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Autore: vermissen_stern    04/03/2020    1 recensioni
Il paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si posasse lo sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi crepacci nascosti dalle sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate.
Attraverso i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli forniva l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti che non riusciva a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un po’ per volta stava cominciando a fare il punto della situazione.
[storia ispirata principalmente ai fumetti IDW]
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Shockwave
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I
Capitoli:
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Allora… la mia idea principale per questa storia è di dividerla in più parti in modo da creare una sorta di “miniserie”. In quanto temo che possa anche questa essere una storia incompiuta (di cui sono campione) vorrei fare le cose abbastanza ristrette. Comunque, come spesso mi accade con le fanfiction che scrivo ultimamente vorrei puntarmi soprattutto sul lato psicologico dei personaggi. Anche negli aspetti più dark.

Pertanto vi auguro buona lettura e a presto!

 

 

La stanza in cui si trovava era un connubio di suoni ovattati e di vibrazioni che lo portarono a credere, un po’ per volta nel mentre che cercava dolorosamente di svegliarsi, che il vascello in cui era si stesse prodigando in chissà quali manovre folli.

Fu solo quando i sensori ambientali di Kaon – che sostituivano le sue ottiche ormai perse da tempo – ebbero finalmente modo di attivarsi completamente che, con sforzo epico, il cieco tecnico della Decepticon Justice Division capì che la nave in cui era imbarcato non era altri che la Paceful Tyranny. E non si stava muovendo, in quanto ricordò che era ferma da un bel pezzo su Messatine. I postumi di quella che era sicuramente un post sballo da fine settimana li aveva ancora tutti, e per giunta in un periodo in cui era il caso di non averne.

Il pianeta ghiacciato in cui si trovava, un tempo prosperosa miniera per le città dorate di Cybertron – e solo successivamente sfruttato anche per mandare a lavorare forzatamente i suoi dissidenti – era da tempo diventato il loro avamposto personale in cui poter ristorare il loro incrociatore senza problemi e poter far sbarcare l’equipaggio in relativa sicurezza. In fin dei conti il maggior pericolo al di fuori della loro base era qualche crepaccio in quella landa ghiacciata dimenticata Primus e altri divini.

Cercando di fare il punto della situazione cercò di mettere a fuoco dove si trovava, e capire il perché si sentiva la schiena completamente incriccata come una treccia di cavi, intuendo che si trovava nei propri alloggi personali e che torso e braccia erano bellamente distese contro il sudicio pavimento metallico, si trovava a pancia in giù – e questo giustificava il suo mal di schiena – mentre le gambe rantolavano malamente sul bordo della sua cuccetta annaspando come in una lenta agonia.

“Oh… porca… troia!”

La voce gli uscì dalla bocca in un modo così roco che, se fosse stato un organico, avrebbe sicuramente creduto di avere la gola secca quando in realtà la scatola vocale era semplicemente rovinata dopo averla usata troppo. Si chiese istintivamente quale concerto di karaoke i ragazzi avessero organizzato la notte passata per ridurlo così, ma questo non giustificava il fatto che sentiva le viscere metalliche pronte a ributtare tutto l’energon che aveva assunto.

Cosa che effettivamente successe, seppur in piccolo, quando avvertì le componenti interne contrarsi e costringerlo per questo a scendere del tutto del letto e mettersi velocemente a carponi per non rischiare di ritrovarsi ad annaspare nel suo stesso vomito.

bleargh…! Cazzo… che schifo! M-ma cosa è successo?!”

“è quello che mi chiedo anche io, in effetti”

Per forza di cose ora il tecnico decepticon era perfettamente sveglio – seppur ancora dolorante e intontito, tutt’ora fermo con le ginocchia a terra – consapevole che di fronte a lui stazionava il severo medico di bordo con una espressione in volto tutt’altro che benevola.

La piccola e voluminosa minicon guardò con severità il proprio paziente così come è solita fare una levatrice con dei pargoli indisciplinati, notando chiaramente il modo in cui Kaon incrinò le labbra in un ghigno disgustato (per se stesso).

“Nickel… cos-”

“Ho solo due domande per te perché, come ben saprai, questo è un periodo abbastanza stressante e dunque sarò sintetica: che fine hanno fatto tutti i crediti del tuo conto bancario e perché c’è una vecchia in camera tua!”

lì per lì il tecnico decepticon non capì cosa stesse dicendo, arrivando a guardarsi intorno e a mettersi in piedi a fatica – aiutandosi con le poche forze che aveva in corpo trascinandosi su per la cuccetta – riuscendo solo dopo diversi secondi a notare che, effettivamente, c’era qualcosa che non quadrava in camera sua.

