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Autore: vermissen_stern    10/03/2020    1 recensioni
Il paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si posasse lo sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi crepacci nascosti dalle sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate.
Attraverso i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli forniva l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti che non riusciva a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un po’ per volta stava cominciando a fare il punto della situazione.
[storia ispirata principalmente ai fumetti IDW]
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Shockwave
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I
Capitoli:
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Shockwave aveva molto per essere adirato quel giorno. Questo il capo della sicurezza della sua torre lo sapeva, eppure non poteva fare a meno di fargli rapporto dopo aver fatto controllare – e controllato egli stesso – ogni anfratto della sua dimora e fatto perquisire persino gli ospiti che si erano tardati a rimanere a festeggiare un matrimonio che doveva essere perfetto nelle intenzioni dello scienziato monocolo.

Kickback avrebbe preferito di gran lunga rintanarsi nelle viscere del suo nido sotterraneo piuttosto che sbattere freneticamente le proprie ali in direzione della cima della torre di suddetto ciclope, ma quello che lo legava a quello svitato non era semplice fedeltà quanto, piuttosto, una sorta di imprinting.

In quanto insecticon – una primitiva evoluzione dei cybertroiani sopravvissuta fino all’era moderna, con una modalità bestiale anziché veicolare che ricordava molto quello di un insetto – nutriva istintivamente una forma di rispetto piuttosto profonda verso il proprio datore di lavoro, al pari di quello che poteva nutrire per una delle regine dell’alveare, ma da qui a trovarlo simpatico ce ne passava.

Nel corso dei secoli Shockwave aveva saputo tessere per bene le sue trame con gli abitanti del sottosuolo di quel settore periferico della città di Kaon – rinomata per essere la capitale dei decepticon – stringendo affari con le sue regine per migliorarne i figli mal visti dalla società civile. Ricerche queste che avevano dato i loro frutti, gli attuali insecticon erano quasi al pari di un comune cybertroiano tanto da poter assumere un aspetto umanoide e avere libero pensiero, al giusto prezzo di vite da sacrificare alle affamate – in tutti i sensi – signore del sottosuolo. Coloro che non sopravvivevano a lungo come cavie da laboratorio dello scienziato pazzo – per lo più prigionieri di guerra ma anche disertori dell’esercito decepticon – finivano a nutrire le schiere di quelle orride regine dal culo sempre fertile.

La madre di Kickback era stata mossa da sentimenti vanitosi e materiali quando aveva deciso di perfezionare la sua stessa specie. Non tanto per salvaguardare il più possibile il nucleo del loro pianeta – da cui per secoli avevano tratto nutrimento in modo equilibrato, scavando tunnel che permettessero la conformazione cristallina di energon utile agli abitanti della superficie – dando loro la possibilità di risparmiare energie con una modalità più umanoide e intelligente… quanto di raggiungere semplicemente un canone estetico tanto invidiato dalle femmine del sottosuolo. Un chiaro segno questo che la loro razza fosse tutt’altro che intelligente, ma questo andò tutto a vantaggio di Shockwave.

E ora, con la guerra civile che da secoli funestava il pianeta era ormai ridotta agli sgoccioli, un insecticon aveva finalmente detto addio ad una padrona severa unicamente per trovarne un altro da rispettare al massimo. Ironico.

Kickback volò agile e leggero nella sua modalità che ricordava vagamente una sorta di vespa, aggirando guglie e volando attraverso le tubature fino a raggiungere quello che era a tutti gli effetti un grande balcone circolare che si affacciava sullo spettacolo offerto dalla skyline di quell’oscura metropoli.

Una volta che l’insettaccio si posò sul pavimento metallico decise di trasformarsi in modalità umanoide, ben ignorato da un padrone di casa che gli dava le spalle e che – dentro il proprio laboratorio personale, nonché appartamenti privati – era impegnato a visualizzare quelli che erano molteplici schermi olografici di una console di comando. A quanto pare quel ciclope dall’armatura viola e nera non si accontentava dell’avanzato sistema di sorveglianza nel suo centro di vigilanza al piano terra… ma ne aveva uno tutto suo indipendente dalla linea principale.

“Kickback a rapporto! Signore, signore, signore!”

La viscida voce dello snello insecticon riecheggiò per le pareti metalliche della grande stanza – accentuando ancor di più il suo insolito tic di ripetere almeno tre volte alcune parole – annunciando così la sua presenza ad un signore in apparenza distratto. Il grande occhio rosso dell’imponente mech era impegnato ad osservare sequenze di dati e immagini che purtroppo, per il capo della sua sicurezza, erano assai note.

