Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    04/03/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Ja’far sbrigati, la nave di Rashid ci aspetta!-
Ja’far sbuffò seccato, alzando lo sguardo su Sinbad. -Sin, piantala. Rashid ci aspetta al largo, non ha intenzione di scappare, fammi allattare.-
Judal ridacchiò, svaccato sul divano con un libro aperto poggiato sulla pancia, più interessato all’eccitazione di Sinbad che alla lettura.
Quella mattina era iniziata come qualunque altra, con Ja’far che dava da mangiare a Robin, lui che preparava la colazione e Sinbad che si vestiva.
Poi avevano bussato alla porta, e Sinbad era andato ad aprire, mentre Judal restava in cucina e Ja’far badava bene a non farsi vedere.
“Un messaggio per lei” aveva detto un giovane paggio, porgendogli una lettera con riverenza, quasi con rispetto. Dall’atteggiamento così devoto pareva evidente che fosse nuovo. Sinbad ringraziò educatamente, chiudendo la porta e raggiungendo Ja’far sul divano, aprendo la busta.
C’era un silenzio piacevole, rovinato solo dal poppare di Robin, finché Sinbad non balzò in piedi, nello stesso momento in cui Judal entrò in salotto con un vassoio con la colazione.
-Ja’far, Ja’far!- strillò il re di Sindria scrollandolo per una spalla, e ricevendo una ben poco delicata sberla sulla mano: stava allattando, che diamine!
Sinbad non darci peso, esibendo un grosso sorrido -È di Rashid. Passerà qui vicino questo pomeriggio con una nave, non ha il tempo per passare di qui, ma propone d’incontrarci al largo dell’isola.-
Ja’far alzò gli occhi sull'alpha, allungando una mano per prendere la tazza di tè che Judal gli porgeva -Vai a salutarlo, è da molto che non lo vedi.- suggerì Ja’far senza particolare inflessione, concentrandosi più sulla colazione che su Sinbad, ma di nuovo l’alpha non se la prese a male, avanzando e prendendo Ja’far per le spalle.
Sembrava un bambino emozionato all’idea di rivedere un parente particolarmente generoso nel dare mance, ma se non avesse smesso al più presto di infastidire Ja’far mentre allattava sarebbe morto fra atroci sofferenze.
-Ja’far andiamo, Rashid è uno dei pochissimi che sa di noi, devi venire anche tu, e dobbiamo portare pure Robin.-
Ja’far appoggiò la tazza sul divano, scostandogli le mani con attenzione, badando a non dare fastidio a Robin.
-E chi resterà qui? Pensi che quando i generali sapranno che Rashid è qui non vorranno andare a salutarlo?-
Sinbad non ci badò, ancora troppo entusiasta -Pisti e Spaltos non lo conoscono quasi, non credo gli interessi venire, e poi saremo a breve distanza, se ci saranno problemi torneremo qui in un secondo. Andiamo!- implorò inginocchiandosi ai piedi del divano e prendendogli la mano in atteggiamento di supplica.
Ja’far lo guardò truce, seccato per il fatto di non riuscire a mangiare in pace, e sottrasse la mano dalla stretta.
-Come pensi di arrivare a quella nave? Prendere una nave apposta vuol dire rallentare i commerci o la pesca, non se ne parla. Tu puoi arrivarci in volo con la magia mutaforma, ma noi abbiamo bisogno degli uccelli giganti di Altemyula, e l’unica a saperli comandare è Pisti.-
Sinbad non parve interessato dalla cosa -Judal, pensi che Koumei avrebbe problemi a sorvegliare per un giorno l’isola?- domandò e Judal scosse il capo. -Non credo.-
Sinbad sorrise soddisfatto -Ottimo, così ti potrò presentare Rashid.-
Ecco, lì gli oppositori divennero due -Sinbad, stai scherzando vero? Io non vengo. Nel caso te ne fossi dimenticato sono oltre il nono mese, Irene dice che il bambino potrebbe nascere in qualsiasi momento, di certo non vado a bordo di una nave a chilometri e chilometri da qui. Conoscerò Rashid in un’altra occasione.- disse secco, e Sinbad si rabbuiò. Lui avrebbe visto Rashid, e sul suo orgoglio di alpha uno o meglio ancora entrambi i suoi omega lo avrebbero accompagnato.
 



