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Autore: VenoM_S    05/03/2020    0 recensioni
Alice deve nascondersi, o l'inseguitore la prenderà!
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom
Settimana: quarta
Missione: M1
Prompt: colpo di scena
N° parole: 2412


L’atmosfera era tesa, il respiro di Alice si faceva sempre più affrettato mentre si guardava intorno con fare preoccupato. Sapeva di non essere del tutto al sicuro, sapeva che la stava cercando e che presto o tardi l’avrebbe trovata se non pensava bene alle prossime mosse. Doveva escogitare un piano, trovare un luogo sicuro e restarci fino a che tutto non fosse finito.
Un movimento alla sua destra le fece gelare il sangue nelle vene, sentiva il cuore battere all’impazzata e rimbombarle con tonfi sordi nelle orecchie. Sporgendosi leggermente dietro l’angolo, constatò che la via era libera, quindi si mosse velocemente tenendosi bassa in modo da non farsi notare verso il riparo successivo. La luce intorno a lei era fioca, sia a causa delle pesanti tende scure alle finestre, che ricadevano fino al pavimento, sia perché il tempo quel giorno non era stato affatto clemente. Grosse nuvole grigie cariche di pioggia si erano rincorse durante le ore precedenti, minacciando di riversare sulla città una catastrofica quantità di acqua. Tuoni lontani avevano scosso le solide mura della casa, e con loro anche Alice che non era mai stata una grande amante dei temporali. Troppo rumore, e i lampi che squassavano il cielo illuminandolo di bianco la terrorizzavano. Nonostante le sue speranze, alla fine aveva davvero iniziato a piovere, e il forte ticchettio delle miriadi di minuscole di goccioline che sbattevano sulle vetrate accompagnava i suoi pensieri ormai da un po’.

La grande casa dei suoi genitori non le era mai sembrata vuota come in quel momento, e decisamente mai le era sembrata così malvagia e pronta a rivoltarsi contro di lei. Era rimasta da sola, a badare alla proprietà mentre il padre e la madre intraprendevano un viaggio di alcuni giorni nella città vicina per svolgere alcune commissioni, e all’inizio tutto le era sembrato tremendamente noioso. Dormi, svegliati, fai colazione, passeggia in giardino, taglia qualche rametto secco dai cespugli, torna in casa, cerca un modo di passare il tempo. Le sue giornate si protraevano lente e sempre uguali sotto i suoi passi, il sole sorgeva e tramontava troppo lentamente per i suoi gusti e tutto quello che riusciva a fare davvero era annoiarsi e aspettare, al massimo leggendo qualche pagina di un libro dalla copertina colorata che fino a quel momento era stato dimenticato sul suo comodino, ma che improvvisamente era diventato molto più interessante.
Poi, però, era successo qualcosa.
La sua giornata era stata sconvolta, e dopo pranzo il temporale aveva fatto piombare tutti gli ambienti in un’atmosfera quasi irreale, come se tutto intorno a lei fosse avvolto da una scura cappa che attutiva i suoni esterni ed espandeva quelli provenienti dalle diverse stanze della casa. Era come se potesse in qualche modo sentire il silenzio attorno a lei reso reale e tangibile dall’incessante rumore della pioggia all’esterno. E poi, ovviamente, era arrivato l’inseguitore. Sapeva che la stava cercando, sapeva che era lì apposta per quello e che non si sarebbe fermato fino a che non le avesse messo le mani addosso, sentiva il suo sguardo penetrare i muri e arrivare ad incrociare il suo. Era ferma da troppo tempo, e non poteva permetterselo.
Improvvisamente, un tuono più forte dei precedenti fece tremare la finestra alla sua destra, e Alice non riuscì a trattenere un sussulto e un gridolino.

«Accidenti a me.»

