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Autore: idrilcelebrindal    06/03/2020    1 recensioni
La Battaglia dei Cinque Eserciti è terminata, ed è stata una strage; ed anche se nessuno dei Durin ha trovato la morte sul campo, i Nani sono privi di guida. Thorin, menomato dalle ferite, in preda a spaventosi rimorsi e sensi di colpa, straziato dall'ansia per la sorte dei suoi ragazzi, medita di rinunciare al Trono per cui ha tanto combattuto.
Kili, privato di suo fratello disperso in battaglia, profondamente deluso dallo zio, si aggrappa disperatamente alla vita; in questa lotta, ha come solo conforto la presenza della sua dolce Liatris, e la convinzione che Fili non è morto, e prima o poi tornerà.
E intanto, molto più ad ovest, gli Orchi in fuga trascinano con loro alcuni prigionieri: uno, con un'astuta messinscena, prepara una rocambolesca fuga, senza sapere quali ostacoli incontrerà e se l'impresa non gli costerà la vita; un altro, alla disperata ricerca del suo passato, scoprirà che l'amicizia può fiorire anche in luoghi e momenti del tutto inaspettati. Non sa che questa amicizia lo trascinerà su una via oscura e piena di pericoli, ma anche di sorprese, ed alla fine potrebbe anche ritrovare se stesso ed il suo destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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65 In cui qualcuno potrebbe fare due più due...
65 In cui qualcuno potrebbe fare due più due…

Gwennis si stiracchiò, godendosi il contatto delle pellicce con la pelle nuda, ed il calore del bozzolo in cui si trovava. Si rese conto di essere un po’ indolenzita… piacevolmente indolenzita.
Aveva già capito  di essere sola sotto le coperte. Aprì un occhio, soffiando via i riccioli arruffati che le ricadevano sulla fronte, e si guardò intorno.
La luce filtrava dall’apertura della cascata, confermando che era ormai giorno fatto. Vide che mancavano gli stivali e gli abiti del suo Nano, ma giubba e cappa erano lì; il fuoco era stato ravvivato e scoppiettava allegramente, ma non vi era più legna: facile immaginare dove lui fosse andato.
Rotolò tra le coperte fino al posto che  il Nano aveva occupato, e che conservava ancora il suo calore. Affondò il viso nelle pellicce ed aspirò il profumo che era intensamente suo, un misto di cuoio, di acciaio e di giovane maschio.

E odore di sesso.
Incredibile. Una volta non vedevo l’ora di poter spalancare le finestre e di cambiare le lenzuola, per eliminare ogni minimo sentore di quell’odore che odiavo, e che mi ricordava solo dolore ed umiliazione. Adesso, invece…
Tornò con il pensiero  quanto accaduto la note precedente, ed un brivido di eccitazione le percorse la spina dorsale. Alla luce del giorno tutto sembrava così diverso… si sentì avvampare al ricordo di quello che era successo, di quello che lui le aveva fatto, che lei stessa  aveva fatto e consentito di fare!
Ebbene, era una Nana adulta. Non doveva rendere conto  a nessuno di quanto faceva o di chi accoglieva nel suo letto.
Aveva ancora davanti agli occhi la vista di lui,  vestito solo di quel suo sorriso malizioso, in tutta la sua gloria di muscoli scolpiti e riccioli biondi che ricadevano sulle spalle. La luce del fuoco traeva bagliori dalla peluria sparsa sul petto e sull’addome, facendolo apparire completamente d’oro.
Si sentiva  le orecchie in fiamme.

Per un po’ si crogiolò nella sensazione di benessere che provava, mentre i suoi pensieri tornavano alla notte precedente, alla dolcezza ed alla passione del suo compagno di letto, comprendendo finalmente tutte quelle allusioni e le risatine delle altre Nane durante le Feste della Sposa, o quando le donne indulgevano a pettegolezzi. Si sentiva bene.

