OSTAGGIO DELLA
PUREZZA
Non posso
smettere di correre. Se lo facessi... non oso immaginare cosa potrebbe
accadere. Sento il suo fiato sul collo, ma non c'è nessuno
dietro di me.
La sento
ovunque. È ovunque. Mi
osserva costantemente e non ho vie di
fuga, non so nemmeno perché io stia scappando in questo
bosco. Perché sono
venuta proprio qui?
Il profumo
dei pini mi riempie il naso, mentre la luce di una pallida luna piena
fa fatica
a penetrare la boscaglia.
È
terribilmente buio, ma posso sentire il terreno umido e irregolare
sotto i miei
piedi. Posso ancora fidarmi delle mie sensazioni? La musica... la
musica non
smette mai.
Mi
tormenta giorno e notte da settimane, prima lieve, adesso assordante,
il suo
canto non cessa mai, mai, mai.
Mi chiama,
la sua canzone mi chiama, con una delicatezza tale da farmi terrore.
Eppure, mi
attira così tanto, senza nemmeno sapere il perché.
Chi mai mi
avrebbe creduta? Mi avrebbero sbattuto in un manicomio, magari drogata
con dei
farmaci, lasciandomi alla mercé di... qualunque cosa sia
questa.
Non era
assordante, non copriva completamente i miei pensieri, era invece una
dolce
ninna nanna sussurrata da lontano: non mi stancavo mai di sentirla.
Forse
è
per questo che ho aspettato così tanto prima di far
qualcosa, prima di rendermi
conto che poteva essere pericoloso: in cuor mio, non volevo che finisse.
Quando mi
accorsi di star canticchiando quella cantilena in continuazione, quando
mi
svegliai nel cuore della notte desiderando di urlare a squarciagola,
sognando
di incontrare l'essere che mi desiderava tanto, in quel momento
abbandonai
tutto e iniziai a correre.
Prima fuori
dalla mia stanza, poi fuori da casa mia, poi in mezzo alla strada e poi
nel
bosco, senza fermarmi un attimo, come se l'istinto stesse cercando di
salvarmi.
Il mio
terrore è ben più forte del dolce ammaliamento:
non posso più smettere di
correre.
Mi
prenderà,
prima o poi lo farà, lo sento nelle ossa. Non importa quanto
io fugga veloce,
il mio sentiero tornerà indietro in una spirale da cui non
posso evadere.
La sua
canzone possiede armonie che non pensavo nemmeno potessero esistere:
è una voce
sola ma, allo stesso tempo, sono multiple. È musica nella
musica, meravigliosa
e terribile.
Continua a
sussurrarmi di venire da lei. Mi vuole disperatamente, mi corteggia
come
un'amante stendendomi tappeti di fiori ovunque io cammini.
Tesse lodi
con voce cristallina, parla di amore e desiderio; dice che
c'è qualcuno che mi
ama più di ogni altra cosa e lei è qui per
portarmi da Lui.
La
dolcezza della sua lingua stride con la paura che mi gela il sangue
all'idea.
Stringo i denti e continuo la mia corsa, quando inciampo in una radice
e
ruzzolo a terra, sbucando in un piccolo spiazzo libero dagli alberi,
con gli
occhi volti alla sfera celeste.
Il mio
fiato crea nuvole di vapore condensato, mentre le stelle vegliano sul
mio corpo
stanco: ora la canzone è assoluta nelle mie orecchie.
Schiudo le
labbra tremanti, intonando alcune note senza nemmeno aver controllo
delle mie
azioni. Contro il mio volere, con la schiena accarezzata dalla terra,
canto di
un desiderio che non mi appartiene, ma che esce comunque dalla mia
bocca.
Ora
è
anche il mio desiderio.
C'è qualcuno che dice di amarmi, e io
lo amo. C'è qualcuno che mi desidera, che mi promette di
volare più in alto di
chiunque altro, di regalarmi cose che non esistono in questo mondo. Mi
invita a
percepire il calore del fuoco nel mio petto e il silenzio del vuoto che
mi
circonda.
Mi alzo
lentamente, è come se fossi all'interno di un sogno; cerco
in ogni modo di
svegliarmi, di ribellarmi a tutto questo, ma il sonno è
troppo profondo e mi
caccia indietro.
