Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Love_in_idleness    10/05/2005    1 recensioni
Henka non aveva idea che quei lunghi discorsi avrebbero potuto dilatare una sola notte di riflessione in un'eternità destinata a svoltare verso direzioni del tutto impreviste. Altrimenti vi si sarebbe applicato molto prima. FI-NI-TA (Non vedevo l'ora di scriverlo)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Love – in – idleness

--- Ehm ehm. Siccome è un capitolo quasi interamente riscritto, ricucito ecc ecc ecc e soprattutto siccome a mio modesto parere non è riuscito un granché… ehm… vorrei giusto sapere qualcosina… mi sembra quasi… forse ho calcato troppo la mano, e se me ne accorgo io… ß stordimento colossale.

E’ anche un po’ più lungo del solito.                        

Parliamo di funerali.

 

XIV.

 

Que m’importe que tu sois sage?

Sois belle ! et sois triste ! les pleurs

Ajoutent un charme au visage,

Comme le fleuve au paysage ;

L’orage rajeunit les fleures.

 

Le mattonelle di cotto sulle quali procedevamo camminando lentamente, immersi in silenzi più infiniti di quanto le nostre capacità ci permettessero di sopportare, non erano perfettamente livellate né squadrate in modo da eguagliarsi l’una con l’altra. Separate da delle leggere lingue di cemento o calce, così rosse e ancora calde per il sole battente che di giorno le colpisce senza risparmiare nulla negli stretti punti in cui le ombre delle alte abitazioni non gettano un minimo di respiro e rinfranco, arrancavano serpeggiando per il basso monte semiarido che lambisce quella punta di costa. Immaginai che un gomitolo intricato di scalinate come quella lo percorresse per intero.

Giulio faceva scorrere la mano sui muri delle case dal ruvido intonaco rosa pesca, arancione e rosso.

Di tanto in tanto una fronda carica di foglie e di frutti, limoni, arance o susine, si protendeva verso i nostri volti, nell’incavo della scalea.

Giulio ne staccò un rametto e prese a giocherellarci come aveva fatto poco prima con l’oleandro.

L’aria, stranamente, non profumava di nulla, se non di vuoto e vacuo silenzio -così dolce e gentile nello scorrere sulle mie stanche membra-, le stelle palpitavano, vibranti, come fiammelle di piccole candele scosse da infiniti soffi di brezza d’ Espero, e la luna maestosa, ingigantita nei suoi riflessi rubino dalle percezioni della mia anima turbata ci sovrastava nella sua gigantesca mole rubiconda e ci avvolgeva nel suo calore evanescente coi sentimenti benigni di una madre.

In quel luogo dimenticato da ogni essere umano, sul quale Dio aveva magnanimamente deciso di stendere un velo di fine grazia ed imperturbabile quiescenza, non mi sentivo a mio agio.

Era come se lo avvertissi nella temperatura innaturalmente fredda. Forse avevo soltanto capito che la tempesta stava per sopraggiungere di nuovo, e violenta.

Era l’una passata, ormai.

Camminavamo senza una meta.

Credo che Giulio sapesse benissimo dove stavamo andando e dove voleva andare era esattamente il più lontano possibile da dove avrebbe dovuto portarmi. Sceglieva tutti gli angusti passaggi scavati tra le murature per proseguire il cammino. Forse lo faceva perché in quel modo, avanzando uno dietro l’altro, non potevo guardarlo in faccia.

Poi si fermò.

‘Henka…’ Mi richiamò a sé con la sua voce più sottile.

Quella volta fu atrocemente vicino al pianto, nonostante ce la mettesse tutta per reprimere le lacrime. Mi accorsi della sua voce incrinata pericolosamente ed ebbi paura e vergogna.

Lui tirò su col naso e scrollò le spalle, voltandosi verso di me.

‘Ci sono cose che mi sfuggono…’ Mi disse.

Si sedette su un gradino basso prendendosi la testa tra le mani delicate. Sentii distintamente i suoi singhiozzi.

Non sapevo cosa fare, cosa dire, come comportarmi.

Non l’avevo mai visto stare così male.

Mi sedetti accanto a lui e lo cinsi con le braccia.

Mi sentii sinceramente sollevato, come se solo ad offrirgli quel contatto ingenuo potessi arrivare a rincuorarlo più in profondità che con mille parole pronunciate male.

Le sue braccia si strinsero attorno al mio torace avvolgendomi con un calore appassionato che mi fece rabbrividire dal piacere, la mano destra stringeva fortemente un lembo della maglietta, la sinistra si insinuava tra i miei lunghi e folti capelli ricci. Appoggiò il volto nell’incavo delle mie spalle.

Potevo sentire il suo respiro irregolare che cercava di carpire l’aria, e le lacrime che continuavano a scendere copiose dai suoi occhi smeraldini, le sue labbra umide increspate in una smorfia di disperazione premere contro la pelle vellutata del mio collo.

‘Non sarebbe dovuta andare così…’ Sussurrò tra i gemiti.

Sensi di colpa.

Atroci, miserevoli, crudeli, feroci, riprovevoli, esulceranti sensi di colpa.

