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Autore: Lady I H V E Byron    05/03/2020    2 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: in questo capitolo scoprite, più o meno, uno dei motivi per cui questa storia ha il Rating arancione.


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Fin dall’antichità, le condanne a morte pubbliche attiravano l’interesse pubblico.
Ma gli unici ad essersi riuniti sotto un patibolo erano solo templari.
David vi stava sopra, insieme ai suoi seguiti Andrea e Giacomo.
Al centro, un ragazzo alto, capelli neri, occhi lievemente a mandorla, labbra carnose e casacca con la croce rossa sul petto. Aveva le mani legate dietro la schiena. Appariva sicuro di sé, si ergeva a testa alta, senza alcuna ombra di paura o timore.
Accanto a lui, Luigi leggeva un foglio.
-Il qui presente confratello Francesco è accusato di complotto e di alto tradimento verso il Gran Maestro David e contro l’ordine. La condanna prevede l’impiccagione. Il condannato ha delle ultime parole da pronunciare, con l’intento di salvare la sua anima?-
-Non mi pento di nulla.- la voce del ragazzo era molto grave –Tutto quello che ho fatto e detto è stato solo per il bene dell’ordine templare. Solo Dio mi è testimone e complice.-
Non esitava. Era sicuro delle sue parole.
-Il condannato non ha pronunciato parole di pentimento.- annunciò Luigi, chiudendo il foglio -E ha osato nominare il nostro Signore con la voce dell’arroganza! Verrà condannato a morte!-
Altri due templari misero una corda al collo del ragazzo e un sacco sulla sua testa.
-Che Dio vi condanni, per la vostra superbia…- sibilò lui, prima che il suo volto venisse definitivamente coperto.
Osservava un punto. Una persona. E la stessa persona ricambiava il suo sguardo.
La botola sotto i piedi del condannato si aprì. Morì sul colpo.
Elisabetta si svegliò di soprassalto, scattando in alto.
Non era al patibolo della sede templare in Italia. Era ancora nelle fogne di New York, nel rifugio delle Tartarughe Ninja, ormai seduta sul divano-letto.
Era ancora buio. Mancava solo un’ora all’alba.
Si sdraiò supina, osservando il soffitto: non riuscì a riprendere sonno.
Quel sogno la angosciava sempre. Non era un semplice sogno. Era un ricordo. Un ricordo doloroso.
Di quando un suo confratello, un suo amico, Francesco, venne condannato a morte per tradimento verso l’ordine templare. Dicevano avesse intenzione di spodestare David, se non proprio ucciderlo. Nessuno le aveva mai spiegato la vera accusa.
Quell’esperienza segnò lei e Federico. Ad entrambi capitava di sognarlo la notte e risvegliarsi con un insopportabile senso di angoscia che toglieva il sonno.
Da allora, venne proibito ad ogni templare di pronunciare il nome “Francesco”.
L’unica cosa che rimaneva di lui era la sua spada, Fidelitas, una zweihänder con l’impugnatura nera, sulla rastrelliera del salone principale, come monito per tutti i templari di non tradire mai l’ordine.
Francesco era il pilastro sia di Federico che di Elisabetta: insieme ad Elisabetta difendeva Federico dalle prese in giro dei confratelli, e anche dopo la rivelazione della vera identità di Elisabetta, lui aveva continuato ugualmente a nutrire ammirazione e rispetto per lei. Era stato lui, quello stesso giorno, ad averle rivelato: “Sono contento che tu sia una ragazza.”.
Entrambi Federico ed Elisabetta si erano riuniti alla sua veglia, prendendolo per mano un’ultima volta, prima di essere sepolto. Elisabetta non aveva mai pianto in vita sua come pianse per Francesco. Nemmeno Federico.
Da allora non aveva più versato una lacrima. Era come se la morte di Francesco le avesse svuotato i sentimenti ed i dotti lacrimali.
E forse non era da escludere un’infatuazione per lui.
Un amore impossibile.
Nessuno doveva innamorarsi all’interno dell’ordine.
Elisabetta dovette rassegnarsi.
Tali pensieri la privarono definitivamente del sonno.
Si alzò, andando in bagno.
Si sciacquò il volto con acqua fredda. E poi si osservò allo specchio.
Le era difficile osservarsi allo specchio. Aveva paura del proprio riflesso.
Non si riconosceva più. Non sapeva più, ormai, se era Eliseo o Elisabetta.
La pettinatura che portava le aveva donato l’identità di Eliseo.
Ma dentro era sempre la solita Elisabetta.
Si allontanò un attimo dallo specchio, prendendo un panno appeso ad un filo.
Una fascia lunga un metro.
Si sollevò la maglia, ad altezza delle clavicole, scoprendo i seni.
Erano troppo grandi, per una donna che doveva fingere di essere un uomo.
Vi mise la fascia sopra, girandola più volte sul suo torace e stringendo bene. Era l’unico modo per celare la sua vera identità.
Doveva continuare a farlo, anche quando i suoi confratelli avevano scoperto la sua vera identità.
Anche da Elisabetta, doveva presentarsi ed atteggiarsi come un uomo.
E indossando abiti larghi, nessuno aveva mai notato le sue curve. Non doveva indurre in tentazione il sesso opposto.
Si osservò di nuovo allo specchio. Poi si voltò di scatto.
-Chi c’è?!- fece, sorpresa.
Ebbe l’impressione di essere osservata.
Non riuscì a vedere il volto di chi la stesse osservando. Si era dileguato.
Sperò fosse una sua impressione. O un malinteso.
Ma forse qualcuno la stava osservando davvero, dal primo momento in cui era entrata in bagno. Ma si era nascosto appena in tempo.
Nessuno che volesse fare del male a lei o alle Tartarughe o a Splinter.
Forse uno capitato lì per caso.
-Ehi, ragazzi, perché c’è del vino in frigo?-
Dopo l’allenamento mattutino, era sempre ora di colazione.
E Michelangelo, per prendere le uova, dovette aprire il frigorifero.
Fu lì che notò qualche cambiamento. Tra cui tre bottiglie di vino rosso.
-Oh, l’ho preso io.- ammise Elisabetta; anche lei stava consumando la sua colazione, del semplice, ma sano porridge con del miele –Serve a me. Bevo sempre vino, prima di combattere, come vi ho già detto. Mi sono permessa di farvi la spesa, stamattina. Spero di aver preso le cose giuste. Mi sono solo basata su quello che era rimasto nel frigo e nella dispensa. La prossima volta, se volete, potete farmi l’elenco.-
Le era bastata solo una moneta templare per riempire nuovamente la dispensa ed il frigo delle Tartarughe.
Ed era persino tornata con il resto.
Leonardo, anche lui entrato in cucina, sorrise.
-A nome di tutti noi, ti ringrazio. Ma non dovevi.-
-Sciocchezze. Mi avete offerto ospitalità e permesso di allenarvi con voi. E, essendo umana, posso girare tranquillamente per le strade di New York in mezzo alla gente, quindi posso farvi la spesa.-
-Sei stata prudente? Non è che uno dei tuoi confratelli o qualche banda criminale al loro soldo ti ha vista?-
-Tranquillo, avevo questa roba addosso e un cappellino con la visiera.- indossava un felpone nero con un ampio cappuccio -E io sono sempre prudente.-
Anche Michelangelo era lieto di tale disponibilità: per poco, infatti, i lati della sua bocca con si incontrarono dietro la nuca, da quanto era largo il suo sorriso. E le sue dita stavano tamburellando l’una contro l’altra.
-Ah, io già adoro questa ragazza!- rivelò, senza pudore; poi cambiò subito espressione, appena vide la colazione della templare –Ma dobbiamo assolutamente farti togliere dalla testa la tua dieta salutare templacosa.-
-Mick, non essere scortese. E’ un’ospite.- fece ricordare Leonardo.
-Sì, ma gli ospiti devono sempre adeguarsi ai padroni di casa. Quindi, molla quel pappone salutare e vieni a farti una bella scorpacciata di uova e bacon!-
La scodella della ragazza era ormai vuota. E il suo stomaco pieno. Ma anche se fosse stata a stomaco vuoto, non avrebbe retto ad un’altra colazione americana. Lo ammise senza curarsi di ferire i sentimenti della tartaruga.
Per tutto il giorno, infatti, camminò sulle sue ginocchia, con i lacrimoni agli occhi, seguendo la templare in ogni sua attività, sia che si allenasse con una delle sue armi, sia che pregasse o sia che leggesse la Bibbia.
-Perché sei così cattiva con me? Io sono sempre stato gentile con te. Ti prego, abbandona la tua dieta. Fallo per me.- diceva, tra le altre cose.
E la risposta era sempre la medesima: -No.-
Con tono secco e senza troppi giri di parole. Ma non bastava per far smettere le suppliche. Ma lei lo ignorava e faceva finta che non esistesse.
Ciò non si poteva dire per i fratelli.
E il primo a sbuffare e mostrare segni di nervosismo fu Raffaello.