Sono
costretta a provare le emozioni che Lui vuole che io provi. Passo dopo
passo,
nota dopo nota, mi trovo a camminare sulle sponde di un piccolo lago,
circondato dalla foresta; la luna piena si tuffa nelle sue chiarissime
acque
con nastri argentati, ovunque i miei occhi si posino non c'è
altro che luce
danzante.
Il mio
corpo ipnotizzato è diventato come un vascello in balia
della tempesta; il mio
io è qui, aggrappato alla mia anima in preda al terrore,
guardandomi fare cose
di cui non ho il minimo controllo e sentendomi cantare la melodia
più dolce del
creato senza poter cambiarne le sanguinanti parole.
Mi dirigo
verso il centro del lago, l'acqua gelida entra nelle scarpe: sembra non
abbia
fine, la profondità non aumenta mai.
È
una
carezza gentile su una distesa di luce liquida, non credo nemmeno che
questo
posto esista davvero.
Una
pallida figura gode dei freddi raggi lunari, ammaliata da sussurri che
può
ascoltare solo lei; non distinguo niente della sua forma, tranne che
per i
lunghi capelli eterei e un corpo nato nel vetro cristallino.
Esiste e
non esiste allo stesso tempo, la sua massa cambia idea su come
mostrarsi a me
in modo repentino.
Mi chiama
a sé come una sirena con i marinai, non posso resistere in
nessun modo; mi
avvicino guardinga, con gli occhi pieni di sublime bellezza e la mente
che urla
di terrore. Pochi centimetri ora ci separano: cantiamo insieme la
melodia della
Morte.
L'essere
mi sposta una ciocca di capelli dalla fronte e saggia la mia figura,
girandomi
intorno come a voler ammirare il frutto della sua caccia, poi accarezza
gentilmente il mio viso, facendomi rabbrividire: il suo terribile tocco
è
gelido, e la sua mano sembra fatta di ghiaccio. Faccio per
allontanarmi, ma lei
mi blocca con un semplice gesto.
Il mio
corpo decide di non opporsi. Il suo dito elegante e affusolato passa
sulle mie
labbra con fare lussurioso e mi si incendia il sangue all'istante:
è come se io
avessi aspettato quel momento per tutta la vita.
Dice di
desiderarmi a tal punto, nessuno lo aveva mai fatto prima. Ora la sua
canzone
parla d'amore, di quello fisico e primordiale, promette di donarmi un
piacere
senza fine... e io ci credo.
Rispondo
al suo canto col mio, poi lei sorride in modo inquetante e si avvicina,
sempre
di più; prende il mio mento tra le punte delle dita e mi
dà un lungo,
dolcissimo bacio.
Chiudo gli
occhi e mi lascio andare, ogni fibra del mio corpo si arrende a quel
contatto:
è come fare l'amore con una divinità.
Ne voglio
ancora, di più, non riesco a farne a meno. È una
droga che mi consuma
velocemente ma, più mi aggrappo a lei, più cerco
di rubare quei baci come un
animale furioso, più mi sento morire, in senso letterale.
Sento
chiaramente che si sta nutrendo della mia anima: la strappa morso dopo
morso,
come una mela matura.
Eppure...
non riesco a fermarmi.
Incredibile
come qualcosa di così etereo possa avere la forza necessaria
per spingermi a
terra e tenermi ancorata a essa, passando le labbra sul mio collo,
toccando il
mio petto come a voler verificare che il mio cuore battesse ancora.
Lo sento
in gola, quello: tuona come un tamburo tribale, potrei vomitarlo in
qualunque
momento.
Il mio io
sta lentamente svanendo, intrappolato in quel corpo che non vuole
più
obbedirmi; la vista si annebbia a poco a poco, i rumori diventano
ovattati e,
tutto ciò che desidero, è possedere colei che mi
sta uccidendo in modo cosí
subdolo.
Ho perso
la concezione di spazio e tempo, ma ormai sta accadendo l'irreparabile:
il mio
boia sta per raggiungere il culmine del mio piacere.
Il suo
viso si avvicina pericolosamente al basso ventre e, se lo
farà, la mia anima
sarà completamente divorata.
Con un
ultimo sprazzo di volontà urlo nella mia mente, urlo
così forte da disturbare
la musica eterna che mi tiene incatenata, ma non è
abbastanza per spezzare
l'ipnosi.