Il rapimento dell’anziana nonna dello scienziato monocolo era ormai un dato di fatto e, solo per il sangue freddo avuto dai familiari, non era diventata di dominio pubblico. Ma ciò non toglieva che tutta la figura del padrone di casa trasudasse una certa tensione mista a nervosismo perfettamente logica.

“E mi auguro che questa tua venuta porti buone notizie”

No, non aveva buone notizie. E questo portò il viscido adepto decepticon a deglutire amaramente facendo fremere le ali dietro la schiena. Il suo volto umano si piegò in un sorriso forzato, trattenendo una ridarella isterica tra i denti, perché tutto ciò che sapeva erano le stesse cose che aveva redatto al proprio signore ore fa. Nonostante avesse fatto nuovamente setacciare la residenza a caccia di indizi.

“Mio sire, sire, siiire! Ho visualizzato personalmente le riprese di sorveglianza e si può chiaramente vedere la vostra anziana levatrice mentre… ehm, lascia la tenuta a bordo di quella che è una sedia mobile…. Signore, signore, sign-”

“risparmia il fiato, Kickback. Mi stai raccontando cose che già so” lo scienziato pronunciò quelle parole in modo atono, nel mentre che si voltava verso il suo incompetente sottoposto. Per poi proseguire in modo più cinico “piuttosto, sarebbe stato logico da parte tua dirmi chi fosse l’individuo che trasportava mia nonna… o forse devo considerarti alla stregua di un esperimento fallito?”

I passi pesanti del mech riecheggiarono per tutto il laboratorio, nel mentre che si avvicinava con tutta tranquillità ad un insecticon sempre più inquieto. La luce che emetteva il suo occhio vermiglio non prometteva nulla di buono, in quanto già istintivamente il soldato poteva percepire che, a livello chimico, il leader della torre fosse piuttosto indisposto ad accettare fallimenti o scuse campate per aria.

“l-le immagini suggeriscono che si sia allontanata volontariamente con uno dei vostri ospiti! Un mech piuttosto allegro, allegro, allegro che…”

Non concluse la sua spiegazione che, senza preavviso alcuno, il braccio destro dello scienziato si cinse attorno alle sue spalle in un gesto che trasudava falsa amicizia da tutti i pori. Per forza di cose l’insecticon si sentì particolarmente inquieto, irrigidendosi come una stalattite di ghiaccio, nel mentre che l’imponente mech estraeva da uno scomparto sul petto quello che era un datapad personale.

L’immagine olografica che si palesò sullo schermo mostrava una scena ben nota al soldato decepticon, in quanto si trattava della foto del matrimonio di Shockwave con la sua deliziosa mogliettina – una femme dall’armatura bianca e grigia che con fare civettuolo abbracciava un braccio del marito.

“Kickback… sai raffigurare le persone in questa foto?”

“ehm, sua eccellenza e la sua bellissima, bellissima, bellissima sposa?!”

“esatto! Deduzione logica… e dimmi, come ti sembra Hancock in questa foto?”

“m-mi sembra felice, felic-GHHH!!”

Non concluse la risposta in quanto la mano di Shockwave, che precedentemente era posata sulle spalle dell’insecticon, andò a stringersi di prepotenza contro il collo scoperto del proprio sottoposto stringendo con forza e costringendolo a guardarlo nell’unico occhio che letteralmente bruciava di rabbia.

“Esatto! Mio piccolo e stupido sottoposto! Mia moglie qui è felice!” lo strattonò violentemente vicino a se, godendosi il terrore nei sui sensori ottici gialli “hai una vaga idea da quanto tempo progettavo di raggiungere questo traguardo con lei?! Ovvio che no! E sai cos’è adesso Hancock? Triste!”

Berciò quell’ultima parola trascinando l’insecticon per tutto il laboratorio, ignorando i suoi istintivi tentativi di liberarsi, fino a raggiungere quello che era a tutti gli effetti un tavolo chirurgico.