Ecco cosa lo affliggeva.

La vista di suo padre e della sua compagna, l’amarezza suscitata nel suo cuore fragile da ricordi tanto deprecabili. E non mi era nemmeno venuto in mente.

Lo stavano dilaniando, lo laceravano quei maledetti sensi di colpa.

Li odiavo.

Odiavo tutti, e tutto il mondo, perché l’avevano portato all’esasperazione. E odiavo anche me per non essere stato abbastanza sensibile ed attento.

Tutto era squallidamente corrotto e macchiato dall’imperfezione, e lui, che era l’unica persona che avessi mai conosciuto ad essere rimasta immune dalla tragedia, stava sfiorendo per l’unica sua colpa di aver tentato di continuare a combattere.

Era una follia.

Bisognava apporvi la parola fine.

Gli accarezzai i capelli con delicatezza e gentilezza.

Lasciate che vi spieghi alcuni particolari fondamentali della vita di Giulio ed un episodio che lo segnò in maniera irrimediabile: la morte della sua vera madre.

Conosco molto bene la faccenda per intero perché ero già in Italia quando accadde, e vivevamo insieme. Era successo una domenica sera, ed era stato per suicidio. Lei aveva ingerito più antidepressivi di quanti il suo organismo avrebbe potuto sopportare.

Posso giurarvi come gli fosse crollato il mondo addosso, assieme a tutto il suo insopportabile ed opprimente peso, e per dei giorni smise di essere il mio Giulio per diventare la brutta copia melanconica ed apatica di Giulio, solo letto e cimitero.

Ho sempre sospettato che il trauma non gli fosse mai passato.

‘… non l’avevo fatto apposta.’ Non stava cercando di convincere me, che ci credevo più di quanto lui stesso facesse. Tu non hai idea di come mi senta responsabile… tutte le volte che cerco di figurarmi mia madre nel momento del suo massimo splendore e della sua bellezza mi si insinua il ricordo di lei nel feretro, i lineamenti devastati.

Cosa vuol dire? Sai, in quel momento l’unico mio pensiero, nella camera ardente piena di fiori colorati che stonavano miseramente col mio lutto, è stato che per me la Morte avrebbe sempre avuto quel volto sciupato, quegli stessi occhi infossati, quelle labbra screpolate, quella pelle solcata da mille rughe… mia madre è il mio simulacro della Morte, perché non l’avevo mai vista, e non vedrò mai più nulla che le si avvicinerà tanto!

E poi c’erano quelle persone che mi facevano le condoglianze, e magari non mi avevano mai visto. Ipocriti! Io li odiavo, tutti quanti. Non avevano rispetto per le singole tragedie umane che si consumavano sotto i loro occhi, perché non erano in grado di viverle. Non era vero che si addoloravano e si dispiacevano. Volevo stare solo nel mio dolore e loro mi assicuravano di condividerlo. Li avrei uccisi tutti uno dopo l’altro e avrei finalmente potuto celebrare un sobrio funerale solo con la mia profonda angoscia dilaniante. Avrei preso le loro teste e le avrei fracassate tutte violentemente, sbattendole una con l’altra, perché mi faceva schifo la loro compassione, mi disgustavano quei maledetti sorrisi di circostanza, o quello sguardo prontamente abbassato, la voce debole con cui mi parlavano, come se lei stesse semplicemente dormendo nella sua comoda bara foderata in seta rossa!

E quei medici che me l’avevano accudita di nascosto?

La medicina è inutile, profondamente. A volte non serve. Servirebbe Dio. A cosa servono i medici se non possono curare né il corpo né l’anima dei loro pazienti?

Serve solo Dio, e l’aiuto di Dio, di tutti i suoi angeli confortatori, ma in momenti come quelli non si crede a niente.

La medicina non serve.’

‘Avresti avuto un’aspettativa di vita molto più bassa, Giulio. Ci pensi? Tua madre avrebbe perso molto tempo.’

‘Gli ultimi giorni non era cosciente. Il coma mi impediva di parlarle.

Sai cosa significhi pregare Dio di uccidere una persona che ami perché non sopporti di vederla spegnersi lentamente e tra atroci sofferenze giorno dopo giorno, e presentarti davanti a lei, che forse sente tutto e ti ascolta con patetica rassegnazione perché nemmeno riesce a parlare mentre tu la conforti? Vedere la sua pelle fresca e tonica incresparsi in mille rughe e la malattia deformarla, ed ognuna di quelle sue sciagure rappresentare un dolore patito per una causa persa? È questo che mi ricordo! Il suo corpo morto che continuava a conservare la sua splendida anima, e l’anima recitare la sua preghiera silenziosa affinché qualcuno ponesse fine a tutto quel delirio, affinché la lasciassero morire in pace e le permettessero di guadagnarsi il suo tranquillo Paradiso indolore!’

‘Hai sperato davvero che morisse?’

‘Cosa mi restava da fare? Meglio morire subito che –‘

Appoggiai la mia guancia contro la sua fronte calda.

