Shockwave
aveva molto per essere adirato quel giorno. Questo il capo della
sicurezza
della sua torre lo sapeva, eppure non poteva fare a meno di fargli
rapporto
dopo aver fatto controllare – e controllato egli stesso
– ogni anfratto della
sua dimora e fatto perquisire persino gli ospiti che si erano tardati a
rimanere a festeggiare un matrimonio che doveva essere perfetto nelle
intenzioni dello scienziato monocolo.
Kickback
avrebbe preferito di gran lunga rintanarsi nelle viscere del suo nido
sotterraneo piuttosto che sbattere freneticamente le proprie ali in
direzione
della cima della torre di suddetto ciclope, ma quello che lo legava a
quello
svitato non era semplice fedeltà quanto, piuttosto, una
sorta di imprinting.
In
quanto insecticon – una primitiva evoluzione dei cybertroiani
sopravvissuta
fino all’era moderna, con una modalità bestiale
anziché veicolare che ricordava
molto quello di un insetto – nutriva istintivamente una forma
di rispetto
piuttosto profonda verso il proprio datore di lavoro, al pari di quello
che
poteva nutrire per una delle regine dell’alveare, ma da qui a
trovarlo
simpatico ce ne passava.
Nel
corso dei secoli Shockwave aveva saputo tessere per bene le sue trame
con gli
abitanti del sottosuolo di quel settore periferico della
città di Kaon –
rinomata per essere la capitale dei decepticon – stringendo
affari con le sue
regine per migliorarne i figli mal visti dalla società
civile. Ricerche queste
che avevano dato i loro frutti, gli attuali insecticon erano quasi al
pari di
un comune cybertroiano tanto da poter assumere un aspetto umanoide e
avere
libero pensiero, al giusto prezzo di vite da sacrificare alle affamate
– in
tutti i sensi – signore del sottosuolo. Coloro che non
sopravvivevano a lungo
come cavie da laboratorio dello scienziato pazzo – per lo
più prigionieri di
guerra ma anche disertori dell’esercito decepticon
– finivano a nutrire le
schiere di quelle orride regine dal culo sempre fertile.
La
madre di Kickback era stata mossa da sentimenti vanitosi e materiali
quando
aveva deciso di perfezionare la sua stessa specie. Non tanto per
salvaguardare
il più possibile il nucleo del loro pianeta – da
cui per secoli avevano tratto
nutrimento in modo equilibrato, scavando tunnel che permettessero la
conformazione cristallina di energon utile agli abitanti della
superficie –
dando loro la possibilità di risparmiare energie con una
modalità più umanoide
e intelligente… quanto di raggiungere semplicemente un
canone estetico tanto
invidiato dalle femmine del sottosuolo. Un chiaro segno questo che la
loro
razza fosse tutt’altro che intelligente, ma questo
andò tutto a vantaggio di
Shockwave.
E
ora, con la guerra civile che da secoli funestava il pianeta era ormai
ridotta agli
sgoccioli, un insecticon aveva finalmente detto addio ad una padrona
severa
unicamente per trovarne un altro da rispettare al massimo. Ironico.
Kickback
volò agile e leggero nella sua modalità che
ricordava vagamente una sorta di vespa,
aggirando guglie e volando attraverso le tubature fino a raggiungere
quello che
era a tutti gli effetti un grande balcone circolare che si affacciava
sullo
spettacolo offerto dalla skyline di quell’oscura metropoli.
Una
volta che l’insettaccio si posò sul pavimento
metallico decise di trasformarsi
in modalità umanoide, ben ignorato da un padrone di casa che
gli dava le spalle
e che – dentro il proprio laboratorio personale,
nonché appartamenti privati –
era impegnato a visualizzare quelli che erano molteplici schermi
olografici di
una console di comando. A quanto pare quel ciclope
dall’armatura viola e nera
non si accontentava dell’avanzato sistema di sorveglianza nel
suo centro di
vigilanza al piano terra… ma ne aveva uno tutto suo
indipendente dalla linea
principale.
“Kickback
a rapporto! Signore, signore, signore!”
La
viscida voce dello snello insecticon riecheggiò per le
pareti metalliche della
grande stanza – accentuando ancor di più il suo
insolito tic di ripetere almeno
tre volte alcune parole – annunciando così la sua
presenza ad un signore in
apparenza distratto. Il grande occhio rosso dell’imponente
mech era impegnato
ad osservare sequenze di dati e immagini che purtroppo, per il capo
della sua
sicurezza, erano assai note.
Il
rapimento dell’anziana nonna dello scienziato monocolo era
ormai un dato di
fatto e, solo per il sangue freddo avuto dai familiari, non era
diventata di
dominio pubblico. Ma ciò non toglieva che tutta la figura
del padrone di casa
trasudasse una certa tensione mista a nervosismo perfettamente logica.