“non ho mai avuto grandi ambizioni per quanto concerne la sfera di vita privata… ma ho sempre avuto un unico obiettivo: rendere Hancock la mia compagna di vita” la sua voce parve solo in apparenza essere tornata priva di empatia come lo era prima di quella brutta discussione, ma in realtà stava solo preparando la scenata al suo sadismo finale “sai da quanto tempo è che le vado dietro? No… non puoi saperlo, hai strisciato in una cavità contorta fino all’altro ieri! Quindi deduco che tu non sappia neppure cosa siano le scuole di formazione superiore, perché è durante quel periodo che l’ho notata. Impossibile non notarlo, in quanto amica di mia sorella Shockblast”

Abbatté con forza l’insecticon sulla fredda superficie metallica del tavolo, arrivando anche a deformarlo leggermente sotto il peso della dolorante schiena di Kickback, lasciando bene intendere che la punizione per quell’incapace era solo agli inizi.

“a partire da quel periodo ho dato il massimo per studiare l’anatomia femminile e per tenere lontano da Hancock possibili spasimanti cafoni! Nel corso dei secoli sono stato con molte femme unicamente per poter affinare al meglio le mie arti amatorie ed essere il migliore per lei… per soddisfarla in ogni sua richiesta! L’ho persino convinta a lavorare per me come capo ingegnere idraulico per la mia torre, così da poterla tenere d’occhio meglio! Lo sai che è ancora intatta, vero? Ovvio che NO!!”

Shockwave ricordava bene quel periodo di studio e formazione, già per il fatto che in quelle scuole aveva mietuto le sue prime vittime ben mascherando quegli efferati omicidi come incidenti nel campus in cui studiava. Quegli sventurati mech che tentavano di approcciarsi all’ingenua e spensierata ragazza – dalla personalità infantile ma piuttosto intelligente per essere tra i primi cinque studenti con il massimo dei voti al corso di ingegneria idraulica – finivano con lo sparire misteriosamente dopo averla piantata in asso al primo appuntamento o, più semplicemente, crepavano male se dalle loro bocche fuoriusciva una qualche forma di apprezzamento verbale poco apprezzata dallo scienziato monocolo.

Aveva ignorato le lamentele di sua sorella che lo invitavano a dare un appuntamento a quella povera ragazza perché, andava detto, neppure lei riusciva a sopportare di vederla in lacrime quando qualcuno la lasciava sola come un salame ad aspettare al Maccadam’s House – uno tra i locali più rinomati di tutta cybertron – in quanto il piano di Shockwave erano del tipo “a lungo termine”. La sua idea era sempre stata quella di spingere Hancock a prendere considerazione che solo lo scienziato ciclopico era l’uomo adatto a lei, e che l’avrebbe resa una donna felice contrariamente a coloro che l’avevano misteriosamente piantata in asso.

E ora, nel momento in cui le sue dita affilate si stavano infilando sempre più nell’orbita destra di un terrorizzato Kickback, con frustrazione doveva ammettere a se stesso che quella sera non avrebbe finalmente addentato la fetta di torta che gli spettava di diritto.

“Avrei finalmente potuto cogliere quel suo fiore ancora intatto proprio questa notte…” lo disse con tono quasi sognante, in un momento di distrazione nel mentre che le sue dita si erano conficcate oltre il metallo densomorfico delle palpebre e si erano ben aggrappate al bulbo oculare “avevo programmato la nostra luna di miele su Caminos – hai idea di quanti crediti ci vogliano per una vacanza da quelle parti?! – e proprio in quel lungo mese di assenza da casa avremmo concepito la nostra prima protoforma… e invece, per colpa della tua scarsa vigilanza, ora mia moglie è in camera che piange perché mia nonna è stata rapita dalla feccia del cosmo!!”

Ignorò le grida di dolore, le suppliche latrate in un linguaggio arcaico conosciuto solo dalle possenti regine insecticon del sottosuolo, e con uno strattone finale – dopo aver quasi giocherellato con quel sensore ottico giusto per dare ancor più dolore al suo sottoposto – strappò via l’occhio destro di Kickback tra le scintille di cavi spezzati e fiotti di energon rosato.

Lo scagliò lontano, facendolo rimbalzare per il lucido pavimento fin quasi ai piedi della porta di ingresso del laboratorio, non notando in principio che – durante quella sua operazione senza anestesia – tale porta si era aperta per far entrare un ospite che non si era speso in presentazioni inutili.

Il nuovo arrivato aveva un aspetto insolito, quasi selvaggio se ci si soffermava sulle gambe piegate all’indietro – come una sorta di uccello – e le pinze al posto di normali mani, ma era indubbio che fosse in qualche modo imparentato con il padrone di casa di quella tetra dimora.