Dopo un po’, vedendo che lui non tornava, iniziò a pensare che qualcosa fosse andato storto. Si assicurò di nuovo che  i suoi effetti personali e la sua attrezzatura fosse ancora lì; ed infatti…
Non può essersene andato senza le sue armi. Ci dorme, anche!  Ridacchiò pensando a qualche momento di imbarazzo, la sera prima, mentre emergevano coltelli da ogni indumento che si toglieva di dosso… o che  lei  gli toglieva di dosso.
Il colore dorato della luce lasciava capire chiaramente che era piuttosto tardi. Gwennis, ormai nervosa, si vestì  rapidamente; con cautela impegnò il passaggio, rimanendo nascosta mentre adocchiava la zona davanti alla cascata.

E lui era lì. Un sollievo immenso la invase; stava bene, e non si era perso. Però…
Il Nano sedeva sulla riva della pozza, le gambe ciondoloni quasi fino a toccare l’acqua; si reggeva le testa con le mani appoggiate alle ginocchia, e nel complesso era l’immagine dello sconforto.
Cosa gli è successo?
In quel momento il Nano alzò leggermente la testa ed appoggiò le mani sulle ginocchia. Anche da quella distanza si vedeva che le dita stringevano convulsamente.
Gwennis ristette, come raggelata. Le si mozzò il respiro, mentre un brivido gelido gli scorreva su per la spina dorsale, facendola tremare. Tutti  i suoi campanelli d’allarme suonarono contemporaneamente, perché, se la posizione delle spalle parlava di sconforto, quelle mani dicevano un’altra  cosa, dicevano rabbia, e un maschio arrabbiato significa sempre guai, perché se la prenderà con te, solo perché sei lì, anche se non hai fatto proprio nulla…
Si accorse che stava andando in iperventilazione, il cuore che batteva a mille e la paura, quella paura stava per sopraffarla, e…
Cosa sto facendo?!
Gwennis fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Quello là davanti non è “lui”, è il mio Nano,  quello con cui ho viaggiato per settimane e che non è mai stato altro che gentile con me, anche quando facevo delle sciocchezze indescrivibili, anche quando mi comportavo da perfetta idiota, e invece di risentirsi lui alzava gli occhi al cielo e faceva la sua battutina, con quel sorrisetto ironico e malizioso così adorabile…
Devo fidarmi di lui.
Così squadrò le spalle e si incamminò lungo il sentiero.

Cosa mi è successo? Pensava nel frattempo il Nano. Come ho potuto comportarmi così? Cosa stavo pensando? Dov’è finito il mio onore?
Quella mattina si era svegliato nella più assoluta beatitudine, come non credeva fosse possibile. Poi aveva socchiuso gli occhi, e la luce del sole che filtrava dalla cascata gli aveva detto che il sole era sorto da un pezzo.
E la realtà gli era piombata  addosso con la violenza di un carro pieno di mattoni lanciato a gran velocità giù da un pendio; e vedere Gwennis addormentata al suo  fianco, con i riccioli rossi folleggianti ed un sorriso sulle labbra, come non le aveva mai visto, era stato il colpo di grazia.
Incapace di rimanere fermo un solo istante, si alzò e si vestì, riattizzò il fuoco ed uscì in cerca di una boccata d’aria per schiarirsi le idee.
Era assolutamente disgustato di se stesso, e si sarebbe preso a calci da solo; e presto il disgusto divenne rabbia.  Mentre era intento ad autoflagellarsi, il suo istinto di guerriero gli disse che qualcuno si stava avvicinando; ma ci vollero solo pochi istanti per capire, pur senza guardarsi intorno, che non era un nemico.

