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Autore: RosaRossa_99_    06/03/2020    1 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Il resto delle lezioni passò in fretta. Ne ebbi solo una in comune con Kylie dove non potemmo neanche sederci accanto a causa del professore di letteratura, che ricordandosi della scorsa lezione ci fece sedere a distanza l'una dall'altra, confermando la nostra tesi sulla sua isteria.

Ora avremmo avuto la pausa pranzo e poi un'ultima lezione. Al suono della campana ci alzammo silenziosamente, uscendo dall'aula di geografia, e io iniziai a seguire il resto dei miei compagni che scendevano le scale.

Entrammo in una stanza dai soffitti alti e con vari lampadari che scendevano dal soffitto. Era interamente bianca, tranne il pavimento in parquet chiaro, e con le pareti vetrate da cui entrava luce che risultava quasi accecante in mezzo a tutto quel bianco. Lunghi tavoli in legno erano posti al centro accompagnati da panche e intorno vi erano vari tavolini con delle sedie di un colore verde menta, che davano un po' di colore alla stanza. Notai Kylie seduta in uno di questi tavolini che si sbracciava per farsi notare e ridendo mi avvicinai

 

“Ciao! Ti ho preso un posto e il pranzo”
 

Mi mostro fiera il vassoio con del pollo e del purè di patate

 

“Grazie mille!”

 

Mi sedetti di fianco a lei, notando quanto la sedie in velluto fosse comoda, e tirai un sospiro di sollievo. Dopo cinque ora in sedie a dir poco scomode era un vero piacere per la mia schiena.

Iniziammo a chiacchierare del più e del meno e io le dissi della punizione, raccontandole di Ben e di come Stef aveva provato a difendermi, ma facendosi beccare dal professore

 

“Neanche il secondo giorno e guarda cosa mi combini!”
 

Disse ridendo e io appresso a lei, alla fine sarei potuta stare con Stef e cercare di capire un po' più di lui, e della sua reazione soprattutto.

 

“Secondo me Stef ci prova… con te si comporta in modo diverso, non so. Ti sta fissando, guarda”
 

Alzai lo sguardo, notando il suo dall’altra parte della sala, fisso su di me, il che mi fece affogare con il pezzo di pollo che stavo masticando

 

“Ei, ei, bevi un po' d’acqua”

 

Kylie mi diede leggere pacche sulla schiena, avvicinandomi la bottiglietta che io afferrai bevendola e sentendomi meglio

 

“Non vorrai mica farlo preoccupare… guarda come si è imbronciato”
 

Mi sussurrò facendomi rispostare l’attenzione su di lui, che in effetti trovai con le sopracciglia arcuate, in un’espressione quasi preoccupata, che si rilassò non appena notò che avevo smesso di tossire

 

“N-non credo che si preoccupi, Kylie”

 

Lei scosse la testa ridacchiando.

Dopo qualche momento dove cambiammo argomento, una voce attirò la nostra attenzione

 

“Uhm, K-kylie?”

 

Alzammo gli occhi in contemporanea, trovandoci davanti un Jeff imbarazzato. Era un ragazzo molto carino, con gli occhiali dalla montatura sottile, due occhi castani e i capelli biondo cenere. Kylie strabuzzò gli occhi,

 

“J-eff! Ciao!”

 

Disse con un acuto, probabilmente non si aspettava di lui. Erano così imbarazzati… ma estremamente carini

 

“L-lei è Sophie”

 

Mi presentò Kylie per spezzare il silenzio imbarazzante

 

“Si, ci siamo visti di sfuggita alla festa. Io sono Jeff, come avrai già capito”

 

Disse lui, grattandosi il collo imbarazzato e io gli annuì stringendogli la mano

 

“Bene ragazzi. Io… devo andare”
 

“Di già?”
 

Mi chiese Kylie con un acuto nella sua voce, probabilmente era spaventata di essere lasciata sola

 

“Si, ho quell’impegno… te ne avevo parlato, ricordi?”

 

Le dissi guardandola con un sopracciglio alzato e lei capì

 

“Ah già, si, l’impegno...”
 

“Ma tu Jeff puoi prendere il mio posto! Ancora c’è tempo prima delle lezioni!”

 

“Uh, immagino di si...”

 

“Bene! A presto allora! Ciao!!”

 

Dissi scattando in piedi e afferrando la mia borsa. Non appena mi allontanai mi girai a vedere come ridevano, probabilmente l’imbarazzo del primo momento era passato. Sorrisi tra me e me e uscii dalla mensa, dirigendomi verso il cortile interno; avevo ancora un po' di tempo a disposizione.