“E
mi auguro che questa tua venuta porti buone notizie”
No,
non aveva buone notizie. E questo portò il viscido adepto
decepticon a
deglutire amaramente facendo fremere le ali dietro la schiena. Il suo
volto
umano si piegò in un sorriso forzato, trattenendo una
ridarella isterica tra i
denti, perché tutto ciò che sapeva erano le
stesse cose che aveva redatto al
proprio signore ore fa. Nonostante avesse fatto nuovamente setacciare
la
residenza a caccia di indizi.
“Mio
sire, sire, siiire! Ho visualizzato
personalmente le riprese di sorveglianza e si può
chiaramente vedere la vostra
anziana levatrice mentre… ehm, lascia la tenuta a bordo di
quella che è una
sedia mobile…. Signore, signore, sign-”
“risparmia
il fiato, Kickback. Mi stai raccontando cose che già
so” lo scienziato
pronunciò quelle parole in modo atono, nel mentre che si
voltava verso il suo
incompetente sottoposto. Per poi proseguire in modo più
cinico “piuttosto,
sarebbe stato logico da parte tua
dirmi chi fosse l’individuo che trasportava mia
nonna… o forse devo
considerarti alla stregua di un esperimento fallito?”
I
passi pesanti del mech riecheggiarono per tutto il laboratorio, nel
mentre che
si avvicinava con tutta tranquillità ad un insecticon sempre
più inquieto. La
luce che emetteva il suo occhio vermiglio non prometteva nulla di
buono, in
quanto già istintivamente il soldato poteva percepire che, a
livello chimico,
il leader della torre fosse piuttosto indisposto ad accettare
fallimenti o
scuse campate per aria.
“l-le
immagini suggeriscono che si sia allontanata volontariamente
con uno dei vostri ospiti! Un mech piuttosto
allegro, allegro, allegro che…”
Non
concluse la sua spiegazione che, senza preavviso alcuno, il braccio
destro
dello scienziato si cinse attorno alle sue spalle in un gesto che
trasudava
falsa amicizia da tutti i pori. Per forza di cose
l’insecticon si sentì
particolarmente inquieto, irrigidendosi come una stalattite di
ghiaccio, nel
mentre che l’imponente mech estraeva da uno scomparto sul
petto quello che era
un datapad personale.
L’immagine
olografica che si palesò sullo schermo mostrava una scena
ben nota al soldato
decepticon, in quanto si trattava della foto del matrimonio di
Shockwave con la
sua deliziosa mogliettina – una femme dall’armatura
bianca e grigia che con
fare civettuolo abbracciava un braccio del marito.
“Kickback…
sai raffigurare le persone in questa foto?”
“ehm,
sua eccellenza e la sua bellissima, bellissima, bellissima
sposa?!”
“esatto!
Deduzione logica… e dimmi, come ti sembra Hancock in questa
foto?”
“m-mi
sembra felice, felic-GHHH!!”
Non
concluse la risposta in quanto la mano di Shockwave, che
precedentemente era
posata sulle spalle dell’insecticon, andò a
stringersi di prepotenza contro il
collo scoperto del proprio sottoposto stringendo con forza e
costringendolo a
guardarlo nell’unico occhio che letteralmente bruciava di
rabbia.
“Esatto!
Mio piccolo e stupido sottoposto! Mia moglie qui è
felice!” lo strattonò
violentemente vicino a se, godendosi il terrore nei sui sensori ottici
gialli
“hai una vaga idea da quanto tempo progettavo di raggiungere
questo traguardo
con lei?! Ovvio che no! E sai cos’è adesso
Hancock? Triste!”
Berciò
quell’ultima parola trascinando l’insecticon per
tutto il laboratorio,
ignorando i suoi istintivi tentativi di liberarsi, fino a raggiungere
quello
che era a tutti gli effetti un tavolo chirurgico.
“non
ho mai avuto grandi ambizioni per quanto concerne la sfera di vita
privata… ma
ho sempre avuto un unico obiettivo: rendere Hancock la mia compagna di
vita” la
sua voce parve solo in apparenza essere tornata priva di empatia come
lo era
prima di quella brutta discussione, ma in realtà stava solo
preparando la
scenata al suo sadismo finale “sai da quanto tempo
è che le vado dietro? No…
non puoi saperlo, hai strisciato in una cavità contorta fino
all’altro ieri!
