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Autore: Crudelia 2_0    08/03/2020    3 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: sono sempre convinta di non farcela in tempo, invece: eccolo! In questo capitolo, finalmente, scopriamo un po’ dei pensieri del nostro professore preferito, sperando di avergli reso giustizia (incrocio le dita!).
Ancora una cosa piccola piccola: a chi ha recensito, grazie grazie grazie. Siete fantastici, e non mi stancherò di dirvelo!
 
Crudelia
 
 
 
 
 
 
 
 
Di ricerche e pessimi amici
 
 
 
Minerva osservava attenta il prato oltre la finestra. Sentiva dietro le spalle i documenti abbandonati sulla scrivania che richiamavano la sua attenzione, ma era troppo in ansia per dedicarvi la sua concentrazione.
Ansia forse non era la parola giusta.
Attesa. Stava aspettando.
Lo stava aspettando.
Da quando  Hermione le aveva chiesto, così casualmente che avrebbe potuto non accorgersene se il soggetto in questione fosse stato una persona diversa, informazioni sul suo attuale domicilio sapeva che sarebbe stata questione di giorni prima che l'uomo venisse a farle visita. Era sorpresa che fossero passato quasi due mesi.
In ogni caso, aspettava. È in ritardo, pensò.
Ma non era vero: mancavano due minuti alle dieci. Evidentemente quegli anni di riposo gli avevano fatto passare l'abitudine di presentarsi a qualsiasi appuntamento con cinque minuti d'anticipo.
Sorrise al pensiero, le mani giunte e lo sguardo perso.
Quando l'orologio a pendolo nel suo ufficio suonò il primo ritocco dell'ora vide la sua figura comparire al fondo del sentiero, nero contro il verde dell'erba smeraldina.
«È arrivato» disse, e sentì il sorriso nella sua voce.
«Puntuale come sempre, mia cara» commentò Silente alle sue spalle.
 
«Oggettivamente, Minerva, tutta questa messa in scena è nauseante» disse Severus posando la tazzina sul piattino.
«Mi fa piacere sapere che prendere un the con una vecchia amica lo trovi nauseante» rispose Minerva. Nascose un sorriso nella tazza e prese un biscotto dalla scatola di latta che l'uomo continuava ad ignorare.
L'uomo alzò gli occhi al cielo. Le era mancato, ma non glielo avrebbe detto.
«Allora,» iniziò dopo un attimo di silenzio «che novità mi porti?»
«Non fingere di non sapere della Granger, Minerva. So che sei stata tu a sguinzagliarmela contro» rispose con tono secco.
«Suvvia, Severus» Minerva sbuffò una risata «Sguinzagliare, non è certo un cane da caccia»
«No» iniziò lentamente. Minerva conosceva quel tono, e si preparò al colpo che ne sarebbe seguito. Irrigidì impercettibilmente le spalle. «È un altro tipo di canide il problema»
Per l'appunto.
Sospirò con lieve disappunto e posò la tazza per prendere tempo. Raccolse bene le idee prima di iniziare a parlare: voleva essere chiara e non dare margine a fraintendimenti. O non dare margini affatto, Severus era capace di attaccarsi ad ogni più piccolo cavillo.
«Tu non lo sai, Severus. Hermione in questi anni-»
«Non iniziare, Minerva» la interruppe. «Ho accettato di aiutarla»
«Hai- come?»
«Oh, non essere così sorpresa. Pensavo mi considerassi una buona persona» ghignò mentre prendeva la tazza fra le dita e assaporava un lungo sorso di the.
Lei continuava a guardarlo con gli occhi sgranati, lui sfoggiava la sua aria superiore, comodo sulla poltrona.
«Ma certo che sei una brava persona!» buttò fuori. «È solo... Sono... Ecco, è tutto» balbettò.
«Inaspettato?» concluse lui inarcando un sopracciglio. Minerva aveva asserito che le era mancato: ecco, ora cambiava idea. Il lato ghignante, supponente e sarcastico di Severus Piton non le era mancato per niente.
«Inaspettato, sì» soffiò. «Non è proprio il termine che avrei usato io» borbottò contro la tazza che si era portata alle labbra. Il the ormai si era fatto freddo.
«Mi ha incuriosito» ammise Piton. E il tono, morbido e scorrevole, era proprio quello di un'ammissione fatta ad un'amica, una conclusione a cui è giunti dopo averci a lungo riflettuto e non aver trovato nessun punto oscuro o di cui vergognarsi.
Minerva lo guardò meglio e si scoprì felice di vederlo in quel modo. Era rilassato.
Poteva contare sulla punta delle dita le volte in cui l'aveva visto in tale stato d'animo, e tutte risalivano agli ultimi quattro anni, da quando era stato dimesso. E in buona parte di queste, doveva ammettere, era complice un bicchiere (o parecchi di più) pieno di qualche sostanza più o meno alcolica.
«Se il tuo obiettivo non è rimproverarmi perché sei qui?» chiese, le sopracciglia aggrottate.
Piton posò la tazza e si alzò, sistemando con un gesto la camicia leggera. «Vorrei visitare la biblioteca» chiese.
 
