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Autore: _Nausica    07/03/2020    1 recensioni
Rose Weasley.
Caos e confusione
È il panorama di sempre tra il groviglio indefinito di cugini che la intrecciano in una trama già scritta, e il sigillo di due genitori già brillanti. Un nome incandescente che rischia di plasmarla nel magma dell’anonimia.
Caos e confusione.
È la paura di lasciarsi sommergere dal disordine che le appartiene.
Sembrerà più facile essere trasportata in un mondo dove realtà e inganno si confondono, e quel confine tra fragilità e orgoglio sarà messo a dura prova dal ragazzo, odiato e amato, che irromperà nella sua vita. Costretta ad affrontare quel gioco semplice e affascinante dell’essere in due, farà emergere dal caos il suo significato, il suo reale contenuto.
Finché anche Scorpius Malfoy prenderà forma dentro sé
Dal testo
Il getto di acqua calda la tranquillizzò. Poi le ricordò il calore dei vapori di quella sera impregnare la camicia di Scorpius e spingerla contro il suo petto sicuro; i capelli biondi ricadere sul volto imbronciato; gocce d’acqua accarezzare i suoi lineamenti, seguire il profilo del naso, lambire le labbra sottili.
Avvertì pressione sulle cosce, lì dove lui l’aveva afferrata per lasciarsi imprigionare dalle sue gambe. Per avere la possibilità di toccarla.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere:
e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.



 

CAPITOLO XI

 

Desbundar

 



Era in trappola: un pugno deciso contro l’aria pungente fu l’atroce conferma ai propri timori. Le nocche non la scalfirono, ma ricevettero la severa e dolorosa risposta di una barriera limpida, quasi trasparente, dura come roccia. Come poteva l’aria essere rigida più del marmo? E fredda come il ghiaccio?
Fu così che una lastra di minuti cristalli sostituì quell’aria eburnea che le era parsa così irrealmente mossa da un vento artico, e pareti di ghiaccio la ghermirono da ogni lato. Una bara gelida come la morte, fu il primo pensiero di Rose. Il fiato le si bloccò in gola.
Colpì ancora una volta, un’altra, più volte finché non realizzò che il bruciore delle nocche si era tramutato in sangue caldo, che ora le scorreva tra le dita. Ancora non gridava.
Non era distesa sul dorso, gli arti non erano intorpiditi, la mente non era assuefatta. Non poteva ancora riconoscere l’autorità della morte. Il freddo era ovunque con quel suo fare predace che non lasciava scampo: lo sentiva sulle labbra, mentre lambiva la lingua, le infuocava la gola e opprimeva le vie respiratorie. La soffocava quando ancora cercava di trovare un via di fuga da quella prigione di morte, prima ancora che la logica lasciasse il posto alla paura.
E poi accadde in quel frangente in cui aveva abbassato lo sguardo sui piedi che sbattevano impazziti: due occhi gialli la fissavano da sotto la lastra di vetro che sosteneva il suo peso, insinuandosi tra le sue gambe. Urlò, ma invece di liberare aria e fiato, inghiottiva sempre più acqua. Si sentì nuda, inerme, afferrata da quello sguardo. Passò le mani tra le cosce, unendo i due lembi della gonna in una ferrea giuntura che coprisse la propria intimità, mentre quegli occhi venefici la violavano con prepotenza.
Un colpo secco alla testa la fece sussultare e aprì d’improvviso gli occhi. Sollevò con uno scatto la testa dal banco e una ruvida sfera di pergamena stropicciata le scivolò lungo la chioma.
Alle proprie spalle incontrò subito il volto di Johanna, distesa sulla sedia, con le braccia incrociate, che le rivolgeva quella solita smorfia inespressiva; poi inarcò le sopracciglia e mimò un semplice ‘buongiorno’.
Qualcuno tamburellò su quel braccio che fino a pochi attimi prima aveva sorretto la propria testa in un inquieto sonno. Una preoccupata Tess Rivers sussultò e prese a straparlare. «Rose, non mi sembrava il caso di svegliarti –eri davvero molto stanca questa mattina- poi però hai iniziato ad agitarti in modo strano e Johanna mi ha intimato di darti uno spintone.» disse abbassando il tono di voce e lanciando uno sguardo turbato alle proprie spalle. «Le ho detto che è risaputamente negativo disturbare chi dorme, ma credo che non mi abbia nemmeno ascoltato» concluse, guardando la palla di carta sul pavimento con enorme disappunto.
   Rose si passò una mano stanca sulla fronte. «Quello vale per i sonnambuli, Tess».
Tess Rivers non aveva una spiccata predisposizione per l’empatia. Ignorata l’intenzione di Rose di metterla a tacere, si addentrò in un perpetrante discorso sulle conseguenze venefiche di un sonno agitato. Tess Rivers adorava Divinazione, al contrario di Rose, che ricercava costantemente una valida ragione per portare la Cooman agli esami di fine anno.