Davanti alla sua scrivania, illuminata dalle moltitudini di schermi che adornavano quel lato della parete, una figura massiccia e dall’aspetto piuttosto antico – con cromature tendenti al viola e al grigio – era seduta sulla sua poltroncina preferita intenta a trafficare su un datapad senza prestare attenzione a cosa stesse accadendo li dentro. Se ci si fosse avvicinati di più si sarebbe notato che l’anziana femme era intenta a eseguire delle incisioni per armature, un po’ come vedere una semplice nonna lavorare all’uncinetto, ma ciò che fece fermare per un momento la scintilla in petto a Kaon era il volto di quel rottame ambulante. Non vi era ne bocca ne naso, ma solo un unico occhio dorato rendendola per questo dannatamente simile a quel pazzo scienziato di nome Shockwave.

“Nickel… dimmi che non mi sono connesso con quella cosa…”

“Ah, io non lo so!” fece con tono leggermente arrogante la minicon, alzando le spalle “perché non provi a chiederglielo? io so solo che non hai risposto alle mie domande”

Questa volta Kaon l’aveva combinata grossa, quasi sicuramente Tarn gli avrebbe staccato la testa di netto per aver fatto qualcosa che il tecnico proprio non riusciva a ricordarsi, eppure in quel momento ciò che avvertì maggiormente era il fluido craniale che stava comprimendo dolorosamente il suo processore interno. Tanto da arrivare a massaggiarsi le tempie doloranti cercando di far luce su ciò che gli era successo in quelle ore di buio.

“Nnnh… senti, Nickel! Io posso rispondere al massimo ad una delle due domande! M-ma poi… come fai a sapere del mio conto…”

“ho fatto due più due quando ti ho visto ritornare su Messatine in compagnia della tua nuova fiamma e tu eri fin troppo allegro” ed essere allegri di aver rimorchiato una anziana monocola ce ne voleva “c’entra qualche sostanza che non mi piace, vero?!”

Il tono polemico della dottoressa non aiutava di certo l’esecutore decepticon che, messo con le spalle al muro, dovette per forza di cose confessare il proprio vizietto a qualcuno che – con la scusa del segreto professionale – magari non avrebbe fatto la spia ai suoi superiori.

“S-senti… ho comprato sul mercato nero un dose di dhambrexia, ok? Non l’avevo mai provata e… e avevano detto che era roba che superava tutte le altre in circolazione ma” e qui si massaggiò l’attaccatura del naso con pollice e indice, sedendosi pesantemente sulla propria cuccetta “come fanno a definirla roba da sballo indimenticabile se poi non ricordi un cazzo?! Cazzo!”

La povera minicon fu costretta a portarsi una mano sul volto in un gesto che trasudava tutta l’esasperazione dettata dal caso, cercando di comprendere cosa avesse portato l’esecutore decepticon ad un simile gesto scellerato. E la risposta non tardò ad arrivare nel suo processore.

Erano fermi in quel pianeta ghiacciato ormai da giorni, forse da una settimana, cioè da quando il loro comandante aveva fatto quel che aveva fatto. E a rimetterci non c’era stato solo Megatron, ma anche la psiche di Tarn che aveva visto crollargli il suo intero castello di carte… e nel mezzo c’era la DJD che rischiava di subire le violenze di un leader distrutto. Divenuto fragile come quella stessa neve al di fuori del piccolo spazioporto della loro base, era un miracolo se fino a quel momento si era limitato a dare solo occhiate di fuoco ai suoi sottoposti.

Il tradimento di Megatron, passato inspiegabilmente alla fazione avversaria degli Autobot, non era rimasto inosservato agli occhi dei suoi discepoli più fedeli… e Tarn, purtroppo per lui, era un uomo che sentiva di dovere tutto all’ex leader dei Decepticon. Com’era possibile che, nientemeno che il fondatore di un intero esercito – alla stregua di un dio per molti suoi adepti – avesse deciso non solo di abbandonare tutto ma persino di sciogliere definitivamente la sua stessa organizzazione? In nome di una pace che non riusciva a trovare forse? Ma se fosse stato così, perché non tener conto della guerra interna che in molti avrebbero dovuto affrontare?!