 
 
Buona parte del pomeriggio era già passata quando Severus decise che la biblioteca non avrebbe potuto fornirgli più materiale di quello che aveva già raccolto. Avrebbe approfondito le sue ricerche nel suo laboratorio, per adesso si sarebbe limitato a raccogliere le copie dei libri che gli servivano e rimpicciolirle fino a farsele entrare nelle tasche.
Uscì dalla biblioteca e attraversò i lunghi corridoi di pietra fino all'ufficio della preside. Non camminava a grandi falcate com'era solito fare durante gli anni d'insegnamento, ma camminò con calma, godendosi la luce obliqua del sole e la calma che garantiva l'assenza degli studenti, tutti in Sala Grande per la cena. Non si pentiva della scelta che aveva fatto: lasciare l'insegnamento in favore della ricerca. Aveva scritto un libro perché, era da dire, che l'unico che avesse potuto approfittare delle sue conoscenze nell'ambito delle pozioni fosse stato Potter era davvero uno smacco. Inoltre, ciò che ne aveva guadagnato gli garantiva di sostenersi durante i suoi viaggi. E non c'era niente, niente di meglio. Nessun piano folle dell'Oscuro Signore, nessuna missione suicida da parte di Silente. Solo i suoi desideri, i suoi tempi, la sua libertà.
Come aveva detto, non se ne pentiva. Tuttavia, Hogwarts, la casa che per tanti anni l'aveva accolto, avrebbe sempre avuto un posto nel suo cuore.
 O quel che ne rimaneva. Metaforicamente, insomma.
Raggiunse il gargoyle dell'ufficio del preside attraversando bande di sole obliquo.
«Maine Coon» disse alla statua, che si spostò. Iniziò a salire le scale con uno sbuffo, pensando che si era passati da un preside che come parola sceglieva nomi di dolci ad una che sceglieva razze di gatto.
Bussò leggero, ma non aspetto una risposta per entrare. Minerva era seduta alla scrivania, una piuma in mano.
«Oh, Severus» disse alzandosi e occhieggiando l'orologio. «Ti fermi a cena?»
«Cenare con bambini rumorosi era proprio ciò che desideravo per concludere questo viale delle rimembranze» rispose sarcastico.
La donna gli lanciò una delle sue famose occhiate mentre ritirava i documenti, ma non disse niente. Entrambi sapevano che per molto tempo l'ironia era l'unica cosa che gli era rimasta.
«Hai trovato ciò che ti serviva?» chiese per cambiare discorso mentre lo accompagnava all'uscita. Almeno quello non glielo avrebbe negato.
«Qualcosa» rispose evasivo. Non voleva sbilanciarsi: troppe idee gli affollavano la mente e ancora non aveva finito tutte le sue indagini. Aveva impiegato troppo tempo ad Hogwarts, il suo prossimo consulente non avrebbe gradito una visita all'ora di cena.
Non che gli importasse.
«Spero di vederti presto, Severus» iniziò Minerva quando arrivarono al pesante portone di quercia.
Severus si girò nella sua direzione in tempo per cogliere il lampo di affetto che le attraversò lo sguardo.
Si schiarì la voce. «Ho ancora un favore da chiederti, Minerva»
La donna annuì, in attesa. «Devo sapere l'indirizzo della Granger»
Annuì di nuovo, per niente sorpresa. «Ti farò avere un biglietto»
«Al più presto» aggiunse Severus, eloquente.
Minerva sorrise. «Perché tanta fretta, vuoi mandarle un mazzo di fiori?»
L'uomo alzò gli occhi al cielo. «Sei insopportabile, Minerva»
Per tutta risposta, lei rise.
 