A questo punto non era davvero più al sicuro, iniziava a sentire il suono attutito di passi lenti sulla moquette che ricopriva la piccola scala ad angolo che separava il piano di sotto, dove si trovavano la cucina, la sala da pranzo e il piccolo studio del padre, dal piano superiore riservato alle camere da letto e a due piccoli bagni. Alice era ferma nello stretto corridoio sul quale si aprivano le porte delle altre camere, premuta contro il muro vicino alla finestra tra la pesante tenda e un piccolo mobiletto sul quale era posto un vaso di porcellana bianco con una pianta dalle lunghe foglie verdi e frangiate che le sfioravano il braccio, e da lì intravedeva le scale. Questo significava che se lei fosse riuscita a scorgere l’inseguitore, allora anche lui l’avrebbe vista. Doveva nascondersi, e doveva farlo subito.
Non avendo troppo tempo per pensare, si buttò dietro la prima porta che aveva vicino, quella del bagno padronale. La stanza era immersa nella semioscurità, ma poteva distinguere le sagome bianche e lucide dei sanitari perfettamente puliti, il liscio profilo della vasca ovale che si trovava alla sua sinistra, con i rubinetti di ottone abbinati ai quattro piccoli piedi che la sostenevano. Avrebbe potuto nascondersi lì dentro, ma sicuramente sarebbe stato il primo luogo in cui guardare una volta entrati, il più vicino e anche il più prevedibile. No, la vasca non era una buona idea. Di fronte a lei si trovava il lavabo incastonato in un mobiletto di legno con le gambe sottili e ricurve, sopra il quale torreggiava un grosso specchio rettangolare dalla cornice elaborata intagliata nel legno che rifletteva la sua figura a contrasto con la luce che proveniva dall’esterno della stanza. Sul mobiletto, vicino al lavandino, c’era un altro piccolo vaso con alcuni fiori di campo che Alice aveva raccolto il giorno prima, e che aveva voluto mettere lì per dare un tocco di colore a quella stanza prevalentemente bianca. Il mobiletto aveva due piccole ante che nascondevano un ripostiglio per il sapone e gli asciugamani di riserva. Non era il massimo, ma i passi erano sempre più vicini, ormai l’inseguitore doveva trovarsi alla fine delle scale e sarebbe entrato lì in poche decine di secondi. Con un movimento veloce ma al tempo stesso preciso, così da evitare qualunque rumore, Alice aprì l’anta di sinistra e si infilò pian piano nel mobiletto, cercando di non spostare nulla, poi si chiuse dentro. Sentiva lo scricchiolio del pavimento di legno sotto i tappeti soffici nel corridoio fuori dalla porta, ormai doveva essere vicino. Avrebbe voluto sbirciare, aprire lo sportello davanti a lei giusto qualche millimetro per permetterle di vedere se c’era davvero qualcuno di fronte alla porta aperta del bagno, ma sapeva che se lo avesse fatto sarebbe stata finita. Era un momento di stallo, qualunque rumore l’avrebbe tradita e sarebbe finito tutto, perciò rimase immobile, mise una mano davanti alla bocca e cercò persino di non respirare. Chiuse forte gli occhi e sperò che tutto andasse bene.
Dopo qualche secondo, i passi ricominciarono, questa volta diretti alla sua sinistra, probabilmente verso la camera dei suoi genitori. Aveva una possibilità, doveva sfruttarla subito e spostarsi in un’altra stanza cercando un nascondiglio migliore. Era sicura, infatti, che l’inseguitore sarebbe presto tornato nel bagno per controllare bene in ogni angolo, il suo era stato solo un colpo di fortuna.