Il disappunto di Hermione Granger, ovviamente.
Eppure in quella consunta tazzina di tè proprio non riusciva a vedere presagi della propria morte.
Si voltò, poggiandosi con le braccia sullo schienale della panca. Il sorriso che distese sulle proprie labbra era rasserenante ed era rivolto a Johanna. Questa non rispose e Rose andò bene lo stesso.
Non erano migliorate le cose tra di loro nei giorni successivi alla festa, non avevano ripreso a sedere vicine durante le lezioni, né a consumare in compagnia i momenti di libertà, ma Rose avvertiva costantemente la presenza della ragazza, con una discrezione che non sapeva potesse appartenerle. Sembrava che una frattura fosse stata risanata quella fredda notte, ancora confusa, mentre Rose cercando di assodare l’autenticità di quanto era stato stravolto.
Era davvero accaduto qualcosa quella notte?
Evidentemente sì, se Johanna Jordan, fulgida nella propria consona strafottenza, appariva impalpabile alle sue spalle, armata di un foglio di pergamena accartocciato, per risvegliarla da un sonno inquieto. E così, Rose, risvegliandosi e trovandosela dietro, sapeva di essere un po’ meno inquieta.
Qualcuno tamburellò sul proprio braccio, costringendola a voltarsi. Tess Rivers la guardava con occhi sgranati e curiosi, gli stessi che riservava alle parole della professoressa. Eppure, in quel momento, sembrava che qualcosa meritasse più attenzione delle previsioni di morte profetizzate dalla Cooman.
   «Scorpius Malfoy continua a fissarti» squittì lei con un gemito di approvazione.
Considerando l’alto livello di eccitazione che gli occhi guizzanti di Tess sprigionavano, Rose si sentì in dovere di verificare personalmente l’accaduto e di poter trarre le proprie conclusioni. Perciò non perse tempo e fece vagare gli occhi lungo tutta la stanza circolare di Divinazione, finché non individuò un’alta testa bionda e un viso squisitamente assorto che sembrava divorarla.
La ricerca della ragazza fu talmente immediata e irruenta che Malfoy scosse appena il capo con sgomento, in quello che doveva essere un sussulto di irritazione. Non si scompose più di quanto la sua etera indifferenza permettesse, ma solo storse il naso in una caustica espressione, come se l’impenitente invadenza della ragazza non fosse di proprio gusto.
Rose sbuffò: in fin dei conti era lui che la stava fissando da tempo quasi preoccupante, a giudicare dalla perversa eccitazione di Tess Rivers. Rose si imbronciò, ma non smise di osservarlo, mentre sedeva tra Albus e Kate Hastings, all’estremità sinistra dell’anfiteatro circondante la Cooman. Allo stesso modo Scorpius Malfoy, per quanto infastidito, continuava a gettarle addosso occhiate insistenti. Rilassò la schiena contro la panca alle proprie spalle, incrociò le braccia al petto e le rivolse un mezzo sorriso.
   «Oh, è così eccitante!» sospirò Tess con un tono di voce incredibilmente stridulo.
Rose sorrise per la spontaneità della ragazza, mentre il volto di Malfoy imperava nelle proprie iridi. Lo osservò corrucciare le sopracciglia confuso, non riuscendo ad interpretare quel suo sorriso, e questo la fece ridere ancor di più. «Di che parli Tess?».
   «Del fatto che vi state mangiando con gli occhi».
Rose interruppe quel contatto visivo all’istante. «Ti stai sbagliando» farfugliò in una risata.
Tess Rivers la guardò con autentica comprensione e le poggiò una mano sul braccio «Vi hanno visti tutti rientrare insieme nel Castello la notte della festa di Halloween» disse, abbassando il tono della voce in un sussurro confidenziale. «A proposito, posso farti una domanda?».
Rose si trattenne dal replicare con tono ovvio che non ci fosse alcuna ragione di manifestare entusiasmo: lei e Malfoy non erano stati soli nemmeno per un momento, a meno che il cugino non avesse deciso, a sua insaputa, di indossare il Mantello dell’Invisibilità per tutta la sera.
  «Quando è successo?». Tess evidentemente ritenne di non necessitare di una conferma da parte dell’interlocutrice.
Ma quando è successo cosa?
Lo stesso sguardo sognante della ragazza Rose incontrò nell’altra loro compagna di casa, Rachel Whein, i cui occhi impiccioni facevano capolino dietro la testa di Tess. A quel punto pensò seriamente di chiedere ad Albus quale incantesimo avesse sperimentato per far dimenticare a tutta la scuola della sua presenza. O, semplicemente, come ripeteva spesso Lily, la gente prestava attenzione solo a ciò che desiderava guardare.
Tess Rivers tamburellò nuovamente sul suo braccio, rischiando questa volta di ricevere una fattura Orcovolante in pieno viso. Rose era esasperata. «Tess, cosa?» protestò. «Non è successo assolutamente nulla tra me e Malfoy» ringhiò a voce alta.  
La ragazza si schiarì la voce con titubanza. «In realtà, Rose, c’è Albus che sta cercando di attirare la tua attenzione».
Tess Rivers aveva ragione anche questa volta. Tra le tante teste di studenti primeggiava un braccio teso che si agitava mollemente, in un continuo, lamentoso ondeggiare; gli occhi di Albus Potter erano pigri e puntati su di lei, e si illuminarono quando lei si decise a notarlo. Il cugino infine si limitò a strizzarle l’occhio.
Rose sbuffò interrogativa ed esasperata. Accanto ad Albus la figura immobile di Malfoy, appoggiata allo schienale della panca con le braccia incrociate, si scompose, afferrò un foglio di pergamena accuratamente modellato e con un colpo di bacchetta lasciò che questo volasse fino ad arrivare a lei.
La pergamena sorvolò diverse teste, evitò tante mani che cercarono di ghermirla inutilmente.
Rose afferrò quel piccolo e delicato volatile e si affrettò a celarlo alla vista curiosa degli altri. Quando guardò con attenzione la pergamena, si accorse che la forma che Malfoy aveva scelto era quella di una rosa. D’improvviso sentì il collo infiammarsi e le gote colorarsi; con le dita accarezzò quei petali, sentendoli ancora più suoi. Con un rapido gesto sciolse quell’intreccio e dispiegò il foglio, fino ad incontrare l’elegante e inconfondibile grafia di Scorpius Malfoy che diceva ‘Non fuggire dopo la lezione’.
Sollevò dal foglio un paio di occhi stravolti e incontrò quelli emozionati di Tess Rivers, una mano accorsa a coprire la bocca sorpresa.
 