 
 
I cancelli ancora lo riconoscevano, ma non grazie al Marchio Nero questa volta, pesava mentre attendeva nello studio in cui era stato accompagnato.
In realtà si stava scocciando: poteva saltare tutte quelle procedure guidate dalla mera cortesia.
«Stavo cenando, Severus» la voce strascicata di Lucius gli arrivò alle orecchie prima della sua figura. Elegante e pettinato come se l'ospite a cena fosse stato il Ministro in persona, Malfoy lo squadrò con aria altezzosa fermo sulla soglia.
«Mi chiedo sempre perché tu continui a vestirti come se dovessi presenziare ad un gala quando non puoi uscire di casa» fu la risposta, pronta.
Passarono un paio di attimi di silenzio, poi Malfoy sorrise. Un sorriso vero, sebbene velato di tristezza. Severus si avvicinò e si strinsero la mano. Per loro, un gesto più intimo di un abbraccio.
«Cosa posso fare per te, amico mio?» chiese ricomponendosi.
«Vorrei visitare la tua biblioteca, Lucius»
 
 
«Perché non finisci di cenare al posto di starmi tra i piedi?» chiese sgarbatamente Severus strappando un libro dalle mani di Malfoy. Ciò che Lucius stava facendo aveva un nome ben preciso: ostruzionismo.
«Sono sicuro che Narcissa mi perdonerà» rispose mellifluo, un sorrisino agli angoli della bocca. «E poi non ho spesso l'onore di avere ospiti così interessanti»
Severus sbuffò. «Ho saputo che hai dato un ballo per il tuo compleanno» rispose mentre soppesava un tomo, indeciso se farne una copia o meno.
«Ballo al quale tu ti sei premurato di non venire»
«Ero in Amazzonia» disse pronto. Forse un po' troppo: si aspettava quella domanda e aveva già deciso quale sarebbe stata la risposta.
«Pare che questi viaggi ti impediscano di partecipare a molti compleanni»
Severus alzò gli occhi al cielo, prendendo un altro libro e cominciando a sfogliarlo. Non sapeva come Malfoy venisse a conoscenza di alcuni dettagli: non poteva uscire dal maniero, ma nulla di ciò che succedeva al di fuori delle mura passava inosservata alla sua attenzione.
«Renditi utile, Malfoy, portami da bere» disse.
Lucius si allontanò un paio di passi e chiamò un elfo domestico solo leggermente meno tremante che hai tempi oscuri. Severus notò distrattamente che non aveva nessun dito fasciato, tanto meno le orecchie.
Avrebbe fatto piacere saperlo alla Granger,  pensò. E subito si chiese come quel pensiero gli fosse saltato alla mente. Aveva pensato troppo a sua figlia, quel giorno, concluse.
«Anatemi, controincantesimi e pozioni curative. Una lettura leggera» commentò Lucius gettando un'occhiata sopra la sua spalla.
«Sto facendo delle ricerche» rispose Severus, voltandosi e prendendo tra le dita il bicchiere che l'altro gli stava porgendo.
«E non mi dirai di cosa si tratta.» Non era una domanda, e Severus non si preoccupò di fingere mentre faceva tintinnare il vetro contro l'altro.
Vuotò il contenuto in un sorso e il brandy pregiato che Lucius era solito offrire gli scivolò per la gola bruciando. «Quando avrò successo, forse» rispose con voce roca tornando ai libri.
Lucius andò ad accomodarsi in una poltrona, tra le mani aveva un libro e, a parte alzarsi per riempire i bicchieri, stette in silenzio permettendo a Severus di concentrarsi.
«Hai consultato altre fonti?» chiese dopo quelle che potevano essere state ore. Aveva la voce roca e gli occhi appannati.
«Sono stato a Hogwarts» rispose distratto, aveva trovato qualcosa d'interessante, finalmente.
«Ah, i Malfoy ancora una volta secondi» sospirò con fare teatrale Lucius prima di svuotare con un sorso un altro bicchiere e tornare a chiudersi nel suo silenzio.
Passarono alcuni minuti prima che Severus si alzò di scatto e iniziò a raccogliere tutto ciò che aveva sparso sul tavolo.
«Devo andare, Lucius»
«Così di fretta?» chiese strascicato. Aveva bevuto troppo.
«Devo controllare alcune cose»
«Certo, certo» agitò il bicchiere nella sua direzione. «ricordati di controllare anche di non lasciare troppi bastardi per il mondo»
Severus alzò gli occhi al cielo. «Sei insopportabile, Lucius»
Per tutta risposta, lui rise.
 