-Ehi, signora cavaliere.- disse, infatti, interrompendo il suo allenamento con il sacco –Vedi di accontentarlo e dirgli di sì, altrimenti non ne usciamo più.-
Ma lei si limitò ad alzare le spalle: la Bibbia era di nuovo aperta ai Salmi.
-Sei molto carino a preoccuparti per me, Raffaello Sanzio. Ma non mi da fastidio.-
Già il fatto di essere stato chiamato “Raffaello Sanzio” innervosì la tartaruga dalla benda rossa; la strafottenza della ragazza incrementò tale nervosismo.
Stava già avanzando verso di lei con passo pesante, le labbra serrate e l’intenzione di picchiare qualcuno.
-Senti, tu…!- ringhiò.
Ricevette un’occhiata fulminante che sbucò da dietro il libro.
Michelangelo tacque e indietreggiò, ancora in ginocchio.
Donatello, nonostante fosse impegnato a saldare, era ben cosciente della situazione.
-Ragazzi, per favore, non iniziate risse. Raph, la cara Eli potrebbe usare il suo anello. Potrebbe distruggere il nostro rifugio o metterlo in disordine. E io ho impiegato settimane per sistemare il mio laboratorio, quindi non ho intenzione di ricominciare da capo.-
Il fratello aveva esposto delle valide e convincenti ragioni: Raffaello tornò a fissare la templare, che strizzò un occhio, gli fece il gesto di una pistola e schioccò la lingua, come per dire “Punto per me”.
Ma gli occhi verdi di lui le stavano comunicando “Non finisce qui…”.
Se Donatello non avesse parlato, sarebbe intervenuto Leonardo. Continuò con i suoi kata.
Il Tarta-cellulare di Raffaello suonò.
-Yo?- rispose –Ehi, Casey. Quale buona nuova?-
-Nessuna, purtroppo, Raph. Mettimi in vivavoce, devo parlare con tutti voi.-
Raffaello mise in vivavoce, come richiesto. I fratelli, Splinter e la templare si radunarono intorno a lui.
-Avete sentito al telegiornale? Di quella banda di terroristi?-
-No.- rivelò Raffaello, confuso.
Rapido, Michelangelo accese il televisore, sul telegiornale. Si misero tutti di fronte allo schermo.
Effettivamente, le notizie dell’ultima ora erano incentrate su una banda di terroristi che si era impossessata di un edificio, prendendo le persone al loro interno come ostaggi. Era quasi impossibile vedere il volto di ognuno di loro: avevano passamontagna e occhiali. E portavano delle mimetiche.
Elisabetta non pensò ad un coinvolgimento templare. Non era il loro modus operandi.
Tuttavia, assunse nuovamente lo sguardo sospettoso, come se non fosse la prima volta in cui avesse visto quei terroristi.
-Dovete aiutare quelle persone, ragazzi. Se ci sono persone in grado di gestire una situazione simile, quelli siete voi.-
-Non fraintendermi, Casey.- commentò Leonardo –Siamo sempre felici di aiutarti, ma non dovrebbe essere compito della SWAT?-
-Purtroppo siamo impegnati in un’altra operazione, altrimenti saremmo già lì. Non possiamo operare su più fronti contemporaneamente. Abbiamo già impiegato l’intera squadra. Ma quelle persone non possono aspettare. Vi prego, dovete aiutarli. Il loro capo ha minacciato di far saltare in aria l’edificio, se non viene portato il riscatto entro un’ora.-
La risposta delle Tartarughe era ormai scontata, specie quando si trattava di salvare vite umane.
-Puoi contare su di noi, Casey.- decise Leonardo; decisione approvata da tutti, anche dalla templare.
La telefonata finì con quella frase.
I quattro fratelli avevano l’aria determinata.
-Avevo giusto voglia di prendere a calci qualcuno.- commentò Raffaello, facendo crocchiare le dita delle mani.
-Non dimentichiamo di salvare quelle persone.- fece ricordare Leonardo.
-State attenti, figlioli.- raccomandò Splinter, premuroso –I terroristi non sono avversari da sottovalutare.-
-Tranquillo, sensei. Staremo attenti.-
-Vengo anche io con voi.- si fece avanti Elisabetta, determinata e seria; aveva uno sguardo freddo, lo stesso che aveva al Nexus.
-No, devi rimanere qui.- la fermò Leonardo –Abbiamo apprezzato il tuo aiuto contro i Cleaners, ma non possiamo esporti a tutti i pericoli.-
-Ma quei terroristi hanno delle armi pesanti.- fece notare lei -Quante volte avete combattuto contro nemici armati di mitra? Il mio anello può servirvi, fidatevi.-
-Dai ascolto a Elisabetta, Leonardo.- si intromise Splinter, appoggiando l’idea della templare –Hai forse dimenticato che è un cavaliere templare? Con le sue abilità non potrà certo essere un ostacolo per voi. Una spada in più non fanno mai male. E il potere del suo anello non può che esservi utile, contro quel tipo di nemici.-
L’unico a non essere convinto era Raffaello. Gli altri erano d’accordo con il loro maestro.
La ragazza si inchinò al topo.
-Grazie, maestro Splinter.- ringraziò –Ora, scusatemi, vado a mettermi la mia corazza personale. Non siamo tutti tartarughe.-
Non ci volle molto, per la ragazza, tornare dal bagno con una nuova tenuta: anfibi neri, mimetica nera ed un giubbotto bianco antiproiettile con una croce rossa in mezzo.
Michelangelo fischiò, ammirato.
-Wow. Che stile.- complimentò.
Leonardo e Donatello annuirono.
-Vi piace? E’ la tenuta templare d’assalto.-
-E la casacca che portavi al torneo?-
-Quella la indossiamo solo per i tornei, Leonardo. Dobbiamo pur tenerci al passo con i tempi, no?-
Raffaello sbuffò dal naso.
-Certo che siete fissati con queste croci.- commentò, acido -Stiamo per sgominare una banda e salvare delle persone, non dare la caccia a Dracula!-
-Ehi, è il simbolo della nostra religione e abbiamo il dovere di indossarlo! Un po’ come il vostro yin e yang!-
-Mi vedi il simbolo dello yin e dello yang, addosso, forse?!-
-Ehi, adesso basta, voi due!- esclamò Leonardo; poi si rivolse ad Elisabetta –Non prendi la tua spada e il tuo scudo?-
-No, ho solo i miei due pugnali. Fidatevi, saranno sufficienti.-
-Bene, ora al Tarta-Corazzato.- annunciò Donatello.
-Aspettate. Devo fare un’ultima cosa.-
Elisabetta entrò in cucina, aprì il frigo e stappò una delle tre bottiglie di vino. Ne bevve un sorso direttamente dalla bottiglia. Un sorso abbondante.
-Ok, sono pronta. Andiamo a calciare qualche didietro.-
Le quattro Tartarughe erano basite.
-Questo conferma gli stereotipi sugli italiani e il vino…- mormorò Michelangelo.
Non c’era bisogno dell’aiuto di Casey per scoprire l’indirizzo dell’edificio occupato dai terroristi: lo avevano letto nel telegiornale.
Non era un’abitazione, ma degli uffici. Uffici di una multinazionale. Mancava il movente che aveva spinto i terroristi ad occuparlo e prendere i dipendenti come ostaggi. Né il telegiornale né Casey avevano saputo fornire informazioni sufficienti. Forse lo avrebbero scoperto sul luogo.
Leonardo era alla guida del Tarta-Corazzato. Donatello era accanto a lui, che scrutava uno schermo di quello che aveva l’idea di un tablet. Era sì un tablet, ma modificato dalla tartaruga dalla benda viola.
-Ecco, ho la planimetria e la scansione completa dell’edificio in cui ci stiamo dirigendo.- informò, serio e preoccupato –Secondo le scansioni satellitari, ci sono almeno un mezzo centinaio di persone all’interno dell’edificio, escludendo gli ostaggi. Una buona parte è sparsa nell’edificio. Solo una decina circa è a guardia degli ostaggi.-
-Don, ti ho mai detto che adoro quel tuo giocattolino?- commentò Michelangelo, comodamente seduto al suo posto.
Il Tarta-Corazzato era stato ricavato da un camion della spazzatura, adeguatamente modificato all’esterno ed all’interno da Donatello, con l’aiuto di April e Leatherhead. Per i dettagli era stato richiesto l’aiuto di Michelangelo. C’era, ovviamente, il posto guida, con due sedili, mentre lo spazio un tempo dedicato alla spazzatura era divenuto un vano per passeggeri, con sedili, computer, pulsanti e un piccolo angolo palestra per Raffaello, ovvero un piccolo sacco da boxe. Ed i pulsanti avevano varie funzioni: lanciare tombini agli inseguitori, versare olio per il medesimo motivo, lame rotanti, tutte misure per prevenire inseguimenti ed imboscate; sul tetto c’era persino una postazione con un mitra incorporato, mai, tuttavia, usato dalle Tartarughe.