Quindi deduco che tu non sappia neppure cosa siano le scuole di
formazione
superiore, perché è durante quel periodo che
l’ho notata. Impossibile non
notarlo, in quanto amica di mia sorella Shockblast”
Abbatté
con forza l’insecticon sulla fredda superficie metallica del
tavolo, arrivando
anche a deformarlo leggermente sotto il peso della dolorante schiena di
Kickback, lasciando bene intendere che la punizione per
quell’incapace era solo
agli inizi.
“a
partire da quel periodo ho dato il massimo per studiare
l’anatomia femminile e
per tenere lontano da Hancock possibili spasimanti cafoni! Nel corso
dei secoli
sono stato con molte femme unicamente per poter affinare al meglio le
mie arti
amatorie ed essere il migliore per lei… per soddisfarla in
ogni sua richiesta! L’ho
persino convinta a lavorare per me come capo ingegnere idraulico per la
mia
torre, così da poterla tenere d’occhio meglio! Lo
sai che è ancora intatta,
vero? Ovvio che NO!!”
Shockwave
ricordava bene quel periodo di studio e formazione, già per
il fatto che in
quelle scuole aveva mietuto le sue prime vittime ben mascherando quegli
efferati omicidi come incidenti nel campus in cui studiava. Quegli
sventurati
mech che tentavano di approcciarsi all’ingenua e spensierata
ragazza – dalla
personalità infantile ma piuttosto intelligente per essere
tra i primi cinque
studenti con il massimo dei voti al corso di ingegneria idraulica
– finivano
con lo sparire misteriosamente dopo averla piantata in asso al primo
appuntamento o, più semplicemente, crepavano male se dalle
loro bocche
fuoriusciva una qualche forma di apprezzamento verbale poco apprezzata
dallo
scienziato monocolo.
Aveva
ignorato le lamentele di sua sorella che lo invitavano a dare un
appuntamento a
quella povera ragazza perché, andava detto, neppure lei
riusciva a sopportare
di vederla in lacrime quando qualcuno la lasciava sola come un salame
ad
aspettare al Maccadam’s House – uno tra i locali
più rinomati di tutta
cybertron – in quanto il piano di Shockwave erano del tipo
“a lungo termine”.
La sua idea era sempre stata quella di spingere Hancock a prendere
considerazione che solo lo scienziato ciclopico era l’uomo
adatto a lei, e che
l’avrebbe resa una donna felice contrariamente a coloro che
l’avevano
misteriosamente piantata in asso.
E
ora, nel momento in cui le sue dita affilate si stavano infilando
sempre più
nell’orbita destra di un terrorizzato Kickback, con
frustrazione doveva
ammettere a se stesso che quella sera non avrebbe finalmente addentato
la fetta
di torta che gli spettava di diritto.
“Avrei
finalmente potuto cogliere quel suo fiore ancora intatto proprio questa
notte…”
lo disse con tono quasi sognante, in un momento di distrazione nel
mentre che
le sue dita si erano conficcate oltre il metallo densomorfico delle
palpebre e
si erano ben aggrappate al bulbo oculare “avevo programmato
la nostra luna di
miele su Caminos – hai idea di quanti crediti ci vogliano per
una vacanza da
quelle parti?! – e proprio in quel lungo mese di assenza da
casa avremmo
concepito la nostra prima protoforma… e invece, per colpa
della tua scarsa
vigilanza, ora mia moglie è in camera che piange
perché mia nonna è stata
rapita dalla feccia del cosmo!!”
Ignorò
le grida di dolore, le suppliche latrate in un linguaggio arcaico
conosciuto
solo dalle possenti regine insecticon del sottosuolo, e con uno
strattone
finale – dopo aver quasi giocherellato con quel sensore
ottico giusto per dare
ancor più dolore al suo sottoposto –
strappò via l’occhio destro di Kickback
tra le scintille di cavi spezzati e fiotti di energon rosato.
Lo
scagliò lontano, facendolo rimbalzare per il lucido
pavimento fin quasi ai
piedi della porta di ingresso del laboratorio, non notando in principio
che –
durante quella sua operazione senza anestesia – tale porta si
era aperta per
far entrare un ospite che non si era speso in presentazioni inutili.
Il
nuovo arrivato aveva un aspetto insolito, quasi selvaggio se ci si
soffermava
sulle gambe piegate all’indietro – come una sorta
di uccello – e le pinze al
posto di normali mani, ma era indubbio che fosse in qualche modo
imparentato
con il padrone di casa di quella tetra dimora.
Whirl
possedeva una colorazione dell’armatura tendente
all’azzurro cielo,
contrariamente a buona parte dei ciclopi tendenti al violaceo, ma
quell’occhio
dorato non mentiva sulle sue relazioni effettive con quella famiglia
disfunzionale, ne il suo carattere altrettanto iniquo che non si
scandalizzò
per quella ferocia sadica e insensata.