 
 
Hermione si asciugò le mani mentre con un gesto abituato del fianco chiudeva lo sportello della lavastoviglie. Gettò lo strofinaccio nel lavandino e, nel farlo, andò a sbattere contro una sedia. Sbuffò, massaggiandosi il fianco. Doveva smetterla di pensare ad altro quando doveva fare attenzione.
«Sono puliti, mamma?» Kathleen arrivò di corsa e si fermò davanti a lei, mostrando i denti con un sorriso al limite della smorfia.
«Splendenti» rispose Hermione sorridendo. Kathleen saltò sul posto e corse via.
Mentre si dirigeva nella sua camera per cambiarsi, Hermione la vide coricata sul tappeto intenta a colorare.
In camera, si tolse i jeans con un sospiro di piacere. Era stanca, e non aveva aspettato altro che vestirsi comoda per tutto il giorno. I pantaloni di seta grigia scivolarono sulla pelle ed Hermione si godette la sensazione che le davano. Quando Ginny gliel'aveva regalato aveva detto che era eccessivo, ma adesso era più che contenta di godersi quel lusso.
Si infilò la canottiera sottile e pensò che non vedeva l'ora di infilarsi anche sotto le coperte. Aveva dormito male. La notte scorsa non aveva fatto altro che pensare all'incontro alla Tana con Piton: le aveva detto che voleva tenere Kathleen sotto osservazione, ma ricordava poco o niente di ciò che le aveva detto dopo, le orecchie spiacevolmente piene della voce di Grayback.
Ma non era a quello che doveva pensare, quanto più a cosa avrebbe dovuto fare con l'ex professore. Contattarlo, aspettare che si facesse sentire lui?
Come in risposta ai suoi dubbi, il campanello suonò.
«Mamma, hanno suonato» la chiamò Kathleen dal salotto.
«Arrivo» disse uscendo dalla camera e infilandosi una vestaglia bianca.
Aprì la porta chiedendosi chi mai potesse essere a quell'ora e rimase a bocca aperta: tutti i suoi dubbi si erano concretizzati davanti alla sua porta.
 
 
 