-Non è un giocattolo, è un rilevatore spaziale.- spiegò Donatello, con un sospiro –Collegato con il satellite, è in grado di fornirci lo scan interno di ogni edificio e mostrarci ogni piano e quante persone troviamo all’interno.-
-Sì, va bene.- tagliò corto Raffaello, interrompendo la sua sessione alla pera da boxe –Quand’è che iniziamo a tirare pugni?-
-Sì!- il tono di Elisabetta era strano, come quello di una persona ubriaca –Stranamente concordo con l’amico Raffaello. Io qui dietro mi sto annoiando! Voglio le botte!-
La sua reazione lasciò nuovamente basite le Tartarughe.
-E ha bevuto solo un sorso…- mormorò Michelangelo, a denti stretti.
Erano ormai vicini. Ma ancora non avevano un piano.
-Ok, ragazzi, ecco cosa faremo.- iniziò Leonardo; come leader, doveva decidere lui la strategia –Non è la prima volta che affrontiamo un esercito formato da persone che ci superano nettamente di numero. Ma qui si tratta di dividerci i compiti, per avere più possibilità di salvare delle persone. Don, dove sono gli ostaggi?-
-Sono tutti al piano terra. Dieci uomini li stanno sorvegliando.-
-Molto bene. Il piano consiste nel salvare quelle persone, possibilmente senza farci vedere, come sempre. Don, Mick, vedete se riuscite a causare un corto circuito a lunga distanza. Il buio dovrebbe disorientare quei terroristi. Eli, mentre noi ci occupiamo dei terroristi, tu salverai gli ostaggi. Saranno sollevati nel vedere una figura umana.-
Elisabetta non tardò a mostrare il suo disappunto.
-No, io propongo un piano migliore.- ribadì, alzandosi dal suo sedile; era seria, molto seria; di nuovo lo sguardo freddo ed inquietante che aveva al Nexus -Voi salvate gli ostaggi. Ci penso io a fare piazza pulita.- si diresse all’ingresso posteriore del Tarta-Corazzato, aprendo il portellone -Mi posiziono sul tetto. Fino al mio segnale, Leonardo, vai a tutta birra contro l’edificio. Poi fermati. Aspettatemi al piano terra, quando avrete liberato gli ostaggi.-
Un piano rischioso, quello proposto dalla templare.
-Cosa?- si basì Michelangelo -No, aspetta, ragiona. Loro sono troppi per affrontarli da sola. Abbiamo più probabilità noi che siamo in quattro…-
La ragazza si voltò fulminea verso di lui.
-OBBEDITE!-
La tartaruga scattò all’indietro, con un lieve urlo. Sembrava furiosa. E, per un attimo, ebbe come l’impressione di aver percepito un bagliore nei suoi occhi.
-Sì, signora…- disse, con voce bassa ed intimorita; quella reazione allarmò anche il resto delle Tartarughe -Ok… cosa c’era in quel vino?- commentò, rivolto ai fratelli.
Il piano di base, però, non cambiò: come ordinato da Leonardo, Donatello e Michelangelo lavorarono nei computer per scatenare un black-out all’edificio verso cui stavano irrompendo.
L’unica cosa ad essere mutata era la spartizione dei compiti: alle Tartarughe spettava il compito di salvare gli ostaggi. Ad Elisabetta mettere fuori gioco il resto dei terroristi.
Erano sempre più vicini. L’edificio, come pianificato, divenne tutto scuro.
-Siamo vicini. Mancano meno di 500 metri.- annunciò Donatello –Eli, sei pronta?-
Dal tetto, in ginocchio, la templare teneva chiusi gli occhi, come per concentrarsi.
Raccolse sentimenti negativi: rabbia, odio, vendetta…
Un’aura strana si stava gradualmente formando intorno a lei: l’anello si era illuminato.
Poi aprì gli occhi: le iridi e le pupille erano sparite. Al loro posto, erano comparse due croci rosse templari, una per occhio, grandi quanto le iridi.
Ad un certo punto, urlò.
-LEO! FERMATI! ADESSO!-
Leonardo eseguì l’ordine: frenò.
Usando il moto esercitato dal mezzo, e dandosi la giusta spinta, la templare saltò in alto, arrivando al primo piano: erano appostati due uomini armati di mitra, ma dal volto coperto da passamontagna e occhiali scuri.
Si paralizzarono alla vista della donna templare (che loro credettero essere un uomo), sempre più vicina a loro.
-Salvète…!-
I due uomini non reagirono: la persona diretta verso di loro era circondata da un’aura bianca e rossa, dalla forma di una fiamma enorme.
Sorrideva. Ma non era un sorriso cortese. Era come il sorriso di un demonio.
Infatti, dalle due fondine legate alla tuta mimetica, sfoderò i due pugnali.
-…MORITURI!-
Li lanciò nello stesso momento, colpendo i due terroristi in piena fronte. Poi, entrò dalla finestra, recuperando le armi dai due defunti. Non erano soli: erano una decina. Ma lei non si scoraggiò, tantomeno si tirò indietro: prese i due mitra caduti. E iniziò a sparare.
Ogni terrorista cadde ad ogni colpo, senza avere modo di contrattaccare o attaccare preventivamente.
In tutto l’edificio si udì una risata da oltretomba: era la risata di Elisabetta.
Teneva un mitra nella mano sinistra, senza smettere di sparare, e con la destra teneva uno dei suoi pugnali. Saliva ogni piano, uccidendo ogni terrorista che trovava, eseguendo una specie di danza della morte. Coloro che non venivano colpiti da un proiettile, subirono la lama del coltello sulle loro gole, che squarciava persino il passamontagna.
Le Tartarughe non notarono l’aura, nemmeno i lampi causati dai mitra: il loro obiettivo era salvare gli ostaggi.
Sperarono solo che la templare riuscisse a sopravvivere contro il resto dei terroristi.
-Bene, ragazzi…- iniziò Leonardo, sguainando le katana –Ci siamo. Siete con me?-
Annuirono tutti.
Unirono le mani.
-POTERE TARTARUGA!-
Entrarono nell’edificio, senza farsi vedere dai terroristi.
Gli ostaggi erano intorno alla reception, inginocchiati per terra, con le mani sulla testa. Alcuni tenevano gli occhi chiusi, altri pregavano Dio e ogni santo esistente, altri singhiozzavano.
I terroristi, prima del black out, probabilmente avevano i loro sguardi diretti su di loro; ma con il black out si stavano guardando intorno, allarmati, con le armi puntate in avanti, in alto, ovunque.
Uno ad uno, tuttavia, perdettero i sensi, a causa di rapidi colpi dietro la nuca. Il necessario per stordirli, senza eliminarli. Non fu necessario usare le armi, se non per distruggere o far cadere i mitra.
Restando nell’ombra, Leonardo parlò agli ostaggi.
-Siete al sicuro, ora.- disse, con tono rassicurante –Scappate, presto!-
Essi eseguirono: poco importava chi li avesse salvati. La paura provata non li aveva incuriositi sul o sui loro salvatori. L’importante era essere usciti dall’edificio, vivi.
Le Tartarughe si riunirono all’ingresso.
-Don, il tuo scanner può rilevare anche la bomba che hanno messo i terroristi?- domandò Leonardo, serio, ma sollevato per aver salvato quelle persone.
Donatello analizzò di nuovo il suo scanner. Sgranò gli occhi.
-Questa poi! Si trova nel giubbotto antiproiettile di uno di loro. E’ nei piani superiori.-
-Nei piani superiori…?- Michelangelo ebbe un’illuminazione –MONDO PIZZA! ELI!-
-Forse siamo ancora in tempo per salvarla. Andiamo!-
Su ordine di Leonardo, le Tartarughe salirono due piani, correndo.
Udirono anche loro la strana risata e gli spari. Non sospettarono un istante che fosse proprio la ragazza che credevano dover salvare.
Tuttavia, notarono un pungente e curioso odore di sangue, appena salirono il primo piano.
Lo stesso che sentirono al secondo piano. Arrivati al terzo scoprirono il motivo.
Impallidirono tutti e quattro: un’intera orda di cadaveri circondati dal loro stesso sangue giaceva per terra, di fronte ai loro occhi. Alcuni decapitati, altri solo con la gola squarciata, altri con un foro di proiettile sulla fronte.
Uno spettacolo cui non erano abituati. E mai si sarebbero abituati. La via del Bushido non prevedeva l’assassinio. E nemmeno la morale di Splinter.
-MONDO PIZZA! QUI E’ SUCCESSO UN MASSACRO!- commentò Michelangelo, sgomento; nemmeno i film di azione lo avevano preparato per quella scena.
Donatello avvertì un fastidioso conato che per poco lo spinse al rigetto.
Leonardo ebbe il coraggio di mettere un piede all’interno del piano, anche a costo di sporcarselo. Doveva trovare il terrorista che aveva la bomba addosso. E, soprattutto, salvare Elisabetta.
