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Autore: kikketta_directioner    09/03/2020    0 recensioni
"Cominci a pensare a come sarebbe stato se fossi stata più dura, se tu avessi portato maggior rispetto nei tuoi confronti... se avessi messo te prima di lui, prima di tutti.
E ti chiedi perché hai così tante paure da cui devi scappare.
Paura di restare sola.
Paura ad andartene... non sapresti nemmeno come elencarle. Non sapresti nemmeno se dargli importanza.
Ma cominci a pensare che oggi è una bella giornata, e lui... lui non è qui a renderla migliore.
Lui non è qui."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE

Stanotte il cielo è oscuro davvero. Hai visto quanti tuoni? Hanno acceso la tua stanza.
Non riesci a dormire nemmeno stasera; sei un continuo rigirarti nel letto in cerca delle sue mani, ma alla fine le uniche dita che intrecci sono le tue.  Vorresti dormire, lo so, perché è l’unico modo per non pensarci, e per quanto ti ci impegni non ci riesci. 
La pioggia sbatte con violenza sulla tua finestra, il vento tira forte e i tuoni spaccano il cielo; e tu? Tu sei qui che vorresti prendere la valigia e andartene perché c’è un mostro dentro te che grida il tuo nome e tu sei stanca di sentirlo. 
Ormai priva di sonno, ti alzi dal letto spostando le coperte e cerchi nel buio il pacchetto di marlboro.
Hai un cuore incastrato nel petto che ti batte forte, e tu non lo senti. Sei troppo impegnata a ricordare l’inizio di tutto questo casino che ti ha intrappolata.
Ti viene da piangere e non lo fai, così accendi la luce e ti siedi sopra la tua scrivania fissando il tuo letto, per poi accendere una sigaretta. Non ti è solito fumare in casa, da sola e con la finestra chiusa, ma ultimamente molte cose vanno come non dovrebbero andare, e la cosa peggiore che tu possa fare è ignorarle.
Ma vorrei tu restassi così: fragile, forte, piena di vita. Vorrei tu restassi femmina, vestita di sogni, speranze, paure, gioia, dolore, obiettivi, amore…
Vorrei che tu crescessi senza dimenticare davvero chi sei. Vorrei vederti fiera di ciò che lentamente stai costruendo, anche se attualmente non te ne rendi conto.
Vorrei vederti diversa mentre resti te stessa, e vorrei vederti accanto ad un uomo che ti ami più della sua stessa vita.
Vi divide solo un muro sottile.
Tu qui, a ricordare tutto.
Lui dall’altra parte che tiene gli occhi aperti, e tu non lo sai.
Siete due maleducati: volersi e non prendersi, mancarsi e tenerlo nascosto, baciarsi mentre piove a dirotto e non essere niente. 
Apri la porta e bussi alla sua. << Michè? >> domandi piano. Spalanchi la porta rimasta socchiusa e in punta di piedi entri nella stanza.
Se ne sta girato di spalle con le coperte ai piedi del letto. Come siete arrivati fin qui? 
Divisi.
Spenti.
Lontani.
Sta facendo finta di dormire, e resta immobile mentre cerchi di trovare il posacenere che Elena avrà sicuramente preso e perso nella stanza.
Ti ricordi la tua prima sigaretta? Era sera ed eri felice, brilla, in compagnia di persone a cui avresti dato l’anima se solo te lo avessero chiesto.
<< Solo un tiro >> hai preannunciato, e poi è finita che te ne sei fumate tre; e così ti girava la testa, gli occhi si chiudevano dal sonno, e guarda caso le braccia che ti hanno riportata a casa sana e salva erano le sue: quelle di Michele, che ora è qui sdraiato sul letto facendo finta di dormire solo per poterti osservare.
Ma non te lo dice, perché non vuole ammetterlo nemmeno a se stesso. Lui che non si è innamorato mai, te che ti sei innamorata troppe volte. Entrambi vi allontanate per paura della verità… per la paura di essere felici.
Ma dimmi, stando così ti senti felice? Ti vedo impacciata anche ora che ti ostini a cercare questo maledetto posacenere, senza pensare che forse sarebbe meglio buttarla, la sigaretta.
Lui non si sente felice, si sente perso. Si è perso a causa tua e tu, tu non lo sai.
Parlane, Giulia. Fare passi indietro non ti porterà da nessuna parte. Dille le cose che devi dire. Urla le cose che vuoi urlare. Chiarisci i punti che devi chiarire.