Un gelo
dolorosissimo si irradia per tutto il mio addome: le dita dell'essere
vogliono
sbarazzarsi dei miei vestiti, vogliono ciò che di
più intimo possiedo.
Ci
siamo... è finita. Assisto alla mia fine come uno spettatore
a teatro, con un
bel posto in prima fila per ammirare la mia discesa nell'oblio.
All'improvviso,
uno stridio terribile mi ferisce le orecchie. Sembra il rumore prodotto
da
lamiere che strusciano tra di loro, così acuto e doloroso da
farmi urlare, non
riesco nemmeno a percepire il suono della mia voce che esce dalla gola.
Mi porto
le mani alla testa per attutire quell'inferno, mentre l'essere si
allontana
velocemente da me in preda agli spasmi.
Dopo
interminabili minuti, finalmente quel caos termina, lasciandomi
agonizzante al
suolo; la testa mi duole con prepotenza, sembra che qualcuno l'abbia
presa a
picconate.
Sto ancora
rantolando, quando mi rendo conto di una cosa fondamentale:
l'incantesimo è
rotto. Posso... posso muovermi. Il mio corpo risponde ai miei comandi.
L'essere
urla dal dolore, devo approfittarne: mi alzo barcollando e ricomincio a
correre, come non ho mai corso in vita mia.
Ormai ho
capito che quella cosa mi rintraccerà sempre,
così prendo una direzione a caso
e mi ci butto a capofitto: le mie gambe paiono volare.
Mi sento
leggera mentre sfreccio tra gli alberi, come se anche io fossi
diventata
eterea; le radici non sono più un ostacolo, il buio della
foresta non mi
spaventa più: c'è molto di peggio di cui aver
paura. E mi sta inseguendo.
Corro per
quella che sembra un'eternità, mi fermo solo per riprendere
fiato; appoggio la
schiena a un tronco spigoloso e mi lascio scivolare a terra,
elemosinando aria
ad ogni respiro.
L'adrenalina
che mi ha permesso di compiere una simile impresa inizia a scemare,
realizzando
solo ora di aver visto la Morte in faccia.
La
Morte... io stavo morendo. La sublime bellezza di cui il mio corpo si
era
innamorato lascia spazio al terrore, alla paura più nera.
Mi
raccolgo nelle braccia e tremo come una foglia, scossa da singhiozzi
così
vigorosi da causarmi conati di vomito e inumidire il mio volto di
lacrime.
Ora cosa
faccio? Dove scappo? Non ho vie d'uscita, mi catturerà di
nuovo... forse dovrei
rimanere qui, in attesa dell'inevitabile.
Sto per
rassegnarmi
all'idea di lasciare questo mondo, quando sento una nuova voce, molto
più
debole e delicata della prima.
È
tornata,
mi sta cercando... oppure no? La sua canzone parla di speranza, di
forza
d'animo, invece di condizionarmi mi dona sollievo.
Mi alzo
tremolante dalla mia tomba e inizio a camminare verso la fonte di
questo
piccolo e timido suono: per qualche ragione non ne ho paura.
Certo,
potrebbe essere una trappola, ma... non lo so. Non sento la fame che
aveva
l'altro essere, questo è qualcosa di puro in cui percepisco
affinità.
Mi rendo
conto di essere tornata allo spiazzo libero in cui ero cascata prima,
ma ora
sembra essere più tranquillo.
La luna
è
ancora lì. Illumina tutta la zona circostante con i suoi
pallidi raggi e mi
permette di vedere come alla luce del sole.
Al centro
vi è una figura simile all'entità, ma stavolta
non assume nessuna forma: è una
piccola massa vagamente umanoide, non distinguo niente di particolare
in essa.
Sembra incompleta, molto meno definita dell'altra.
Alla mia
vista,
la cosa smette subito di cantare e fa cenno di avvicinarmi.
Obbedisco
cautamente, come si fa con gli animali per non spaventarli,
finché non sono
davanti a essa; inclina la testa leggermente di lato e assume
un'espressione
caritatevole, pietosa nei miei confronti. E triste... sì,
sembra triste.
Rimango in
silenzio e mi siedo a terra sull'erba fresca: la cosa sembra non poter
parlare
in modo normale.