Donatello dovette seguirlo: era l’unico a sapere quale fosse. Dovette combattere contro la sua nausea.
Persino Raffaello era rimasto basito da quello spettacolo: amava essere coinvolto nelle risse, ma non in un massacro.
-Chi può essere stato…?- mormorò, sottovoce. Anche lui e Michelangelo seguirono i fratelli.
Dentro di loro, sapevano la risposta. “Ma come?” pensarono.
Udirono un urlo. Dei lamenti. Dei respiri affannosi. Come quello di una persona mentre fugge da un predatore affamato.
La porta di fronte a loro era aperta: uno dei terroristi stava indietreggiando sui suoi gomiti. Stava guardando in alto.
-R-razza di animale!- imprecò, con voce tremante; aveva un curioso accento del Medio Oriente –Non voglio morire!-
Ma uno sparo lo colpì dritto in fronte, macchiando il muro. Le Tartarughe sobbalzarono. Michelangelo urlò.
Dalla penombra uscì l’unica fonte di luce in tutto l’edificio: Elisabetta.
Nella mano destra portava un mitra, mentre con la sinistra stringeva un uomo, morto, per i capelli. Il suo volto era scoperto.
L’aura rossa e bianca era ancora vivida intorno a lei. I corti capelli castani ondeggiavano verso l’alto, come fosse immersa in acqua. E gli occhi con la croce templare al posto delle iridi brillavano più che mai.
Le quattro Tartarughe rimasero immobili dalla sorpresa.
-Ti prego, dimmi che è uno degli effetti del vino.- sdrammatizzò Michelangelo, invano.
-Tu…- mormorò Leonardo, sgomento –Li hai uccisi…-
-Ho dovuto farlo…- confessò lei, per nulla pentita –Avrebbero fatto del male ad altre persone, se li avessi lasciati in vita. Hanno preso degli innocenti. Erano degli empi. E gli empi meritano solo la morte.- sollevò l’uomo che stava trascinando, mostrando il suo volto ai quattro rettili -Ecco la bomba.- disse, lanciando l’uomo in mezzo a loro; doveva essere vicino ai quaranta; ma il sangue gli aveva quasi del tutto coperto il volto; la gola era squarciata –Donatello, sei bravo in queste cose. Quindi puoi disinnescarla.-
In effetti, persino lo scan indicò quell’uomo come il possessore della bomba. E il suo giubbotto era la bomba. Doveva solo stare attento dove mettere le mani, o sarebbero saltati in aria insieme all’edificio.
-Ok…- mormorò la tartaruga dalla benda viola, sforzandosi di non osservare il taglio sulla gola; scrutò nel suo borsone, per cercare le tronchesi –Ora ho bisogno della massima concentrazione per disinnescare la bomba. Voi guardatemi le spalle.-
Aprì una tasca, in realtà il posto dove si trovavano i fili.
Le restanti tre tartarughe rimasero ferme a fissare la templare, sospetti e allarmati. Non era la prima volta che avevano notato un’aura simile.
In particolare, lo sguardo di Leonardo era diretto a quello di Elisabetta.
-Chi sei tu…?- mormorò.
Lei alzò lievemente lo sguardo, strizzando lievemente gli occhi.
Puntò il mitra in avanti.
-ATTENTI ALLE SPALLE!-
I terroristi poco prima resi incoscienti dalle Tartarughe avevano ripreso conoscenza e si erano lanciati all’inseguimento di chi aveva liberato i loro ostaggi.
Leonardo, Raffaello e Michelangelo sguainarono di nuovo le loro armi, pronti per affrontarli di nuovo.
Ma un proiettile perforò la fronte di uno dei terroristi. Il sangue macchiò lievemente le corazze.
Elisabetta corse oltre le Tartarughe, affrontando da sola gli ultimi terroristi.
Il mitra che brandiva aveva esaurito i colpi: dovette ricorrere ai suoi pugnali. Uno lo lanciò in avanti, colpendo il destinatario in mezzo agli occhi. Poi prese il suo mitra per eliminare il resto.
Un’azione orribile, secondo la morale delle Tartarughe. Erano ancora scioccati.
L’aura intorno alla templare si stava gradualmente dissolvendo.
-Sorella Elisabetta, cavaliere di rango esperto dell’Ordine Templare.- si presentò, rispondendo alla domanda di Leonardo; tornò normale, ma lo sguardo freddo e serio rimase -Detta Flagello.- aveva pronunciato “Flagello” in italiano -Perché come il flagello, io lascio dietro di me una scia di morte e desolazione.-
Udì dei lamenti: uno dei terroristi era stato ferito solo alla spalla. Stava cercando di strisciare verso le scale.
Ma un proiettile gli trapassò il cervello.
-Miserabile…- sibilò lei.
Poi snap! Le tronchesi avevano spezzato un filo.
Niente.
L’edificio era salvo. La bomba era stata disinnescata.
C’erano tre fili: Donatello aveva spezzato quello blu.
-Ragazzi. Il pericolo è passato.- annunciò. Ma non era sollevato.
-Bene. Allora possiamo tornare a casa.- disse la templare, facendo un passo in avanti, verso l’uscita.
Le Tartarughe non erano della stessa opinione: dovevano risolvere un altro problema, forse peggiore della bomba.
Infatti, Elisabetta notò il suo riflesso nella lama della katana di Leonardo, spuntata improvvisamente sopra la sua spalla destra.
-Io non credo proprio.- fece notare Leonardo; si era fatto serio; molto serio; lo stesso sguardo che avevano anche i suoi fratelli –Credo che dovremo fare un bel discorsetto, noi cinque…-
Elisabetta fu messa al muro, sollevata a mezzo metro da terra da Raffaello. Gli sguardi delle Tartarughe esprimevano furia e delusione.
Ma la templare non si lasciò intimorire: rimase con il suo sguardo di ghiaccio.
-Immaginavo che quella tua aura avesse qualcosa di familiare…- iniziò Leonardo, con le braccia incrociate –Quella sensazione di rabbia e odio non si dimentica facilmente. La stessa che ho percepito nel Nexus, nella Sala degli Eroi.- fece una piccola pausa ed un rapido scambio di sguardi con la ragazza –La figura che ci ha aggrediti… eri tu, non è così?-
La risposta non si fece attendere. Schietta, senza giri di parole.
-Sì, ero io. Soddisfatti?- disse, acida.
-Non ti vergogni? Hai ucciso dei concorrenti!-
-Stavo solo seguendo gli ordini del mio Magister!-
-Gli ordini?-
-Sì! I Templari dovevano essere ammessi in finale, a qualunque costo!-
-E hai anche fatto prendere vita a quelle armi?- aggiunse Raffaello, il più furioso di tutti.
-No, quello è stato Carmine! E’ il suo potere! Dovevamo eliminare o invalidare quanti più concorrenti possibili!-
-Anche una concubina?- riprese Donatello –Uccidete anche degli innocenti?-
-Non è morta nessuna concubina!- rivelò Elisabetta.
-Cosa?!- si stupì Leonardo -Allora chi…?-
-Ero io!- tagliò corto la templare –Faceva tutto parte del piano del Magister! Carmine ed io avevamo l’ordine di eliminare i concorrenti! Ma serviva una scusa per riunire tutti i semifinalisti in una stessa stanza, e abbiamo messo in scena una farsa per attirarvi nella Sala degli Eroi, l’unica sala con delle armi, con me vestita da concubina! Il cadavere che avete trovato era un manichino! Mi sono liberata in tempo di quegli sciocchi abiti, per passare alla mia parte del piano! Noi templari non ci sporchiamo le mani di sangue innocente, solo quello dei nostri nemici! Non siamo dei mostri!-
La presa sugli abiti si fece più stretta.
-Me lo sentivo che non potevamo fidarci di te!- tuonò Raffaello, sempre più furioso –Quindi, deduco tu sia venuta da noi per darci il colpo di grazia, eh?!-
-Ho sbagliato a fidarmi di David!- ribatté lei, determinata e rispondendo a tono -Quella volta che la mia vera identità era stata scoperta, si è messo dalla mia parte! Pensavo di valere qualcosa, ma ora ho scoperto che mi ha solo usata, per il mio potere! Ora che so quale è la sua vera natura, sono pronta a redimermi! Farò qualunque cosa! Non ho alcun motivo di uccidervi o voltarvi le spalle, adesso!-
-Ma perché lo avete fatto?- aggiunse Donatello –Quale era il fine delle vostre azioni?-
-Il Graal!-
Quella rivelazione causò un lungo momento di silenzio. Raffaello pose la ragazza per terra.