‘Immagino sia umano. Naturale. Una sorta di difesa immunitaria non-specifica. Lo farebbero tutti. In fondo hai pensato a lei, non a te, che te ne saresti rimasto qui, col rimorso e la patetica nostalgia del lutto. Ma sono solo frasi fatte. La verità è che vorrei entrare dentro al tuo bel corpo e strapparti quel tumore che ti divora, anche facendoti male. Lo vorrei davvero. Ognuna delle metastasi che ti arreca danno.

Ti stai facendo diventare il sangue amaro.’

‘Sono sanissimo. Questa mi è sempre sembrata una beffa. Anche mio padre è sanissimo e  un sacco di persone che meriterebbero la morte più di lei.’

‘Se aspetti la giustizia, allora hai molta strada da fare. La Giustizia divina non è per i mortali, unicamente per le anime dell’oltretomba.’

‘E questo dovrebbe rincuorami?’

Scrollai le spalle. ‘Dovrebbe farti credere che se ti impegni per raggiungerla hai ancora la possibilità di arrivare ad un punto di ricongiunzione con tutte le persone che hai mai amato e ti hanno abbandonato per seguire i progetti del destino.’

‘Parli così perché non hai mai sperimentato di persona una perdita vera.’

‘No, hai ragione.’

‘Henka mi è venuto freddo…’ In effetti stava rabbrividendo, così strinsi ancora di più l’abbraccio appoggiando il mio mento appuntito contro la sua schiena dritta.

Mi sembrava un contatto magnifico, diverso da tutti quelli che avevamo mai avuto, più sentito e sincero.

Lui si era spostato sedendosi sulle mie gambe e ora mi stava accarezzando la schiena.

Lo adoravo.

Gli chiesi se voleva andarsene.

‘No. No, rimaniamo qui ancora un po’.’ Mi rispose.

E così lasciai che continuasse a scorrere le sue mani tra i miei capelli, come se la soddisfazione di un semplice gesto che aveva in sé qualcosa di puro e perverso insieme lo potesse sollevare o distrarre da tutti i suoi innumerevoli pensieri catastrofici.

In realtà mi piaceva.

Credo potessero essere trascorse delle ore, seduti su quel gradino.

‘Non me lo spiego. Secondo te perché io non riesco ad adattarmi al flusso della corrente, e mi attacco in maniera morbosa a te?‘

‘Non ha importanza. Forse ti ci vorranno cent’anni per capirlo.‘

Le sue dita mi arricciavano una ciocca di capelli. Doveva sempre muovere le mani quando era agitato o in imbarazzo, e in quel momento, lo intuivo, avrebbe tanto desiderato farsi un altro veloce bagno in mare.

 

 

--- Mm… che brutta bestia. Ormai il trauma è passato (credo). Non guardate mai nelle bare, ragazzi, altrimenti finite per ridurvi come me.  Voi lettori siete come delle palline anti-stress, posso spremervi e sfogarmi V___V. Sorry. Detto così sembra davvero pessimo…

Zero, se vogliamo dirla tutta la mia crociata per il vocabolario (umiliato, sottostimato, bistrattato)  è qualcosa che mi pervade nel cuoricino. Perché devi sapere che nella nostra caserma-scuola per quindici e passa classi abbiamo UN solo vocabolario risalente al primo conflitto mondiale, più o meno. E allora non dovrei farne un caso politico? Mi batto per i vocabolari. Non ci vuole tutta la tua innata filosofia (che vedo proprio da lontano) per capire che non si può pretendere di imparare l’italiano senza un vocabolario. E l’italiano è la lingua più bella del mondo. E poi… Perché il fatto che io studi finlandese sembra a tutti una cosa stupida, inutile, scellerata (però nessuno aveva ancora detto: “masochista”)? Ma nel caso andassi in Finlandia dovrò pur sapere il finlandese, no? Altrimenti come faccio a farmi capire? Il finlandese mi ricorda l’elfico. È una lingua meravigliosamente musicale che per me vale assolutamente la pena imparare. Mica sono l’unica pazza, qui ^_^, Invader ha addirittura scritto una poesia in giapu… io non arrivo a tanto per ora. Non riesco nemmeno a fare la costruzione possessiva T___T ci vuole l’adessivo, … sigh… i finlandesi non hanno il verbo avere!!! Aaaaaaaaaargh!!!

Comunque: EINE TRAGODIE… (FAUST, URFAUST der tragödie zweiter teil. No, scherzo, non prendetemi sul serio)

Ho scoperto che lo scritto d’inglese comincerà esattamente il giorno e l’ora in cui apriranno i cancelli del Gods of Metal. dio, che tristezza. Mi sento veramente così trissssssssssste… sniff… se c’è un bolognese tra voi vada al Gods per me, per favore. Bologna=Gods= due giorni di full immersion nel puro metal= quest’anno ci saranno pure gli Iron… e invece… esame della British. Queste coincidenze mi fanno pensare che il destino avverso e ingrato mi stia simpaticamente prendendo in giro ^___^’’’. Voglio andare al Gooooooooooooods…

 

Al prossimo chap postato sempre più puntualmente. ^_^

 

Die schwarzen Witwe.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Love_in_idleness