Tutte queste domande avevano portato in molti così tanto sconforto che ora, la povera Nickel, doveva agire tempestiva se non voleva che uno dei suoi colleghi di lavoro commettesse delle autentiche pazzie. E se purtroppo con Kaon non aveva vigilato abbastanza, ritrovandosi con un possibile ulteriore casino per le mani, con Tarn era stata decisamente provvidente. Forse perché, in fin dei conti, quel mech per lei era come un libro aperto.

La minicon aveva intuito che quello stolto avrebbe sicuramente cercato di commettere una pazzia dopo aver visto l’annuncio video di Megatron – dove rinnegava letteralmente se stesso – e nel mentre che Tarn era fuori dalle proprie stanze private la piccola donna aveva ben pensato di inserire una perla in ogni bottiglia di liquori che possedeva.

Ci aveva visto giusto, quelle pillole effervescenti di sedativo avevano impedito ad un pazzo di iniettarsi così tanto nuke in corpo da potersi uccidere in una sola seduta di iniezioni, svenendo all’interno della camera di drenaggio delle sostanze chimiche usate per aumentare le loro prestazioni in battaglia.

Non sapeva se Tarn l’avrebbe mai perdonata per averlo bloccato nei suoi intenti suicidi – un cavaliere senza il proprio sire era come un viandante senza strada – ma perlomeno così facendo gli aveva dato da pensare sul da farsi e, almeno una settimana dopo, essere abbastanza lucido da voler affrontare il proprio signore in una chiacchierata a tu per tu finita nei peggiori dei modi.

E questo la preoccupò maggiormente, in quanto il gelo che era calato nell’intero gruppo era pari a quello che permeava le lande di quel sasso alla deriva in cui stavano sostando ormai da tempo. Vi era una sottile paura nella scintilla di molti, una inquietudine velata nei gesti della quotidianità, e se alcuni mascheravano bene quel timore di vedere il loro leader fin troppo silenzioso – come Tesarus ed Helex impegnati a fare l’inventario o per Vos rintanato nel proprio laboratorio impegnato in chissà quale esperimento – per altri era in atto una crisi di nervi.

Ne era la prova evidente Kaon che, con il favore delle prime tenebre, era sgattaiolato via dalla base con una navetta di servizio diretto chissà dove. Anche se Nickel aveva timore di sapere dove si fosse diretto, visto l’aspetto dell’anziana femme che continuava ad ignorarli e a pensare agli affari propri.

“Uff… Kaon, ascolta: non sono arrabbiata, ok? Ma questo è un momento terribile per tutti e dobbiamo essere preparati al peggio” nel dirlo allungò una mano verso l’anziana donna e questa la prese alzandosi lentamente dalla sedia, aiutata dalla dottoressa “situazioni come questa di certo non aiutano! Quindi ora cerca di darti una sistemata e di renderti presentabile, perché dovrai spiegare a Tarn diverse cose. Io intanto visito la nonna e le faccio un paio di domande… anche se dubito sappia ancora parlare data l’età”

Si allontanò con calma dalla stanza, dando il tempo alla ciondolante – e cigolante – femme di sgranchirsi le gambe prima di continuare spedita verso l’infermeria, lasciando per questo un povero tecnico a massaggiarsi le tempie ancora doloranti e conscio di aver commesso una autentica pazzia.

“Cavolo… speriamo che quella tizia non mi abbia attaccato la vecchiaia!”

 

[…]

 

Il paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si posasse lo sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi crepacci nascosti dalle sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate. Il tutto baciato dai raggi solari che tingeva quelle morbide curve di tenue rosa ogni qual volta la stella di quel remoto sistema solare si affacciava al mattino tra le creste impetuose e selvagge che caratterizzavano l’orizzonte più estremo. Una natura apparentemente incontaminata che, però, presentava nelle sue viscere miniere redditizie che a lungo avevano arricchito il pianeta natale dell’esecutore decepticon e isolato i soggetti più pericolose alla sua democrazia fallimentare.

Attraverso i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli forniva l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti che non riusciva a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un po’ per volta stava cominciando a fare il punto della situazione.

Si sentiva più lucido rispetto a quando aveva tentato di farla finita, e nel mentre che i miasmi delle droghe e dei sedativi gli avevano fatto passare qualsiasi intento autolesionista dopo aver visto il video messaggio del fu lord Megatron, ora era il turno di fare i conti con un vuoto che non riusciva a colmare.