Whirl possedeva una colorazione dell’armatura tendente all’azzurro cielo, contrariamente a buona parte dei ciclopi tendenti al violaceo, ma quell’occhio dorato non mentiva sulle sue relazioni effettive con quella famiglia disfunzionale, ne il suo carattere altrettanto iniquo che non si scandalizzò per quella ferocia sadica e insensata.

Tutt’altro, si piegò sulle ginocchia per poter raccogliere quel bulbo oculare artificiale e separarne la lente dal resto del sensore. E tale lente, perfettamente circolare e intatta nonostante lo strattone poco aggraziato da parte di Shockwave, finì col posarsi sull’alieno volto del mech come se stesse indossando un monocolo per nobili.

“Allora, che ne dici cugino… sembro più signorile così?”

Un comportamento insolito per qualcuno che sul petto portava senza vergogna il simbolo degli autobot – a conti fatti Whirl lo si poteva praticamente considerare una pecora nera della famiglia – ma era pur vero che la guerra era finita da un pezzo e un evento come quello che si era tenuto il giorno prima, un matrimonio, era universamente considerato come una eccezione vista l’importanza del giorno.

Le parole di Whirl tuttavia vennero bellamente ignorate da un mech ancora impegnato a maltrattare un piagnucolante sottoposto – e lo stesso parente che ora si atteggiava da nobile parve non curarsene minimamente, contento com’era di specchiarsi sulla superficie di un vassoio metallico con il suo nuovo orpello acquisito – ma ancor prima che Shockwave potesse iniziare a dissezionare dal vivo il povero Kickback, ecco che dalle porte del suo laboratorio fece la sua precipitosa entrata una minicar dalle tonalità viola e nere e dagli spiccati dettagli arancioni.

“Whirl! Pezzo di idiota! Non gliel’hai ancora detto?!”

“ma se sono appena arrivato!”

“Ah… lascia perdere! Shockwave! Vuoi darmi retta?!”

La minicar si trasformò per somma gioia di un mech che non vedeva l’ora di farsi bello con la cugina, magari sfruttando quel monocolo appena ottenuto, rivelando a tutti le fattezze di una femme dannatamente simile a Shockwave.

Shockblast differenziava da buona parte dei suoi familiari per un’unica cosa: possedeva un volto vero e proprio e dunque era completa di naso e bocca. Nel corso del tempo aveva “camuffato” il suo unico occhio color oro come se si trattasse di un comune visore – per motivi che conosceva solo lei – ma a parte questa sua piccola debolezza era una dei pochi nella torre a saper tener testa quanto serve a suo fratello maggiore.

“sono un po’ impegnato, come puoi ben vedere…”

“Ah si? Anche per rispondere alle mie ripetute chiamate via comm-link?! Lascia perdere quel poveretto e accendi gli schermi! I rapitori di nonna si sono fatti sentire!”

Le parole concitate della sorella ebbero l’effetto immediato. Il furibondo fratello decise di lasciar perdere la morte di un proprio, incompetente, sottoposto per precipitarsi verso il pannello di controllo precedentemente abbandonato. Kickback ne approfittò per dileguarsi il prima possibile, con la speranza che il suo superiore sbollisse la rabbia nel mentre, lasciando che una intera famiglia di ciclopi se la vedesse con chi aveva osato rapire un loro caro.

A Shockwave bastò digitare qualche tasto per prendere la comunicazione in arrivo, e ciò che vide apparire nello schermo tremolante gli piacque ancora meno.

“Tarn… avrei dovuto immaginarlo”

In quel momento lo scienziato si pentì di essere stato così formale dall’aver invitato anche la DJD al suo matrimonio. E si dette ancor più dell’idiota per non aver riconosciuto immediatamente uno degli uomini di quel pazzo – per quanto li avesse visti ben poche volte il ciclope aveva buona memoria – durante la visualizzazione delle immagini di sorveglianza. Così preso dal non potersi gustare quel matrimonio in santa pace da aver tralasciato diversi dettagli peggio di una persona comune, qual non era, e intanto un boia mascherato sicuramente se la rideva sotto la maschera decepticon.

“Shockwave, le mie felicitazioni! Purtroppo non ho potuto partecipare di persona al tuo fastoso matrimonio, ma nonna ha saputo raccontarmi nei dettagli il giorno più bello della tua vita”

A vederlo era come se la morte di Megatron non lo avesse minimamente scalfito – si, Shockwave era a conoscenza della cosa, e in molti disertori decepticon avevano visto in quella sua festa quasi una “liberazione” dalla dittatura grigia dell’ex signore della guerra – eppure il fatto che fosse stato lui ad ucciderlo era una notizia ormai sulla bocca di tutti.