-Il Magister era convinto che il trofeo di questo Nexus fosse il Graal, la coppa in cui si narra avesse bevuto Gesù nell’Ultima Cena, la stessa coppa tanto cercata da re Artù ed i suoi cavalieri.- stava parlando con tono normale, dalla tonalità lievemente bassa a causa delle grida di poco prima –Vincendolo, avremmo potuto finalmente impossessarcene. Ma il piano è fallito con la mia sconfitta.-
-Già…- disse Raffaello, anche lui incrociando le braccia, storcendo la bocca –E dimmi, signora cavaliere, adesso cosa ti impedisce di ucciderci nel sonno per prenderti quel trofeo?-
-Quel trofeo non assomiglia per niente al Graal!- tagliò corto Elisabetta –Non avrei alcun motivo di uccidervi, adesso. E poi sarebbe da idioti! Mi hanno scomunicata e non so dove andare! Sentite, la mia ammirazione per il mio Magister David è pari a quella che voi provate per il Maestro Splinter, andrei in capo al mondo per lui, ucciderei per lui. I suoi ordini, per me, erano legge. Ma non mi ero mai resa conto di quello che era, fino a quando non mi ha scomunicata dall’ordine. Che motivo avrei, ora, di tradirvi?-
Le Tartarughe rimasero in silenzio.
-Quindi… quella volta con i Cleaners…- cercò di ricordare Leonardo –Anche loro li hai…?-
Elisabetta annuì.
-Sì. Ho dovuto.-
Potevano ancora fidarsi della templare? Anche dopo aver scoperto la verità su di lei? Anche dopo aver scoperto il suo potere? La sua indole violenta? La sua tendenza ad uccidere le persone?
Poteva essere una valida alleata, quanto una temibile nemica.
Le Tartarughe erano in dilemma.
-Se avesse voluto ucciderci, lo avrebbe già fatto…- constatò Leonardo, serio.
Raffaello tagliò corto.
-Leo, sei serio?! Hai visto cosa può fare?! E’ pericolosa!-
-Sì, l’ho visto, Raph. E siamo stati fortunati a non essere state sue vittime. I suoi metodi sono molto discutibili, ma ci ha salvato la vita.-
-E ci ha anche rifornito frigo e dispensa.- aggiunse Michelangelo, di nuovo fuori luogo. Raffaello dovette scacciarlo spingendolo sul suo volto.
-Riflettete. E se dovessimo subire un attacco dei templari?- fece notare Donatello –Lei conosce il loro modus operandi, come i loro punti deboli. Può esserci d’aiuto, come lo è stata con i Cleaners. E ha dichiarato di volersi redimere dai suoi peccati. Io direi di tenerla con noi e darle un’altra possibilità.-
Leonardo era ancora indeciso. Ma Donatello gli aveva esposto dei pro più convincenti dei contro di Raffaello.
E aveva visto con i suoi occhi il trattamento riservato agli scomunicati: non se la sentiva di mandare nuovamente la ragazza in mezzo a quella banda praticante il muai thai.
In fondo, come aveva detto lui stesso, aveva salvato loro la vita. Anche se non condivideva i suoi metodi e la sua morale. Erano, in fondo, due mondi differenti. Ma aveva giurato di non aver mai versato sangue di persone innocenti.
-Va bene.- decise –Puoi restare con noi.-
Elisabetta e Michelangelo tirarono un sospiro di sollievo. Più il secondo che la prima.
Donatello sorrise, annuendo.
Raffaello emise un lieve lamento di disappunto.
-Se poi ci strappa i cuori o osa fare la stessa cosa al Maestro Splinter, non dite che non vi avevo avvertito…-
-Ma come, Raph? Ma se è la tua ragazza ideale. Vi infiammate nello stesso modo, quando venite provocati.- schernì Michelangelo.
-Ora non cominciate, voi due.- li fermò Leonardo –Dobbiamo, piuttosto, contattare Casey e dirgli che la missione è completata e l’edificio è sicuro.-
Tornarono nel Tarta-Corazzato, alla via del rifugio.
Fu Donatello ad avvertire Casey. Evitò la parte del massacro. Non volevano allarmarlo, informandolo che fosse stata una loro alleata a provocarlo.
-Grandi, ragazzi!- esultò lui –Più tardi, April ed io passiamo a trovarvi, per quella famosa cena che ci siamo promessi tempo fa, e per scusarmi del disturbo. Ovviamente porteremo anche Arnie. Non fa altro che dirmi che vuole andare a trovare i suoi zii e nonno Splinter.-
-Ma figurati. Lo sai che non disturbi mai per queste cose. Ci vediamo dopo. Ordinate pure l’intero menù. Tanto sappiamo che sarà April a divorare tutto.-
Riattaccò ridacchiando, per poi riprendere a fissare e digitare qualcosa al computer, mentre Raffaello continuava ad allenarsi alla pera da boxe.
-Ehi, ragazzi, guardate cosa ho trovato!- annunciò, preoccupato; il computer mostrò varie immagini e file riguardanti l’edificio che avevano appena salvato dai terroristi –A quanto pare, è una multinazionale un tempo affiliata, sentite un po’, al Clan del Piede, ovvero a Shredder.-
Leonardo si sgomentò: per poco non lasciò il volante del Tarta-Corazzato.
-Cosa?! Stai scherzando, spero!-
-Oh, lo vorrei tanto, Leo.- Raffaello e Michelangelo si erano avvicinati al fratello dalla benda viola –Ma secondo la rete, questa multinazionale lavorava proprio per lui. A quanto pare, stava progettando di fondare un esercito mondiale per lanciare il suo attacco massivo contro gli Utrom. Questa multinazionale gli stava offrendo risorse per il suo progetto, senza, ovviamente, sapere di cosa si trattasse effettivamente. Deve averli ingannati, come ha fatto con il resto della città.-
-Cosa voleva da quella multinazionale?- domandò Raffaello.
-Sto cercando di entrare nei loro file, ma sembra che con la “scomparsa” di Oroku Saki, questi file siano stati cancellati, forse per ordine di Karai, non ne sono sicuro.-
-Dici, quindi, che, da un certo punto di vista, ci sia Shredder dietro a questo attacco? O qualcuno legato a lui? Amico o nemico?- ipotizzò Leonardo.
-Non ne ho idea, Leo. Farò del mio meglio per indagare più a fondo. Forse il computer di casa ci saprà fornire più informazioni, ma non prometto nulla.-
Elisabetta non aveva detto una parola. Rimaneva, in silenzio, ad osservare fuori i finestrini, ascoltando con attenzione la conversazione, seduta accanto a Leonardo, che guidava il Tarta-Corazzato.
Nemmeno lui sapeva cosa dire. Non voleva metterla in imbarazzo.
Per fortuna, ci pensò Michelangelo a rompere il ghiaccio.
-Ehi, Eli, spero non ti dispiaccia mangiare di nuovo cinese, stasera.- disse, spuntando da dietro i sedili –Anche l’altra sera non hai preso molto, mi chiedo come tu faccia a mangiare così poco. Ah, come non capisco voi salutisti.-
-Beh, se con poco intendi la sola forchettata che ho preso di spaghetti con il ketchup, ti avviso che mi sono rimasti nello stomaco per tutto il giorno.- fece notare lei, con la solita smorfia offesa da brava italiana per gli americani che osano usare il ketchup come condimento per la pasta.
-Ma non giustifica che volessi buttarli nella spazzatura, con tutta l’anima e il cuore che ci ho messo per prepararteli come si deve.-
Partì il sospiro generale dei fratelli.
-In arrivo altre suppliche…- mormorò Donatello.
No, non erano suppliche quelle di Michelangelo. Ma veri e propri lamenti.
Si sentiva ferito dalla critica della ragazza alla sua cucina.
-Mick, sono italiana.- si giustificò la ragazza, uscendo dal mezzo; erano tornati al rifugio –Per diritto non mi piacciono gli spaghetti con il ketchup. Ascolta, facciamo una scommessa. Domani cucino io. E farò la vera pasta al pomodoro. Se ti piacerà meno della pasta con il ketchup, allora la mangerò anch’io senza lamentarmi e senza lasciarne nemmeno una goccia. Ma se ti piacerà di più, non voglio più sentire suppliche o lamenti da vittima, chiaro?-
A Michelangelo piacevano le scommesse: soprattutto quelle in cui era sicuro di vincere.
Strinse la mano con l’umana.
-Affare fatto, sorella.-
-Eli, lo sai che Mick farà il possibile per vincere la scommessa, vero?- avvertì Donatello.
Ma Elisabetta non si lasciò intimidire: sorrise in modo furbo.
-Lo vedremo.-
Rientrarono nel rifugio. Splinter tirò un sospiro di sollievo, appena udì i passi dei suoi figli e dell’ospite.
Era ancora sintonizzato sul telegiornale. Stavano trasmettendo le notizie dell’ultima ora.
-Oh, figlioli. Siete tornati, grazie al cielo.- li salutò, avvicinandosi con un sorriso rincuorante –Cosa è successo all’edificio? Gli ostaggi sono salvi, ma sembra sia successo un massacro. I terroristi sono morti.-
-Chiedi a lei.- precisò Raffaello: le Tartarughe si misero in una posizione tale che la ragazza spuntasse da dietro di loro.
