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Autore: NyxTNeko    08/03/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Parigi, 24 febbraio

Se la situazione in Corsica si stava facendo sempre più complicata, lo stesso poteva dirsi in Francia, in guerra con tutte le potenze europee, capeggiate dalla sua acerrima rivale, l'Inghilterra. Era circondata da nemici e i francesi sapevano fin troppo bene che non era possibile ottenere una tregua, altrimenti sarebbero stati travolti dalla controrivoluzione. Per questo, in molti, si erano resi conto che la dichiarazione di guerra al Regno Unito e all'Olanda era stato un passo azzardato. Tuttavia non potevano tirarsi indietro, c'erano troppe cose in ballo, in particolare le conquiste della rivoluzione.

Cosa avrebbe pensato il popolo se avessero ritirato la loro dichiarazione? Avrebbero considerato i vertici del potere dei codardi al pari del re e, di conseguenza, avrebbero provato nostalgia per il vecchio mondo. Era una circostanza da evitare a qualsiasi costo. I Girondini avevano passato le ultime notti in bianco, riflettendo sulla proposta di dover estendere la leva obbligatoria a tutti i cittadini francesi.

Saint-Just, il più giovane deputato della Convenzione e anche il più radicale aveva, inoltre, ideato un modo per superare il problema dell'esercito, che aveva esposto prima ai suoi colleghi Giacobini, poi all'intera convenzione: un'amalgama, ossia una ricostruzione dei reggimenti militari, fondendo i battaglioni dei volontari con i regolari, dall'uguale paga, che era stata approvata poche ore prima.

- È l'unica possibilità che abbiamo per poter ingrossare le fila dell'esercito e avere la possibilità di resistere il più possibile agli attacchi della coalizione - ripeté per l'ennesima volta Brissot, stufo di dover ancora ripetere quel concetto. Neanche a lui stava bene una simile decisione, ma non vi erano altre opzioni, oramai.

- Il popolo si ribellerà! - esclamò un giovane deputato, tra gli spalti, che non apprezzava molto la decisione presa dal capo del partito - E non possiamo permetterci di inimicarci anche il popolo!

Brissot batté la mano sul legno dello spalto e sbottò - E sentiamo, avete altre soluzioni da proporci per evitare ciò? Non starete pensando mica di ritirare le truppe e di arrenderci spero, perché altrimenti sarebbe l'errore più grande della nostra carriera politica!

- Perché no? Non abbiamo ottenuto delle grandi vittorie ultimamente, questo perché non abbiamo ufficiali adeguati, preparati! - ricordò il ragazzo, sostenuto da alcuni membri dei Montagnardi e della Palude, i quali avevano scelto di schierarsi dalla parte popolare - Inoltre molti dei nostri uomini migliori, fuggiti all'estero, ora combattono contro di noi, è una vera guerra fratricida questa! Non posso tollerare che anche la povera gente muoia per mano di francesi!

- Le vostre giustificazioni sono nobili, ma la resa non è contemplata, perciò imporremmo il reclutamento di massa e continueremo a combattere, che vi piaccia o no - ribadì con forza Brissot, fissando il deputato impavido - La Rivoluzione è l'unica cosa che conta, ora, i popolani hanno voluto scatenare l'Europa contro di noi, volendo giustiziare il re, e saranno tutti a pagarne le conseguenze, se ci tiriamo indietro non saremo migliori dei controrivoluzionari...

Nessuno ebbe il coraggio di contraddirlo così, Brissot e i Girondini, pubblicarono l'annuncio alla Nazione, in cui si specificava che avrebbero avuto bisogno di almeno 300.000 unità. Inoltre chiunque si fosse rifiutato di prendere le armi, sarebbe stato giustiziato senza alcun processo, immediatamente, per diserzione. Com'era prevedibile questo, quasi immediatamente, sollevò, in tutto il paese, le masse, provocando notevoli disordini e crescente impopolarità, in particolare dei Girondini, che si stavano dimostrando incapaci di far fonte alla politica economica.

Il prezzo dei generi alimentari stava aumentando a dismisura, così come l'inflazione, per via degli assegnati, che in breve tempo erano diventati carta straccia. I produttori, infine, preferivano immagazzinare i loro prodotti alimentari, piuttosto che scambiarli con carta di pochissimo valore, per evitare perdite. Lo spettro della fame riprese a serpeggiare nuovamente tra le città e i borghi francesi, fomentando notevolmente le rivolte - Abbassate il prezzo del pane! 