Rose detestava trattenersi dopo Divinazione.
Finse di attardarsi nel sistemare la borsa, mentre con la coda dell’occhio spiava Candice Morgan avvolgere con le sue esili braccia il collo rigido di Vincent Nott e lasciarsi avvolgere dalle sue fredde mani. Rose stessa avvertì un brivido raggelante lungo la schiena e si chiese come, dopo tutto quel tempo, il ragazzo non avesse ancora ridotto la sua amica ad un’unica lastra di ghiaccio.
Con il cuore ci è riuscito, però.
Il resto del gruppo Serpeverde raggiunse la coppia e Rose decise di avanzare verso l’uscita, quando qualcuno le si affiancò.
  «Perché urli il mio nome nel bel mezzo della lezione?» soffiò in un velo di compostezza.
  «Scusami?».
  «Hai urlato il mio nome nel bel mezzo della lezione».
Rose avvertì le guance prendere fuoco e alzò il mento stizzita, evitando accuratamente di guardarlo. «Non ho affatto urlato il tuo nome».
  Malfoy la interruppe «Direi di sì, se sono riuscito a sentirti dall’altro lato dell’aula».
Rose si bloccò di colpo e il ragazzo per poco non le finì addosso, ma, come sempre, frenò prontamente i suoi passi, nel momento perfetto per poterla solamente sfiorare. Dall’alto la guardava divertito.
  «D’accordo, forse ho alzato un tantino la voce» disse, puntando un dito verso di lui e avanzando di un passo. «E forse qualche parola del mio discorso è stata percepita dai tuoi acutissimi sensi …».
  «E da quelli di tutta la classe,» aggiunse con un sorriso. «celebre per gli eccellenti risultati conseguiti alle lezioni di Legilimens».
  Rose incrociò le braccia al petto «Hai finito?».
  «Tu, piuttosto, hai finito di avere sempre il mio nome sulle tue piccole e imbronciate labbra?».
Rose trattenne a stento un sorriso «Questa ha tutta l'aria di essere una tua fantasticheria ricorrente».
Il ragazzo piegò la testa all’indietro in una risata «Non essere così trasparente, Weasley, o la gente non smetterà mai di pensare che sei attratta da me».Questa volta Rose sentì le fiamme divorarle il collo e salire lungo la nuca fino a diventare un tutt’uno con i capelli. Sperò di avere una voce sufficientemente ferma, quando si dipinse un sorriso di sufficienza sul volto e sibilò «Nemmeno nei tuoi sogni più sfrenati».
  Malfoy abbassò lo sguardo, continuando a ridere. «Ti riferisci a quelli in cui indossi il tuo abitino nero?».
Deglutire si rivelò un’azione più complessa di quanto Rose potesse immaginare, dal momento che la bocca arida increspava il palato e la lingua ruspante non rispondeva ai suoi comandi. Pertanto non riuscì a proferire parola.
  «Dolcezza» arrivò una voce alle sue spalle.
Alan Doyle, stufo di assistere in disparte, le si avvicinò e afferrò una ciocca dei suoi capelli per lasciarsela scorrere tra le dita.
   Rose per poco non sobbalzò quando si ritrovò un braccio di Doyle stretto intorno alla propria vita.
Il tentativo di evitare Alan Doyle era uno dei motivi per cui fuggiva subito dopo una lezione con i Serpeverde o che di rado si mostrava al tavolo del cugino. L’ improvviso e molesto corteggiamento che Doyle sembrava riservarle dopo gli strani episodi di quella notte riusciva a turbarla più di quanto facesse la viscida presenza di Vincent Nott.
  «Sono riuscito ad afferrarti finalmente». Doyle esibiva il sorriso più lascivo che Rose avesse mai visto.
  «Non ti illudere, Doyle, mi riperderai tra qualche istante» disse lei, allentando la stretta delle dita.
  «Il tuo scivolarmi via come petali di rosa mi farà impazzire».
Scorpius Malfoy si poggiò allo stipite della porta. «Non te l’hanno mai detto che le rose hanno le spine?» 
Rose pensò per un attimo a quel foglio di pergamena che custodiva nella propria borsa e si chiese se lui l’avesse mai considerata una rosa. Avvertì nuovamente il collo accaldato e sperò che le guance non le si fossero tinte.
Si chiese da quando aveva cominciato ad avvicinare pensieri così stupidi e sperò solo di non apparire imbarazzata, per l’ennesima volta, dopo un commento di Malfoy.
  «E dove sarebbe il gusto altrimenti?» disse Alan Doyle, sfiorando con i polpastrelli la guancia di Rose, che si ritrasse infastidita. Il ragazzo rise, profondamente appagato. «Un po’ di sangue tra le dita rende il piacere più intenso. Dico bene, Capitano?».
Malfoy rispose con un assordante silenzio e, per la prima volta, smise di guardarla. «Non so Alan, abbiamo una concezione del piacere davvero molto, come dire, diversa».
Una pioggia di aguzze schegge perforò l’addome di Rose. Nel giro di pochi istanti la maschera di rigida indifferenza aveva preso il posto della consueta arroganza di cui Rose non poteva più fare a meno.
  «Meglio così, allora. Più materiale per me» disse Doyle, in una roboante risata. «Non che ci sia il rischio che tu ti invaghisca del Capitano. Dico bene, dolcezza?».
  Rose rivolse uno dei primi sorrisi sinceri ad Alan Doyle. «Nemmeno in un’altra vita».
No, cara Tess, non ci stavamo mangiando con gli occhi.
Malfoy riprese a fissarla, ma questa volta una luce nuova dominò le sue iridi: come la notte di Halloween, appariva totalmente fuori di sé, incapace di riafferrare le redini di quell’impeto selvaggio imperante nel suo sguardo, palesando una lotta interiore che sembrava stravolgerlo. Al termine della bega, ciò che permaneva nei suoi occhi era l’odio.
Il braccio di Albus avvolse le spalle di Rose, sottraendola con rapidità all’attenzione dei due amici. «Spero che abbiate finito di tormentare mia cugina» disse e con lo sguardo indugiò sul volto di Dylan.
Hai sbagliato questa volta Al, non è lui che mi tormenta.
   «Non posso tenere a bada tutti e due».
Rose irrigidì le spalle sotto il tocco del cugino «Tranquillo Al, un Serpeverde in più rispetto al solito non mi cambierà la giornata».
Una risatina stridula fece da sottofondo alle sue parole, mentre Kate Hastings avanzava fiera, picchiettando con i tacchi le vecchie piastrelle in legno della mansarda. La ragazza si fermò accanto a Malfoy e sorrise teneramente verso Rose «E' sempre interessante vedere un cucciolo cercare di sollevare la testa tra i serpenti. Possiamo considerarlo un esperimento sociale: quanto sopravvive un leone senza il suo branco? Sono aperte le scommesse».
«Eppure non sono io quella che va girando con la scorta».
Kate Hastings addolcì lo sguardo in un lampo di mortificazione. «Non metterti sulla difensiva, Weasley. Non ti stavo attaccando» mormorò. «Come sono ingenui, non sanno nemmeno riconoscere una battuta» aggiunse in un sussurro che sembrava escluderla improvvisamente dalla conversazione.
Malfoy, al suo fianco, non trattenne uno sbuffo divertito.
  «Spero abbiate finito di perdere tempo».
Rose si voltò di scatto verso quella voce glaciale. Vincent Nott li fissava oltre la soglia della porta.
Come una melodia incantata, il suono perentorio di quell’ordine immobilizzò i presenti, li ridusse a tante statuette d’avorio, finché le pedine non si mossero sulla scacchiera, al richiamo del loro re.
Doyle fu il primo a incamminarsi dietro Candice, mentre Malfoy e Albus attendevano impietriti.
  «Immagino che tu ci raggiungerai più tardi». Kate Hastings si limitò a sussurrare parole rivolte a Scorpius e andò via senza attendere una vera risposta
Il tempo fu sufficiente per cogliere lo sguardo che Scorpius e Albus rivolsero a Vincent Nott.
  «Il nostro leader è tornato a splendere» commentò Rose.
  «A quanto pare» fu la secca risposta di Albus.
  «Avrà momentaneamente sospeso le sue strategie con l’incasso dell’ultima vittoria».
  «Vittoria?».
Rose si accomodò sulla cattedra della Cooman. «È riuscito ad incastrare quei due ignari e fanatici ragazzini».
  «E perché pensi che Vincent possa essere interessato alla punizione di due Avanguardie del terzo anno» replicò scettico Malfoy.
  «Non lo so. Perché pensi sia sparito per tutta la festa di Halloween, per poi riapparire in tempo per far credere al Caposcuola Serpeverde di stare svolgendo il suo compito alla perfezione, salvo poi spuntare una soffiata direttamente ad Arrows che ha mandato tutto all’aria, permettendogli di non rubare dalle scorte?».
  «Se stai sostenendo che Vincent abbia cercato, o addirittura organizzato, un espediente per sottrarsi al suo compito e non attingere dalle scorte di pozioni, vorrei ricordarti che questa è un'arte che svolge abilmente dal primo anno».
  «Forse gli ha fatto comodo imbattersi in un ostacolo che si è accidentalmente posto fra lui e la sua strabigliante arte».
Albus gracchiò in sottofondo, richiedendo la parola. «Il problema maggiore è che noi tre siamo i principali sospettati della soffiata» annunciò con voce placida.
  «Cosa?».
Malfoy soffiò una risata ironica. «Ti sorprende, supereroina? Questo è il risultato della tua dimostrazione di encomiabile coraggio».
  «Volevo solo aiutarvi» sbuffò Rose.
  «Toglimi una curiosità: a fine anno eleggete il Grifondoro che ha operato più salvataggi non richiesti? Altrimenti non si spiega il vostro disturbante bisogno di farvi gli affari degli altri».
Rose lo incenerì con lo sguardo. «Riesci sempre a scegliere le parole sbagliate» sibilò. «Prendermi la colpa della soffiata non è mai stato un problema, nonostante l'aurea minacciosa del vostro grande capo. Potrà spaventare voi, di certo non me».
  «Non servirebbe, Ross. Walder penserebbe comunque che ti abbiamo coinvolta troppo».
Rose li scrutò con sospetto. «Non vi dà fastidio che Nott si prenda tutto il merito e voi ne usciate sporchi?».
Albus si limitò ad una scrollata di spalle frettolosa e Malfoy grugnì la sua pigra disapprovazione, ma il silenzio che ne seguì fu carico di collera.
Forse l’inconcludenza della festa aveva dato i suoi frutti e i suoi due compagni iniziavano finalmente ad esserle complici. Rose pensò bene di non lasciarsi sfuggire la possibilità di sguazzare avidamente nel mare di irrequietezza che stava solleticando le calme acque dei due ragazzi.
  «Magari avete ragione voi. D’altronde Nott è davvero più abile di noi tutti messi insieme: è sempre stato alla festa e voi semplicemente non ve ne siete accorti» sospirò amareggiata. «È davvero un leader nato».
Con un balzo scese dalla scrivania, afferrò la borsa e se la sistemò con cura sulla spalla, non prima di aver colto con chiarezza il velo d’ombra nello sguardo sfuggente che i due ragazzi si scambiarono.