Gwennis sedette sulla riva della pozza accanto al Nano, le mani sulle ginocchia.
“Ciao.”
In Nano alzò  appena la testa e la sbirciò di sottecchi, distogliendo però subito  lo sguardo.
“Non dovresti rivolgermi la parola.” Il tono era sommesso, sotto il livello della disperazione, ma la voce era venata di rabbia repressa.  Gwennis  lo guardò a sua volta, con cautela.
“Ah, sì?” rispose. “E perché?”
Le parole successive furono soffocate tra le mani.
“Perché non me lo merito.” E continuò in tono monocorde:
“Sono un bastardo. Non ho alcun onore. Non sono meglio di tuo marito. Mi sono approfittato di te per il mio piacere.  Ho creato aspettative che non posso soddisfare, perché per noi non vi è alcun futuro  e lo sapevo. Ma ho ignorato tutto per seguire i miei soli desideri. Sono un animale..”
Gwennis lo lasciò continuare su quel tono per alcuni minuti, perché sembrava aver bisogno di buttar fuori tutta la miseria in cui si trovava immerso per sua sola iniziativa, poi perse la pazienza, e lo interruppe nel bel mezzo dell’ennesimo “sono uno stronzo”.
“Ehi, Mastro Nano, lo sai che stai dicendo un mucchio di sciocchezze?” Il tono era di quelli sbrigativi, ed ebbe l’effetto di un secchio di acqua gelata in piena faccia: il Nano alzò la testa e spalancò gli occhi.
“Ma…”
“Niente ma.” La voce di Gwennis si alzò di un’ottava. “Non credo di aver mai sentito un tale cumulo di idiozie  dopo quel venditore di argenteria che sosteneva che il metallo era naturalmente verde.”
La vena di rabbia era ormai evidente, ed il Nano ebbe il buon senso di non replicare.
“Vediamo, da che parte comincio? Primo, non paragonarti mai più a mio marito. Tra voi c’è la stessa differenza che esiste tra un brillante ed un mucchio di letame.”
Il Nano deglutì ed aprì la bocca per obiettare, ma lei lo fulminò con un’occhiata.
“Secondo, non ho idea di quali  aspettative vai blaterando. Non ho nemmeno avuto il tempo di pensare che vi possa essere, un futuro, quindi tranquillo: non hai deluso  niente. Terzo: non ti sei approfittato di nessuno! Non sono una bambina. Ho fatto quello che volevo ed ho dato quello che volevo, e sapevo  perfettamente cosa stavo facendo, quindi smettila di insultare la mia intelligenza. A questo proposito, ti dirò che ho avuto molto più di quanto io abbia dato, e passo a spiegare perché al  momento mi sembri piuttosto ottuso.”
Gwennis riprese fiato. Era davvero arrabbiata, ed il Nano  parve rendersene conto, perché si limitò a guardarla ed a subire la ramanzina in silenzio. La Nana riprese a bassa voce:
“Prima dimmi una cosa sola: quello che è successo tra noi, ieri notte, è stato importante, per te? O è stata solo una bella esperienza divertente?”
“Mahal, Gwennis!” la voce del Nano era altrettanto sommessa. “Certo chè è stato importante! Tu  sei importante! E’ proprio per  questo che …”
Lei alzò una mano per interromperlo.
“Va bene.” Trasse un sospiro profondo e continuò. “ Tu non ti rendi conto di cosa abbia significato per me quello che è accaduto la notte scorsa. Ho passato gli ultimi anni a credermi una nullità. Anche dopo che lui se n’è andato, sono rimasta come chiusa dentro una boccia di vetro, da cui vedi tutto ma sei distaccata. Non ho mai permesso che  nessuno si avvicinasse a me, perché non volevo   sentirmi dire che ero una delusione, non volevo sperare che ci fosse qualcosa per me per poi scoprire che, per causa mia, niente poteva funzionare.”
“Ma la notte scorsa ho scoperto che non era così. Che potevo anch’io permettermi di avvicinare qualcuno, che avrei potuto essere all’altezza e non deludere nessuno… che qualcuno può essere interessato a me e per le giuste ragioni, che  anch’io ho qualcosa da dare e da sperare. Stamattina mi sono svegliata come una Nana nuova, quindi anche se per te fosse stata solo una bella notte,  anche se non ci sarà più niente per noi… non posso far finta che non mi dispiaccia, ma in ogni caso io sarò comunque in debito  con te. Sono riuscita a spiegarmi?”
Il Nano aveva ascoltato in silenzio, commosso. Quando lei tacque, le prese le mani tra le sue e la guardò negli occhi, addolorato.
“Sei meravigliosa,” sussurrò “ed è per questo che mi dispiace tanto che non ci possa essere un futuro per noi… perché sei la cosa più bella che mi sia mai capitata in tutta la mia vita.”
 “L’ho detto prima e lo confermo: per me è già tantissimo quello che mi hai dato la scorsa notte, Mastro Nano. Però … però visto quello che mi stai dicendo, qualcosa direi che me la devi: una spiegazione. Perché dici che non puoi darmi un futuro?”
“Non posso darti un futuro perché non ho un passato.”