Il personale aguzzino di lord Megatron, colui che adorava il proprio signore alla stregua di un dio, aveva reciso il proprio cordone ombelicale sparandogli a bruciapelo. Una mente fragile che lo stesso ex gladiatore aveva preso con se perché estremamente duttile e adatta al ruolo che gli sarebbe spettato da li a breve… punire buona parte della feccia decepticon di cui il loro leader si era circondato nei secoli poteva suonare esilarante, soprattutto se considerato il passato tutt’altro che roseo di Tarn.

Megatron era sufficientemente a conoscenza dei trascorsi del ragazzo per sapere che il mestiere del boia gli sarebbe calzato a pennello, ma aveva sempre ignorato il motivo per cui indossava quella maschera dall’aspetto inconfutabile. E non era per omaggiarlo.

“Sarebbe ben più apprezzabile sapere quali sono le tue intenzioni nei suoi confronti, evitando i convenevoli del caso”

Shockwave sapeva che era praticamente impossibile trovare un accordo con quella gente, l’ultima volta che ci aveva provato via comm-link aveva quasi rischiato la vita quando quel bastardo si era messo semplicemente a parlare, quindi tanto valeva sciogliere subito quegli inutili convenevoli. E di tale parere fu pure il capo inquisitore.

“vedi, mio caro apostata, supponiamo che al momento abbia in mano la lista delle esecuzioni… il tuo nome certamente spiccherebbe più degli altri visto quanto è vicino alla sommità dei numeri iniziali” lo disse con tono fintamente gentile, dal retrogusto arrogante e sicuro di se. E con una voce che sembrava abbassarsi gradualmente “ma potrei anche concederti la grazia di scalare di un paio di posizioni se decidi di collaborare con noi…”

Per Shockblast c’era qualcosa che non andava. Un senso di inquietudine si impadronì gradualmente di lei ad ogni sillaba che quel mostro mascherato stava pronunciando con tanta sicurezza ed arroganza, non capendo il perché le sue ginocchia improvvisamente si stessero facendo sempre più fragili – tanto da temere di cadere per terra – e la sua gola non riuscisse minimamente a pronunciare una qualsiasi parola che mandasse a quel paese quell’inquietante decepticon.

La femme non poteva sapere dello stravagante potere dell’inquisitore, una particolarità innata che possedeva fin dalla nascita, di riuscire letteralmente a spegnere la scintilla di un individuo semplicemente abbassando gradualmente la propria voce durante un discorso. Cosa che, a quanto pare, era ancora in grado di fare a distanza.

“Una collaborazione? In cambio di cosa?”

Shockwave però non si scoraggiò, mantenendo i nervi saldi a abbassando i recettori audio quel tanto per non cadere nella trappola dell’esecutore decepticon, ma Tarn non era uno stupido. E la sua vece si fece ancor più sottile alle voci dei presenti, ammaliati contro la loro volontà.

Tutti, escluso Whirl, che si era allontanato preventivamente dallo schermo sentendo odori di possibili guai e ora stava misurando con le proprie pinze il fondoschiena della cugina. Conosceva la DJD e conosceva quel pazzo allucinato di Tarn, oltretutto non voleva comunque mettere ulteriormente nei pasticci il resto della sua famiglia – l’esecutore probabilmente non avrebbe apprezzato la presenza di un autobot in stanza – oltre che per amore del culo di sua cugina.

“la tua cara nonna si sta dimostrando davvero preziosa per la Paceful Tyranny. Un regalo davvero ben gradito, da parte tua… pertanto io-ehi!”

La fortuna per la famiglia dei ciclopi arrivò tramite un ronzio – in principio sottile e lontano, ma poi sempre più persistente e fastidioso – che in breve tempo pervase la stanza in cui si trovava il possente decepticon costringendolo ad abbandonare il colloquio per voltarsi ed osservare un ospite inatteso in camera propria.

Una anziana femme dall’aspetto non dissimile dai proprietari di quell’oscura torre si stava dando da fare nell’usare quello che sembrava essere una sorta di aspirapolvere o lucidatrice, abbastanza rumorosa e antiquata da dare il sufficiente disturbo ad un ricatto bello e buono.

“Nonna!! Stai bene??! Nonna!!”