 
- § -
 

 
Abbandonò la borsa in fondo all’armadietto e recuperò il grembiule di gomma marrone irrimediabilmente segnato da aloni di liquidi fangosi. Con un movimento di bacchetta circolare sollevò la chioma, lasciando il collo scoperto.
Scrutò preoccupata Johanna afferrare con la mano guantata l’Anice Spinoso per il bulbo. «Lascialo andare immediatamente» le ordinò sedendosi al suo fianco, lungo il tavolo Grifondoro della Serra di Neville.
  «Sei tu» sospirò la ragazza, lasciando precipitare il bulbo sul fondo del vaso e avvicinandolo alla compagna. «grazie al cielo».
  «Giusto in tempo per evitarti un’insufficienza al compito di Erbologia».
  «Per un momento ho temuto di dover assecondare davvero questa follia di Neville» disse mentre ripuliva il guanto macchiato sul grembiule del vicino. «Te l’hanno mai detto che le lezioni hanno un orario?».
  «Vengo a sapere le cose sempre troppo tardi».
  «A quest’ora avresti molte meno strigliate di Arrows sulla coscienza».
  «E probabilmente sarei Prefetto».
  «E sicuramente non saresti mia amica».
Rose si zittì, le lanciò un rapido sorriso e afferrò l’ Anice Spinoso, assicurandosi che un po’ del fango che portava con sé finisse sul grembiule di Joa.
Il silenzio di disappunto, con cui le tre ragazze di fronte a sé si premuravano di appesantire l’aria torrida della Serra, la convinse ad alzare lo sguardo.
  «Rose» scandì Melissa con voce squillante e decisa.
  «Mel». Rose osservò il volto basso di Candice e quello sfuggente di Eloise, i cui boccoli castano scuro scivolavano come un velo sul suo sguardo.
Melissa smise di fingere interesse per la pianta che la sorella era intenta a frammentare e si sfilò con disgusto i guantoni umidi. «Mi sorprende vederti qui».
Rose la guardò per qualche istante prima di rispondere con ovvietà «Abbiamo lezione».
  «Sì, lo vedo» ridacchiò lei. «Intendo al nostro tavolo. Quando non ci sono i Serpeverde, ti ricordi qual è la tua Casa» aggiunse, poi suggellò con un sorriso candido.
Il caldo estivo che si respirava in quella piccola sfera verdeggiante iniziava ad aderire oppressivo sulla pelle delle ragazze e il respiro sembrò più lento e cadenzato, mentre Johanna si muoveva nervosamente e Candice sollevava gli occhi per la prima volta. «Per essere una che fa tante storie al mio ragazzo, ti fai davvero pochi problemi a passare dall’altra parte».
  «Un po’ ipocrita» bisbigliò Melissa come stesse commentando il tempo di quel pomeriggio.
  «Mel, puoi anche chiudere la bocca ogni tanto» ringhiò Johanna.
Rose respirò a lungo incredula. «Adesso esistono delle parti?» esclamò. «Tu come concili questa filosofia con la tua relazione? O fai finta che non esista, come con tutto quello che rischia di minacciarla?».
Candice le si rivoltò contro «L’unica che ci tiene tanto a minacciarla sei tu».
L’Anice scivolò dalle mani di Rose a atterrò sul tavolo di legno, disperdendo ovunque il terreno e inondando di fango le compagne. Melissa lanciò un urlò, mentre le altre si allontanarono inorridite. «Io ho provato a farti vedere la verità. Sarei solo sollevata nel vederti veramente felice con qualcuno».
  «Quando non cerchi di sabotarla» bofonchiò Eloise, mentre, impassibile nel bagno di terriccio ricevuto, proseguiva con solerzia il proprio lavoro.
Rose questa volta guardò Johanna in cerca di aiuto, ma questa le rispose con una alzata di spalle. «Di cosa stai parlando?».
  «Ah, ma per favore» sbottò Melissa il cui disprezzo per la vegetazione che la circondava sembrava essersi rinvigorito con le parole di Rose. «Vuoi dirmi che la tua cugina diva dal nulla ha avuto l’intuizione di umiliare Eloise?».
  «Stai parlando di Dominique?».
  «E di chi altro se no?» esclamò stizzita. «L’ha bloccata in Sala Comune davanti a tutti per dirle che non potrà avere nessuna speranza con James e che mandare avanti te è stato davvero patetico». Al suono di quelle parole gli occhi di Eloise si riempirono di lacrime; Candice poggiò la propria mano sulla sua in una silenziosa manifestazione di solidarietà.
Rose riuscì a deglutire a fatica; nei pochi attimi, che la controparte di quello spietato processo le stava concedendo, cercò di rimettere ordine in quella confusa e inspiegabile successione di informazioni, ma l’unico pensiero al quale diede voce fu «Perché Dominique era nella nostra Sala Comune?».
Johanna la spintonò con il gomito «Non mi sembra prioritario in questo momento» bisbigliò.
  «Sarà un’abitudine Weasley frequentare Dormitori altrui».
Questa volta Rose strinse con forza il bulbo dell’Anice, immaginando fosse la testa di Melissa. «Sai Mel, sei davvero una stronza». Diversi spruzzi di pus sfavillavano dalla testa dell’arbusto e la ragazza si portò le mani a coprire i capelli.
  «Allora farò bene a tenermi stretto il mio prossimo ragazzo. Non si sa mai di questi tempi».
Rose sorrise debolmente «Fai attenzione, Mel» sussurrò  «Due notti consecutive con lo stesso potrebbero essere destabilizzanti per te».
La bacchetta sollevata dalla ragazza fu un gesto rapido e immediato, come se la stessa avesse appena lasciato ondeggiare una ciocca di capelli, ma, ancora prima che fu visibile, Candice, Eloise e Johanna si erano già inginocchiate, protette dalla confortante superficie del tavolo.
Quando il bulbo stretto tra le mani di Rose le esplose in piena faccia, il bitume viscido le increspò i capelli, colando lungo la nuca, fino al petto. Il grembiule, ormai al termine del proprio lavoro, manteneva solo un pallido ricordo del colore originario, mentre aderiva al corpo della ragazza confondendosi con il resto degli indumenti.
Con gli occhi impiastricciati Rose ebbe appena il tempo di vedere Neville portarsi le mani ai capelli già radi.
 