Aprì lentamente l’anta del mobiletto, e come aveva previsto di fronte a lei non c’era nessuno, solo il corridoio vuoto e fiocamente illuminato. Sgusciò fuori con l’agilità di un gatto, senza far cadere nulla o provocare rumore, poi chiuse di nuovo la porticina di legno dietro di sé e si diresse in punta di piedi verso la porta, appiattendosi contro il lato interno del muro del bagno e sporgendosi lentamente quel tanto che bastava per osservare la situazione nel corridoio. Sembrava non esserci nessuno, e sentiva il rumore di cassetti che si aprivano e lenzuola che venivano alzate e smosse nella stanza accanto. L’inseguitore sembrava parecchio occupato nelle ricerche, quindi lei aveva il tempo necessario per filarsela in silenzio. Decise di scendere al piano di sotto, certa che, provenendo proprio da lì, non avrebbe pensato di tornare a cercarla e che magari dopo la vana ricerca al piano superiore lui si sarebbe deciso ad arrendersi. Scivolò fuori dal bagno rimanendo attaccata alla parete del corridoio con la schiena, stando leggermente piegata – nonostante sapesse che fosse perfettamente inutile dato che non c’erano nascondigli lì e che se l’inseguitore fosse uscito dalla camera da letto l’avrebbe vista, che fosse stata in piedi o accovacciata – e si diresse verso la piccola rampa di scale di fronte a lei. Solo quando iniziò la discesa si senti un po’ più sollevata, ma decise di non guardarsi indietro per non perdere altro tempo e rischiare di farsi vedere all’ultimo secondo. Scendeva i gradini ad uno ad uno, appoggiando bene i piedi dalla punta al tallone per evitare che producessero qualche scricchiolio che avrebbe potuto rivelare la sua posizione. Giunta in fondo alle scale, si portò sulla destra ed entrò nella grande sala da pranzo.

La stanza era illuminata da due grandi finestre sulla parete di sinistra, che davano sul giardino rigoglioso antistante la casa. Le tende erano tirate e nonostante la forte pioggia e i nuvoloni ancora minacciosi che si addensavano sopra di essa, una luce lattiginosa invadeva tutta la sala, rivelando ad Alice tutti gli oggetti e gli arredi che conteneva. Al centro era posto il lungo tavolo da pranzo, che in famiglia veniva utilizzato solo durante gli eventi sociali organizzati frequentemente dal padre, mentre normalmente i tre sedevano ad un piccolo tavolo in cucina che aveva un’aria molto più familiare e in qualche modo li faceva sentire più vicini. Sul tavolo della sala, comunque, era stesa una tovaglia di lino color panna, le cui frange arrivavano a toccare le morbide sedute di velluto verde delle seggiole di legno scuro che gli facevano da contorno. Sul tavolo, ad intervalli regolari, piccoli vasi di coccio bianchi contenenti piantine ornamentali si susseguivano quasi per tutta la sua lunghezza, di modo da far sembrare la stanza più vivida e meno vuota. Alice si piegò per dare un’occhiata sotto il lungo mobile: poteva essere un buon nascondiglio, dato che la tovaglia era piuttosto lunga, ma se l’inseguitore si fosse accovacciato sotto le sedie l’avrebbe vista. Doveva cercare ancora. Dall’altro lato della stanza, oltre la fine del tavolo, c’era il grande camino che nelle serate invernali veniva regolarmente acceso per riscaldare l’ambiente. Lei e suo padre vi si sedevano spesso davanti prima di andare a dormire, e lui era solito raccontare qualche storia dei suoi viaggi o leggere un libro mentre fumava la pipa, e Alice aveva sempre trovato rilassante osservare la sua figura pacata allungata sulla morbida poltrona di velluto verde scuro, in accordo con le sedie. La poltrona era adesso spostata verso la parete, lontana dalla grande bocca nera del camino, e lei decise di controllare se quello poteva essere un buon posto dove rifugiarsi. Insomma, davvero qualcuno avrebbe guardato dentro il camino? Il piano era ancora sporco di cenere, e sopra di lei si innalzava una cappa nera come la notte che arrivava fino al tetto, dove si intravedeva un piccolo foro per l’uscita del fumo. Provò a mettersi esattamente al centro di quello spazio, poggiandoci le mani e cercando di fare forza per tirarsi su, pensando che magari se fosse stata abbastanza forte avrebbe potuto resistere lì dentro per un po’ e nessuno avrebbe potuto trovarla. Peccato che non era affatto forte, e al secondo tentativo finì per scivolare cadendo pesantemente a terra e sbattendo le natiche sul piano del camino.