- Siete dei ladri, ci avete ingannato peggio del re! - gridavano a gran voce lanciandosi contro le porte del palazzo della Convenzione Nazionale.

- State privilegiando solamente il mercato nero, il liberalismo e le classi più ricche quando dovevate farlo con il resto, senza alcuna distinzione! Dov'è l'uguaglianza che tanto urlavate? - sbraitò ferocemente un membro dei Montagnardi, con il petto in fuori, gesticolando ardimentoso - Io mi rifiuto di continuare a sostenere questo governo, se non farete immediatamente qualcosa, presto la Rivoluzione si autodistruggerà, proprio come vogliono i nostri nemici!

- Il collega ha ragione, il popolo non può morire di fame dopo tutte le promesse che gli abbiamo fatto! - confermò un altro al suo fianco, allo stesso modo del suo compagno - La gente comune si aspetta grandi cose da noi, perché si è fidata, ed ora noi tradiamo la loro fiducia? No, nemmeno io ci sto!

- Dimettettevi Girondini!

- Incompetenti! Incapaci!

- Volete la guerra solo per finanziare le classi borghesi!

Il brusio si era presto trasformato in grida e minacce aperte, lanciate dalle varie fazioni, sostenitrici dell'una o dell'altra soluzione. Ben presto il caos la fece da padrone e le voci si soprapposero, generando una confusione indescrivibile. Qualche membro della Convenzione, nonostante ciò, restava in silenzio, ad assistere a quella scena con profonda disapprovazione, tra questi vi era Robespierre, che non tollerava minimamente l'atteggiamento liberale dei Girondini. 

Stava già sorvolato su molte leggi e norme sostenute da loro, come, per esempio, l'estensione della leva obbligatoria a tutti i cittadini. Adesso, però, non poteva soprassedere pure su tale aspetto, il calpestare uno dei principi base della Rivoluzione, l'uguaglianza, l'ideale più nobile, alto e il più difficile da attuare e mettere in pratica, era inconcepibile ai suoi occhi.

Ricordava ancora la vita di stenti che aveva avuto dopo la morte della madre, a causa del parto e l'abbandono del padre caduto in depressione, era dovuto crescere in fretta per mantenere i suoi fratelli, tra cui il pacato Augustin, essendo il primogenito. Era stato un allievo modello, fin da giovane era nata in lui la scintilla dell'avvocatura, per difendere la povera gente costretta a rubare o a compiere altre terribili delitti per un pezzo di pane. Lo divenne.

Sperò, come molti in Francia, che Luigi XVI facesse qualcosa per cambiare la società, invece si era comportato come gli altri. Aveva toccato con mano quel mondo, per questo, non poteva accettare che altre persone dovessero soffrire la fame per degli ordini dall'alto. Desmoulins, amico da sempre dell'avvocato di Arras, lo guardò, nonostante avesse indosso gli occhialini scuri che nascondevano i suoi occhi castani, intravide i suoi sentimenti e li condivise.

Anche per Saint-Just l'approvazione del popolo era ciò che contava al momento. Non potevano concedersi il lusso di andare contro la massa - Non dite niente? - domandò ai suoi amici più anziani - Dobbiamo ribadire la nostra posizione! - insistette il giovane uomo, sistemandosi un ciuffo di capelli corvini davanti gli occhi scuri e penetranti.

- Litigare in questo modo non aiuta il paese - fu la risposta di Camille Desmoulins - Dobbiamo dimostrare ai francesi che noi siamo dalla loro parte, Louis

- Camille ha ragione - emise Robespierre - In questo momento ai francesi servono il pane e le armi, se gli daremo il primo, accetteranno il secondo senza alcun indugio, come hanno sempre fatto, purtroppo non abbiamo altra scelta che continuare a guerreggiare contro i nemici della nostra Rivoluzione! - s'infervuorò l'avvocato, aggiustandosi gli occhialini - Seppur io non approvi la guerra e la violenza, dobbiamo farlo, per liberare l'Europa intera dalla tirannia dell'assolutismo e per dimostrare di essere il popolo più progredito, perché agiamo in nome della Ragione e non di un Dio! Per questo ho approvato la tua proposta, ci sono battaglie che non si possono combattere con le parole, a volte è necessaria la forza...