Ciò che il suo processore ricordava del suo ultimo dialogo con il suo ex signore erano frasi, immagini e sensazioni frammentarie che il suo subconscio cercava disperatamente di non unire come i pezzi del puzzle qual erano. Uno stato di shock ancora effettivo in lui, ma nonostante tutto la scintilla della pazzia non era comunque scattata dopo aver usato i suoi doppi cannoni per fondere il petto di Megatron e lasciarlo agonizzante tra quei fiori tecnorganici dalle corolle perennemente aperte.

Sapeva che ci sarebbe stato un confronto, prima o poi, tra lui e quello che doveva essere il leader dei decepticon… ma finito a quel modo, in terra neutrale, avrebbe volentieri preferito evitarlo.

“Tarn…”

Riusciva ancora a ricordare la sua voce ferma nonostante la vita si stesse per spegnere all’interno del suo petto. La bocca sporca di roseo energon tossito in punto di morte, lo sguardo fermo di chi non voleva ancora decedere.

“Ragazzo…”

Aveva provato a farlo ragionare, a cercare di convincerlo che mollare tutto ciò che aveva creato nello corso dei secoli era qualcosa di insano. Ciò che Megatron rappresentava per lui – ciò che aveva fatto per lui, trascinandolo fuori dal cumulo di immondizia qual era la sua vita e dandogli la giusta importanza – ricordandogli quanto il credo decepticon avesse segnato un nuovo ciclo in un’era stagnante nella democrazia di Cybertron.

“C’è una cosa che devi sapere”

Fu tutto inutile, colui che fino a quel momento aveva venerato quasi alla stregua di un dio – l’unico in un panteon privo di divini in quanto la religione era una droga che andava debellata per la dottrina decepticon – aveva deciso di abdicare alla via della violenza e rinnegare tutto ciò che era stato. Annunciandogli pubblicamente che quel che era stato, ciò che aveva commesso, era stato il più grosso sbaglio della sua vita e ciò che poteva fare per porvi rimedio era solo quello di rinnegare la violenza e abbracciare il nemico per il bene futuro di tutti.

Si era rifiutato di dargli spiegazioni convincenti – Tarn rifiutava categoricamente una simile spiegazione superficiale – gli aveva rifiutato un confronto alla pari incapace anche solo di muovere un dito verso ciò che aveva creato. Verso il giudice che si era scelto per punire coloro che mancavano di rispetto a lui o alle regole che si era creato scrivendole personalmente.

L’esecutore trovò solo ora la scelta di Megatron alquanto ironica, perché fra tutti i decepticon con cui poteva volere un confronto aveva accettato proprio il suo, eppure fu con un tremito che ricordò il momento di disperazione e rabbia che lo offuscò a tal punto da puntargli contro i propri cannoni a fusione e premere il grilletto senza esitazioni.

Aveva registrato il suo volto contorto in una espressione indecifrabile – sensori ottici spalancati quanto la sua bocca, lo stupore e il dolore in un’unica immagine impressa nella sua memoria per sempre – il petto fondersi come lava e il suo intero corpo cadere all’indietro tra quei petali di silicio e fibre biorganiche. E li, tra i tremiti della sua scintilla e quella di Megatron ormai prossima a spegnersi, il suo mentore ebbe la forza di parlargli un’ultima volta con la dignità che solo un leader poteva avere… e consegnargli qualcosa che ancora stringeva tra le mani.

“Questo è il mio ultimo ordine…”

Sentì ancora le mani del fu Megatron prendergli con forza il polso sinistro, con un ringhio di rabbia di chi non ammetteva ripensamenti, lasciandogli quello che a tutti gli effetti era un piccolo registratore audio/video.

Lo stesso che Tarn teneva tra le mani in quel momento, piegando lo sguardo giusto un po’ poteva osservarlo stretto nelle mani congelate dalla candida neve, decidendo di ascoltarlo per l’ennesima volta da quando aveva messo piede su quella che un tempo era stata la prigione in cui Megatron aveva “soggiornato” a lungo a causa di quelle sue idee – divenute poi il credo di molti – che preoccupavano i potenti di Cybertron. Le stesse che avevano portato un mech a strisciare dallo schifo e divenire quello che ora era. Il mostro temuto da tutti.