Lasciò la Serra che il sole era tramontato da tempo e si avvicinava l’ora del coprifuoco. I capelli bagnati avvertirono la frustata gelida del vento impietoso. Con vana speranza Rose si rifugiò nell’impermeabile che Neville le aveva prestato, ma il suo petto difeso solo dalla canotta intima, già rimpiangeva il maglione e la camicia logori  abbandonati nella sua borsa.
Si lasciò schiaffeggiare ancora un po’ dalla furia di quell’inverno e provò un sollievo che da tempo le era mancato. Improvvisamente fu scossa da una risata di gusto, quando pensò al rientro in Dormitorio di quella sera.
Intorno a sé le ombre avevano ricoperto ogni cosa, e solo il tenue chiarore delle lampade sospese le indicava il cammino verso il Castello. Per questo fu sorpresa quando vide il Capannone nel cortile illuminato.
Dischiuse la porta con discrezione mentre un chiacchiericcio concitato diveniva sempre più distinto, rivelando il volto di tre ragazzi poco più piccoli di lei, che la fissavano terrorizzati.
Uno di loro si protese prontamente verso di lei, cercando di nascondere un calderone alla sua vista, ma la sua esile figura riusciva a coprirlo appena.
  «Non credo siate così stupidi da preparare niente di illecito nell’unica capanna illuminata del cortile» disse Rose, guardandoli divertita. «Quindi non c’è bisogno di tanta fatica per nascondermi quel calderone».
I ragazzi si rilassarono appena nel constatare la sua tranquillità, ma il più coraggioso di loro non sembrava intenzionato ad abbassare la guardia. «Chi sei? Cosa fai qui?» ruggì con voce tremante. Nonostante i propositi di palesare sicurezza, lo sguardo guizzava irrequieto da una parte all’altra della stanza.
  «Forse dovrei farvi io questa domanda» disse, incrociando le braccia al petto. Li osservò attentamente, ritenendo non potessero avere più di tredici anni «Potete rispondermi con sincerità o posso legarvi tutti e tre insieme con un colpo di bacchetta e scoprire da sola cosa siete tanto ansiosi di nascondere».
Alla vista della bacchetta di Rose, anche il capogruppo fece un passo indietro e assunse il pallore dei suoi compagni. «Siamo in punizione» si limitò ad aggiungere.
  «Roba di Foresta Proibita, immagino. Dovete averla fatta grossa». Rose si avvicinò al calderone per studiarne il contenuto denso e gelatinoso come bava di lumaca. Ricordava le innumerevoli volte in cui James e Fred furono costretti a recuperarla dalle radici della Foresta per scontare le loro peggiori punizioni. «Come mai tanto mistero?»
I tre ragazzi non risposero, ma si guardarono titubanti, ognuno chiuso nella propria fortezza di segretezza. Tanta complicità le ricordò quell’assurda fratellanza tra Albus e Malfoy, la stessa che aveva scoperto condividevano con gli altri fanatici Serpeverde.
D’improvviso un dubbio la colse. Si affrettò a studiare gli indumenti dei tre galeotti alla ricerca dei colori che si aspettava di trovare, ma i soprabiti non lasciavano traccia dello stemma sulla loro divisa.
Come se avessero percepito le sue intenzioni, uno di loro le chiese «A che casa appartieni?».
Dalla porta socchiusa una raffica di vento scompigliò i capelli bagnati di Rose e le suggerì il pretesto per avvolgersi maggiormente nell’impermeabile.   «Ragazzino, che razza di domanda mi fai?» sibilò. «Dovresti capire che sono Serpeverde dal fatto che so perfettamente che questa bava di lumaca è il tentativo di arginare la vostra punizione».
 «Ce la siamo fatta spedire da Nott».
 «Non saremmo mai andati nella Foresta Proibita a recuperarla».
 «Nott non l’avrebbe mai permesso».
Tutto ciò di cui aveva bisogno era lì davanti a sé, e le era capitato proprio nel momento in cui aveva smesso di cercarlo. In fin dei conti Melissa si era rivelata più utile del previsto.
  «D’altronde vi siete sacrificati per lui» commentò Rose con noncuranza.
  «Non è un compito da niente, nonostante siamo continuamente sottovalutati» bofonchiò il capogruppo. «Walter non ci avrebbe mai portato la bava di lumaca, ma Nott è di tutt’altra specie. Si merita davvero la fedeltà che ci chiede».
La conferma di cui aveva bisogno era appena arrivata, e i Tre dell’Avanguardia le avevano gentilmente palesato la loro identità.
Il cuore di Rose iniziò a battere più velocemente, mentre ponderava le parole, temendo di poter sprecare un’occasione d’oro. «Anche lui è stato davvero fortunato» affermò, prendendo a camminare per la stanza, guardandosi intorno con interesse. «Non deve essere facile trovare qualcuno di cui fidarsi veramente».
  «Cosa vuoi dire?».
  «Beh». Afferrò un calice particolarmente affascinante e finse di esserne catturata. «Fingere di preparare la pozione che Walter gli ha chiesto e non presentarsi affatto alla festa, chiedendo a voi di mantenere questo segreto …» sospese la frase con un sospiro «beh, non è una richiesta da poco».
Il cuore di Rose ora batteva all’impazzata, mentre il cuore le sollevava il petto. Temendo che questo la tradisse si strinse maggiormente nella giacca e socchiuse gli occhi aspettando che il sasso lanciato nel vuoto precipitasse sul fondo.
  «Noi lo facciamo con piacere». Il coraggioso del trio abbandonò definitivamente ogni difesa e si lasciò catturare dalla complicità di Rose. «Sappiamo che la pozione che sta preparando è di gran lunga più complicata. Walter non capirebbe».
Il respiro di Rose prese a farsi più veloce per l’eccitazione. «Dici che non capirebbe?».
  «Walter, scherzi?» commentò con una risata uno dei tre.
  «L’ultima volta che uno del Sesto gli ha chiesto l’accesso illimitato al deposito di Arrows, è stato radiato dalla lista» aggiunse il capogruppo.
Rose non credeva alle proprie orecchie  «Addirittura illimitato».
  «Per le esigenze, si intende. Di certo Nott non ne farebbe un uso spropositato, ma adesso ne ha bisogno e Walter non capirebbe. Per questo quando ha chiesto il nostro aiuto, non abbiamo esitato. Poi ci ha portato la bava di lumaca per ringraziarci, come se ce ne fosse stato bisogno».
  «Ne ha bisogno? Ma perché? Che pozione sta preparando?».
I ragazzi la guardarono scettici. «Non lo sappiamo, no?» disse uno di loro.
  «Perché dovrebbe dirci quello che fa?» aggiunse l’altro, guardandola con attenzione.
Un silenzio improvviso avvertì Rose di essersi addentrata troppo in fondo.
Il capogruppo si alzò e si avvicinò verso di lei. «Come hai detto di chiamarti? Sono sicuro di averti già vista».
Mentre il trio la scrutava a fondo, Rose ringraziò il rosso inscurito dei suoi capelli bagnati e legati, che, per quella volta, non l’avevano tradita. «Ragazzino, non prendertela, ma sei decisamente troppo piccolo per me». Sperò che il proprio tono di voce fosse abbastanza arrogante da emulare l’atteggiamento di Malfoy. «La prossima volta spegnete le luci o attirerete l’attenzione di chiunque» suggerì, chiudendosi la porta alle spalle.
 
La corsa verso il Castello le aveva sciolto i capelli e adesso danzavano liberi nell’aria gelida che li cristallizzava in tante lingue di ghiaccio. Il loro rosso era ormai inconfondibile.
Percorse a grandi falcate il corridoio del sesto piano, poi comprese che a quell’ora non avrebbe incontrato nemmeno un fantasma e prese a fluire rapida lungo l’ala buia, liberandosi da quell’opprimente indumento che adesso le premeva sulla pelle nuda.
Spalancò la porta della lavanderia e rovesciò il contenuto della sua borsa nell’oblò. Azionò la bacchetta e lasciò che la cava circonferenza orizzontale e piatta come un disco roteasse portando con sé l’unto dei suoi indumenti.
Finalmente respirò per calmarsi ma il petto ancora le tremava; si inginocchiò per ripristinare la calma e contemplare i movimenti roteanti degli incantesimi. Guardò l’ora sul polso: raggiungere il Dormitorio Serpeverde a quell’ora sarebbe stato sconveniente e incredibilmente imbarazzante. Si immaginò mentre bussava contro il mausoleo in pietra e pregava qualche sfacciato Serpeverde di farle incontrare i suoi due improbabili complici.
Un’onta indelebile per l’orgoglio Grifondoro.
Qualcuno azionò l’oblò al suo fianco, frapponendosi tra i suoi pensieri.
  «Ultimamente sei una sorpresa continua». Alan Doyle la studiava dall’alto, particolarmente interessato a seguire il movimento della canotta nera aderente sul suo addome.
Rose si eresse in tutta la propria modesta statura e lasciò che i capelli le coprissero le spalle nude, ma questo attirò maggiormente l’attenzione del ragazzo. «Abbigliamento interessante. Posso chiederti da dove vieni? O dove sei diretta?» aggiunse decisamente più interessato.
  «Dalla Serra di Erbologia. Probabilmente emano ancora odore di catrame».
Doyle non sembrava particolarmente appagato da quella risposta, ma non desistette «Se vuoi posso controllare».
Ancora prima che Rose ebbe il tempo di capire se fosse serio, il ragazzo la prese per i fianchi e affondò il volto tra i suoi capelli. «In effetti l’odore è migliorabile» disse in una smorfia, senza allontanarla.
Rose, ancora incredula, si lasciò scappare una risata.
  «Sai, non mi fido mai della prima impressione» proseguì, per poi scostarle i capelli e avvicinare la punta del naso all’incavo del collo. Rose si sentì solleticare e un brivido la colse impreparata, lasciandola lì inerme.
I capelli le scivolavano lungo la schiena, sollevando all’attenzione del ragazzo le braccia tornite, la spalla incisa dall’adesione della sottile bretella e il petto scosso dal battito accelerato.
  «Tu sei pazzo» disse in un sussurro, allontanandolo da sé. Non riuscì a celare la linea sorpresa e divertita che la increspava le labbra.
Gli occhi di Doyle vagavano indiscreti dal viso al petto fasciato. La sua sfacciataggine mal celata le ricordò la festa di Halloween, l’unica occasione in cui anche gli occhi di Mafoy furono vergati da quella stessa  luce possessiva. Mentre da allora l’odio si era fatto verde smeraldo nel suo sguardo, e lievi schegge di dolcezza ne smussavano l’intensità.
Malfoy, sempre Malfoy.
Scosse la testa indignata dalla propria debolezza.
Sta diventando un’ossessione.
Aveva Alan Doyle di fronte a sé, non Malfoy. Alan Doyle che la aveva appena annusato il collo. Afferrandola dal nulla. Senza troppi convenevoli e sbalzi d’umore. Diretto e deciso.
A differenza di altri.
  «Il tuo oblò va per le lunghe». Ancora un volta fu Doyle a scuoterla dai propri pensieri. «Devi aver fatto veramente un bagno nel fango».
  «È stata più una battaglia tra compagne, in realtà».
  «Vi siete lanciate il fango?» esclamò Doyle come se gli avessero appena comunicato la sospensione degli esami di fine semestre. «Sempre detto che le ragazze Grifondoro sono da frequentare più spesso».
  «E tu perché fai il bucato in tarda serata? Niente di meglio da fare?».
Il ragazzo sollevò la felpa della divisa da Quidditch e per un momento Rose temette avesse interpretato la domanda come un invito di cattivo gusto.
Poi le mostrò l’addome fasciato. «Riposo medico. Mi hanno cacciato dagli allenamenti».
  «Gli allenamenti erano stasera?!» quasi urlò la domanda.
Doyle sembrò perplesso e annuì solamente, mentre la ragazza si affrettava a rivestirsi e a recuperare la borsa.
  «Se ti interessano i nostri allenamenti, posso mostrarti l’ultimo schema di gioco» disse con un sorriso sghembo. «In camera mia, magari».
Rose si limitò lanciargli uno sguardo di sbieco.
  «Pensaci, dolcezza». Con una scrollata di spalle le avvicinò una medaglietta in argento: su di essa si insinuava un serpente perfettamente intagliato in nero.  «Se dovessi cambiare idea e ti andasse di fare un giro nel mio Dormitorio, ti basterà accarezzare il serpente» aggiunse con un ghigno sul quale Rose preferì sorvolare.
Afferrò la medaglietta senza trattenere un sorriso e aprì la porta della lavanderia.
  «Ah, Weasley» la bloccò lui. «Se volessi chiarimenti riguardo il dress code: quello di stasera va benissimo».
 