Splinter la osservò negli occhi. Intuì l’accaduto.
-Che cosa hai fatto…?- mormorò, preoccupato.
Lei abbassò lo sguardo.
-Lo so che per voi è strano e immorale. Ma non avevo altra scelta.- ammise, con un filo di voce.
Michelangelo, per fortuna, si mise in mezzo, prima che Splinter le riservasse una ramanzina su cosa fare o non fare con i nemici.
-A proposito, dolcezza…- disse, con tono da diplomatico –Quel tuo potere… quello che ti ha fatto apparire tutta bella scintillante… Di cosa si tratta?-
Lei mostrò nuovamente il suo anello.
-Deriva direttamente da questo.- spiegò –Dopo l’allenamento militare e la Veglia notturna veniamo investiti cavalieri templari e il Gran Maestro ci mette questo anello al dito. E’ metallo magico. Nessuno sa da dove venga.- si morse il labbro inferiore -Oltre ad evocare croci eteree ha un altro potere. Nel primo momento che lo indossi, il metallo sembra scrutarti dentro e cerca l’emozione più forte in te, che sia positiva che negativa. A me è capitato questo potere, una scarica di adrenalina potenziata, come un Berserk. Suppongo che dentro di me ci fosse troppa rabbia. Mi basta arrabbiarmi, per attivare il mio potere. Confesso di averne usato un po’ durante il Nexus, ma non ai livelli estremi. Divento una forza inarrestabile, accecata dalla rabbia e dalla voglia di distruggere. Per questo, mi è stato donato il nome di Flagello. Sia da Eliseo che da Elisabetta, i miei confratelli hanno rispettato il mio potere. Per questo sono diventata, dall’identità di Eliseo, una dei favoriti del Magister. Pensavo che Federico mi avrebbe odiato per questo, perché credevo che quel potere lo volesse lui, per farsi rispettare dal padre e dai confratelli. Invece, quel giorno è venuto da me, sereno, e mi ha detto che era contento che avessi questo potere e che suo padre fosse fiero di me. “Preferirei ricevere da mio padre una sincera delusione che un falso amore dovuto ad un potere distruttivo.” mi disse. A lui, invece, è capitato il curioso potere di far provare alle persone gli stessi sentimenti che provano altre persone. Basta che due persone lo tocchino.-
-Quindi tutti i templari hanno un titolo legato al loro potere?- domandò Donatello, affascinato.
-Esatto. E Carmine, giusto per farvi un esempio, è chiamato Punizione, perché la punizione non ha un volto. Infatti, lui può controllare gli oggetti con la forza del pensiero. Come vi ho spiegato prima, era lui a muovere le armi nella Sala degli Eroi, nel Nexus.-
-Aspettate, di cosa state parlando?-
Anche Splinter venne messo al corrente della storia dietro l’imboscata al Nexus. Riconobbe e accettò il pentimento della ragazza, ma scosse la testa, quando venne a sapere che il mandante era stato il suo vecchio amico David.
-Ah, David, David…- mormorò, dispiaciuto –Ma cosa ti è successo…?-
Erano davvero passati anni dal loro ultimo incontro. Non sapevano più niente l’uno dell’altro. Splinter si era illuso che il giovane templare che aveva conosciuto fosse rimasto lo stesso dopo tutti quegli anni.
Anni fa non lo avrebbe creduto capace di barare, per vincere il Nexus.
-Ah, Sensei!- si ricordò Michelangelo –Ha richiamato Casey. Lui ed April torneranno a momenti a farci visita. Per la cena tutti insieme.-
Splinter ottenne nuovamente il buonumore.
-Casey ed April? Sarà una gioia rivederli. Porteranno anche Arnie?-
-Certo che sì.-
Elisabetta era confusa.
-Aspettate, cosa?-
-Sono nostri amici.- spiegò Leonardo -Precisamente, i nostri primi amici umani. La prima volta non avevamo nemmeno sedici anni, vi ricordate, ragazzi?-
-Assolutamente.- Michelangelo tirò su con il naso, simulando un pianto –E’ stato poco dopo che gli Acchiappatopi avevano distrutto la nostra prima casa.-
-Cosa…?-
-Tranquilla. Mettiti comoda e ti racconteremo tutto.-
Il tempo impiegato per raccontare alla templare i primi giorni a contatto con il mondo umano, avvenuta quasi dieci anni prima, fu sufficiente prima dell’arrivo dei coniugi Jones.
Casey entrò portando dei sacchetti in entrambe le mani. April riprese fiato, toccandosi la pancia. Arnie non mostrava segni di stanchezza, nonostante l’ora tarda. Rivedere gli “zii” e nonno Splinter gli dava sempre la carica.
-Spero che con i ragazzi tu abbia usato una scusa più credibile della storia del tizio che ha lanciato te e la tua squadra con un urlo al tuo capo.-
Casey sospirò.
-April, per l’ennesima volta. Eravamo la mia intera squadra contro uno. Non poteva farcela. Ma poi si è messo a urlare e io sono volato via. Mancava poco mi rompessi le costole.-
-Sì, certo, tesoro…-
-Andiamo, April! Abbiamo assistito a invasioni aliene, a uno Shredder mistico che voleva renderci demoni, un robot del futuro, ad uno sciame di insetti robot il giorno del nostro matrimonio, e non credi a questo?!-
-Dico solo che dovresti smetterla di enfatizzare le tue missioni. Tu hai insistito per entrare nella SWAT. E ora non lamentarti se le cose non vanno sempre come vuoi tu.-
-Aspetta, vedo la luce. Ehi, ragazzi!-
La famiglia Jones entrò nella sala principale, con un grande sorriso.
Arnie corse subito da “nonno” Splinter, come al solito.
-Spero sia andato tutto bene, ragazzi.- salutò Casey, dando il cinque a Raffaello –Avrei tanto voluto occuparmi io stesso di quei terroristi, ma i capi hanno dato la priorità ad una sommossa da stadio.-
-Tranquillo, noi siamo ancora vivi. E’ già qualcosa.- rassicurò la tartaruga dalla benda rossa.
April, invece, si era avvicinata a Donatello.
-Perché non mi hai chiamata, geniale idiota?- rimproverò –Potevo aiutarti a distanza, come ai vecchi tempi.-
-Scusa. Ci avevo pensato, ma, sai, non volevo ti affaticassi, nelle tue condizioni…-
-Ehi, la forza di mettermi al computer ce l’ho! Non sono così debole!-
Leonardo volle attirare l’attenzione.
-Scusate, vorremmo presentarvi una persona…-
Elisabetta era rimasta in disparte, osservando i nuovi arrivati: April e Casey. I primi amici umani delle Tartarughe.
Come doveva presentarsi a loro? Come Elisabetta o come Eliseo?
Leonardo le mise una mano dietro la schiena, invitandola ad avvicinarsi.
-Tranquilla, presentati come te stessa. Puoi fidarti di loro.- la rassicurò, a bassa voce –Chiunque entra qui dentro è una persona fidata.-
Lei si convinse delle sue parole.
Sorrise ai coniugi, questi sorpresi di vedere un altro essere umano in compagnia delle Tartarughe.
-Piacere, il mio nome è Elisabetta. Quod Deus voscum ambulat.-
-La templare che ho affrontato nella finale del Nexus.-
Entrambi i coniugi furono ancora più sorpresi.
-Questa poi!- commentò Casey –A prima vista, avrei giurato fossi un maschio!-
Ma April sorrise.
-Finalmente un’altra donna. Ciao, davvero molto piacere. Allora sei tu la famosa templare che ha messo più volte in difficoltà il nostro Leo. Ma è strano, pensavo che i templari non ammettessero donne, nell’ordine.-
-E’ così, in effetti, ma è una lunga storia. A proposito, congratulazioni.- indicò il pancione.
-Oh, grazie.-
-Quanto manca?-
-Oh, ancora un paio di mesi. Mio marito pensa che possa nascere da un momento all’altro. Sai, il nostro primogenito, è nato due settimane in anticipo.-
-Ecco perché adesso mangia il triplo di prima.- ironizzò Casey, posando i sacchetti sul tavolino. Sembrava un buffet con sola roba cinese, da quanto cibo avevano portato.
Mentre la tavola veniva preparata, Arnie si era avvicinato ad Elisabetta, fissandola con i suoi occhi verdi.
-Tu non sei una tartaruga…- disse, con la sua vocina –Che cosa sei?-
La ragazza ricambiò lo sguardo. Poi sorrise e si mise in ginocchio.
-Io? Sono una ragazza. Una donna. Come la tua mamma.-
-Ma hai i capelli corti, come il mio papà. Le donne hanno i capelli lunghi, come la mamma.-
-Arnie, non dare fastidio alla signorina.- chiamò April, mentre Donatello la aiutava a sedersi sul divano.
