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Autore: lunatica91    03/03/2020    1 recensioni
-Dov'è che vuoi andare te?-
-Ad un larp.-
-Sì, ok, ma dove hai detto che si svolge questo larp?-
-In un bunker.-

Un gioco può cambiare anche la realtà? Ma infondo, cosa è reale e cosa un gioco?
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Come sempre, scusate il ritardo.
Sappiate che siamo ormai alla fine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo. 
Buona lettura! ^^



 

Giorno 2





Quando dormi fuori casa sei preparato alle scomodità: il letto troppo duro, il cuscino che sembra una sottiletta, i turni per andare in bagno. Dopo un po' ci si abitua anche a questi piccoli fastidi, ma dormire in un bunker è decisamente tutta un'altra storia.

Il mio dormitorio era il più affollato e anche quello messo peggio, in linea con il background del personaggio. In poche parole, i ricchi avevano le agevolazioni e gli altri il contentino.

Nel complesso, il mio letto non era malvagio, ma ciò che mi urtò profondamente fu passare dai circa 35 gradi di Agosto ai 12 di un bunker umido e polveroso. Non riuscii praticamente a dormire dal freddo che patii quella notte e, giuro, una parte di me fu tentata di infilarsi nel letto del fantomatico marito.

Oltre a questo e nonostante le precauzioni con tappini di gomma ormai largamente collaudati, per tutta la notte ci fu un concerto esattamente accanto al mio letto. Leggenda vuole che lo abbiano sentito anche nell'altro dormitorio, con un pesante muro a dividerci.

Io e Dirac ci svegliammo. Parlo al plurale perché tecnicamente non ci dovevano essere pause in questo larp, dunque anche durante la notte si doveva rimanere in gioco. Decisamente troppo difficile per me, ma finsi e nessuno se ne accorse.

Unica parte divertente di quella nottata disastrosa fu il risveglio di mio marito: un sonoro strappo echeggiò per il tunnel buio, seguito dal suo -Oh oh.- più esaustivo che si possa immaginare.

-È quello che penso?- chiesi trattenendo a stento le risate.

Lui annuì imbarazzato, tenendosi una mano sui pantaloni.

Be', forse quella giornata non sarebbe stata un completo disastro.

 

Il laboratorio fu preso d'assalto quel giorno: medici, ispettori, educatori, giornalisti. Sembrava che tutto il mondo dovesse girare attorno a noi, ma da bravi topi di laboratorio quali eravamo, iniziammo a stancarci molto presto delle continue interruzioni e iniziammo a mandarli via senza troppe cerimonie.

Quella fu una delle cose che mi stupirono: i gruppi di cui facevamo parte, anche se solo per finta, iniziarono a diventare davvero parte di noi. Per esempio, noi scienziati iniziammo a comportarci in modo spocchioso e analitico verso tutto ciò che entrava nel nostro spazio vitale. Fu davvero buffo far parte di questo gruppo che provava ad analizzare qualunque cosa gli passasse sottomano, per il nome della scienza.

Ma un altra cosa che notai fu come qualcuno, invece, non la visse come un gioco.

Newton, durante la mattinata, ci prese tutti da parte per parlare.

-Ragazzi, la ragazza che fa Einstein ha avuto un piccolo collasso.-

All'improvviso vidi realmente le persone con cui stavo passando il mio tempo. Le facce in un qualche modo cambiarono e, sotto alla nostra maschera, riuscii a scorgere vera preoccupazione.

-Ma si è sentita male?- chiese Curie.

-No no, tranquilli. È che si è sentita troppo sotto pressione per essere il supervisore: i vari compiti e la gente che le chiedeva continuamente cose, l'hanno destabilizzata.

-Lo immaginavo.- fece Faraday con voce grave -Questa mattina quando ci siamo alzati l'avevo vista abbastanza agitata e poi è scappata via.-

Newton annuì.

-Magari cerchiamo di andarci piano con lei, anche se i vostri personaggi dovrebbero essere antipatici, almeno per un po' cerchiamo di trattenerci.-

Non dovette ripetercelo e, appena Einstein tornò, la aiutammo in ogni modo possibile. Mi dispiaceva che qualcuno avesse preso così sul serio un gioco, ma potevo anche capire la pesantezza e l'ansia che comportavano il non vedere la luce del sole e il poco cibo. Capii che nessuno in quel finto mondo voleva davvero intralciare qualcun altro: anche a discapito della trama, se un giocatore non si sentiva a proprio agio, si cercava di venirgli incontro per fargli comunque provare una buona esperienza di gioco. Lo trovai molto bello e questa nuova scoperta mi mise un po' di gioia addosso, togliendomi un po' della stanchezza.

 

Buona parte del pomeriggio la passai in laboratorio ma, questa volta, mi sforzai di rapportarmi con mio marito. Dirac era ancora infuriata, io meno. Dopotutto, non potevo certo far finta di non avere nessun rapporto! Così mi sforzai di scendere e affrontare a muso duro la questione.

-Vado a parlare con mio marito, colleghi.- sbottai improvvisamente -A più tardi.-

Sentii chiaramente varie risatine soffocate e anch'io cercai di mantenere quesll'austerità che mi ero imposta e scesi marzialmente le scale.

Fu buffo vedere i colleghi chiamarlo appena mi scorsero all'entrata dell'intellligence ma Dirac, ancora una volta, non lo trovò buffo. Lei, fiera e caparbia, teneva un'espressione granitica.