La prima ridestarsi da quella scena quasi parodistica fu la stessa Shockblast, sentendosi improvvisamente più leggera e non più con la sensazione di svenire da un momento all’altro, cercando di decretare se la salute dell’anziana parente fosse buona. ma certamente per mettersi a fare le pulizie di primavera non richieste da nessuno non doveva stare male, tanto da riuscire comunque a sentire gli strilli della nipote e annuirle di conseguenza.

 

“Sto cercando di fare conversazione qui… i vostri servigi non sono attualmente richiesti. Soprattutto nei miei appartamenti”

A causa dell’alto tasso di rumore a Tarn non fu possibile parlare sottovoce all’anziana donna – ammesso e concesso che l’avrebbe sentito, e questo era oltremodo frustrante – quindi si ritrovò a stringere i pugni dal nervoso osservando la vecchia bastarda avvicinarsi alla sua postazione per passare quel maledetto aspirapolvere proprio davanti ai suoi piedi. generando un rumore ancor più fastidioso e assordante.

E nel mentre che faceva avanzare avanti e indietro quel maledetto marchingegno – costringendo l’esecutore a chiudere momentaneamente gli occhi per restare calmo – l’occhio dorato della vecchia non perse momento per scrutare avidamente il proprio carceriere.

“Tu non sei stupida…” sibilò lui.

No, non lo era. Tanto da fargli cenno con la testa che aveva perfettamente ragione a riguardo. Era prigioniera della DJD, nonostante godesse di una certa libertà sulla nave e nessuno sembrava intenzionato a farle del male, ma non poteva permettere che i suoi nipoti ci andassero di mezzo. Tanto da riuscire ad ottenere quella piccola vittoria sentendo il loro affascinante leader sbuffare seccato.

“uff, va bene allora… Shockwave!” in concomitanza con il suo ritorno ad osservare lo schermo olografico della sua console privata la vecchia decise di levare saggiamente i tacchi “le mie condizioni sono queste: dati i recenti fatti che si sono susseguiti e dei probabili, futuri, disordini tra le file decepticon avrò probabilmente bisogno della tua collaborazione a breve o a lungo termine. In cambio, vedrai il tuo nome in lista – perché logicamente avrai intuito da tempo di essere nella nostra lista – calare di svariate posizioni e chissà… magari un giorno non ci sarà proprio più. Intanto, come assicurazione, la tua anziana levatrice resterà con noi fino a tempo indeterminato”

L’idea di avere la propria nonna in mano a quella banda di pazzi omicidi decisamente non gustava allo scienziato monocolo, ma c’era da ammettere che la posta in palio era oltremodo allettante. Se era da sconsiderati accettare una simile offerta, lo era ancor di più non accettarla affatto già per il fatto che Tarn era comunque un uomo di parola.

“Le tue condizioni sono… logiche. Oltre che pienamente accettabili” convenne lo scienziato, sotto lo sguardo attonito della sorella “avete libero accesso alla torre e ai suoi servizi. Ma in cambio voglio avere la possibilità di poter comunicare direttamente con mia nonna in date prestabilite. E come ultimo… datele questo”

Si mise all’opera per digitare velocemente una serie di comandi sul proprio datapad personale, per poi inviare il tutto a quello che era il contatto personale del lord inquisitore.

“Hm? Di che si tratta?”
“sono le foto del mio matrimonio. Nonna vorrà sicuramente vederle”

In un primo momento Tarn avrebbe voluto ben volentieri mandarlo a quel paese, perché la DJD era tutto meno che un servizio di posta virtuale, ma decise di passare oltre e dimostrargli il proprio disappunto chiudendogli la comunicazione in faccia. Per quel giorno l’esecutore ne aveva avuto abbastanza di ciclopi infami, ed essendo ancora convalescente per ciò che era successo con Megatron giorni prima aveva altro di cui occuparsi.

Dall’altro lato della nebulosa tuttavia c’era chi ancora si stava chiedendo se fosse stata fatta la cosa giusta, perché in quel momento Shockblast aveva voglia di schiaffeggiare suo fratello maggiore. Ma si trattenne dal farlo, sapendo bene che non era il caso di dargli così tanta confidenza in un simile momento di tensione.

“Io… spero tu sappia quello che fai, fratello”

si morse le labbra nel dirlo, ma Shockwave non parve prendersela affatto. Dimostrando, anzi, una certa fiducia per il futuro.

“anche volendo non possiamo fare niente al momento, e nonna ci ha appena dato dimostrazione di sapersela cavare. Lasciamo che il tempo faccia il suo corso… anche perché ho intenzione di dare una occhiata a quella loro lista, in un modo o nell’altro. Per il momento vi chiedo discrezione sull’accaduto, intesi?”