-Dai Ja’far, muoviti!-
L’omega ringhiò irritato, sistemandosi la tunica e prendendo in braccio Robin, imbacuccato con un cappottino fin troppo pesante per essere maggio.
-Andiamo, Pisti e gli altri sono già qui fuori ad aspettarci!-
Ripetendosi mentalmente “di solito ami questo pirla, non puoi ammazzarlo” scaricò il figlio in braccio a Sinbad con decisa fermezza, salendo a prendere la borsa con tutte le cose del bambino.
-Judal, sei certo che vada bene?- domandò per l’ennesima volta, ignorando i generali che lo attendevano tutti sul terrazzo, gli enormi uccelli di Altemyula appollaiati sulla ringhiera di pietra, in attesa di trasportarli alla nave.
Judal annuì, non particolarmente sorpreso di sentirsi porre quella domanda per la quarantesima volta, chiudendo il libro con dentro l’indice per tenere il segno.
-Tranquillo, sono già una settimana oltre il termine, se il bambino ha atteso fin ora può aspettare ancora un pomeriggio, e nel caso decidesse di nascere chiamerò Yamuraiha e vi avviserò.-
Ja’far sorrise, mentre alle sue spalle Sinbad scalpitava per andare. Il magi ghignò -Koumei sarà qui fra poco, vai.- e si raddrizzò baciandolo all’angolo della bocca.
Bastò perché Ja’far diventasse color peperone e se ne andasse.
 


 
-Rashid, che bello rivederti, quanto tempo è passato?- domandò Sinbad atterrando sul ponte e abbracciando l’uomo, il re di Balbadd, il suo mentore e suo secondo padre.
Quello sorrise, quello sguardo sempre saggio, staccando una mano dal bastone da passeggio e poggiandola sulle spalle di Sinbad.
-Un re ha i propri impegni e una facciata da mantenere, se ti facessi vedere troppo spesso in mia compagnia i tuoi alleati potrebbero diventare gelosi.-
Sinbad sogghignò, come i generali atterrati alle sue spalle.
-Tutto a posto a Balbadd?-
-Oh sì, c’è anche un matrimonio in programma a breve.-
-Davvero? Beh, congratulazioni.- si complimentò Sinbad, attendendo che anche Rashid gli ponesse la medesima domanda. Non dovette attendere molto.
-E a Sindria come va?-
Sinbad ghignò, e Sharrkan rispose prontamente al suo posto.
-Benone ora, anzi, penso che questi due abbiano qualcosa da dirti- disse dando una violenta manata sulle spalle a Ja’far che non aspettandosi una mossa simile incespicò nei propri piedi senza comunque cadere, ma girandosi di scatto ed afferrando Sharrkan per le catenelle che portava al collo, la punta di uno dei coltelli premuta contro la sua gola.
-Tu fammi cadere ed io ti ammazzo.- minacciò Ja’far, mentre Rashid domandò spiegazioni a Sinbad, piuttosto incuriosito da tutta la vicenda.
-Beh, non è una gran cosa- disse Sinbad con voce minimalista, allungando una mano alle proprie spalle verso Ja’far, che sospirò liberando Sharrkan ed avvicinandosi ai due re.
-Ho giusto avuto un figlio.- completò come se nulla fosse, prendendo il piccolo dalle braccia di Ja’far e mettendolo sotto il naso di Rashid.
L’altro re quasi si strozzò con la propria saliva, fissando sorpreso il principino che si guardava intorno curioso, storcendo il naso forse infastidito dall’aria salmastra.
-Scrivermi ti pareva così impegnativo?- chiese il vecchio alpha avvicinando un dito alle mani di Robin, che prendendolo per un nuovo gioco lo strinse, cercando subito di portarselo alla bocca.
Sinbad sorrise e così Ja’far -Mi dispiace, sono stato un po’ preso.-
-E pensa quanto lo sarai fra una settimana o due.- rise Hinahoho alle sue spalle, facendo aggrottare le sopracciglia a Rashid: per un uomo composto e serio come lui quel giorno si stava rivelando decisamente pieno di sorprese.
Accarezzandosi la nuca con fare lievemente imbarazzato diede la seconda grossa news al re -Aspetto un secondo figlio.-
Ancor più perplesso di prima Rashid lo squadrò in attesa di spiegazioni, sottraendo delicatamente il dito dalla presa di Robin.
E così il racconto ebbe inizio.
 