Iniziai a camminare nell’enorme cortile, ombreggiato da vari alberi: quella scuola era davvero una delle più belle e più grandi in cui fossi mai stata, oltre ad essere un palazzo imponente aveva anche questo cortile, che più che cortile era un giardino dalle dimensioni spropositate, interamente in prato inglese ad eccezione delle varie stradine in pietrisco su cui si poteva camminare. Sul prato vi erano vari ragazzi seduti sulle panche o poggiati al tronco di un albero, godendosi quell’aria così fresca e frizzantina. Continuai a camminare, non sapendo bene dove stavo andando: non mi ero mai addentrata così tanto.

Arrivai verso la fine del giardino, dove gli alberi iniziavano a farsi più fitti, non facendo passare molta luce, incutendo timore. Guardai indietro, notando come quella parte del giardino fosse desolata e più malconcia rispetto l’altra: chissà perché. Scossi le spalle, sistemando meglio la borsa sulla spalla e riniziando a camminare sulla stradina non più bianca per le pietroline ma tracciata sulla terra.

Dopo qualche altro minuto vidi qualcosa che non mi sarei mai aspettato: un edificio in vetro malmesso si ergeva, nascosto dagli alti alberi e dai rampicanti, che avvolgevano le sue grandi finestre in vetro, a volte penetrandovi e creando delle fessure e degli spacchi.

Rimasi con il naso all’insù, ammirandolo e chiedendomi perché fosse così nascosto e mal messo. Iniziai a percorrere il perimetro, fino a trovare una finestra rotta che mi permetteva l’accesso. Lanciai la borsa al di là per poi scavalcare, facendo attenzione a non tagliarmi con il vetro scheggiato: non appena vi entrai rimasi senza parole: l’edificio all’interno era composto da colonne in marmo, dove altri rampicanti vi si attorcigliavano, alti alberi sembravano contenersi a malapena, arrivando al soffitto e facendo sbattere i grossi rami sul vetro, un po' più in là un ramo di questi aveva sfondato il soffitto, trovando la libertà ricercata. Il pavimento era sporco di terra ma si potevano intravedere le mattonelle bianche e nere e al centro vi era una grossa fontana. Sembrava di essere in un posto incantato, non a due passi dalla scuola.

Stavo ancora camminando osservando intorno, quando delle voci richiamarono la mia attenzione: mi accigliai, cercandone la provenienza. Mi nascosi dietro un vaso di una palma, affacciandomi e notando un gruppo di ragazzi mai visti. Uno di questi era ricoperto di tatuaggi, con un grosso teschio disegnato sul lato del collo; aveva una sigaretta che si portava alla bocca, aspirando e sbuffando il fumo, mentre gli altri tre ragazzi stavano qualche passo indietro da lui, con le braccia incrociate. Era di una bellezza indescrivibile, ma tanto era bello quanto sembrava poco raccomandabile.

Un’altra voce richiamò la mia attenzione; mi sporsi leggermente in avanti per avere più visuale

 

“Il carico arriverà domani”

 

Il ragazzo con la sigaretta scosse la testa, gettando il mozzicone a terra e non curandosi di spegnerlo

 

“Tuo padre non ne sarà felice. L’appuntamento era per oggi”

 

L’altro ragazzo fece un passo in avanti

 

“Mio padre non lo verrà a sapere, è chiaro Zayn?”

 

Lui ghignò, alzando un angolo della bocca. Guardai meglio il ragazzo: la giacca di pelle, i capelli tirati indietro, le spalle possenti… Stefan.

Feci un passo indietro, spaventata, pestando però un pezzo di vetro che nel silenzio risuonò, facendo girare gli sguardi su di me. Mi bloccai all’istante, quando i miei occhi si scontrarono con quelli marroni di uno dei tre ragazzi

 

“Ma guarda un po' chi abbiamo qui. Che ci fai da queste parti dolcezza? Non ti hanno detto che spiare non è educato?”

 

Disse avvicinandosi, leccandosi le labbra, e squadrandomi da testa a piedi. Feci un altro passo indietro ma prima che potessi darmi alla fuga, questo mi afferrò il polso, trascinandomi via dal mio nascondiglio.

 

“Lasciami!”

 

Provai a dimenarmi, ma invano considerando che il ragazzo era il doppio di me

 

“Zayn! Guarda chi ha ben pensato di origliare”

 

Mi tirò in avanti facendomi perdere l’equilibrio e atterrare direttamente nelle braccia di quel Zayn, che afferrò le mie braccia, sorreggendomi

 

“Sophie?!”

 

Mi girai, scontrandomi con lo sguardo scioccato di Stef

 

“Bene, bene. Stefan, vuoi spiegarmi chi è questa bella signorina?”
 

Lui si mise sulla difensiva, stringendo i pugni lungo i suoi fianchi

 

“Lasciala, Zayn”

 

Disse a denti stretti. Lui ghignò, stringendo la presa sulle mie braccia e facendomi sussultare, facendo tendere la mascella a Stef

 

“Ti ho detto di lasciarla andare. Ora”

 

Riprovò, facendo un passo in avanti

 

“Devi essere importante per lui, tesoro. Solitamente è così menefreghista...”