<< Mi spieghi che cosa stai facendo? >>. Sobbalzi. La sua voce stanca e assonata ti hanno colta di sorpresa.
<< Questa è casa mia e faccio quello che voglio >> e cerchi di coprirti con la prima felpa che ti capita fra le mani. Ecco, ci risiamo con la tua freddezza di sempre, però sei quasi simpatica quando cerchi di prendere in mano la situazione.
<< Mi hai svegliato >>
<< Succede, non l’ho fatto apposta >>
<< Non dovevi dormire? >>.
Lo ignori, perché vorresti dirgli che sono notti che ci provi e che non ci riesci. 
Si mette a sedere sul letto mentre si stropiccia gli occhi. << Dai, vieni qua >>. Rotei gli occhi al cielo e gli lanci addosso, con poca forza, la sua felpa.
<< Michele >>
<< Giulia >>
<< Smettila di prendermi per il culo >>
<< Ancora con questa storia?! >> si irrita, ma rimane fermo nella sua posizione. 
Sembra non capirti, ma si decide a prendere parola quando vede che sei pronta ad aprire la porta e ritornartene in camera tua.
<< Non bisogna metterci fretta >> annuncia. Ti volti verso di lui con sguardo arrogante, e ti chiedi come sia possibile che questo ragazzo non riesca davvero a capire in quale orrenda situazione siete arrivati.
<< Ma la fretta di cosa? Di provare ad essere felici con la persona che ci piace? Non ti sto chiedendo di svegliarti domani mattina e di pensare di amarmi. Ho soltanto pensato che non si potrà mai arrivare al decimo scalino se non si parte dal primo >> dici, mentre ti ritrovi vestita di pelle d’oca. Non hai freddo, nonostante il vento sia gelido, ma hai emozioni contrastanti da tenere sotto controllo e che ora persino guardarlo al silenzio del buio ti sembra sbagliato.
<< Qui il contesto è diverso, Giulia. Non stiamo salendo delle scale >>
<< Che cazzo, Michele! >> sbraiti.
<< Cosa ti incavoli a fare?! Non voglio andare di fretta, è così strano da accettare? >>
<< E’ così strano da pensare >>. Sbuffa alla tua insistenza. Giulia, impara che di notte non vanno affrontate certe conversazioni, nonostante sia il momento in cui gli esseri umani siano più sinceri. Ma sono anche più stanchi, perché le preoccupazioni, le gioie, i pensieri più sottili… emergono in superficie e rimangono lì, tutta la notte.
<< Abbiamo sofferto entrambi proprio per questa ragione, in passato. Non ti è bastato? >> ti domanda, ma non sa che pensi a queste cose da giorni ormai, e che quindi alle sue osservazioni hai già da tempo la risposta pronta.
<< In passato abbiamo sofferto perché quelle non erano le persone giuste per noi. Non c’è mai fretta se si ha voglia di iniziare un percorso. Dici di essere una persona spontanea e invece riesco a vedere le tue emozioni legate dentro perché tu hai paura di farle uscire. Perché tu hai paura di affezionarti. Perché tu hai paura di essere felice. Perché tu hai paura che quella felicità, un giorno, ti venga tolta >>
<< Stai andando fuori discorso >>. Vuole farti smettere, ma tu sei così impulsiva e ansiosa di ricevere risposte.
<< L’ho centrato in pieno, il discorso, invece >>. 
<< Non voglio andare di fretta perché le cose nascono lentamente; non ti accorgi di come i fiori, prima che sbocciano, passano giorni e giorni sotto terra? >>. Silenzio. La tua mano afferra la maniglia della porta, decisa ad andartene. Poi però succede che ci pensi, e con voce bassa contraccambi la domanda.
<< Non ti accorgi di come, i fiori, prima che sbocciano, hanno bisogno di qualcuno che ne pianti il seme? >>.
Ti guarda in silenzio con la bocca socchiusa, incapace di far uscire parola.Ma non aspetti la risposta, infatti ti affretti a ritornartene in stanza più confusa di prima. Ti penti di aver aperto il discorso; ciò gli ha dato la convinzione di averti in pugno. Non sa però che sei abilissima ad affezionarti, ma coraggiosa ad andartene quando le cose non vanno. 
Adesso però spegni quel telefono e dormi. Regalati l’onore di restare, per un po', senza pensieri.

















  
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