«Ouch!»

Alice si tirò su in fretta e si voltò per massaggiarsi la zona dolente. Aveva macchiato il vestito, sua madre si sarebbe infuriata se fosse stata lì in quel momento. Ma lei non c’era. Mentre cercava di darsi una pulita uscendo dalla bocca del camino, però, urtò con una scarpa il treppiedi di ferro nero sul quale erano appesi i ferri per maneggiare il legno nel camino e raccogliere la cenere che cadde rovinosamente a terra producendo un frastuono metallico che, nel silenzio assoluto in cui era avvolta la casa, sembrò diverse volte più rumoroso di quanto non sarebbe stato normalmente. Alice si immobilizzò, la mano che si era sollevata automaticamente nel tentativo di fermare la caduta di quell’oggetto ancora ferma a mezz’aria. Questo era davvero un grosso problema. L’inseguitore l’aveva sentita, era ovvio, non poteva di certo sperare che un rumore del genere gli fosse sfuggito. I suoi occhi iniziarono a spostarsi freneticamente da un lato all’altro della stanza, alla ricerca di un posto in cui infilarsi il più velocemente possibile. Sentiva già i passi veloci lungo le scale, ormai lui non sembrava più intenzionato a procedere con cautela dato che sapeva perfettamente dove trovarla.

Senza pensare più alle conseguenze, Alice si diresse correndo verso una delle finestre, nascondendosi con un movimento fluido dietro una delle pesanti tende e tirandosela subito addosso. Pochi attimi più tardi sentì i passi veloci entrare nella stanza e fermarsi di colpo. Sentiva il respiro dell’inseguitore, lo immaginava mentre osservava con fare interrogativo il pesante oggetto di metallo ancora riverso sul pavimento, e mentre si guardava intorno cercando di capire dove si fosse nascosta.

«Ah!»

I passi ripresero, diretti verso la finestra e la tenda dietro la quale si trovava. Era finita, lui sapeva dove si era nascosta, forse la tenda si muoveva ancora quando era arrivato? Forse il suo vestito non era perfettamente coperto dallo spesso tessuto? Non aveva più importanza ormai, ma Alice si ritrovò comunque a chiudere di nuovo gli occhi trattenendo il respiro, nella vana speranza che questo sarebbe bastato a salvarla. Una mano spuntò da dietro la tenda, aggrappandovisi e tirandola con uno scatto da un lato, mentre un’altra le si posava sulla spalla.

«Ti ho presa! Ti ho presa! Ho vinto io!»

La piccola testa bionda di Stefan spuntò da dietro la tenda, e Alice si ritrovò faccia a faccia con il suo cuginetto che la guardava con espressione vittoriosa. Incredibile, aveva perso contro di lui, era la prima volta che succedeva ed era stata tutta colpa sua e della sua maledetta sbadataggine. Zia Anna entrò nella stanza con la sua solita espressione dolce. I genitori di Alice le avevano chiesto di rimanere con lei durante la loro assenza, e con lei era arrivato anche Stefan ovviamente, con il quale aveva ben poco in comune. L’unica cosa che le piaceva fare con lui era giocare a nascondino, ma proprio perché solitamente era lei a vincere. Guardò sua zia con aria affranta, e lei le rispose osservando preoccupata il suo vestito chiaro macchiato di cenere e sporcizia.

«Alice cara, guarda come ti sei ridotta! Su, vai in camera tua e cambiati, al vestito ci penserò io più tardi. Vedrai che tua madre non se ne accorgerà nemmeno», le disse facendole l’occhiolino. Alice guardò un’ultima volta Stefan con espressione contrariata, poi gli fece un grande sorriso prima di correre su per le scale per cambiarsi.

«Dopo giochiamo di nuovo, questa sarà stata la tua prima vittoria, ma vedrai che sarà anche l’ultima!»
  
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