 

Si sdraiò sulla neve di Messatine, osservando solo brevemente il roseo cielo del primo mattino. Solo dopo alcuni secondi di contemplazione del vuoto collegò alcuni cavi presenti all’interno della sua maschera al registratore portatile e si preparò a visionare in prima persona il contenuto che gli veniva offerto. Per l’ennesima volta da quando le mani insanguinate del suo leader glielo avevano ceduto, vide quel che il suo signore aveva voluto mostrargli.

In principio l’immagine tremolò, non rendendo chiaro la natura di quel disturbo elettrostatico, ma poi si mise a fuoco e ai suoi occhi si palesò un Megatron con ancora sul petto lo scintillante simbolo dei deepticon. Segno che quel video lo aveva registrato molto prima della sua apostasia, e su questo Tarn non sapeva decidersi se sentirsi sollevato o ferito per una simile scelta.

Inoltre, riguardando più e più volte quel filmato – in un autolesionismo compulsivo ed ossessivo – aveva notato che il paesaggio offerto dalle guglie e torri al di fuori della grande finestra alle spalle del suo ex signore poteva appartenere, in eleganza, solo al pianeta Caminos. Un dettaglio non da poco, come non erano da poco le sue cupe parole.

“Tarn… Ragazzo. Qui è lord Megatron che ti parla, e se stai ascoltando questo messaggio molto probabilmente sono morto. Sicuramente per mano tua, ma quello che sto per darti è l’ultimo mio ordine per te… e per me”

Lo vide chiudere gli occhi per un breve istante, come se le sue parole suonassero pesanti come macigni persino per lui, eppure Tarn non vide segni di cedimento o vergogna. Le spalle di Megatron non si incurvarono, dalla sua bocca non uscì nessun sospiro rassegnato, il segno evidente di nessun ripensamento per quel che avrebbe fatto in futuro.

“ho pensato a diversi modi per dirti quello che sto per dirti ma… ci credi che non sono riuscito a trovarne mezzo? Tzk, ci sarebbe solo da ridere se a parlare non fosse altro che il tuo leader” un breve cenno di sorriso sarcastico incornicia il suo volto grigio e austero, prima di tornare a parlare di fronte alla telecamera “so che, se stai guardando questo filmato, ti sarai già accorto che non sono su Cybertron… attualmente sono nella casa della mia compagna, nella nostra casa ad essere precisi. Ed ella è uno dei motivi per cui ho deciso di disertare i decepticon”

Ormai Tarn aveva ascoltato quella video registrazione così tante volte da non sentirsi più ne triste e ne indignato. Sotto quella maschera perennemente calata sul viso, messa li solo per nascondere la sua umanità agli occhi delle sue vittime, c’era il volto di un soldato stanco ancora fedele ad un credo valeva più della sua stessa vita.

“c’è una cosa che devi sapere… questa ragazza è diversa dalle altre che ho avuto nel mio passato, è speciale, ed è per lei che ho deciso di abbandonare questa vita di violenze e guerra… non può esserci pace per i decepticon, Tarn! Dovresti ormai averlo capito persino tu. E non è ciò che voglio per lei”

Vide il suo ex mentore e signore avvicinarsi alla telecamera per poterla prendere in mano, lasciando che il panorama si distorcesse per un momento prima che la visuale mostrasse ciò che Megatron poteva vedere con i suoi sensori ottici.

L’inquisitore si ritrovò a percorrere quello che era il corridoio di un appartamento semplice ma confortevole, prima di giungere in quella che era la camera da letto di Megatron e della sua nuova compagna. Ora intenta a riposarsi nella cuccetta che condividevano assieme in una penombra causata dai vetri oscurati digitalmente.

Seppur rannicchiata in posizione fetale Tarn poteva vedere perfettamente i dettagli di quella femme fonte di tutti i suoi mali, decretando che solo una nobile caminoana poteva vantarsi di un simile pregio nella propria armatura dalle colorazioni bianche e acquamarina. I dettagli erano rappresentati da intarsi color oro finemente cesellati, mentre una lunga treccia di cavi – bianchi e oro – scendeva dal suo elmetto perdendosi sul ripiano metallico del letto. Drappi di seta sintetica semi trasparente scendevano sia dalle spalle che dalla vita, orpelli costosi che rendevano quella donna un gioiello.

Una femme davvero molto bella, nonché molto giovane rispetto a Megatron a giudicare dall’aspetto, degna di un vero leader che si rispetti.