Tutt’altro,
si piegò sulle ginocchia per poter raccogliere quel bulbo
oculare artificiale e
separarne la lente dal resto del sensore. E tale lente, perfettamente
circolare
e intatta nonostante lo strattone poco aggraziato da parte di
Shockwave, finì
col posarsi sull’alieno volto del mech come se stesse
indossando un monocolo
per nobili.
“Allora,
che ne dici cugino… sembro più signorile
così?”
Un
comportamento insolito per qualcuno che sul petto portava senza
vergogna il
simbolo degli autobot – a conti fatti Whirl lo si poteva
praticamente
considerare una pecora nera della famiglia – ma era pur vero
che la guerra era
finita da un pezzo e un evento come quello che si era tenuto il giorno
prima,
un matrimonio, era universamente considerato come una eccezione vista
l’importanza del giorno.
Le
parole di Whirl tuttavia vennero bellamente ignorate da un mech ancora
impegnato a maltrattare un piagnucolante sottoposto – e lo
stesso parente che
ora si atteggiava da nobile parve non curarsene minimamente, contento
com’era
di specchiarsi sulla superficie di un vassoio metallico con il suo
nuovo
orpello acquisito – ma ancor prima che Shockwave potesse
iniziare a
dissezionare dal vivo il povero Kickback, ecco che dalle porte del suo
laboratorio fece la sua precipitosa entrata una minicar dalle
tonalità viola e
nere e dagli spiccati dettagli arancioni.
“Whirl!
Pezzo di idiota! Non gliel’hai ancora detto?!”
“ma
se sono appena arrivato!”
“Ah…
lascia perdere! Shockwave! Vuoi darmi retta?!”
La
minicar si trasformò per somma gioia di un mech che non
vedeva l’ora di farsi
bello con la cugina, magari sfruttando quel monocolo appena ottenuto,
rivelando
a tutti le fattezze di una femme dannatamente simile a Shockwave.
Shockblast
differenziava da buona parte dei suoi familiari per un’unica
cosa: possedeva un
volto vero e proprio e dunque era completa di naso e bocca. Nel corso
del tempo
aveva “camuffato” il suo unico occhio color oro
come se si trattasse di un
comune visore – per motivi che conosceva solo lei –
ma a parte questa sua
piccola debolezza era una dei pochi nella torre a saper tener testa
quanto
serve a suo fratello maggiore.
“sono
un po’ impegnato, come puoi ben vedere…”
“Ah
si? Anche per rispondere alle mie ripetute chiamate via comm-link?!
Lascia
perdere quel poveretto e accendi gli schermi! I rapitori di nonna si
sono fatti
sentire!”
Le
parole concitate della sorella ebbero l’effetto immediato. Il
furibondo
fratello decise di lasciar perdere la morte di un proprio,
incompetente,
sottoposto per precipitarsi verso il pannello di controllo
precedentemente
abbandonato. Kickback ne approfittò per dileguarsi il prima
possibile, con la
speranza che il suo superiore sbollisse la rabbia nel mentre, lasciando
che una
intera famiglia di ciclopi se la vedesse con chi aveva osato rapire un
loro
caro.
A
Shockwave bastò digitare qualche tasto per prendere la
comunicazione in arrivo,
e ciò che vide apparire nello schermo tremolante gli piacque
ancora meno.
“Tarn…
avrei dovuto immaginarlo”
In
quel momento lo scienziato si pentì di essere stato
così formale dall’aver
invitato anche la DJD al suo matrimonio. E si dette ancor
più dell’idiota per
non aver riconosciuto immediatamente uno degli uomini di quel pazzo
– per
quanto li avesse visti ben poche volte il ciclope aveva buona memoria
– durante
la visualizzazione delle immagini di sorveglianza. Così
preso dal non potersi
gustare quel matrimonio in santa pace da aver tralasciato diversi
dettagli
peggio di una persona comune, qual non era, e intanto un boia
mascherato
sicuramente se la rideva sotto la maschera decepticon.
“Shockwave,
le mie felicitazioni! Purtroppo non ho potuto partecipare di persona al
tuo
fastoso matrimonio, ma nonna ha saputo raccontarmi nei dettagli il
giorno più
bello della tua vita”
A
vederlo era come se la morte di Megatron non lo avesse minimamente
scalfito –
si, Shockwave era a conoscenza della cosa, e in molti disertori
decepticon
avevano visto in quella sua festa quasi una
“liberazione” dalla dittatura
grigia dell’ex signore della guerra – eppure il
fatto che fosse stato lui ad
ucciderlo era una notizia ormai sulla bocca di tutti.