 

Guardai Stef, cercando di dimenarmi alla presa stretta di Zayn che mi attirò contro il suo petto prendendomi il viso e sussurrandomi all’orecchio

 

“Grazie a te sapremo come tenerlo sotto controllo. Sei il suo punto debole”

 

Il suo alito sapeva di fumo e alcool, cosa che mi fece arricciare il naso. Dopo aver pronunciato queste parole, lasciò la presa, permettendomi di correre da Stef, che subito mi mise dietro di sé, facendomi da scudo

 

“Noi adesso andiamo. Avvicinati di nuovo a lei e te la vedrai con me, e sai quanto poco buono io sia, Zayn”

 

Lui ghignò, salutandoci con la mano come si farebbe con un bambino

 

“Ci vediamo presto, Sophie”

 

Sentii i muscoli della schiena di Stef tendersi, così vi poggiai una mano

 

“Andiamo, Stef. Ti prego”
 

Sembrò rilassarsi, girandosi e poggiando una mano sulla mia schiena, incitandomi a camminare. Uscimmo da quel luogo e ci avviammo verso l’edificio della scuola in silenzio. Mille domande mi frullavano in testa ma non appena provavo ad aprire bocca, Stef mi guardava in cagnesco, facendomi zittire e abbassare la testa.

Arrivammo all’ingresso che ormai la campana dell’inizio delle lezioni era suonata, facendo svuotare così i corridoi solitamente affollati. Stef continuò a camminare a passo veloce nel cortile ed io a mala pena riuscii a stargli dietro, dovendo correre a tratti per non rimanere troppo indietro. Non appena giungemmo ad un grosso albero Stef mi strattonò, facendo scontrare la mia schiena sul tronco di questo e portando le sue mani ai lati della mia testa, inchiodandomi con uno sguardo di fuoco

 

“Cosa cazzo ti è saltato in mente?”

 

Lo guardai bocheggiando, cercando le parole per non farlo infuriare ancora di più

 

“I-io non lo sapevo...”

 

Sussurrai. Lui si staccò dal tronco portandosi una mano sui capelli, con fare nervoso

 

“Cazzo”

 

Iniziò a camminare avanti indietro, continuando ad inveire e imprecare

 

“Stef io non ti stavo seguendo o altro! Stavo camminando e ho trovato il posto… tutto qui! E poi non ho sentito niente, quasi niente...”
 

Lui si fermò di colpo, procurandomi un sussulto

 

“Non mi importa se mi stavi seguendo o meno! Quello che importa è che ora lui ti ha visto!!”
 

Corrugai le sopracciglia

 

“N-non capisco”

 

Sospirò pesantemente, avvicinandosi e poggiando la sua fronte contro la mia

 

“Zayn lavora per mio padre… e ora sa che sei la mia debolezza. Dovevi restare nascosta, non voglio che ti accada nulla di male e ora invece…”
 

Si staccò di nuovo da me

 

“Te lo avevo detto che è pericoloso questo, che sono pericoloso”
 

Disse indicando prima me e lui e poi sé stesso, puntandosi il dito controllo

 

“Stef, non è successo nulla… non capisco perché stai facendo così”

 

“Invece si che è successo qualcosa! Lui non doveva sapere di te!”

 

Mi staccai dal tronco, avvicinandomi cautamente a lui e abbracciando la sua vita, portando la guancia sul suo petto e sentendo il suo cuore battere a mille e il suo respiro pesante sulla testa

 

“Non mi succederà niente… te lo prometto. Ti prego non mi respingere, lo abbiamo già superato questo”

 

Sussurrai. Lui sospirò, avvolgendo le braccia intorno a me e tirandomi più stretta a lui

 

“Mi dispiace di essere così incasinato”
 

Sussurrò tra i miei capelli, lasciandoci un bacio

 

“Lo so… e a me dispiace di averti fatto arrabbiare sta mattina in macchina… pensavo che volessi tenere la cosa nascosta”

 

Lui sospirò, aumentando la stretta

 

“Volevo. Però quando sei stata tu a proporlo mi sono sentito… non voluto. Come se tu ti imbarazzassi di noi”
 

Io alzai lo sguardo, poggiando il mento sul suo petto, e lui abbassò lo sguardo, facendo incontrare i nostri occhi

 

“Non potresti mai imbarazzarmi… io ti voglio Stef, vorrei urlarlo a tutta la scuola ma… dopo tutti i discorsi che mi hai fatto”
 

“Si lo so… pensavo fosse meglio tenerlo per noi. Ma oggi ci sono rimasto troppo male, non penso di riuscire ad evitarti e a non fare questo ogni volta che ti vedo”
 

Sussurrò per poi lasciarmi un bacio casto sulle labbra

 

“No, non credo neanch’io”

 

Sorrisi, alzandomi sulla punta dei piedi e facendo scontrare nuovamente le nostre labbra, sta volta approfondendo il bacio

 

“Quindi non lo teniamo più nascosto?”