Ricomincia
a cantare, a bassa voce, forse per non essere sentito dall'altra
entità:
racconta di essere uno spirito, gli avanzi di un'anima divorata. Il
primo. È
già successo altre volte, chissà quanto tempo fa,
ed è stato lui o lei ad
aiutarmi.
La canzone
ora diventa più vigorosa: ha deciso di salvare tutte le
vittime di questa
cacciatrice, non vuole che ciò che gli è capitato
accada di nuovo.
Sta per
aggiungere altro quando il magnifico richiamo della mia tentatrice
ricomincia,
più forte e ammaliante di prima.
Mi porto
le mani alla testa: la sua melodia superiore mi penetra il cervello con
violenza, ho di nuovo la sua voce nelle orecchie.
Il mio
nuovo amico non può competere, ma ce la mette tutta per
aiutarmi: prova a fare
un controcanto incalzante, sgraziato, in modo tale da rendere meno
armoniosa la
musica mortale della mia inseguitrice.
Per un po'
funziona, ma non dura a lungo; proprio come il tristo mietitore, ella
mi
raggiunge senza possibilità d'appello, sorridendo con quelle
dolcissime labbra
che mi stavano divorando l'anima.
Ora siamo
in tre in questa arena sorvegliata dagli alberi; la cacciatrice canta
di nuovo
la sua canzone, fermamente convinta che funzionerà ancora,
mentre il mio amico
rimane in silenzio.
Che abbia
deciso di abbandonarmi? Che non sia in grado di aiutarmi?
Il mio
corpo freme di nuovo al desiderio di essere toccato da colei che vuole
spezzare
la mia vita: è solo questione di tempo prima che mi
ipnotizzi come la prima
volta.
Le lacrime
ricominciano a scendere da sole, rassegnate al destino che mi attende
dopo che
lei avrà banchettato con il mio corpo e la mia mente, quando
il mio piccolo
alleato intona una cantilena oscura, dalle parole nere.
A quanto
pare, la Morte verrà comunque a decorare la mia tomba con
fiori sgargianti, ma
posso scegliere come consegnarmi tra le sue braccia.
Il mio
amico mi sta suggerendo di togliermi la vita e di offrirla a lui. La
mia anima
sarà al sicuro nelle sue mani e la traghetterà
dove è giusto che stia, mentre
l'alternativa è diventare come lui. Vuoto... per sempre.
La
cacciatrice sembra infastidita dall'altra presenza, tanto che diventa
più
opprimente, più pressante.
Il sangue
bolle nelle vene, voglio di nuovo quella droga, voglio di nuovo quei
baci, il
mio corpo mi sta implorando di
tornare da lei e di saltare
nell'oblio.
Però...
è
sbagliato. Tutto questo è sbagliato. Non posso permetterle
di farlo, non posso
gettare il dono che mi ha fatto questo piccolo spirito, ma con quale
coraggio
posso stroncare la mia vita? Come posso levare la mano contro di me?
Ricomincio
a tremare, abbandonandomi a un pianto disperato; le voci dei due esseri
si
mischiano e sovrappongono in continuazione, ormai è
diventata una sinfonia.
Salvezza
da una parte, oblio dall'altra. Il gesto estremo più
terribile di tutti oppure
il piacere più assoluto. Il loro dualismo mi spezza la
coscienza, non posso
andare avanti oltre.
Con tutto
il dolore del mondo, decido di accogliere la richiesta del mio amico e
donargli
la mia anima. Mi dirigo verso il lago argenteo, seguita dalle due
entità; la
cacciatrice passa dal cantare a urlare in senso letterale: è
disperata a tal
punto da cercare di fermarmi a tutti i costi, mentre lo spirito rimane
in
silenzio.
Guardo
quello spazio sconfinato e luminoso come una galassia, godendomi questi
ultimi
istanti di bellezza. Mi sento stanca come non mai, quelle dolci acque
mi stanno
invitando a gettarmici dentro.
Tiro un
lungo e sommesso sospiro, giro le spalle a quella che sarà
la mia tomba e mi
fermo, pronta a buttarmi tra le sue braccia. Ci siamo... ci siamo.
Esito
nuovamente, la canzone della tentatrice diventa insopportabile. Voglio
che
finisca... voglio solo che finisca.