Ascari si avvicinò timidamente, mantenendo il personaggio, e ci allontanammo per parlare. Questa volta riuscimmo a rapportarci meglio: Dirac, nonostante le fracciatine pungenti, cercava di ascoltare Ascari che, pur rimanendo piuttosto remissivo, iniziava a far sentire la sua voce. Apprezzai molto il dialogo, vidi una luce di speranza per quel rapporto disastrato. Forse mi ci rividi e decisi che, dopotutto, avrei potuto dare anche una possibilità a quella strana coppia.

Ed è qui che feci il mio primo errore: io, giocatrice, dovevo starmene in disparte, non era la mia storia, io dovevo solo farla evolvere, non dovevo intromettermi. Ma l'avrei capito più avanti, i larp, scoprii, sono ottimi insegnanti se li si lascia spiegare.

 

Il ballo serale mi aveva creato disagio fin da subito: non volevo assolutamente parteciparvi. Il vestito l'avevo portato, addirittura i tacchi, ero comunque pronta ad assistere a quell'evento e, insieme a Dirac, a rimanervi in disparte. Quel pomeriggio avevo accennato la cosa ad Ascari e anche lui mi era parso d'accordo.

Dopo cena ci cambiammo, chi nei fantomatici bagni chimici e chi nel buio dei corridoi polverosi. Torce e luci vari rispecchiavano un magico teatrino di “vedo non vedo” tra seta e tulle vario. Lo trovai in un qualche modo poetico. E apprezzai che nessuno si sentisse in imbarazzo per la situazione, anzi: notai molta gioia e aspettativa mentre in lontananza, tra i vari tunnel, iniziavano ad echeggiare le musiche di note canzoni anni '50.

Dirac e Ascari si guardano mentre sono tutti eleganti e, nuovamente, sento che qualcosa stona, qualcosa è tirato, non funziona. Cos'è che non funziona?

-Allora, come sto?- mi chiede Ascari con un sorrisetto presuntuoso.

A Dirac da' fastidio, ma io sono troppo stanca per ribattere e non ne ho voglia. Gli sorrido e mi complimento e aspetto un suo giudizio, che non arriva. Oh sì, sicuramente direte che non avrei dovuto prendermela se un tizio a caso non ha detto che sono carina. Ma almeno un piccolo complimento avrei voluto riceverlo, anche se finto avrei apprezzato un “Sei carina” da Ascari, ma nulla. Lui ha preteso un giudizio, ma non ne ha dati a me e questo mi ha ferita, ci ha ferite.

 

 

Il ballo inizia e, ancora arrabbiata, mi rifiuto di ballare e mi eclisso mentre Ascari decide di parlare con dei colleghi.

Provai a farmi strada verso il tavolo delle bibite e riuscii miracolosamente a procacciarmi un bicchiere. Annegare i dispiaceri nell'alcool non era proprio il mio ideale di serata, ma nemmeno di mostrare quanto fossi poco portata per la danza, dunque mi infilo in un angolo per guardare la folla.

È sempre Faraday a risollevarmi il morale. Anche lui è nel mio stesso angolo a fissare gli altri ballare senza nessun desiderio di raggiungerli e Dirac è pienamente d'accordo. Quindi si trovano lì, a fissare la folla e a chiacchierare, e senza volerlo si inizia a scherzare.

-Ma dimmi- chiede Farady con un sorrisetto -tu che sei sposata, esattamente come funzionano le Licenze di Nascita? Cioè, c'è una stanza in particolare dove si può... ecco... avere della privacy?-

-Ah, non ti so dire.- risponde Dirac piccata -Mio marito non vuole usufruirne!-

-Allora a chi potremmo chiedere? Forse Curie?- ridacchia Faraday, sul pezzo.

-Già, lei lo sa, con due figli! Ma chi vuole solo informarsi, dove va?-

-Mmm... Forse i tizi dell'archivio hanno dei materiali?-

-Oh mamma! Non so se voglio davvero vedere quei documenti! Chissà quando sono stati usati!-

Ora però non è sempre Dirac a parlare: le battute che vengono fuori sono decisamente fuori luogo e poco adatte all'epoca ma ci fanno talmente ridere che continuiamo e continuiamo, tanto da aggiungere ai nostri discorsi assurdi e parodistici altri nostri colleghi. E questo mi rende davvero felice e mi fa divertire.

Poi appare Ascari. Provo a coinvolgerlo nel discorso, ma lui sembra confuso e leggermente contrariato dalle nostre risate. Questa volta però, non voglio assolutamente perdere la felicità ritrovata, così lo lascio stare, non lo invito più ad unirsi e solo quando me la sento, decido di raggiungerlo per chiacchierare un po' da marito a moglie. Ovviamente rimasti soli smettiamo di ruolare e diventiamo nuovamente le persone che siamo, e mi accorgo a quel punto che io e lui non siamo compatibili: ci siamo impegnati e ce l'abbiamo messa tutta, ma proprio non siamo fatti l'uno per l'altra e, purtroppo, questo si vede. Lui si mette a chiacchierare e io lo ascolto, conscia che lui si stia divertendo meno di me, che è stanco e non vede l'ora di tornare a casa. In quel momento penso di voler tornare da Faraday e dai miei colleghi perché, nonostante ogni tanto con loro io esca fuori dal personaggio, la maggior parte del tempo mi sento a mio agio con loro.

La festa finisce con un altro allarme e io inizio a trovare salvifici quei suoni inquietanti...

 

   
 
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