Vide di nuovo la mano del suo ex leader allungarsi verso di lei ed accarezzarne delicatamente il viso – e lo stesso fece di rimando Tarn allungando istintivamente un braccio verso il cielo, credendo quasi di poterla toccare anche lui – e spostarlo quel tanto che bastava per amor di telecamera. A quanto pare Megatron non aveva lasciato nulla al caso in quel video messaggio, ben conoscendo il fanatismo dei particolari del suo adepto più fedele, lasciando che fosse Tarn stesso a cogliere tutti gli indizi sparsi come briciole di pane da un mech piuttosto intelligente nonostante il suo tradimento.

Se non stava parlando in modo chiaro in quel filmato significava solo una cosa: temeva ben altro oltre il semplice tradimento.

“si chiama Natah… la donna della mia vita! Ed è tuo dovere trovarla e proteggerla una volta che io non ci sarò più” l’immagine cambiò nuovamente, e il volto furente di un lord Megatron che non ammetteva rifiuti si palesò ai suoi sensori ottici “Questo è il mio ultimo ordine, ragazzo… vedi di seguirlo alla lettera, perché se provi a disobbedirmi non ci sarà inferno o afterspark che potrà trattenermi dal venirti a cercare”

Gli occhi vermigli dell’ex leader dei decepticon scintillarono di un’ira repressa a stento all’idea di vedere la propria compagna soccombere alle avversità che il suo stesso compagno si era lasciato alle spalle. Molto furbo da parte sua registrare quel video da decepticon anziché da apostata… così facendo aveva praticamente “incastrato” il suo più fedele aguzzino sia a livello emotivo che, soprattutto, a livello di codice d’onore. Tarn conosceva Towards Peace a menadito – il codice comportamentale scritto da Megatron in persona, di cui conservava gelosamente la prima versione originale – e sapeva che un decepticon che si rispetti non lascia indietro i propri compagni… e nemmeno si nega ad un ordine diretto di un proprio superiore.

“Ho fiducia in te, Tarn… Qui Megatron. Chiudo”

La comunicazione si concluse così, con un ordine che un uomo di retta via come Tarn non poteva ignorare, neanche da un traditore come il fu lord Megatron, e questo rappresentava il più grande dilemma che l’inquisitore doveva affrontare in quei giorni spesi prevalentemente nella neve in meditazione. Obbedrgli ciecamente un’ultima volta… oppure inserire quella femme nella propria lista personale?

 

Si accorse di non essere solo in mezzo a quella neve solo quando si sfilò di dosso il registratore e controllò al proprio fianco sinistro, pur rimanendosene sdraiato, vedendo che il cane di Kaon lo aveva seguito fino a li in attesa di ricevere le giuste attenzioni.

La creatura dalle fattezze simil canine se ne stava seduto sulla neve in attesa di chissà cosa da parte del leader della DJD, piegando persino la testa di lato, eppure il suo sguardo manteneva un barlume di intelligenza tutt’altro che assimilabile ad una creatura domestica. Un barlume che l’esecutore capo avrebbe ancora definito vicino agli individui senzienti, e che forse era il motivo che l’aveva spinto la fuori a cercare di comunicargli qualcosa.

“ho freddo…”

Questo fu tutto ciò che Tarn si sentì di dire a quella sventurata creatura che, in tutta risposta, iniziò a leccargli il volto mascherato felice di vederlo ancora perfettamente online. Era stato al freddo per fin troppi giorni, chiuso in se stesso e nella sua silenziosa disperazione, e la vista del cane gli aveva appena ricordato che aveva un incrociatore da governare. Oltre che un drappello di soldati che rischiavano di andare allo sbaraglio senza la sua guida – capendo ormai fin troppo bene che cercare di farla finita non avrebbe risolto ne i suoi, ne i loro problemi – ed era per questo suo dovere rimanere il più possibile lucido in quei momenti di follia totale.

Decise quindi di alzarsi e di tornare alla nave.

 

[…]

 

Se fuori dall’astronave le temperature erano decisamente proibitive, l’interno della Paceful Tyranny non era da meno in quanto l’atmosfera che si era creata all’interno della cucina di bordo non era delle migliori.

Raccolti attorno all’unico tavolo presente – rotondo, affinchè tutti potessero vedersi e vedere soprattutto il loro capo – c’era sostanzialmente chi cercava di non ridere con le lacrime agli occhi e chi, tamburellando nervosamente i piedi sotto il tavolo, era intento a sbollire la tensione di vedersi dopo giorni di assenza proprio il loro leader seduto ora accanto ai suoi uomini.