Gwennis fissava sbalordita il Nano biondo, che era rimasto in silenzio dopo aver vuotato, finalmente, il sacco.
“Di tutte le cose che avevo pensato, questa… questa proprio no.”
Il Nano annuì, con aria sconsolata.
“Non mi hai mai detto il tuo nome,  quindi mi sono scervellata per indovinarne il motivo… ma non ricordi proprio niente, facce, nomi, luoghi? Sai fare un sacco di cose! “
“Non so nemmeno io come funziona. So combattere, seguire le tracce, andare a caccia… ma non ricordo un solo nome. Facce sì, molte; nei sogni, o quando ho avuto la febbre, o anche in altri momenti, mi tornano in mente piccoli episodi, come barlumi di una storia; vedo persone che so che sono importanti per me..” al Nano tremò la voce  “.. ricordo colline  e boschi, ma che sia dannato se so dare un nome a qualcuno di loro!”
Gwennis stava pensando.
“Ma se tornassi tra i Nani, qualcuno magari ti riconoscerebbe… mi hai detto che hai combattuto nella grande battaglia, quella te la ricordi?”
Il Nano riflettè.
“Qualcosa… ricordo  di combattere…

Non erano solo i suoi occhi: tutti i suoi sensi erano assediati da quella miriade di sensazioni violente.  Certo, quello che vedeva era sconvolgente, ed in qualche modo del tutto irreale: il sangue scorreva a fiumi, gocciolava dalle lame, si raccoglieva in pozze sotto i corpi, scorreva in rivoli, tanto che la terra non riusciva ad assorbirlo. Ad ogni colpo della sua spada, sangue nero ed altre cose, che preferiva non osservare da vicino, schizzavano, e si mescolavano al fango. Tutti quelli che vedeva, amici e nemici, gli sembravano coperti di sangue, di fluidi non identificati, e dell’onnipresente fanghiglia fatta di  terra, pioggia e nevischio; si ritrovò ad osservare come il sangue schizzasse a volte  in spruzzi, altre volte in gocce, o addirittura come una nebbiolina rossastra, o nera. Notò il rumore che faceva quando raggiungeva una corazza, o un’altra parte di armatura. Ecco, i rumori: le urla dei feriti, i gemiti dei morenti,  i ruggiti, i grugniti di fatica e di rabbia… il tonfo sordo della freccia che affondava nella carne, o il sibilo della lama che calava… il clangore delle armi che si scontravano con forza, degli scudi infranti… una cacofonia che assediava le sue orecchie e gli penetrava nel cervello. Era passato il momento dei canti di guerra, ora c’era solo spazio per la lotta, fino all’ultimo.
E gli odori. Il sudore. Il sangue, che gli lasciava in bocca il sapore del metallo.  Quell’insieme di tanti effluvi che non si poteva definire altro che odore di morte.
Il suo corpo combatteva, senza fermarsi, un affondo, una parata, rotola e rialzati, muovi i piedi, dietro di te! Attenzione! L’adrenalina correva dentro di lui, e gli impediva di sentire la stanchezza, il dolore e la sete terribile: niente poteva fermarlo. La sua mente… era come se non riuscisse a credere alle sensazioni che riceveva. Come se tutto  questo non stesse accadendo a lui, ma vi assistesse, in qualche modo, che non riusciva a comprendere. Tutto era alieno. Tranne un particolare.
I nemici cadevano di fronte a lui, ma il suo sguardo guizzava sui suoi compagni,  persone che gli erano care, e il suo cuore sussultava ogni volta che li vedeva parare un colpo: terrore e sollievo, attento! Scampato pericolo!
Da quanto tempo combatteva? E quanto ancora?
E poi accadde.
In mezzo a tutto quel frastuono, sentì distintamente il tonfo del metallo che affonda nella carne. Un grido soffocato, un lamento, una voce nota. Girò appena il capo e lo vide.
Un secondo lungo quanto l’eternità. La spada  che scivolava dalle dita improvvisamente prive di forza. Sangue, sangue ovunque. Gli occhi improvvisamente enormi, spalancati sotto la visiera dell’elmo… vide in quegli occhi che conosceva meglio dei suoi lo stupore, poi il dolore, atroce, devastante…
Ed infine la luce che svaniva, come la vita che fluiva via dal corpo snello che si afflosciava al suolo…