Il
personale aguzzino di lord Megatron, colui che adorava il proprio
signore alla
stregua di un dio, aveva reciso il proprio cordone ombelicale
sparandogli a
bruciapelo. Una mente fragile che lo stesso ex gladiatore aveva preso
con se
perché estremamente duttile e adatta al ruolo che gli
sarebbe spettato da li a
breve… punire buona parte della feccia decepticon di cui il
loro leader si era
circondato nei secoli poteva suonare esilarante, soprattutto se
considerato il
passato tutt’altro che roseo di Tarn.
Megatron
era sufficientemente a conoscenza dei trascorsi del ragazzo per sapere
che il
mestiere del boia gli sarebbe calzato a pennello, ma aveva sempre
ignorato il
motivo per cui indossava quella maschera dall’aspetto
inconfutabile. E non era
per omaggiarlo.
“Sarebbe
ben più apprezzabile sapere quali sono le tue intenzioni nei
suoi confronti,
evitando i convenevoli del caso”
Shockwave
sapeva che era praticamente impossibile trovare un accordo con quella
gente,
l’ultima volta che ci aveva provato via comm-link aveva quasi
rischiato la vita
quando quel bastardo si era messo semplicemente a parlare, quindi tanto
valeva
sciogliere subito quegli inutili convenevoli. E di tale parere fu pure
il capo
inquisitore.
“vedi,
mio caro apostata, supponiamo che
al
momento abbia in mano la lista delle esecuzioni… il tuo nome
certamente spiccherebbe
più degli altri visto quanto è vicino alla
sommità dei numeri iniziali” lo
disse con tono fintamente gentile, dal retrogusto arrogante e sicuro di
se. E
con una voce che sembrava abbassarsi
gradualmente “ma potrei anche concederti la grazia di scalare
di un paio di
posizioni se decidi di collaborare con noi…”
Per
Shockblast c’era qualcosa che non andava. Un senso di
inquietudine si impadronì
gradualmente di lei ad ogni sillaba che quel mostro mascherato stava
pronunciando con tanta sicurezza ed arroganza, non capendo il
perché le sue
ginocchia improvvisamente si stessero facendo sempre più
fragili – tanto da
temere di cadere per terra – e la sua gola non riuscisse
minimamente a
pronunciare una qualsiasi parola che mandasse a quel paese
quell’inquietante
decepticon.
La
femme non poteva sapere dello stravagante potere
dell’inquisitore, una
particolarità innata che possedeva fin dalla nascita, di
riuscire letteralmente
a spegnere la scintilla di un individuo semplicemente abbassando
gradualmente
la propria voce durante un discorso. Cosa che, a quanto pare, era
ancora in
grado di fare a distanza.
“Una
collaborazione? In cambio di cosa?”
Shockwave
però non si scoraggiò, mantenendo i nervi saldi a
abbassando i recettori audio
quel tanto per non cadere nella trappola dell’esecutore
decepticon, ma Tarn non
era uno stupido. E la sua vece si fece ancor più sottile
alle voci dei
presenti, ammaliati contro la loro volontà.
Tutti,
escluso Whirl, che si era allontanato preventivamente dallo schermo
sentendo
odori di possibili guai e ora stava misurando con le proprie pinze il
fondoschiena della cugina. Conosceva la DJD e conosceva quel pazzo
allucinato di
Tarn, oltretutto non voleva comunque mettere ulteriormente nei pasticci
il
resto della sua famiglia – l’esecutore
probabilmente non avrebbe apprezzato la
presenza di un autobot in stanza – oltre che per amore del
culo di sua cugina.
“la
tua cara nonna si sta dimostrando davvero preziosa per la Paceful
Tyranny. Un
regalo davvero ben gradito, da parte tua… pertanto io-ehi!”
La
fortuna per la famiglia dei ciclopi arrivò tramite un ronzio
– in principio
sottile e lontano, ma poi sempre più persistente e
fastidioso – che in breve
tempo pervase la stanza in cui si trovava il possente decepticon
costringendolo
ad abbandonare il colloquio per voltarsi ed osservare un ospite
inatteso in
camera propria.
Una
anziana femme dall’aspetto non dissimile dai proprietari di
quell’oscura torre
si stava dando da fare nell’usare quello che sembrava essere
una sorta di
aspirapolvere o lucidatrice, abbastanza rumorosa e antiquata da dare il
sufficiente disturbo ad un ricatto bello e buono.
“Nonna!!
Stai bene??! Nonna!!”
La
prima ridestarsi da quella scena quasi parodistica fu la stessa
Shockblast,
sentendosi improvvisamente più leggera e non più
con la sensazione di svenire
da un momento all’altro, cercando di decretare se la salute
dell’anziana
parente fosse buona. ma certamente per mettersi a fare le pulizie di
primavera
non richieste da nessuno non doveva stare male, tanto da riuscire
comunque a
sentire gli strilli della nipote e annuirle di conseguenza.