Se Shockwave aveva una sorta di piano per il futuro non era dato saperlo al resto della sua famiglia – presente attorno a lui al momento – per il momento c’era solo da sperare che nessuno si facesse del male nell’immediato futuro, rimanendo il più possibile discreti su quanto successo in quelle ore. I panni sporchi si lavano pur sempre in famiglia, che ci fossero autobot o decepticon nel proprio credo.

 

[…]

 

Era appena ritornato alla normalità della sua consueta vita da esecutore e già gli mancava la neve di Messatine! Ma a parte l’inconveniente di quel pomeriggio poteva ritenersi abbastanza soddisfatto.

Shockwave possedeva tecnologie e mezzi che alla DJD avrebbe fatto sicuramente comodo, senza contare che un “alleato” in più che li supportasse era la cosa più sensata da fare dato che, dalla morte di Megatron in poi, si sarebbero generati parecchi apostati del credo decepticon che quasi sicuramente avrebbero scelto due opzioni: sparire per sempre dalla circolazione o iniziare una lotta intestina per il diritto di successione prendendo di mira lo stesso gruppo di esecutori.

“Molti nemici, molto onore” avrebbe sicuramente detto il loro leader estinto. Ma di averne troppi, e di avere poche risorse con cui affrontarli, non andava molto a genio a Tarn e al resto dei suoi uomini.

Quella comunque sarebbe stata l’ultima notte che avrebbero passato su quel pianeta ghiacciato, dato che Kaon sembrava avere delle informazioni importanti riguardanti il soggetto che dovevano trovare. Ed era proprio da lui che si stava dirigendo, superando silenziosamente il lungo corridoio semibuio – ad eccezion fatta per le luci di servizio che illuminavano le pareti – fino a giungere alle porte di camera sua che si aprirono con un sibilo sottile.

L’unica fonte di luce offerta negli appartamenti privati del tecnico decepticon erano la moltitudine di schermi olografici che occupavano la postazione della sua scrivania, e lo stesso Kaon era impegnato in frenetiche ricerche che avevano dato i loro frutti. Tanto da convocare a quell’ora Tarn per fare rapporto.

“dunque… a che punto siamo?”

“dunque… si… ecco… direi che ci siamo!”

Il cieco soldato si voltò giusto qualche secondo verso il proprio leader, prima di ritornare a frugare tra i dati estrapolati dalla registrazione di Megatron.

“il nostro defunto leader è stato piuttosto in gamba a seminare indizi… ma per fortuna che ci sono io! Eh, eh!”

Sul ripiano della scrivania il leader degli esecutori poté osservare una moltitudine di lattine vuote – probabilmente di bevande energetiche – e svariate sigarette all’energon ormai prosciugate che testimoniavano il pressante lavoro a cui si era sottoposto Kaon in quelle lunghe ore.

“C-comunque, avevi ragione tu Tarn… la ragazza vive a Caminos. Dal panorama alle spalle di Megatron sono riuscito a triangolare la posizione di casa sua, ma al momento non sembra esserci nessuno a casa”

“come sarebbe a dire che non c’è nessuno?”

Quello non era periodo per deludere il proprio comandante, e questo il tecnico lo sapeva alla perfezione, quindi fu con un sorriso dettato dal nervoso che lesto gli rispose nel migliore dei modi. Già il fatto di sentirlo abbassare la voce non era buon segno… Tarn poteva dire a tutti di essere tornato nuovamente in carreggiata dopo quella sua tragica discussione con lord Megatron, ma era logico mentisse soprattutto a se stesso.

E ciò voleva dire che il resto della squadra doveva prestare più attenzione in quello che faceva e diceva.

“Ecco… ho provato più volte a chiamare a casa spacciandomi per un call center dedito alla vendita di aspirapolveri” e qui Kaon non ne fu certo, ma gli parve di vedere Tarn tremare impercettibilmente “e dato che nessuno rispondeva, nel mentre ho eseguito una scannerizzazione isometrica sul volto della ragazza – altra mossa astuta da parte del nostro estinto leader – e sono riuscito ad accedere ai suoi file personali! Ti presento Natah Atilius… figlia del senatore Attilus nonché fautore delle molte trattative di pace tra autobot e decepticon. Andate tutte male, fino a poco tempo fa, ma il senatore doveva crederci molto”

Tarn aveva scarsa conoscenza di tale senatore Attilus, ma ciò che sapeva era per bocca di Megatron stesso. L’ex leader dei deepticon aveva sempre trovato quasi noiosa l’insistenza di quel mech di trovare una pace che stava logorando un pianeta in cui il nobile cybertroiano neppure viveva.