Severus si stava ancora maledicendo per aver accettato tutto quell'alcool da Lucius, che l'aveva lasciato con un sapore amaro in bocca e lo stomaco sottosopra dopo la materializzazione, quando la porta si era aperta.
Tutto si aspettava, fuorché vedersi Hermione Granger aprirgli la porta avvolta in una vestaglia che non ci provava nemmeno a coprire la profonda scollatura, e ciò che scopriva.
«Oh» disse. Evidentemente se n'era accorta anche lei, perché la vide arrossire fino ai riccioli scarmigliati.
«Oh, ciao professore» alzò gli occhi oltre la spalla della donna e vide la bambina guardarlo dal divano su cui era inginocchiata. La vide subito sparire.
A quel punto decise di prendere la situazione in mano. «Granger» e alzò un sopracciglio, aspettando che lei facesse il suo compito di padrona di casa.
«Oh, prego» si scosse, facendo un passo indietro.
Severus entrò e subito il profumo della casa lo colpì alle narici e allo stomaco. Si era dimenticato cosa volesse dire quando era una donna ad occuparsi di una casa.
Si schiarì la voce.
«Desidera qualcosa, professore?» chiese Hermione e lo sguardo di Severus fu di nuovo catturato dalla sua figura. La guardò attentamente senza riuscire a decifrare quella sensazione. Forse, pensò, forse vederla vestita in quel modo la faceva sembrare ancora più giovane. Gli occhi scivolarono lungo le sua gambe lasciate nude dai pantaloncini scoprendole sode e lievemente abbronzate.
«Non ce ne sarà bisogno» rispose alla fine. Decisamente, doveva smettere di bere, soprattutto se non mangiava nulla dalla mattina. «Sono venuto per la bambina» si sforzò di spiegare.
«Oh» ripeté lei. «Kathleen, vieni qui» chiamò poi dopo un'occhiata sospettosa all'uomo.
La bambina arrivò subito, un pigiamino rosa a coprirla e un grosso cane di peluche nero stretto sotto il braccio. Alzò gli occhi neri su Severus e l'uomo si stupì, non per la prima volta, di come fosse una bambina silenziosa.
«Il professore è qui per te» spiegò Hermione poggiandole una mano rassicurante sulla spalla, poi tornò a guardarlo.
Severus si prese tutto il tempo per osservare le due donne, poi gettò un'occhiata all'orologio. Immaginava la bambina dovesse andare a dormire fra poco, quindi decise di sbrigarsi.
Allungò una boccetta con la pozione a cui aveva lavorato alla bambina, che la prese senza esitazione.
«Bevi questa»
«Cos'è?» chiese rapida Hermione, il sospetto macchiava la sua voce.
«Una pozione, Granger»
«Questo lo vedo» lo guardò stringendo le labbra e lui si obbligò a sopprimere l'istinto di arricciare le labbra in un sorriso.
«Manca una settimana alla luna piena, voglio iniziare a studiarne gli effetti» le spiegò.
Hermione annuì, poi abbassò gli occhi per incontrare quelli della figlia e annuì anche a lei, sorridendole incoraggiante.
Kathleen strappò la boccetta con una manovra che avrebbe soffocato il cane se fosse stato vero.
«Puzza» commentò, storcendo il naso. Alzò gli occhi su Piton, ma lui si limitò ad alzare le sopracciglia. Fece un grosso respiro poi, con gli occhi strizzati, la vuoto. Quando tornò ad abbassarla fece una storia disgustata che risultò comica sulla sua faccina.
Prima che Hermione potesse lodarla Severus intervenne. «Tutta, Kathleen» disse, mantenendo comunque la voce tranquilla.
La bambina lo guardò con i grandi occhi supplicanti, ma non protestò e ingoiò anche l'ultimo sorso con le stesse smorfie di prima.
Appena finito consegnò la boccetta alla madre e corse a bere.
Severus la osservò finché non la vide sparire, poi si girò e iniziò a camminare verso la porta.
«Controllala, vorrei sapere se ci sono delle reazioni»
«Reazioni? Quali reazioni?» chiese Hermione seguendolo. Quasi dovette correre: lui aveva già aperto la porta senza aspettarla.
«Non lo so» rispose lui. Era già sullo zerbino, ma si voltò nella sua direzione. «Ma non si può mai sapere in fase di sperimentazione»
Hermione lo guardò corrucciata, non le piaceva e non c'era bisogno che glielo dicesse.
«Va bene» disse alla fine, più per osservanza dell'educazione che altro.
L'uomo annuì poi, prima che la tentazione di gettare un ultimo sguardo a quelle gambe lo convincesse a desistere, si voltò e sparì con uno schiocco.
   
 
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