-Spero non vi offendiate se la nostra nuova ospite non mangia molto.- avvertì Michelangelo, già avventato sui ravioli al vapore –Purtroppo, il suo ordine templacoso la spinge ad una regola rigida alimentare che le impedisce di mangiare qualsiasi cibo poco salutare.-
-Ehi, solo perché ho fatto un commento negativo sulla tua cucina, non significa che non debba mangiare niente.- precisò la templare –E poi, la cucina cinese include anche verdure, quindi è ben bilanciata, quindi posso mangiarla.-
I coniugi erano sempre più confusi.
-Vi racconterò più tardi io.- li rassicurò Donatello.
La cena proseguì senza altre interruzioni, a parte le chiacchiere tra amici.
A Casey non parve vero godersi finalmente una serata con i suoi amici senza essere interrotto dalle chiamate dalla centrale.
Volle raccontare ai suoi amici quanto avvenuto dopo il salvataggio di Elisabetta, e dell’uomo che aveva scaraventato lui e la sua squadra con un urlo.
Elisabetta diede una spiegazione.
-E’ il potere di Salterio.- rivelò.
-“Salterio”?- domandò l’uomo, sorpreso; non si aspettava che almeno una persona credesse alla sua storia.
-Sì. Il DJ che voi quattro avete visto la sera che mi avete portato qui è un templare. Si chiama Andrea, ma è chiamato Salterio, perché la musica può essere intensa. Infatti, il suo potere sono gli urli.-
Se non avesse spiegato, prima, alle Tartarughe che ogni templare aveva un potere, derivato dall’anello che indossavano, l’avrebbero presa per pazza. Ma, almeno, April finalmente credette alla storia del marito.
Questi ne fu sollevato.
-Lo sapevo di non essermelo immaginato!- esclamò, affondando la schiena sul divano con un sospiro di sollievo –Non sono pazzo, allora!- poi tornò a fissare la donna templare –Leonardo ci ha raccontato lo scontro con te in modo preciso. Vorrei affrontarti anch’io.-
Elisabetta alzò le sopracciglia.
April cercò subito di dissuaderlo.
-Casey, no! Sei appena tornato dal tuo turno…!-
-Quelli non erano niente. Non mi sono nemmeno riscaldato. Io voglio la vera azione. Se ha messo Leo in difficoltà, vuol dire che è un degno avversario. Allora che ne dici, adesso?-
Elisabetta posò la vaschetta di spaghetti di soia con carne e verdure, osservando Casey con aria furba.
-Va bene, accetto.-
Michelangelo sorrise.
-Vai! Cena e spettacolo! La serata non potrebbe andare meglio di così!- esultò, mettendosi a gambe incrociate sopra il divano.
Casey si era portato dietro la sua inseparabile sacca, estraendo la mazza da golf. Anche da agente della SWAT, non rinunciava alle sue vecchie armi.
Elisabetta, per adeguarsi, prese l’azza.
-Woah! Che arma, ragazza! E quella cosa sarebbe?!- si stupì l’uomo.
-Un’azza.- spiegò lei, roteandola –Vediamo quanto resiste la tua mazza da golf.-
-Ehm, non stai dimenticando qualcosa?-
Leonardo aveva il palmo aperto, come se si aspettasse di ricevere qualcosa. E prima si era schiarito la voce.
Elisabetta intese il messaggio: si sfilò l’anello dal dito e lo lanciò.
-Non possiamo rischiare.- disse, rivolto ai fratelli.
Finalmente poté vederlo da vicino: sembrava un semplice anello con una croce templare rossa al centro. Era davvero molto bello. E magnetico.
-Un avvertimento, Eli.- aggiunse Donatello, prima che i due umani incrociassero le armi –Casey si è allenato con noi.-
-Nessun problema. Ho messo a tappeto un triceraton, al Nexus.-
Tale rivelazione lasciò sconvolte le Tartarughe e Splinter: un triceraton era difficile da sconfiggere persino per loro.
-TU hai sconfitto Traximus?!- esclamò Donatello, con gli occhi completamente spalancati.
-Non è stato facile, ma almeno non ho dovuto provvedere all’anello.-
-Ma io non sono come i triceraton!- chiarì Casey, facendo roteare la mazza -Sono un concentrato di muscoli e ninjitsu! In guardia!-
Caricò contro la ragazza. Anche lei caricò, urlando.
A quell’urlo, Casey si fermò. Inquieto.
-Ti sei distratto!- schernì lei, colpendo gli stinchi del suo avversario con la parte legnosa dell’azza, con dal metallo. Casey si sbilanciò in avanti, ma non cadde: posò una mano per terra ed eseguì una verticale, per poi poggiare i piedi per terra.
-Mi hai preso alla sprovvista, sorella. Ma ora facciamo sul serio!-
Il combattimento iniziò sul serio.
La mazza da golf si scontrava con l’azza, senza mai colpire chi la brandiva e viceversa.
Casey era più muscoloso di Elisabetta, ma anche più agile, essendosi allenato con le Tartarughe. Tuttavia, Elisabetta riusciva a tenergli testa e parare e deviare i suoi colpi. Si destreggiava bene.
-Vai, papà!- tifava Arnie. Anche April tifava per il marito.
Le Tartarughe non sapevano per chi tifare. Decisero di godersi la lotta e basta.
Ma Casey era sempre troppo irruento nei suoi movimenti. E facilmente prevedibile.
Elisabetta schivò l’ultimo colpo e lo fece cadere con un semplice calcio sui talloni.
Stavolta cadde, di schiena.
Si ritrovò la punta dell’azza vicino alla sua gola. E un sorriso soddisfatto della templare.
-Sei un concentrato di muscoli e ninjitsu, eppure battuto anche tu da una rozza templare.- schernì, facendo l’occhiolino.
Le Tartarughe risero. April nascose il proprio volto dietro la mano, dall’imbarazzo. E Splinter applaudì.
-Brava, Elisabetta.- complimentò –Ottime reazioni. Non sono sorpreso che tu abbia sconfitto Traximus, con le tue abilità. David avrà una natura maligna, ma ha saputo allenarti come un degno guerriero.-
-Sono assolutamente d’accordo.- aggiunse April –Se non fossi incinta, anche a me sarebbe piaciuto combattere con te.-
Elisabetta sorrise: i coniugi Jones le piacquero subito.
Sperò di rivederli presto. Casey esigette una rivincita. E con April si erano promesse di affrontarsi dopo il parto.
Nella sede dei templari, intanto, il tetravirato era riunito nel salone della tavola rotonda. Erano riuniti dietro a Edoardo. Lui dava loro le spalle e restava immobile, guardando in alto.
Nei suoi occhi erano presenti le croci templari, grandi quanto le sue iridi.
-Il piano non è fallito.- annunciò –Le Tartarughe non hanno mandato via Elisabetta.-
Il suo corpo era nel salone: ma il suo spirito era nel rifugio delle Tartarughe Ninja.
Era questo il suo potere: separare la sua identità astrale dal suo corpo e viaggiare in ogni luogo, senza essere visto o sentito. Come un fantasma. Ma poteva parlare nel suo corpo reale.
David sorrise.
-Eccellente, Spettro.- disse; gli occhi di Edoardo tornarono normali; si congedò dal tetravirato con un inchino, entrando nei dormitori –Quindi, siamo ad un buon punto con il piano principale.-
-E riguardo il nostro futuro alleato?- fece ricordare Luigi, rivolto ad Andrea.
-Sono riuscito a trovarlo anche grazie all’aiuto di Spettro. Ora sta a te convincerlo a passare dalla nostra parte.-
Giacomo rise al pensiero di Luigi arruolare un uomo pericoloso.
In quel momento, la croce sull’anello di David brillò.
-Una chiamata. Scusatemi.- disse, per poi dare le spalle ai confratelli.
Mise l’indice ed il medio dell’altra mano sulla croce. I suoi occhi divennero bianchi: si trovò faccia a faccia con Flagello, nella dimensione mistica.
-Elisabetta, mia cara…- salutò, allargando le braccia –Quasi non speravo più in una tua chiamata. Ho sentito alla televisione quanto successo in quell’edificio. Sei stata tu?-
-Sì, con le Tartarughe. Avevo sospettato qualcosa, ma poi ho notato questo su uno di loro. Gliel’ho strappato, prima di sparargli.-
Dalla tasca aveva estratto un oggetto che non aveva mostrato alle Tartarughe: un pendente dalla forma di sole.
David si fece serio ed allarmato.