“Sto
cercando di fare conversazione qui… i vostri servigi non
sono attualmente
richiesti. Soprattutto nei miei appartamenti”
A
causa dell’alto tasso di rumore a Tarn non fu possibile
parlare sottovoce
all’anziana donna – ammesso e concesso che
l’avrebbe sentito, e questo era
oltremodo frustrante – quindi si ritrovò a
stringere i pugni dal nervoso
osservando la vecchia bastarda avvicinarsi alla sua postazione per
passare quel
maledetto aspirapolvere proprio davanti ai suoi piedi. generando un
rumore
ancor più fastidioso e assordante.
E
nel mentre che faceva avanzare avanti e indietro quel maledetto
marchingegno –
costringendo l’esecutore a chiudere momentaneamente gli occhi
per restare calmo
– l’occhio dorato della vecchia non perse momento
per scrutare avidamente il
proprio carceriere.
“Tu
non sei stupida…”
sibilò lui.
No,
non lo era. Tanto da fargli cenno con la testa che aveva perfettamente
ragione
a riguardo. Era prigioniera della DJD, nonostante godesse di una certa
libertà
sulla nave e nessuno sembrava intenzionato a farle del male, ma non
poteva
permettere che i suoi nipoti ci andassero di mezzo. Tanto da riuscire
ad
ottenere quella piccola vittoria sentendo il loro affascinante
leader sbuffare seccato.
“uff,
va bene allora… Shockwave!” in concomitanza con il
suo ritorno ad osservare lo
schermo olografico della sua console privata la vecchia decise di
levare
saggiamente i tacchi “le mie condizioni sono queste: dati i
recenti fatti che
si sono susseguiti e dei probabili, futuri, disordini tra le file
decepticon
avrò probabilmente bisogno della tua collaborazione a breve
o a lungo termine.
In cambio, vedrai il tuo nome in lista – perché logicamente avrai intuito da tempo di
essere nella nostra lista –
calare di svariate posizioni e chissà… magari un
giorno non ci sarà proprio più.
Intanto, come assicurazione, la tua anziana levatrice
resterà con noi fino a
tempo indeterminato”
L’idea
di avere la propria nonna in mano a quella banda di pazzi omicidi
decisamente
non gustava allo scienziato monocolo, ma c’era da ammettere
che la posta in
palio era oltremodo allettante. Se era da sconsiderati accettare una
simile
offerta, lo era ancor di più non accettarla affatto
già per il fatto che Tarn
era comunque un uomo di parola.
“Le
tue condizioni sono… logiche. Oltre che pienamente
accettabili” convenne lo
scienziato, sotto lo sguardo attonito della sorella “avete
libero accesso alla
torre e ai suoi servizi. Ma in cambio voglio avere la
possibilità di poter
comunicare direttamente con mia nonna in date prestabilite. E come
ultimo…
datele questo”
Si
mise all’opera per digitare velocemente una serie di comandi
sul proprio
datapad personale, per poi inviare il tutto a quello che era il
contatto
personale del lord inquisitore.
“Hm?
Di che si tratta?”
“sono le foto del mio matrimonio. Nonna vorrà
sicuramente vederle”
In
un primo momento Tarn avrebbe voluto ben volentieri mandarlo a quel
paese,
perché la DJD era tutto meno che un servizio di posta
virtuale, ma decise di
passare oltre e dimostrargli il proprio disappunto chiudendogli la
comunicazione in faccia. Per quel giorno l’esecutore ne aveva
avuto abbastanza
di ciclopi infami, ed essendo ancora convalescente per ciò
che era successo con
Megatron giorni prima aveva altro di cui occuparsi.
Dall’altro
lato della nebulosa tuttavia c’era chi ancora si stava
chiedendo se fosse stata
fatta la cosa giusta, perché in quel momento Shockblast
aveva voglia di
schiaffeggiare suo fratello maggiore. Ma si trattenne dal farlo,
sapendo bene
che non era il caso di dargli così tanta confidenza
in un simile momento di tensione.
“Io…
spero tu sappia quello che fai, fratello”
si
morse le labbra nel dirlo, ma Shockwave non parve prendersela affatto.
Dimostrando, anzi, una certa fiducia per il futuro.
“anche
volendo non possiamo fare niente al momento, e nonna ci ha appena dato
dimostrazione di sapersela cavare. Lasciamo che il tempo faccia il suo
corso…
anche perché ho intenzione di dare una occhiata a quella
loro lista, in un modo
o nell’altro. Per il momento vi chiedo discrezione
sull’accaduto, intesi?”