Mi lascio
cadere all'indietro e il lago diventa profondissimo come per magia;
precipito
sempre più in profondità e, finalmente, il rumore
assordante diventa ovattato.
La pace,
il dolce silenzio! Sorrido allo spirito che mi sta tendendo la mano per
seguirlo e gliela afferro con il cuore colmo di
tranquillità. È questo che si
prova quando si muore? Che sia questa serenità assoluta?
All'improvviso
accade qualcosa di strano, sento il braccio tirare con vigore: il mio
amico mi
sta trascinando fuori dall'acqua prima che io possa chiudere gli occhi
per
sempre, come se ci avesse ripensato.
Riemergo a
nuova vita cercando l'aria tanto agognata, accarezzata dalla luce della
luna e
dalla brezza leggera che mi fa rabbrividire. Sono morta? No... non
è così.
Non mi
sono mai sentita tanto viva, tanto serena. Per un momento ho camminato
accanto
alla Morte tenendoci mano nella mano, per poi tornare a respirare di
nuovo.
Mi guardo
intorno: il lago è sparito, perfino i miei vestiti non sono
più bagnati. Era
tutta un'illusione?
Cerco lo
spirito che mi ha salvata di nuovo lì intorno, ma non trovo
niente. Non c'è più
musica nella mia mente, non c'è più nessun canto.
Non può essere stato tutto un
sogno, non lo potrei sopportare.
Come se mi
avesse sentito, il mio salvatore appare al centro del lago: la sua
espressione
pare sollevata, seppur ancora triste. Mi avvicino e, come la prima
volta, mi
siedo davanti a lui.
Stavolta
la sua canzone è più calorosa, ma incorniciata da
note basse, come a voler
enfatizzare l'amarezza di ciò che ho fatto: l'unico modo che
aveva di salvarmi,
era di mentire.
La
cacciatrice raccoglie anime per suo Padre, perennemente affamato,
attirando persone
dall'anima pura per poi stregarle e divorarle. Dovevo in qualche modo
macchiare
la mia anima per poterle sfuggire, commettere un peccato
così grave da privarmi
per sempre della sua purezza.
Ero
disposta a togliermi la vita e stavo per farlo sul serio, tanto
è bastato per
esorcizzare la mia sentenza di morte.
Ironico...
davvero ironico. Per rompere la maledizione ho dovuto maledirmi, come
quando
due negazioni formano un'affermazione. La mia più grande
qualità è stata la mia
condanna.
La
terribile voce della cacciatrice non mi raggiungerà
più, posso continuare a
vivere... ma a che prezzo.
È
poi così
importante ciò che ho perso? Immagino di sì, ma
non posso ancora comprenderlo
fino in fondo. Sono ancora immersa in questi pensieri, quando lo
spirito sembra
leggermi nella mente e mi rivolge la parola per la prima volta.
«La
dolcezza del sollievo ti appaga, ora ti sembrerà banale quel
che hai
sacrificato. Ciò che hai vissuto questa notte non
è altro che la metafora della
vita: un eterno, doloroso compromesso per poter continuare a camminare
su
questa terra».
Inizia a
muoversi e mi fa cenno di seguirlo. Camminiamo per molti minuti in
silenzio,
mentre rifletto su ciò che ha detto: forse ora non lo
capisco, ma ho barattato
qualcosa di estremamente prezioso per la mia salvezza.
La vera
domanda è: quanto è stata terribile la mia
scelta? Quanto salato dovrò pagare?
Penso lui lo sappia bene... ha perso tutto di sé stesso.
Camminiamo
ancora e mi rendo conto di conoscerlo questo sentiero: mi sta
accompagnando a
casa. Stavolta, le lacrime che mi rigano le guance sono di
felicità.
«Apprezzo
la tua gratitudine nei miei confronti. Questo è il mio
compromesso: vivo
attraverso le vite che salvo da quel mostro».
Si gira e
fa per andarsene, proferendo le sue ultime parole.
«Promettimi
che, di tanto in tanto, penserai a me e a ciò che hai fatto.
Promettimi che
proverai tristezza, che verserai qualche lacrima... dovremmo essere
sempre un
po' tristi per le cose belle che perdiamo, qualche volta. A noi
dimenticati ci
permette di ricordare che, una volta, eravamo importanti per
qualcuno».