“Va tutto bene, mastro Nano?”
Lui si riscosse.
”Sì… ho ricordato un brutto momento, ma forse era solo un incubo indotto dalla febbre. Però Lirien mi ha detto che siamo stati tutti presi prigionieri verso la fine della battaglia, quindi sì, c’ero.”
“La mia Signora mi aveva detto che l’unico esercito di Nani che ha combattuto era quello dei Colli Ferrosi, perché gli altri sono  arrivati dopo, quindi basterà andare nei Colli Ferrosi e chiedere a Lord Dàin: di sicuro riconoscerà uno dei suoi soldati, e se non lo farà lui… avrai avuto dei commilitoni, no?”
Il Nano taceva. Poi disse piano:
“Forse. Ma questo non cambia il fatto che non so nulla di me. Potrei essere un assassino condannato, o un farabutto… o la feccia della società, un Nano di infimo livello, senza arte né parte… del tutto indegno di te!”
Gwennis sbuffò.
“Ma quante sciocchezze. Ti ho osservato, sai, più di quanto tu non pensi; e le mie conclusioni sono molto diverse.” Ed espose al Nano tutte le considerazioni che aveva fatto sul  suo abbigliamento, sul  suo atteggiamento e soprattutto sul suo linguaggio.

Il Nano fissò divertito la sua compagna.
“E tutto questo solo ascoltando come parlo?”
“Puoi anche scherzarci, ma è la verità. Dimmi che sbaglio.”
Il Nano ricordò anche quello che aveva detto, tanto tempo prima, Thorbag.
“Il capo tribù degli orchi di Gundabad mi disse  qualcosa.  Sono quasi convinto che  alla fine lui abbia davvero scoperto chi sono…  disse, più o meno…Un guerriero addestrato.  Troppo giovane per essere un veterano che ha imparato in mille battaglie; sei  un Nano di nobile stirpe che ha avuto maestri d’armi fin da bambino.”
“Direi che si accorda bene con quello che pensavo io, no?”

“In ogni caso”, concluse Gwennis, “non mi sembra ci siano problemi insuperabili. Andremo da Lord Dàin. Se salta fuori, come io penso, che hai una famiglia ed un posto decente nella società dei Colli Ferrrosi, bene; altrimenti verrai ad Erebor con me. Parleremo con la mia Signora e vedrai che ti troveremo qualcosa da fare;  come minimo, la Guardia avrà bisogno di guerrieri addestrati come te. E per quanto riguarda noi, mi sembra un po’ presto per parlarne, ma vedremo.”
Il Nano era ancora titubante.
“Possibile che sia così facile?”
La ragazza lo fissò.
“Mi sembra che sia tu che vuoi fare il difficile. Usa la logica.”
Gwennis si alzò e si incamminò verso la caverna, ma visto che lui non la seguiva, si fermò.
“Allora? Se non ti muovi a trovare quel maledetto Elfo, non potremo mai andarcene da questa foresta dimenticata da Mahal, e non andremo né ai Colli Ferrosi né da nessuna parte.”
“Aspetta!”
Il Nano si alzò e la rincorse.
“E… se fossi sposato?”
“Allora, Mastro Nano, dovrai prendere qualche decisione.”
Con quelle parole gli voltò le spalle ed entrò nella grotta.
Il Nano ristette, ancora un po’ frastornato.
Battuto dalla logica. Non ci posso credere.



Angolo dell’Autrice
Yeee! Meglio tardi che mai, no?

Angolo del Grazie
Laurerindorean, Inuiascia, Vajra, Gli_estel94, GothicGaia… spero di non aver dimenticato nessuno…
Tutti i lettori … ci siete ancora, là fuori?
Ed infine, dulcis in fundo, la mia vecchia amica Yavannah, sempre acuta e sensibile come poche. Grazie.
Bacio
Idril

   






  
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