 

Chiesi sulle sue labbra e lui scosse la testa

 

“Chi non doveva saperlo lo ha scoperto ugualmente… quindi perché no. Non voglio starti troppo lontano e poi… non posso permettere mica a quella testa di cazzo di Ben di continuare a provarci”
 

Sorrisi, scuotendo la testa e ridendo alla sua gelosia. Lui sorrise, per poi ritornare serio

 

“Lo so che hai mille domande in testa, lo so che stai cercando di capire in cosa sono coinvolto, ma ti chiedo di pazientare ancora un po'. Risponderò a tutto, prima o poi”

 

Sorrisi debolmente

 

“Va bene”
 

Mi baciò un’ultima volta dolcemente

 

“Per quanto mi piacerebbe restare ancora qui, dobbiamo andare. Non possiamo saltare un’altra ora”

 

Annuii ridendo e iniziando ad incamminarci verso le nostre rispettive aule.

Dopo altre due ore strazianti ed estremamente lunghe, le lezioni finirono, ma non la nostra giornata. Iniziai a camminare per l’edificio, cercando la biblioteca dove avremmo dovuto spendere ancora qualche ora del nostro tempo. Finalmente, dopo aver girovagato per circa dieci minuti, giunsi ad una porta imponente in legno scuro, con una targhetta affissa che recitava “Biblioteca” a caratteri dorati, accompagnata da “Luogo sacro alla cultura, vietato disturbare”. Abbassai la maniglia lentamente e la porta cigolò pesantemente; sbirciai all’interno, notando un lungo corridoio dove vari scaffali pieni di libri polverosi si ergevano, scandendo i vari reparti dei vari generi. Entrai ammirandomi intorno: era diventato uno dei miei luoghi preferiti della scuola, mi avevano sempre affascinato le biblioteche piene di libri di ogni genere e periodo, con libri polverosi e malmessi ed edizioni nuove, ognuno di questi aveva una storia dietro, ognuno di questi era passato dalle mani di chissà quanti studenti.

Continuai a camminare, ammirando gli alti scaffali, fino a che non raggiunsi una sala con dei lunghi tavoli posti al centro e una grossa scrivania poggiata su una pedana rialzata, dietro di essa vi era un uomo chino su un malloppo polveroso. Gli occhiali gli cadevano in continuazione sulla punta del naso arcuato, facendogli alzare le dita callose per il troppo lavoro e aggiustarli nuovamente, le sopracciglia quasi bianche erano aggrottate in un’espressione concentrata, i pochi capelli grigi sistemati con il gel: il classico bibliotecario.

Mi avvicinai, leggendo la targhetta sulla scrivania “Sg. Jeremy Button” e mi schiarii la voce, attirando la sua attenzione. Lui alzò lo sguardo, perforandomi con i suoi occhi verdi e inchiodandomi sul posto

 

“Signorina Fiore...”

 

Parlò con una voce rauca e lentamente

 

“La Preside ha detto di rivolgersi a lei, Sg Button”

 

Lui annuì, toccandosi il mento

 

“E dov’è il Signor Huston?”

 

“I-io non...”
 

“Sono qui, Jeremy”

 

Tirai un sospiro di sollievo, sentendo la sua voce

 

“In ritardo come al solito. Come hai trovato Guerra e Pace?”

 

Stef frugò nello zaino, estraendo un libro polveroso e porgendoglielo

 

“Interessante, Tolstoj riesce a dipingere perfettamente il profilo dei suoi personaggi”

 

Jeremy annuì con un mezzo sorrisino

 

“Bene. Il prossimo sono convinto ti interesserà ancora di più, è della letteratura italiana. È un romanzo psicologico di Italo Svevo, La coscienza di Zeno, credo possa piacerti”

 

Il bibliotecario frugò nei cassetti, estraendo un altro libro che porse a Stef, il quale lo ripose subito con attenzione nello zaino, ringraziandolo

 

“Ora veniamo a noi. Come ben sai a fine lezioni gli studenti non riescono a posizionare i libri nelle loro postazioni originali, lasciandoli abbandonati sui tavoli. Voglio che li sistemiate, ognuno al proprio posto. Qui ci sono le schede di tutti i libri presi oggi con le loro postazioni, ognuno di essi dovrà essere riposto nel suo scaffale. Appena finite sarete liberi di andare. Buon divertimento”

 

Ci porse le schede, che erano una decina di pagine stampate in avanti e indietro, con più di venti libri per pagina. Sarebbe stato un lavoro estremamente lungo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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