L’unico che sembrava voler sprofondare letteralmente all’interno del pavimento sembrava essere Kaon, con i gomiti appoggiati sulla superficie del tavolo e la testa pesantemente appoggiata sulle mani messe a mo di coppa, così sconvolto da una notte che ancora non riusciva a ricordare da non sentire proprio gravosa la presenza di Tarn poco distante da lui. E a metterci il carico da mille ci pensò nientemeno che Helex, un massiccio mech dalle cromature blu e grigie, ormai prossimo a scoppiare a ridere.

“Sai, Kaon… devo dire che, uh, la tua nuova fiamma è un’ottima, hm… cuoca!”

Disse quelle parole cercando di contenersi il più possibile, più per rispetto del loro leader che non amava il chiasso a tavola piuttosto che per lo sfortunato tecnico, ricevendo occhiate di fuoco dall’interpellato per quanto questi di sensori ottici non ne avesse più da un pezzo.

“si, devo ammettere che la brodaglia di nonna è la cosa più buona che abbia mai assaggiato da qui a diversi secoli” fece in tutta onestà Tesarus, un gigantesco mech dal volto semi nascosto da una maschera a forma di X e caratterizzato da un inquietante foro dentellato all’altezza del petto usato per le sue spietate esecuzioni “il suo aspetto però mi ricorda qualcuno…”

“se vi riferite all’aspetto del mio ‘onesto’ ex collega di lavoro Shockwave… ebbene si, miei cari compagni, ci troviamo di fronte a colei che ha concepito uno dei suoi due genitori”

Sebbene il linguaggio primitivo dei primi cybertroiani fuoriuscì dalla mascherina di Vos in maniera fluida e impeccabile – l’ufficiale scientifico di bordo, dall’aspetto allampanato e dalle cromature viola e grigie – ben pochi li dentro capivano il linguaggio di quel purista dell’idioma originario del loro pianeta natale. E uno di quei pochi individui che per forza di cose conosceva quell’idioma arcaico era il loro taciturno leader. Tarn.

Se fino ad allora il leader della DJD non aveva minimamente parlato, facendo anche temere il peggio ai presenti a tavola – temendo che questa volta la bravata di Kaon si fosse spinta troppo oltre – questa volta sorprese tutti nel momento in cui molteplici occhi si puntarono silenti verso la sua imponente figura.

“Vos sta dicendo che questa anziana femme è, effettivamente parlando, la nonna di Shockwave”

Ci fu un lungo silenzio nella cucina. Un silenzio interrotto solo dai cigolanti passi della vecchia ciclope intenta a girare per il tavolo e riempire le ciotole dei suoi nipoti acquisiti con nuova squisita zuppa creata da lei stessa subito dopo che la piccola minicon l’aveva visitata. A quanto pare si era già ambientata bene all’interno della Paceful Tyranny.

“E ancor prima che me lo chiediate si… Vos e Shockwave hanno lavorato assieme per un breve periodo a guerra iniziata. Ma tralasciando questa piccola nozione di storia, giusto ieri sera c’è stata una festa a casa dello scienziato monocolo… motivo per il quale, Kaon, ti è stato decisamente facile portare via sua nonna senza allarmare le guardie”

Se prima non aveva spiccato nemmeno una sillaba ora la cupa voce di Tarn si poteva sentire per tutta la stanza lasciando ipnotizzati praticamente tutti i commensali, ad esclusione di una anziana femme piuttosto sorda e incurante dei loro affari, e facendo far loro la proverbiale figura barbina in quanto sicuri che il loro leader fosse caduto in stato catatonico per tutti quei giorni senza curarsi minimamente di quel che accadeva al di fuori di quel mondo ghiacciato.

“Una festa…” iniziò col mormorare allibito Tess, ma venne bloccato nuovamente da un comandante in vena di parlare.