Ma se da un lato disprezzava questa sua insistenza, dall’altra ammirava il rispetto che nutriva sia per lui che per il suo storico rivale. Optimus Prime.

Questo almeno fino a che il leader decepticon non ha messo occhi sulla figlia ormai divenuta donna… da allora, guarda la coincidenza, Megatron aveva accettato più di buon grado le richieste di incontro con Attilus, ed ora che Tarn sapeva il motivo si dette dello sciocco per non averlo capito prima. Il suo volto dai lineamenti duri reso più sereno e disteso da qualcosa che andava oltre la speranza di una pace duratura tra due popoli; quel suo sguardo che in momenti impercettibili, quando credeva non essere visto, si perdeva in ricordi sconosciuti al suo fedele inquisitore; il sorriso appena accennato sulle labbra… i segni di una decadenza che avrebbe portato alla disfatta un intero esercito, generati da un sentimento ignorato per tutta la vita da Tarn.

“dov’è lei ora?”

Più ci pensava e più sentiva montargli la rabbia per tutto ciò che era successo – che aveva fatto – e per come il suo futuro dipendesse da una tizia che aveva generato tutto quel casino. Il sorriso di Kaon tuttavia, lo ridestò dai pensieri più malevoli.

“più vicino di quanto sembri…”

 

[…]

 

Una volta congedati gli ultimi parenti e fatto rientrare l’allarme agli addetti della sicurezza, a Shockwave non rimase altro che andare a riposare.

Per quanto fosse uno stacanovista incrollabile anche lui necessitava di mettersi in ricarica per il bene psicofisico della sua persona, nonché per attenersi a quelli che avrebbero dovuto essere i suoi doveri coniugali con Hancock. Se mai fosse stata giornata per quelli!

Per quanto le cose con la DJD erano state chiarite sua moglie rimaneva comunque una ragazza emotivamente fragile, e il rapimento dell’anziana ciclope l’aveva piuttosto colpita in negativo… in quanto quello, per lei – il giorno del suo matrimonio – doveva essere un giorno felice tanto per la sua persona quanto per tutti gli ospiti presenti.

E quando lo scienziato entrò nella propria camera da letto – dipinta di luci soffuse che portassero un minimo di conforto all’animo spezzato della sua sposa – i sensori ottici azzurri di sua moglie si indirizzarono tristi verso di lui.

La ragazza non si era sdraiata nella cuccetta che ora avrebbero condiviso assieme al suo neo sposo, ma era impegnata nella propria scrivania a creare una sorta di pupazzo con degli scarti di metallo di diverso colore. Se la giovane avesse saputo che quegli scarti metallici provenivano dagli esperimenti di Shockwave – ceduti a lei per gentile accondiscendenza dello scienziato – forse ci avrebbe pensato due volte a sposarlo…

Ad ogni modo, ciò che ora la ragazza stava creando con l’utilizzo di piccoli strumenti artigianali – tra cui una piccola saldatrice portatile – era la riproduzione stilizzata di quella che doveva essere la levatrice di Shockwave.

“Hancock… è tardi” iniziò lui, avvicinandosi alla consorte e appoggiandole una mano sulla spalla destra “dovresti andare a riposare. La situazione ora è sotto controllo”

“si, lo so ma…” la ragazza sospirò, appoggiando la nuca sul suo torso “mi consideri egoista se penso che il nostro matrimonio non doveva andare così?”

Forse il vero motivo per cui quella ragazza piaceva tanto al mostruoso mech era proprio perché possedeva quell’umanità che a Shockwave mancava per nascita. Un vuoto colmato dalla sua presenza solare in un ambiente che di luce ne vedeva assai poca, visto quello che il diretto interessato aveva sempre combinato in quel luogo più per amore proprio che per la causa decepticon in se. In quanto in molti sospettavano che l’unico motivo per cui aveva sempre seguito lord Megatron era per la possibilità pressochè illimitata di accedere a fondi e materiali per le sue ricerche.

“no, mia cara… non lo sei. Il tuo è un sentimento perfettamente logico” la prese per mano aiutandola ad alzarsi, per incamminarsi assieme verso un talamo che non avrebbero consumato affatto “ora andiamo a riposare e non preoccuparti. Nonna starà benissimo… e quando tornerà potrai darle quella bambola”

  
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