Quelle parole risuonarono nelle orecchie di Saint-Just come poesia, non poteva non essere d'accordo con ciò che aveva detto. Si fidava del giudizio del suo compagno più anziano, della sua incorruttibilità. Per lui non esisteva una persona migliore di Maximilien, perciò si rasserenò, sapendo che i francesi erano con loro.

Ajaccio, 27 febbraio

Napoleone era tornato nella sua città dopo un viaggio di ritorno più rocambolesco di quello dell'andata. Aveva lottato contro se stesso per evitare di scagliarsi sul riottoso equipaggio, se lo avesse fatto era più probabile che lo avrebbero gettato in mare senza troppi problemi. Per questo si era chiuso nel suo angolino e tra una riga e l'altra del libro che tentava di leggere, aveva pensato a come vendicarsi di quel maledetto Paoli.

Per prima cosa aveva fatto sbollire la rabbia, lasciarsi trasportare dalla furia che aveva in corpo non era il metodo migliore per elaborare un piano soddisfacente, anzi avrebbe provocato solamente danni inutili, oltre a dover rimettere in mare con più frequenza. L'unico modo davvero efficace per raggiungere il suo scopo era il ragionamento a sangue freddo, quell'ira lucida e spietata capace di far compiere all'uomo azioni peggiori rispetto a quelle messe in atto tramite il puro istinto, in quanto generate dalla mente, lo strumento più elevato dell'essere umano.

A lui non importava minimamente della morale, in quel momento, vedeva quell'umiliazione come un affronto, una vera e propria dichiarazione di guerra, per cui si sentiva libero di poter adoperare ogni tipo di strategia possibile. Doveva mantenere fede a quel giuramento fatto dinanzi ai suoi fratelli, era una questione d'onore.

Quando rientrò in casa sua madre notò la sua pessima cera, era trasandato più del solito, i capelli in disordine, la barba incolta di giorni, pesanti borse sotto gli occhi incavati, delle occhiaie così scure che parevano unite alle cavità oculari, rispecchiando il suo stato d'animo. In quelle iridi grigie risplendeva, come un lampo sinistro, la voglia di vendetta. Era più teso di una corda di violino - Santo cielo, Nabulio, vieni dentro, fatti dare una sistemata...

- Non ne ho bisogno, madre - disse apparentemente calmo, non appena chiuse la porta alle sue spalle - Sto benissimo, nonostante la spedizione fallimentare, sto benissimo - strinse i pugni furioso, trattenendo un fremito tremendo. Il suo respiro era affannato.

Letizia ebbe paura anche semplicemente di toccarlo, per evitare che potesse esplodere e buttarsi contro chiunque gli capitasse sottomano - Mi...mi dispiace molto per quanto accaduto, figlio mio - sospirò la donna, sinceramente preoccupata per il destino dei corsi e dell'isola. Conosceva bene suo figlio e sapeva che se si era ridotto in quello stato era per vendicarsi di quello che gli avevano fatto. Non osava incrociare quegli occhi gelidi e infuocati al tempo stesso - Non avrei mai immaginato che...

- Non pronunciate il nome di quell'uomo, per favore! Mi sale la nausea solo udendolo - proferì duro, guardandola fisso. Quella compostezza così matronica, così dignitosa lo colpiva ogni volta, gli trasmetteva un senso di resistenza fuori dal comune, come se nulla al mondo potesse farla crollare. Era salda come una roccia.

"Pasquale che cosa avete fatto?" si chiedeva Letizia delusa e leggermente adirata nei confronti di quell'uomo che stava ingannando tutti, specialmente coloro che lo avevano sostenuto e adorato, come il suo Napoleone. Avrebbe dato la vita per lui, se solo non si fosse rivelato per quello che era: un uomo meschino e ingrato. "Anni di amicizia andati in fumo, oh Carlo, se solo fossi qua..."

- Mio padre non avrebbe risolto nulla, madre - le rispose Napoleone acido, mentre sistemava la poca roba che aveva portato con sé, scaricando parte del nervosismo su altro - A Paoli interessano altre famiglie, ormai, noi siamo solo una spina nel fianco, per lui...