 

 
-Sono andati tutti? Ma cosa gli passa per il cervello?-
Judal non gli rispose troppo concentrato sulla respirazione.
-Hai provato a chiamarli?-
-No- disse fra i denti, masticando insulti verso Koumei, che in piena crisi di panico continuava a fare avanti e indietro per la stanza, causandogli anche un gran mal di testa.
-Spaltos dovrebbe essere rimasto qui con Sofocle, e credo che anche Myron sia qui.- disse quasi annaspando, in un momento libero dalle contrazioni.
Koumei si buttò a terra, praticamente ai suoi piedi, completamente fuori di sé -Judal, cosa facciamo?-
Beh, o la piantava o Judal gli avrebbe dato uno schiaffo, tanto per iniziare.
Prese un profondo respiro, poi un secondo, e quand’ebbe aria a sufficienza espose il suo piano a Koumei.
 
 


-Mh, comunque Rashid, chi è che si sposa?-
-Il mio terzo figlio, Alibaba. Dopo anni ha rincontrato un suo vecchio amico dei bassifondi, e si sono messi insieme. Adesso stanno combattendo per migliorare la vita della classe povera, e devo dirti che stanno facendo un ottimo lavoro.-
Sinbad sorrise, un gomito poggiato sul tavolo e il mento nel palmo della mano.
-E pensi di cedere loro il trono?-
Rashid scrollò le spalle -Non ora, ma con il tempo si vedrà. Sono giovani, prima di dover governare lascia che si divertano un po’.-
 


 
-Judal, continua a respirare.-
-Koumei, non rompere i coglioni e sbrigati.- ansimò appoggiandosi al muro, tormentato dall’ennesima violenta contrazione. Decisamente sapevano essere più dolorose di quelle false.
-Non lo trovo.- si lamentò il principe, continuando a spostare con malagrazia spade, gioielli e altri preziosi.
Del tutto spazientito si staccò dal muro, entrando nella camera del tesoro di Sindria e richiamando con un incantesimo il ventaglio di Koumei.
-Ora, prendi quel fottuto coso e muoviamoci, se mi fai stare qui ancora un secondo ti ammazzo.-
 


 
-Sicuro che non sia un problema?-
-No, avevo preventivato di fermarmi di meno, ma c’è un bel vento, possiamo permetterci di cenare con tutta calma, se voi non avete urgenza di rientrare.-
Fermarsi anche a cena, a lui sarebbe pure piaciuto, però…
-Scusa Rashid, ma non possiamo lasciare solo Judal così a lungo.- s’intromise Ja’far, e Sinbad sorrise mestamente.
Poi ci ripensò -Ma Ja’far, perché no scusa?-
L’omega lo guardò storto -Sin, non fare storie: no. Se Judal avesse qualche problema?-
-Avrebbe chiamato Yamuraiha.-
-Oh sì, Yamuraiha che è devastata dal mal di testa?-
Sinbad lo guardò speranzoso, poggiandogli una mano sulla spalla -Ti prego.- disse solo, e Ja’far sospirò, cedendo.
 


 
-Ci siamo, inizia a spingere.-
-Cosa? Non posso Irene, non posso, loro non-
-Non puoi fermare un parto solo perché il tuo alpha non è qui!-
Una nuova contrazione lo aggredì, ed istintivamente strizzò gli occhi e strinse i denti, stritolando al contempo la mano di Koumei.
Nonostante avesse provato più volte a chiamare Yamuraiha, quella non aveva mai risposto, mettendolo in quell’orrida situazione.
-Non puoi aspettarli, non essere scemo, spingi!- intimò la donna, piegata ai piedi del lettino a controllare i progressi del bambino, mentre Koumei al suo fianco cercava di sostenerlo, e probabilmente per farlo si era guadagnato una necrosi alla mano.
Respirava per modo di dire, erano più rantoli e affanni che non respiri. Allentò appena la stretta sulla mano di Koumei, con grande sollievo del principe, poi sopraggiunse un’ennesima contrazione, e di nuovo Judal strinse la presa, rifiutandosi ancora di spingere.
-Senti- disse Irene, alzandosi e guardandolo a dir poco incazzata -che tu spinga o no le contrazioni continueranno e il bambino uscirà lo stesso, ma se spingerai durerà meno e il piccolo rischierà meno problemi: tu cosa preferisci?-
Alla contrazione seguente, infine il magi spinse.
 