Dallo spogliatoio maschile uscì un gruppo di cinque ragazzi. Quando chiese loro informazioni su Albus e Malfoy, risposero che il Capitano era sempre l’ultimo a lasciare il campo.
E, di conseguenza, anche la sua anima gemella.
Spalancò la porta senza troppi convenevoli e con una certa fretta, rendendo chiaro ai ragazzi che il momento per la loro intimità fosse ufficialmente terminato. Ma la sua urgenza le scivolò dalla bocca semiaperta quando si scontrò con qualcosa che ingenuamente non aveva considerato: Malfoy completamente nudo a due passi da sé.
Si voltò appena in tempo per vedere l’espressione sconvolta di lui mentre si fiondava su un asciugamano abbandonato sulla panca. «Weasley, sei completamente impazzita!» tuonò.
  «Ti sembra modo di andare girando?» esclamò ancora di spalle mentre chiazze di pelle nuda e bagnata imperavano nelle proprie iridi.
  «Io non sto andando girando proprio da nessuna parte». L’irritazione nel suo tono di voce era talmente ostentata che Rose si immaginò uno dei suoi sguardi di ghiaccio.
  «Potresti pensare di indossare almeno le mutande nei luoghi pubblici».
Il latrato di disappunto anticipò le parole del ragazzo. «Hai mai pensato che forse sei tu ad essere nel luogo pubblico sbagliato, squilibrata?».
Rose decise all’istante di voltarsi di scatto, che lui si fosse rivestito o meno. Alle conseguenze sui propri ormoni avrebbe pensato in un secondo momento. «No, non ne vedo il motivo» grugnì, ringraziando che portasse almeno i pantaloni.
  «Io ne vedo ben tre invece: spogliatoio, maschile, Serpeverde». Incrociò le braccia al petto, costringendo gli occhi di Rose a controllare che le vene dell’avambraccio non subissero uno sforzo eccessivo.
Lei sbuffò spazientita e pensò di proporsi per aiutarlo a cercare una maglietta.
  «Vorrà dire che la prossima volta ti spedirò un Gufo ad annunciarmi».
  «Ottima idea!».
  «Almeno ti farai trovare in uno stato presentabile. Ma non hai una camicia da qualche parte?».
Lui sollevò un sopracciglio per tutta risposta. «Singolare quesito, posto da una che va girando in intimo».
Rose abbassò lo sguardo su di sé, rendendosi conto solo in quel momento di avere il vapore caldo ad inumidirle il petto, le guance arrossate e l’impermeabile di Neville tra le mani.
L’attimo eterno di silenzio che seguì fu colmato solo dal ritmo rapido del suo torace e dal respiro affannoso dei due ragazzi.
A spezzare l’imbarazzo fu la calda voce di Malfoy, una volta ripristinata la consueta arroganza. «Potevi dirlo subito che avevi il desiderio di vedermi nudo».
La prima cosa che Rose si trovò tra le mani fu lo sfortunato impermeabile di Neville che Malfoy si preparò a scansare con prontezza.

«Indossalo già che ci sei» gli suggerì, passandogli accanto a occhi bassi.
Scorpius Malfoy, come da previsione, le bloccò il passaggio, ostentando quella nudità che tanto lei si premurava di ignorare. La guardò vittorioso, si rigirò l'indumento tra le mani, poi indugiò senza imbarazzo sulla sua scollatura. «In tutta sincerità, apprezzo l'iniziativa»
«Quale iniziativa?»
Il ragazzo chinò il capo verso il suo orecchio e per un attimo Rose ebbe chiara l'immagine di Alan Doyle con il naso immerso nei suoi capelli «La proposta indecente di cui volevi parlarmi
» bisbigliò.
Rose, divertita dal suo tono di voce, si lasciò scappare una risata e poggiò istintivamente la mano sul suo torace per allonanarlo da sé, in un gesto così abituale da spegnere per un attimo il fuoco dell'imbarazza che l'aveva dominata fino a poco prima.

Malfoy le trattenne la mano, prima che lei avesse il tempo di mascherare quel gesto. «Non puoi negarmi una curiosità: perché sei svestita in questo modo?».
  «Quando avrete finito, spiegatelo anche a me». Albus Potter strofinava con vigore gli indomabili capelli, e nessuno avrebbe mai potuto prevedere da quanto tempo stesse lì, intento in quell’ impegnativa attività. «Del perché di tutto … questo»
Malfoy liberò Rose, che si premurò di sostituire ogni traccia del sorriso con una ben collaudata espressione di gravità. «Ho bisogno di parlarvi».

 

 
- § -
 

 
Era un sabato mattina quando Johanna aveva lasciato in tutta fretta il Dormitorio, farfugliando qualche scusa improbabile sul perché avrebbe saltato la lezione di recupero di Roberts del pomeriggio. L’unico dubbio che si era posta Rosa era, tuttavia, il perché la ragazza con la più bassa frequenza di tutta la scuola si premurasse di rifilarle qualche scialba giustificazione.
Rimasta sola, si rifugiò al riparo del proprio letto e sfogliò le pagine del diario di Penelope.
 
Fiocchi di neve le sfioravano i capelli senza lasciarsi da questi catturare. Gli spalti imbiancati cullavano l’attesa degli spettatori infreddoliti.
Alla prima folata di vento Penelope Perkins si strinse distrattamente nella sciarpa nero-argento, gli occhi persi nel seguire i giocatori passarsi la pluffa.
  «Da quando seguiamo il Quidditch?» mormorò in tono lamentoso Rebekah.
Penelope alzò gli occhi al cielo.
  «Ancora più corretto sarebbe dire: Da quando seguiamo gli inutili e assolutamente fanatici allenamenti di Quidditch?».
L’amica questa volta sorrise divertita.
  «Non è abbastanza» sentenziò Rebekah. «Adesso arriva il bello: gli inutili e fanatici allenamenti di Quidditch sono, pensa un po’, di Grifondoro» esclamò esasperata.
  «Non sei costretta a restare».
Rebekah guardò l’amica come se avesse perso il senno. «E con chi potrai commentare il fantastico didietro di Isidore Davis? Si vedesse almeno qualcosa con tutti quegli indumenti. Maledetta neve».
  «La neve in pieno maggio non ci voleva davvero» sospirò Penelope. «Sarà una finale di Coppa indimenticabile».
  «Per te sicuramente. Immagino i festeggiamenti del Capitano Davis se dovesse vincere Grifondoro» esclamò Rebekah in un sorriso inequivocabile. «Indimenticabile».
Lo sguardo di Penelope si illuminò quando le scope toccarono terra e il suo Capitano le fece cenno con la mano. «Almeno ci sarebbe qualcuno che lo festeggia. Se non fosse per me, lasciata la scuola, non potrebbe parlare dei suoi successi con nessuno».
  «Possiamo raccontarci quello che vogliamo, ma i tempi non sono così cambiati: non è facile essere  un Grifondoro in una famiglia Serpeverde da generazioni».
Un’ombra avvolse lo sguardo di Penelope. «A casa è un inferno».
  «Non so come tu faccia».
  «Se solo sapessero o immaginassero …».
  «Pensa al lato positivo» affermò Rebekah, d’un tratto illuminata. «Almeno sei Serpeverde. Quando direte a tutti di voi ci sarà una delusione in meno in casa Davis».
  «Vuoi dire in casa Nott» disse Penelope, incupendosi definitivamente.
 