La donna lo fissò stralunata, era riuscito a leggere il suo pensiero, gli era bastata un'occhiata soltanto per entrare nella sua testa. Comprese il perché riuscisse a carpire il comportamento del suo prossimo. Una goccia di sudore scese dalla fronte, era leggermente spaventata da questa capacità del figlio.

- Non dovete preoccuparvi madre - riprese il discorso posando la sacca per terra, riavvicinandosi a lei. Letizia vide un cambiamento nei suoi modi, era più calmo - Ho già in mente come divertirmi con lui - ghignò leggermente.

- Divertirti? - sbottò la donna sempre più incredula.

- Paoli si è divertito con voi e con me, in questi anni, e la spedizione in Sardegna è l'ultimo tassello del grande mosaico che quel maledetto aveva in mente per noi - riferiva il ragazzo con una semplicità, na lucidità disarmante, terrificante - Adesso tocca a me - ribadì convinto - Gli farò passare per sempre la voglia di prendermi per i fondelli in questo modo! - sollevò il pugno e diede un colpo al tavolo.

Il bussare della porta interruppe, per il momento, la conversazione. Un servo andò ad aprire la porta e Luciano entrò, quando scorse il fratello rientrato, in quel modo, ebbe la conferma della fondatezza delle voci diffusasi in quei giorni: la spedizione era solo una farsa organizzata da Paoli e i suoi alleati - Nabulio, te l'avevo detto io che era una trappola! - affermò, ridacchiando, il terzogenito.

Sul viso di Napoleone scese una lunga ombra, essere rimproverato in quel modo da un ragazzino gli fece più male della ripicca del Patriota. Letizia lanciò un'occhiata di stizza a Luciano, quest'ultimo non ci diede peso. Per lui era assolutamente normale correggere degli errori commessi persino dai familiari - Dovresti affidarti più al buon senso che...

- Taci! - urlò rabbiosamente Napoleone, facendolo sobbalzare - Stai zitto! Tu non sei nessuno per rinfacciarmi questo! Chiaro?

Luciano, atterrito da quel tono furente, annuì timidamente. Ecco che in quel momento aveva l'immagine di suo fratello come un tiranno collerico. In parte la sua rabbia, il suo livore erano giustificabili, il trattamento riservatogli avrebbe fatto saltare i nervi a chiunque. Dall'altra, però, non accettava che lo trattasse così, che non fosse in grado di sopportare una critica, fatta con intento scherzoso.

- Non volevo offenderti, Nabulio - si scusò Luciano seppur con poca voglia.

Napoleone sospirò e si scusò a sua volta - Mi arrabbio per nulla - disse infine. Si massaggiò le tempie, lo scrutò accigliato, per poi chiedergli - Mi aiuterai?

Luciano sbatté le palpebre un paio di volte, non riuscendo a collegare il filo tra i due discorsi - Per cosa?

- Per la vendetta, ovvio - fu la risposta secca, immediata, tagliente del secondogenito.

Luciano non ci pensò due volte, dimenticò quanto accaduto pochi istanti prima e confermò deciso - Certo fratello, sono con te, qualsiasi cosa tu voglia fare...

- Bene, sapevo che non mi avresti detto di no - sorrise maligno Napoleone, con il fratello al suo fianco sarebbe stato tutto più facile e divertente - Non sarà una vendetta immediata, fratello, come sai è un piatto che va servito freddo, perciò per il momento dobbiamo semplicemente stare a guardare ciò che fanno entrambe le fazioni, solo quando te lo dirò io, agiremo, intesi? - specificò in modo da non essere frainteso, agendo di testa propria.

Il fratello minore non riusciva ad immaginare che cosa aveva intenzione di fare, Napoleone era indecifrabile, enigmatico, cervellotico. Ma si fidava di lui, aveva intuito che quella scelta era studiata e calcolata - Va bene fratello, farò come vuoi tu

- Perfetto - esclamò Napoleone, rimirando il suo stato miserando, quell'odore disgustoso provenire dal suo corpo era insopportabile - Adesso vado a farmi un bagno, sono impresentabile...



 

 

   
 
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