 
-Grazie Rashid, sono felice di averti rivisto.-
-Pure io- sorrise il re al lume delle torce poste sul ponte, reggendosi in piedi con il sostegno del fedele bastone -Per quando avremo concluso l’affare prometto di passare da Sindria, così mi presenterai anche il tuo secondo figlio.-
Sinbad sorrise, mentre Ja’far si sistemò meglio il piccolo Robin in braccio, beatamente addormentato.
-Allora spero di vederti presto.-
-Lo spero.-
Ja’far sbuffò: quando vedevano Rashid puntualmente Sinbad s’incantava e pareva non voler più tornare alla realtà. Era dolce come cosa, ma non era quello il momento per trattenersi. Aveva una brutta sensazione, come se ci fossero guai in vista, e purtroppo il suo istinto sbagliava di rado.
-A presto Rashid.- ripeté prendendo Sinbad per un gomito e trascinandolo verso l’uccello.
Con un agile balzo il re saltò in sella all’animale, mentre lui protese la mano libera verso il compagno, che capita l’antifona lo tirò su, facendolo sedere di fronte a lui e stringendogli un fianco attorno alla vita così che potesse dedicarsi unicamente a reggere Robin.
Si udì un acuto fischio, frutto del flauto di Pisti, e tutti gli uccelli presero il volo, riportandoli verso casa.
 


 
-Vedo la testa, ci sei quasi!- lo incoraggiò Irene e Judal affannato rise: il dolore faceva strani effetti.
-Forza Judal, ci sei quasi, fatti coraggio, sei-
-Se tu parli ancora Koumei- ringhiò -io farò di te un uomo morto.- poi una nuova contrazione, e la voglia di parlare lo abbandonò.
Cominciò a spingere, del tutto dimentico dei propri amatissimi capelli che avevano vita propria, sudati e appiccicosi come mai prima di quel momento, la faccia viola per lo sforzo di spingere sommato all’apnea.
-Ci sei quasi!- lo incoraggiò di nuovo la donna, e Koumei spostò il capo con il chiaro intento di sbirciare, ma Judal lo afferrò per una manica strattonandolo velocemente verso di sé, obbligandolo a portare il viso alla propria altezza.
-Tu prova a sbirciare- ansimò -ed io ti giuro che ti rispedisco a Kou a calci nel culo.-
Pallido Koumei si raddrizzò, limitandosi a guardare Judal aggrapparsi quasi con disperazione alle sbarre del letto e spingere. Poi un pianto riempì l’aria.
Ci fu un brevissimo istante di silenzio, in cui Irene raccolse la creaturina e la sollevò, avvolta in un asciugamano ben più grande di lei.
-È una bambina.- lo informò sorridente, mentre Judal si lasciò ricadere sul cuscino a peso morto, stremato a dire poco.
Non fece troppo caso a cosa la donna facesse, chiudendo gli occhi e portandosi un braccio sulla fronte, del tutto esausto, mentre Koumei gli mise premurosamente un lenzuolo sulla pancia e si sedette accanto a lui.
Ci fu un secondo di silenzio.
-Stai bene?-
Non rispose né fece segni che potessero rispondere alla domanda continuò semplicemente a respirare, ma Koumei non si offese decidendo che la risposta era un “sì”.
-Sei stato eccezionale.- si congratulò, stringendogli appena un polso con la mano, muovendo il pollice in dei micromovimenti simili a delle carezze.
-Davvero eccezionale.- rincarò, il tono esausto, chinandosi a baciare la fronte di Judal in un gesto di affetto totalmente inaspettato.
Se fossero rimasti ancora da soli probabilmente Judal lo avrebbe guardato torvo e gli avrebbe chiesto spiegazioni ma quando alzò lo sguardo su Koumei vide la solita persona semi-glaciale e perennemente assonnata che era abituato a conoscere, e poi Irene che tornò in camera con sua figlia aveva la priorità.
Protese le braccia verso la donna, esausto, e quella subito gli passò la bambina.
-Per darle un nome puoi attendere una settimana.- lo avvertì -Inoltre adesso ti vedo stanco, resta pure qui a dormire.-
Koumei ringraziò, mentre Judal fissava incantato la bambina, sua figlia, contando le dita delle mani ed esaminandola in generale per assicurarsi che andasse tutto bene.
Era perfetta, fu la sola cosa che riuscì a pensare mentre se la teneva stretta al petto, piombando in un sonno esausto, del tutto dimentico della realtà al di fuori da quella camera.
 