Se
Shockwave aveva una sorta di piano per il futuro non era dato saperlo
al resto
della sua famiglia – presente attorno a lui al momento
– per il momento c’era
solo da sperare che nessuno si facesse del male
nell’immediato futuro,
rimanendo il più possibile discreti su quanto successo in
quelle ore. I panni
sporchi si lavano pur sempre in famiglia, che ci fossero autobot o
decepticon
nel proprio credo.
[…]
Era
appena ritornato alla normalità della sua consueta vita da
esecutore e già gli
mancava la neve di Messatine! Ma a parte l’inconveniente di
quel pomeriggio
poteva ritenersi abbastanza soddisfatto.
Shockwave
possedeva tecnologie e mezzi che alla DJD avrebbe fatto sicuramente
comodo,
senza contare che un “alleato” in più
che li supportasse era la cosa più
sensata da fare dato che, dalla morte di Megatron in poi, si sarebbero
generati
parecchi apostati del credo decepticon che quasi sicuramente avrebbero
scelto
due opzioni: sparire per sempre dalla circolazione o iniziare una lotta
intestina per il diritto di successione prendendo di mira lo stesso
gruppo di
esecutori.
“Molti
nemici, molto onore” avrebbe sicuramente detto il loro leader
estinto. Ma di
averne troppi, e di avere poche risorse con cui affrontarli, non andava
molto a
genio a Tarn e al resto dei suoi uomini.
Quella
comunque sarebbe stata l’ultima notte che avrebbero passato
su quel pianeta
ghiacciato, dato che Kaon sembrava avere delle informazioni importanti
riguardanti il soggetto che dovevano trovare. Ed era proprio da lui che
si
stava dirigendo, superando silenziosamente il lungo corridoio semibuio
– ad
eccezion fatta per le luci di servizio che illuminavano le pareti
– fino a
giungere alle porte di camera sua che si aprirono con un sibilo sottile.
L’unica
fonte di luce offerta negli appartamenti privati del tecnico decepticon
erano
la moltitudine di schermi olografici che occupavano la postazione della
sua
scrivania, e lo stesso Kaon era impegnato in frenetiche ricerche che
avevano
dato i loro frutti. Tanto da convocare a quell’ora Tarn per
fare rapporto.
“dunque…
a che punto siamo?”
“dunque…
si… ecco… direi che ci siamo!”
Il
cieco soldato si voltò giusto qualche secondo verso il
proprio leader, prima di
ritornare a frugare tra i dati estrapolati dalla registrazione di
Megatron.
“il
nostro defunto leader è stato piuttosto in gamba a seminare
indizi… ma per
fortuna che ci sono io! Eh, eh!”
Sul
ripiano della scrivania il leader degli esecutori poté
osservare una
moltitudine di lattine vuote – probabilmente di bevande
energetiche – e
svariate sigarette all’energon ormai prosciugate che
testimoniavano il
pressante lavoro a cui si era sottoposto Kaon in quelle lunghe ore.
“C-comunque,
avevi ragione tu Tarn… la ragazza vive a Caminos. Dal
panorama alle spalle di
Megatron sono riuscito a triangolare la posizione di casa sua, ma al
momento
non sembra esserci nessuno a casa”
“come
sarebbe a dire che non c’è nessuno?”
Quello
non era periodo per deludere il proprio comandante, e questo il tecnico
lo sapeva
alla perfezione, quindi fu con un sorriso dettato dal nervoso che lesto
gli
rispose nel migliore dei modi. Già il fatto di sentirlo
abbassare la voce non
era buon segno… Tarn poteva dire a tutti di essere tornato
nuovamente in
carreggiata dopo quella sua tragica discussione con lord Megatron, ma
era
logico mentisse soprattutto a se stesso.
E
ciò voleva dire che il resto della squadra doveva prestare
più attenzione in
quello che faceva e diceva.
“Ecco…
ho provato più volte a chiamare a casa spacciandomi per un
call center dedito
alla vendita di aspirapolveri” e qui Kaon non ne fu certo, ma
gli parve di
vedere Tarn tremare impercettibilmente “e dato che nessuno
rispondeva, nel
mentre ho eseguito una scannerizzazione isometrica sul volto della
ragazza –
altra mossa astuta da parte del nostro estinto leader – e
sono riuscito ad
accedere ai suoi file personali! Ti presento Natah Atilius…
figlia del senatore
Attilus nonché fautore delle molte trattative di pace tra
autobot e decepticon.
Andate tutte male, fino a poco tempo fa, ma il senatore doveva crederci
molto”
Tarn
aveva scarsa conoscenza di tale senatore Attilus, ma ciò che
sapeva era per
bocca di Megatron stesso. L’ex leader dei deepticon aveva
sempre trovato quasi
noiosa l’insistenza di quel mech di trovare una pace che
stava logorando un
pianeta in cui il nobile cybertroiano neppure viveva.
