harry si sporse di più verso di lui per stringerlo in un abbraccio e Draco, colto all’improvviso dalla stanchezza, in pratica gli crollò addosso, finendo seduto sul pavimento tra le sue braccia.
In un’altra situazione forse si sarebbe lamentato di quanto fosse scomodo in quel momento, eppure la presenza rassicurante di Harry era tutto ciò di cui aveva bisogno.

“Lo so che non vuoi che mi intrometta…” iniziò Harry dopo infiniti minuti in cui erano rimasti abbracciati. “Ma magari Ron può provare a dare un’occhiata a ciò che hanno raccolto quelli della Squadra finora. È un Auror, starebbe soltanto facendo il suo lavoro dopo quello che è successo stanotte.”

Draco nascose il viso contro il suo collo e sospirò.

Non avrebbe mai pensato che accettare l’aiuto di qualcuno potesse richiedere così tante energie.

Sapeva che Harry aveva ragione. Si rendeva perfino conto che, consapevole di quanto fosse a disagio nell’accettare di usare l’influenza della sua reputazione, avesse perlomeno cercato un compromesso.

Ron poteva considerarsi più o meno un intermediario in quel contesto, rispetto al suo presentarsi di persona al Ministero per protestare la mancanza di un’indagine soddisfacente.

Harry gli lasciò un bacio dolce tra i capelli, stringendolo più forte, quasi si fosse reso conto che aveva bisogno di un ultimo incoraggiamento.

“Non sei solo, Draco.”

Draco sospirò e infine annuì, accettando l’aiuto di Harry seppure la sola idea lo facesse sentire giusto un po’ più sporco.


Note: Welp... Almeno vi avevo avvertito che stava per arrivare la mazzata? 😬 Prossimo è l'ultimo capitolo, poi c'è solo l'epilogo dal POV Harry.

   
 
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