Rose tornò alla realtà annaspando aria che le riempisse i polmoni, mentre quel nome le risuonava in testa come un maledizione: Nott e ancora Nott.
Non aveva mai dubitato di questa consapevolezza, ma la certezza del coinvolgimento di Vincent Nott smise di essere una tenue fantasia, un’improbabile supposizione, un feroce accanimento. Verità ancora più rivelatoria era il ruolo insospettabile che l’intera famiglia Nott ebbe ricoperto all’interno della tormentata storia di Penelope. Una presenza invasiva per la stessa famiglia Davis, o, addirittura, in sostituzione di essa.
Si morse il labbro pensierosa, ormai certa che i Nott fossero l’anello di congiunzione tra Isidore e Penelope; in che misura e in quali vesti la figura di Vincent fosse pregnante, era ciò che più la tormentava.
Come fosse possibile che tutto quello fosse avvenuto e stesse ritornando tra le mura del Castello ancora non riusciva a spiegarselo.
 
 
  «Come è possibile?» latrò Rose.
Fred Weasley scosse la testa con disappunto.
  «Si deve trattare di un incantesimo particolarmente abile».
Il cugino più abbronzato mugugnò.
  «Non mi verrebbe mai in mente di mettere in dubbio la fedeltà di qualcuno a me vicino» riprese Rose, scandendo le parole con soppesata maestria.
Fred questa volta scaraventò il giornale sul tavolo profondamente indignato. James al suo fianco sembrava turbato.
  «James, mi stai ascoltando?».
  «Cosa?».
  «Com’è possibile che la nostra conversazione su Eloise sia arrivata alle orecchie velenose di Dominique?» esclamò, per poi rivolgere uno sguardo mortificato a Louis Weasley, seduto accanto a James. «Scusami, Louis».
Il ragazzo, impegnato a consumare il proprio pranzo con una eleganza che sarebbe stata più adatta ad un matrimonio a Buckingham Palace, si scompose appena in un gesto accennato della mano. «A Dominique piace fare la difficile».
  «E la manipolatrice» s’intromise Lily.
  «È che non ha particolare empatia».
  «O sentimenti» puntualizzò.
Il ruggito di protesta di Fred sovrastò la voce degli altri e richiamò l’attenzione di James sul risultato inatteso dell’ultima partita del Campionato di Quidditch.
  «James» tuonò Rose, facendo sobbalzare entrambi i ragazzi «Allora?».
Il sospiro esasperato del cugino fu la più calorosa dimostrazione di coinvolgimento in cui potesse sperare.   «Cosa vuoi che ne sappia Ross. Saranno le solite cose da ragazze».
Rose e Lily si guardarono indignate. «Solite cose da ragazze?!».
La Potter più piccola incenerì il fratello con lo sguardo «Hai davvero il coraggio di accomunare al mondo femminile la la naturale perfidia di Dominique?».
  «O in generale alla dimensione dell’umano?» precisò Rose.
James finse di allontanarsi dalla foto dei Ballycastle Bats, che imperava l’inserto sportivo della Gazzetta del Profeta, per lanciare un’occhiata annoiata nella loro direzione, e mormorare pigramente «Quanto siete esagerate».
Lily scrutò il ragazzo con la stessa disapprovazione di chi medita di supplicare la famiglia per un disconoscimento immediato.
  «Sentiti libera di ampliare la categoria» mormorò Lily con il mento rivolto verso il tavolo di fronte e lo sguardo di chi ha perso la fiducia nel genere umano.
I ragazzi Serpeverde degli ultimi anni commentarono con risate compiaciute la traversata dell’intera navata di una splendida Dominique. Con profonda irritazione di Rose lo sguardo assorto di Scorpius Malfoy non abbandonò la ragazza dalla bellezza semidivina fino a che questa non ebbe raggiunto il tavolo Corvonero.    Quando Dominique gli passò accanto, il volto assorto del bel Serpeverde si rilassò in un’espressione di giubilo. Come se non fosse abbastanza inequivocabile, si impegnò a corroborare il rituale di apprezzamento  con uno studiato movimento della testa per liberare gli occhi smeraldo dall’impertinenza di qualche capello di troppo, gesto che – in un’altra situazione – Rose avrebbe trovato spudoratamente sensuale.
Sfacciato e patetico.
  «Ho perso l’appetito» comunicò ai presenti, mentre la piccola Lily annuiva mestamente. «Vado a lezione». Lily le passò la borsa, lo sguardo profondamente comprensivo.
Solo dopo che ebbe varcato la soglia del Portone Della Sala Grande da diversi minuti, comprese con rassegnazione che il mormorio eccitato alle proprie spalle l’avrebbe seguita fino all’aula di Trasfigurazione.
Non le fu necessario voltarsi per accertarsi dell’identità dei Serpeverde del sesto anno con cui condivideva la malaugurata lezione dei quel sabato pomeriggio. Eppure lo fece, ricevendo in tutta risposta l’occhiolino compiaciuto di Scorpius Malfoy, che lei si premurò di ignorare, voltandosi stizzita.
Dopo qualche passo felpato di Malfoy e diversi tentativi di superare in lunghezza le gambe di lui, Rose si trovò il ragazzo al suo fianco, il piede pigro e scattante per starle dietro.
  «Sarai ugualmente la prima ad entrare in aula, anche se rallenti di qualche km/h, sai?».
Rose mantenne lo sguardo fiero di fronte a sé. «Quanta esuberante allegria» constatò lei. «Giornata particolarmente stimolante?» aggiunse con un sorriso molto più simile ad una smorfia di disgusto.
Lui la guardò attentamente «Temo che la risposta possa costarmi la vita».
  «Tue supposizioni».
  «Tuo modus operandi, Weasley» rispose con tranquillità. «Percepisco il tono».
  «Il tono?».
  «Di quando pensi qualcosa, ma dici tutt’altro, io da inabile Legilimens faccio la cosa sbagliata e finiamo per litigare».
Non aveva minimamente considerato che Malfoy potesse riuscire a zittirla; non ricordò più il motivo per cui avesse deciso di avercela con lui. Solo lo guardò di sbieco, sorpresa.
  «Quando siamo arrivati a questo?»
  «Alla tua permalosità?» rispose con un sospiro di rammarico. «Stiamo imparando tutti a conviverci».
Si lasciò spintonare dalla ragazza, per poi arrestarsi sull’uscio della porta e  impedirle l’accesso in aula.
  «Ti ho mai detto che sei aggressiva?».
  «Giusto un paio di volte» disse lei, spingendolo verso l’interno e superandolo.
Lasciò cadere la borsa sul banco, destinato a rimanere vuoto, in ultima fila, e si abbandono sulla sedia vicina. Melissa ed Eloise sedevano poco più avanti rispetto a lei. Concesse loro uno sguardo distratto, di circostanza, quando la sensazione di essere osservata la costrinse a voltarsi per incontrare il lampo di ghiaccio con cui Vincent Nott la studiava. Lui afferrò la mano di Candice al suo fianco, mentre ancora le iridi impenetrabili non la abbandonavano.
Qualcuno trascinò la sedia vuota accanto a sé e per un momento Rose pensò che Johanna, in seguito ad una folgorante illuminazione, avesse ritenuto più saggio presentarsi a lezione.
Perciò, quando vide Scorpius Malfoy accomodarsi al suo fianco e disporre il contenuto della sua borsa sul banco, per poco non cadde dalla sedia.
  «Cosa stai facendo?».
  «Sistemo le mie cose».
  «Perché?». Rose lo guardò allarmata.
  «Tu solitamente come prendi gli appunti?».
Rose si guardò intorno preoccupata, cercando di decidere se fosse il caso di rivolgersi a qualcuno in cerca d’aiuto.
  «Perché ti stai sedendo qui?» scandì con lentezza, temendo che il ragazzo non fosse nel pieno delle proprie facoltà mentali. «Aspetta, da quando prendi appunti?» aggiunse, decisamente confusa.
Lui la guardò con educato distacco. «Potter è nella fase della ribellione. Non si è presentato a lezione».
Solo in quel momento Rose si accorse dell’assenza del cugino.