Ma
se da un lato disprezzava questa sua insistenza, dall’altra
ammirava il
rispetto che nutriva sia per lui che per il suo storico rivale. Optimus
Prime.
Questo
almeno fino a che il leader decepticon non ha messo occhi sulla figlia
ormai
divenuta donna… da allora, guarda la coincidenza, Megatron
aveva accettato più
di buon grado le richieste di incontro con Attilus, ed ora che Tarn
sapeva il
motivo si dette dello sciocco per non averlo capito prima. Il suo volto
dai
lineamenti duri reso più sereno e disteso da qualcosa che
andava oltre la
speranza di una pace duratura tra due popoli; quel suo sguardo che in
momenti
impercettibili, quando credeva non essere visto, si perdeva in ricordi
sconosciuti
al suo fedele inquisitore; il sorriso appena accennato sulle
labbra… i segni di
una decadenza che avrebbe portato alla disfatta un intero esercito,
generati da
un sentimento ignorato per tutta la vita da Tarn.
“dov’è
lei ora?”
Più
ci pensava e più sentiva montargli la rabbia per tutto
ciò che era successo –
che aveva fatto – e per come il suo futuro dipendesse da una
tizia che aveva
generato tutto quel casino. Il sorriso di Kaon tuttavia, lo
ridestò dai
pensieri più malevoli.
“più
vicino di quanto sembri…”
[…]
Una
volta congedati gli ultimi parenti e fatto rientrare
l’allarme agli addetti
della sicurezza, a Shockwave non rimase altro che andare a riposare.
Per
quanto fosse uno stacanovista incrollabile anche lui necessitava di
mettersi in
ricarica per il bene psicofisico della sua persona, nonché
per attenersi a
quelli che avrebbero dovuto essere i suoi doveri coniugali con Hancock.
Se mai
fosse stata giornata per quelli!
Per
quanto le cose con la DJD erano state chiarite sua moglie rimaneva
comunque una
ragazza emotivamente fragile, e il rapimento dell’anziana
ciclope l’aveva
piuttosto colpita in negativo… in quanto quello, per lei
– il giorno del suo
matrimonio – doveva essere un giorno felice tanto per la sua
persona quanto per
tutti gli ospiti presenti.
E
quando lo scienziato entrò nella propria camera da letto
– dipinta di luci
soffuse che portassero un minimo di conforto all’animo
spezzato della sua sposa
– i sensori ottici azzurri di sua moglie si indirizzarono
tristi verso di lui.
La
ragazza non si era sdraiata nella cuccetta che ora avrebbero condiviso
assieme
al suo neo sposo, ma era impegnata nella propria scrivania a creare una
sorta
di pupazzo con degli scarti di metallo di diverso colore. Se la giovane
avesse
saputo che quegli scarti metallici provenivano dagli esperimenti di
Shockwave –
ceduti a lei per gentile accondiscendenza dello scienziato –
forse ci avrebbe
pensato due volte a sposarlo…
Ad
ogni modo, ciò che ora la ragazza stava creando con
l’utilizzo di piccoli
strumenti artigianali – tra cui una piccola saldatrice
portatile – era la
riproduzione stilizzata di quella che doveva essere la levatrice di
Shockwave.
“Hancock…
è tardi” iniziò lui, avvicinandosi alla
consorte e appoggiandole una mano sulla
spalla destra “dovresti andare a riposare. La situazione ora
è sotto controllo”
“si,
lo so ma…” la ragazza sospirò,
appoggiando la nuca sul suo torso “mi consideri
egoista se penso che il nostro matrimonio non doveva andare
così?”
Forse
il vero motivo per cui quella ragazza piaceva tanto al mostruoso mech
era
proprio perché possedeva quell’umanità
che a Shockwave mancava per nascita. Un
vuoto colmato dalla sua presenza solare in un ambiente che di luce ne
vedeva
assai poca, visto quello che il diretto interessato aveva sempre
combinato in
quel luogo più per amore proprio che per la causa decepticon
in se. In quanto
in molti sospettavano che l’unico motivo per cui aveva sempre
seguito lord
Megatron era per la possibilità pressochè
illimitata di accedere a fondi e
materiali per le sue ricerche.
“no,
mia cara… non lo sei. Il tuo è un sentimento
perfettamente logico” la prese per
mano aiutandola ad alzarsi, per incamminarsi assieme verso un talamo
che non
avrebbero consumato affatto “ora andiamo a riposare e non
preoccuparti. Nonna
starà benissimo… e quando tornerà
potrai darle quella bambola”