“Che ci crediate o no si è sposato approfittando dell’armistizio imposto di recente…” fu ben attento a non pronunciare il nome del suo antico signore, quanto piuttosto ad attirare l’attenzione dei suoi su un possibile pettegolezzo “e logicamente, per correttezza, tempo fa aveva mandato un invito anche a noi tramite posta elettronica… suppongo che molti di voi fossero impegnati in altro che prestare attenzione all’invito di qualcuno che freme per una scalata al primo posto nella nostra lista

e qui alcune risatine si levarono dalla tavolata ben imbandita, costantemente ignorata da una anziana femme che sembrava fregarsene del destino del nipote, i cui ospiti furono piuttosto sollevati di vedere che Tarn era abbastanza in forma da elargire loro una battuta al vetriolo. Era comunque logico che lo scienziato monocolo avesse mandato un invito in sordina pure loro, in fin dei conti erano pur sempre degli ufficiali decepticon, e l’etichetta prevedeva di spedirne anche a coloro con cui si condivideva pessimi trascorsi.

Se in molti avevano ignorato l’evento questo era rimasto comunque sotto gli occhi di Tarn e, sorpresa delle sorprese, persino di un Kaon in vena di fare baldoria in una festa matrimoniale. Solo che purtroppo aveva perso momentaneamente la memoria dell’accaduto.

E fu proprio verso quest’ultimo che lo sguardo scarlatto del capo inquisitore si puntò maggiormente, faendo scorrere in lui brividi poco piacevoli.

“Sono… uh… nella merda, vero?”

Il tecnico decepticon cercò quasi di metterla sul ridere, ma per sua fortuna il loro leader era in vena di elargire grazie quel giorno.

“Si e no… dipende da quanto sarai capace di trovare questa persona” con un gesto fluido della mano sinistra fece scivolare il famigerato registratore lungo la superficie del tavolo fino ad arrivare, in silenzio, a toccare la ciotola ancora fumante del cieco torturatore “ma devo comunque dire che, portarci a casa questa graziosa ospite, è stato un colpo di genio che potrebbe esserci davvero utile in futuro”

Alle parole del lord inquisitore partì quella che doveva essere una risata civettuola da parte dell’anziana ciclope – che a quanto pare quell’ultima parte del discorso l’aveva sentita bene nonostante fosse ora impegnata ai fornelli – mentre per Kaon partì solo una risatina nervosa dalla gola rovinata. Pur comunque agguantando il registratore piuttosto ansioso di sapere cosa ci fosse li dentro.

“Uhh… quindi abbiamo un nuovo nome nella lista?! Si torna al lavoro??” l’entusiasmo pareva essere piuttosto evidente in Helex, in quanto di restarsene fermo a fare niente non era affatto da lui.

“Forse. Vi saprò dare i dettagli in giornata… ora mangiate, e ringraziate nonna dopo la colazione”

La notizia venne accolta con una certa esultanza dai suoi uomini – ansiosi come non mai di poter tornare a fare quello che sapevano fare meglio, ossia dare la caccia a chi commetteva blasfemia al credo decepticon – ben felici di vedere che il loro leader in quelle settimane di oblio non si era perso nella più cupa disperazione, lasciando intendere di avere un piano preciso in mente dopo aver riflettuto a lungo in mezzo alla neve. Forse non si sarebbe mai tornati ai fasti di un tempo, ma agli uomini di Tarn bastava poco per sentirsi nuovamente in carreggiata.

L’unica che non parve condividere quell’entusiasmo generale – e che per tutto il pasto era rimasta particolarmente in disparte senza proferir parola – era il piccolo medico di bordo, alias Nickel, sul cui volto simil infantile in realtà serpeggiava una espressione preoccupata per la condizione psicologica del suo comandante.

Forse gli altri in quanto uomini tenevano a badare più superficialmente a certe cose, ma il suo intuito femminile le diceva che il lord inquisitore fosse tutt’altro che guarito nell’arco di una nottata passata all’addiaccio nella neve di Messatine.

“Tarn… va tutto bene?”

La cosa buona era che si trovava accanto a lui al momento – sul suo lato sinistro – e quindi poté chiederglielo quasi sottovoce, ricevendo però una risposta solo quando il suo signore ebbe modo di bere un intero cubo di energon dalla gradazione alcolica sostenuta – l’equivalente di un bicchiere di vino a pasto – senza che questi abbassasse minimamente lo sguardo verso la sua sottoposta.

“va tutto bene, Nickel. Il peggio è passato”

La minicon non seppe dire se la sua risposta fosse del tutto sincera, ma capì che Tarn aveva apprezzato il suo interessamento per il modo in cui le toccò brevemente la spalla destra. Sperò solo che quelle parole fossero effettivamente vere, ma conoscendolo ormai bene sapeva che era un uomo che si teneva tutto dentro fino ad arrivare a scoppiare nei peggiori dei modi.

  
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