 
-L’hai trovato?-
Ja’far scosse il capo: erano tornati a casa, avevano messo Robin a letto e poi avevano cercato Judal, sorpresi che non fosse andato ad accoglierli, ma non l’avevano trovato.
-Se fosse in camera di Koumei?-
-Ci sono le scale, non le farebbe mai di sua spontanea volontà.- obiettò Ja’far, riflettendo sulle varie possibilità, cercando d’ignorare la brutta sensazione che ancora gli attanagliava lo stomaco.
Accese la luce e lanciò un’occhiata al divano dove lo avevano lasciato e solo in quel momento notò un dettaglio, una grossa pozza ai piedi del divano.
-Sin- disse con urgenza nella voce tirandogli una manica, indicandogli la chiazza d’acqua sul pavimento.
Si guardarono congelati.
-Non è che è successo qualcosa?-
-Perché non ha chiamato?-
Senza bisogno di parlare si fiondarono giù per le scale, correndo per i corridoi deserti del palazzo verso lo studio di Irene.
Eppure, qualcosa ancora non lo convinceva.
 


 
Sin bussò alla porta con insistenza, non badando al fatto che fosse ormai piena notte e che nella via ci fosse gente che dormiva, e se qualcuno non si fosse affrettato ad aprirgli non si sarebbe fatto problemi a mettersi ad urlare per attirare l’attenzione delle padrone di casa o abbattere la porta. i soldi per pagare i danni tanto li aveva.
Per fortuna invece una donna andò loro ad aprire. Era alta, con lunghi capelli viola scarmigliati e una camicia di notte molto trasparente e molto succinta.
-Che volete?- chiese assonnata, eppure ben ritta. La collega di Irene, una maga ex-militare che aveva scelto la carriera di ginecologa per motivi ignoti.
-Judal è qui?-
-Chi?- mugugnò e Sinbad provò il forte istinto di prenderla per le spalle e scuoterla finchè non gli avesse risposto, ma resistette.
-Judal, è un paziente di Irene. Era al nono mese, doveva partorire da giorni, non credevamo sarebbe successo questo pomeriggio, ci siamo allontanati e-
-Parlate del magi?- chiese grattandosi il capo, e Sinbad annuì convulsamente.
-Ha partorito mezz’ora fa- lì informò scostandosi e lasciandoli entrare -Era piuttosto stanco, quindi Irene ha deciso di tenerlo qui per la notte. Credo stia dormendo, come stavamo facendo tutti noi.- e qui non gli risparmiò un’occhiataccia -Se volete vederlo lo trovate di sopra, poi andatevene e chiudete la porta. La chiave lasciatela lì.-
E se ne andò, lasciandoli da soli.
Dopo un secondo di sbigottimento Ja’far si rigirò le chiavi in mano per chiudere la porta come ordinatogli, mentre Sinbad si fiondò su per le scale verso lo studio. Guardò con foga le tre porte che aveva davanti, notando solo in un secondo momento Koumei seduto su una delle poltroncine della sala d’attesa, intento a massaggiarsi una mano.
Si tuffò su di lui -Dov’è Judal?- domandò con agitazione, e con quella calma, quella perfetta flemma che gli aveva visto usare a Kou, il principe gli indicò la terza porta, su cui Sinbad si tuffò.
-Judal- urlò con urgenza, senza badare al buio della stanza, notando una figura alla sua destra sobbalzare.
-Judal, va tutto bene?- domandò rassicurato, notando nella penombra il fagottino poggiato sul petto dell’omega, avvicinandosi con cautela.
L’omega annuì, stringendo il piccolo con fare protettivo.
Tempo addietro aveva letto una cosa del genere, del tipo che alcuni omega dopo il parto non permettono a nessun alpha di avvicinarsi ai figli, quindi cambiò direzione, andando a sedersi accanto alle testata del letto anziché avvicinarsi direttamente al piccolo, e ciò nonostante Judal spostò il bambino il più lontano possibile da lui.
-Tutto bene?- chiese spostandogli una ciocca di capelli dalla fronte, e Judal annuì cautamente.
-È una femmina.- lo informò, senza comunque abbassare la guardia, e Sinbad annuì.
-Posso vederla?-
Judal tentennò, stringendo la bambina, e Sinbad attese, paziente, finché il magi non evocò una debole sfera di luce, capace di rischiarare appena l’area attorno a loro, di modo da non disturbare la piccola.
Sinbad si sporse sul letto, piegandosi verso il viso della bambina.
Il secondo dopo la porta sbatté con violenza.
Judal cominciò a piangere, in silenzio, mentre Ja’far entrò nella camera, guardando preoccupato verso il letto.
-Cos’è successo?-
Il magi singhiozzò, alzando il globo di luce e intensificandolo, permettendo a Ja’far di capire cosa aveva provocato la rabbia di Sinbad e la sua improvvisa fuga.
Perché la bellissima bambina che Judal teneva in grembo aveva dei magnifici capelli cremisi.
   
 
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