«Perché?»
Ti sembra che sia affar mio? »
Rose decise di lasciar perdere e riportò l’attenzione al banco di Johanna, agli effetti personali di Malfoy e alla nuova sistemazione al quale era dedito.
Vedendolo deciso, si affrettò a disturbarlo. «Quindi?» mormorò con voce pericolosamente squillante. Uno sguardo rapido intorno a sé la informò che l’inconsueta situazione non era passata inosservata.
  «Da quel che mi sembra, sei sola anche tu».
  «Malfoy» scandì, dopo un lungo respiro. «Stai dicendo che sei qui per tenermi compagnia?».
  «Non essere assurda, Weasley» sibilò con semplicità. «Mi sei intorno tutto il giorno -e la notte- in ogni caso, una lezione in più non mi cambierà l’esistenza».
A quel punto Rose dovette reggersi all’estremità del banco. Si concesse qualche secondo prima di guardarlo come se fosse completamente impazzito. «Sei sicuro di sentirti bene?».
Il ragazzo si limitò a sollevare gli occhi al cielo.
  «Hai bisogno di ripetizioni in Storia della Magia?» propose poco convinta.
Malfoy le lanciò un lungo sguardo tediato, di chi fosse costretto a cacciare una mosca insistente «Sei irrimediabilmente pedante».
   «Felice di sentirtelo dire» rispose Rose con l’aria di chi saluta un vecchio compagno di avventure. «Ora che sei tornato alla sanità mentale – nei limiti in cui ciò è possibile - credo sia opportuno farti notare che sei seduto accanto a me».
Il ragazzo sollevò appena un sopracciglio. «E i dubbi sono sulla mia di sanità mentale?».
  «Al mio stesso banco».
  «E fin qua».
  «Noi due da soli».
  «Fai visibili progressi»
  «Con testimoni presenti».
Questa volta si lasciò scappare un debole sorriso. «Sei nel panico, Weasley?».
  «Ti piacerebbe» soffiò lei con disappunto, aprendo violentemente il quaderno sul banco e imbraccando la piuma con la stessa foga con cui avrebbe stretto la bacchetta prima di scagliare una Maledizione Senza Perdono.
Incise le parole di Roberts sulla pergamena senza capirne il significato, sentì il fruscio dei vestiti del ragazzo ad ogni suo movimento. Solo quando Malfoy parlò, si accorse di quanto si fosse avvicinato. «Sei sicura di sentirti bene?» le soffiò nell’orecchio con un sospiro che portava con sé tracce del ghigno sul suo volto.
Rose sbirciò le spalle del professore escludere la classe confusa dal monologo che stava intrattenendo con la lavagna. Si permise di sollevare il mento verso il ragazzo che la sovrastava a pochi centimetri dalla sua fronte. Ne inspirò il profumo fresco, mentre lo sguardo indugiava sui tratti del collo che la sua altezza le permetteva di raggiungere con facilità, fino ad inseguire le linee dure della mascella e il profilo affilato del suo volto.
  «Mai stata meglio».
Quando incrociò i suoi occhi, l’espressione che l’accolse era di vivo interesse. Gli occhi socchiusi e un sorriso accennato la costrinsero a riconoscere quanto il ragazzo fosse incredibilmente bello. Bello lo era sempre stato, ma mai magnetico fino al punto da farla sospirare.
Malfoy, lo sguardo fisso sulla lavagna, lambì le dita della ragazza, prima dolcemente, poi con sempre più fretta, accarezzandone il dorso, per poi imprigionare la mano in quella più forte di lui. La trascinò sotto il banco e prese ad assaporarne il dorso, in quella danza illecita cui Rose rispose con vigore. Trattenne le dita del ragazzo, strinse forte il palmo, come se fosse il suo corpo e lasciò che le due mani strofinassero l’una contro l’altra con trasporto.
 «Non vorrei avessi difficoltà a rimanere sola con me» le sussurrò, la bocca sfiorava il suo orecchio, solleticandone i capelli.
 «È un rischio che sono disposta a correre» mormorò, più a se stessa che al ragazzo, mentre le mani si separavano, richiamandosi e allontanandosi dolcemente, e Malfoy ritornò dritto al proprio schienale.
Il volto marmoreo, dal taglio impietoso, e gli occhi accesi, incapaci di placarsi.
 
Una mano le soffiò via il quaderno da sotto il naso.
  «Dolcezza» fu il saluto di Alan Doyle.
  «Alan» gli rispose lei, riprendendosi l’oggetto e risistemandolo in borsa.
Scorpius Malfoy, al suo fianco, pronto ad andarsene al termine della lezione, si intrattenne più del dovuto a lottare con la boccettina dell’inchiostro, inspiegabilmente troppo difficile da chiudere nel verso giusto.
  «Capitano, trovato interessante la lezione di Roberts?».
Malfoy, ancora concentrato sul proprio lavoro, non si scompose. «Non più del solito».
  «Credevo che da qui avessi un punto di vista più stimolante» disse, ignorando sfacciatamente il ragazzo e continuando a studiare Rose.
Lo sguardo che Malfoy affilò fu talmente tanto gelido che Rose aspettò paziente il momento in cui Alan Doyle si sarebbe tramutato in un’unica statua di ghiaccio. «E perché dovrei andare a cercare stimoli dalla Weasley?».
Le gote indulgenti di Rose si lasciarono imporporare di macchie cocenti. Nascose con vergogna dietro la schiena la mano ancora scossa dalle carezze del ragazzo.
Il formidabile fiuto Serpeverde per i guai sembrò aver dimenticato di prendere residenza in Alan Doyle, che si sentì particolarmente ispirato da aggiungere. «A me invece qualche ripasso farebbe comodo».
La mano di Malfoy si chiuse a pugno attorno alla boccettina finalmente sigillata. Con estrema lentezza si alzò dalla sedia e si arrestò qualche secondo davanti a Doyle, limitandosi a guardarlo dall’austerità della sua altezza, per poi voltargli le spalle e andare via, non prima di aver sussurrato «Accomodati».
Per un solo momento Rose fu tentata di schiantare Alan Doyle e di correre dietro Malfoy per riportarlo indietro da lei, all’idillio che avevano condiviso poco fa, e che sembrava già così irreale.
La dignità le schiaffeggiò il volto con la stessa irruenza con cui Vincent Nott le passò davanti, recitando un venefico «Weasley». Più che un saluto, il richiamo del ragazzo sembrava una riluttante constatazione.
  «Nott» scandì lei causticamente.
Le immagini del disprezzo di Walder, del compiacimento dei Tre dell’Avanguardia e del tormento di Penelope perpetrarono nella sua mente, soprassedendo ogni altra intenzione. Rose guardò Vincent Nott richiamare Doyle con un gesto di asettica superbia, ripromettendosi di rovinargli la vita alla prima occasione possibile.
Alan le sfiorò la spalla per richiamarne l’attenzione per l’ultima volta e con una strizzata dell’occhio disse «Non dimenticarti la mia proposta, dolcezza».
 
Quando mise piedi fuori dall’aula, Johanna Jordana la aspettava con le spalle poggiate al muro e una sigaretta già roteante tra le dita.
  «Pessima lezione?» constatò Joa con una smorfia. 
«Che domande! è una lezione di Roberts, per di più di sabato»
  «Hai da fare stasera?».
  «Dipende dalla proposta».
  «Infiltrarci nel Dormitorio Serpeverde, violando il coprifuoco e una decina di leggi che regolano la privacy».
Johanna rilasciò una nuvola di fumo nel quale si accese un sorriso lascivo. «Mi sei mancata».







PortogheseAtto di perdere l'inibizione mentre ci si sta divertendo






 
  
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