-Saraceni…- mormorò –I nostri nemici più antichi. Sono già qui?!-
-Forse una parte di loro situata da tempo negli Stati Uniti.- ipotizzò la ragazza –Come noi, anche loro hanno più basi, in tutto il mondo. E non solo: Donatello ha scoperto che la multinazionale che hanno occupato era affiliata con il Clan del Piede. Ma i documenti digitali che lo testimoniano sembra siano stati cancellati successivamente lo sgomino del Clan e la scomparsa di Oroku Saki. E per quanto riguarda quelli cartacei, non mi stupirebbe se fossero stati bruciati dalla figlia Karai. Ipotizzo che ci fosse un collegamento anche tra i saraceni ed il Clan del Piede, magari un rapporto di convenienza o per affari, e che la loro occupazione fosse stata messa in atto per impossessarsi delle risorse cui la multinazionale godeva per i loro piani contro di noi. Ma quali è ormai ignoto.-
-Sì, avrebbe senso…- rifletté David, sempre più serio –Qualunque cosa fosse, non sarebbe un vantaggio per noi. Ma è anche certo che non sarà questo loro fallimento a fermarli. Se anche il loro capo è qui, vorranno impossessarsi anche loro del Graal. Non devi permetterlo. Tieni gli occhi aperti. Noi faremo lo stesso. Intanto, continua con la tua parte del piano.-
-Eli!-
La voce di Michelangelo era percepibile fuori dalla dimensione mistica. Per fortuna, Elisabetta vi uscì appena in tempo.
Era nel bagno, di fronte allo specchio.
-Posso entrare? Mica stai facendo qualcosa tipo spogliarti o farti la doccia?-
-No, stavo… per lavarmi i denti. Vieni pure, Mick.-
-Ah, bene, così li laviamo insieme.-
Dovettero dividersi il lavandino e lo specchio, mentre si lavavano i denti.
-Sei stata formidabile con Casey!- complimentò Michelangelo, con lo spazzolino in bocca –Anche senza il tuo anello!-
Elisabetta sputò nel lavandino.
-Grazie. E’ stato facile. Sono abituata ad avversari robusti.-
Uscirono insieme dal bagno.
-Senti, quindi quel tuo potere…- riprese la tartaruga -Puoi controllarlo, vero?-
La ragazza storse la bocca.
-Teoricamente sì.- spiegò, poco convinta -Ma il mio stato di furia è difficile da frenare. Può capitare che un templare abbia difficoltà a controllare i propri poteri, anche con anni di esperienza. Una volta avevamo un templare in grado di eludere i nostri poteri. Si chiamava Francesco, soprannominato Benedizione, perché ogni peccatore merita almeno una benedizione. Ogni volta che entravo nel mio stato di furia e non riuscivo a tornare normale per mia volontà, lui puntava il suo anello contro di me e di colpo la mia rabbia svaniva.-
-Benedizione? Non sembra un titolo minaccioso. Non come “Flagello”.-
-L’ho detto. L’anello ci dona i poteri, basandosi sui nostri sentimenti dominanti, sia negativi che positivi. Lui voleva aiutare le persone, ecco perché ha ottenuto il suo potere. Una benedizione di titolo e di fatto…-
Aveva un’espressione triste, mentre parlava; un’espressione nostalgica; e Michelangelo lo notò.
Ma non volle domandare nulla. E poi, Elisabetta aveva cambiato subito discorso.
-Beh, è stata una giornata intensa. Meglio dormire un po’.-
-Dormire?! Ma sei impazzita?!- si sconvolse Michelangelo; erano entrati in camera sua –Come potrei dormire, con quello che è successo stasera?! Ora che ho scoperto che il tuo anello ti ha donato dei poteri magici?! Mondo Pizza, dovrei presentarti alla Justice Force! Tanto sei scomunicata e fuori dall’ordine, giusto? Ai miei amici piacerà avere una templare tra i loro ranghi! Potrai sempre mantenere il tuo titolo. Sì, “Scourge”! Ti starebbe a pennello! Parola mia, penso non dormirei per un anno intero, al solo pensarci!-
Lei rise, divertita.
-Con tutto il rispetto, ma non voglio far parte di un altro gruppo.- confessò, cosciente di aver di nuovo spezzato il cuore della Tartaruga –Ma per il problema del dormire, se vuoi, posso cantarti una ninnananna che ti farà crollare come un masso.-
Michelangelo si mostrò entusiasta all’idea.
-Sì, accetto volentieri!-
Le Tartarughe non avevano più i letti sopra impalcature, come nel loro secondo rifugio. April aveva loro donato dei vecchi letti, ma ancora in buon uso.
Ma, per il resto, la stanza di Michelangelo era sempre piena di fumetti.
Si era tolto la maschera arancione e le protezioni ai gomiti ed alle ginocchia, prima di mettersi sotto le coperte.
Senza la sua tenuta da ninja, sembrava una semplice tartaruga gigante in grado di parlare e camminare.
-Sono pronto.- disse.
La templare si mise a sedere sul letto. Con il dito mignolo tracciò delicatamente più linee verticali dalla fronte al naso della tartaruga.
Cantò, con voce soave.
 

Quand lo vent freg ven e bala
lo riu canta per non dobliar.
Aplanta lo uèlh se tu vòus veire
lo teu reflèxe dedins lo gran miraor.

En l’aire de la seir, tendre e doç,
l’aiga clara marmusa un camin per nosautres.
Se te diriges en lo passat, estas atent a non estofar.

Ela canta per qui sap ausir
aquesta cançon.
La magia deis èrsas
fa a nos mestrejar nostras pauras
per trobar le secret de l’aiga.

Quand lo reflèxe ven e bala
una mamà somia mentre esta adreita.
Drom, meu enfant, non temer
Lo passat repausa en fons al còr.

 
Michelangelo si addormentò subito, cullato dalla voce e dal dito mignolo sul suo volto.
Leonardo era passato proprio di fronte alla stanza, quando udì la canzone. Si fermò ad ascoltarla, provando di nuovo una strana sensazione di nostalgia.
Vide di nuovo uno strano bagliore. Una nuova visione.
Di un uomo, cui non riuscì a vederne il volto, che cantava quella stessa canzone per lui. Sentiva persino il suo mignolo sulla sua fronte.
Un attimo.
La visione era durata un attimo.
I suoi occhi tornarono a vedere la sua casa, le fogne.
Le sue visioni erano sempre più frequenti. Ogni volta che ascoltava un canto templare. Non poteva essere una coincidenza.
Elisabetta, per poco, non si scontrò con lui, quando uscì dalla stanza di Michelangelo.
-Oh, Leo, scusami.- si scusò, imbarazzata –Non ti avevo visto.-
-Non preoccuparti.- minimizzò lui –Quel canto è stato sublime. Che razza di lingua era, quella? Non è italiano e nemmeno latino…-
-No, infatti è provenzale. Una lingua parlata nel sud della Francia durante il Medioevo.-
-Quindi, oltre a parlare latino, parlate anche questa lingua, il… come hai detto? Provenzale?-
-Oh, no. Questa ninnananna me la cantava sempre il mio amico Federico, ogni volta che non riuscivo a dormire, ovvero spesso. Quindi l’ho imparata a memoria. Pensa che non ricorda nemmeno dove l’abbia imparata. E il Magister non è tipo da ninnananne. E’ davvero rilassante, non trovi?-
Leonardo annuì, nonostante la sua testa fosse altrove: anche lui sentiva di conoscere quella ninnananna. Ma come? Avrebbe giurato che fosse la prima volta in cui l’avesse sentita. Ma non era così.
Provò la stessa sensazione provata la sera in cui aveva assistito ad una parte del Salve Regina.
Cosa gli stava accadendo?
Da un altro lato della città, si manifestò la conseguenza del massacro dei terroristi compiuto dalla templare Elisabetta.
Un edificio con un sole inciso sulla porta d’ingresso. A prima vista, simile ad una moschea.
Un uomo stava osservando la luna da una grande finestra. La stanza era buia, illuminata solo dalla luce lunare. La sua pelle era bruna. La barba nera e corta. Aveva una tunica ed un turbante sulla testa. E al collo, il pendente con il sole.
La porta si aprì: entrò un altro uomo, vestito come lui, ma con la barba leggermente più lunga.
-Signore, notizie cattive nella nostra base qui, a New York.- annunciò il secondo uomo -La squadra che ha occupato l’edificio un tempo appartenuto a Saki sono stati tutti sterminati da Flagello. Nessun sopravvissuto.-
L’uomo alla finestra strinse un pugno, mentre, tenendo la bocca chiusa, strinse i denti. Era deluso. E furioso.
-Maledetti templari… Sempre pronti a rovinarci la vita.- sibilò; entrambi stavano parlando arabo; poi sospirò –Bene, che godano pure del loro piccolo momento di vittoria. Un giorno, il Graal sarà nostro. E finalmente cancelleremo l’ordine templare anche dai libri di storia!-

 
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Quale altra minaccia si presenterà alle Tartarughe Ninja?
Perché Leonardo continua ad avere le visioni?
Chi è l'uomo che ha visto?
Come è possibile un collegamento tra Shredder e il gruppo dei saraceni?
Quale sarà il loro obiettivo?

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Note finali: non cercate "ninnananna in provenzale", è semplicemente la traduzione in italiano e poi in provenzale della versione francese di "Il fiume del passato" di Frozen 2.
E la parte del massacro è una specie di "Copia&Incolla" di una scena di Tokyo Ghoul (una delle mie preferite), quando Juuzou Suzuya spara ai membri di Aogiri. XD
   
 
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