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Autore: Life In Fangirling Motion    09/03/2020    2 recensioni
Piccola raccolta di one shot ambientate nel coloratissimo backstage di Stasera Casa Mika, a partire dalla creazione del programma e fino ai momenti subito precedenti la registrazione del primo episodio. [NB. fluff a palate]
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Dal testo: "Gli incontri tra la pop star e la squadra di registi e sceneggiatori, capeggiati dall'amico e più volte collaboratore Ivan Cotroneo, erano ormai diventati un fantasioso cenacolo in cui idee, visioni ed ispirazioni venivano scambiate in un'unica conversazione collettiva, nella quale non esistevano giusto o sbagliato e dove una piccola, singola scintilla poteva passare di mano in mano, di mente in mente, amplificandosi sempre di più fino a diventare un grandioso fuoco d'artificio d'immaginazione."
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andy Dermanis
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Potreste invitare Sting



 

 

<< È arrivato? >>

<< No. >>

***

<< ...adesso è arrivato? >>

<< Non ancora. >>

***

<< ...e ades- >>

<< Andy, per l'amor del cielo! Non è ancora arrivato! Giuro che appena lo vedo sarai la prima persona a cui lo dirò. >>

<< ...okay. Non c'è bisogno di urlare. >>


 

Non realizza immediatamente l'errore che ha commesso. Troppo preso dai suoi buoni propositi e le sue belle intenzioni, gli ci vuole un po' per capirlo.
In fondo, tutto ciò che Mika voleva era solo fare una sorpresa al suo compagno e, possibilmente, accaparrarsi nel frattempo almeno un buon 4% di share in un colpo solo.
Due piccioni con una fava, insomma.
Sarebbe andato tutto bene, se solo uno dei piccioni non avesse iniziato a dare dei problemi.


 

Era iniziato tutto nel loro bell'appartamento di Milano, a primavera inoltrata.
Mika era solito condurre in casa propria, almeno quando possibile, le riunioni con lo staff direttivo della Rai, che si era mostrato da subito ben disposto ad assecondare il cantante e trasferirsi nella sua comoda e spaziosa abitazione non distante del centro. Il progetto Stasera Casa Mika era ormai ben avviato da un paio di mesi, tutte le più pressanti questioni burocratiche erano state levate di torno, il concept principale dello show era relativamente ben chiaro e delineato nelle menti di tutto il team creativo e, finalmente, si era davvero entrati nella fase più concreta e feconda di puro fervore inventivo che caratterizza l'inizio di una creazione artistica di tale portata. Infatti gli incontri tra la pop star e la squadra di registi e sceneggiatori, capeggiati dall'amico e più volte collaboratore Ivan Cotroneo, erano ormai diventati un fantasioso cenacolo in cui idee, visioni ed ispirazioni venivano scambiate in un'unica conversazione collettiva, nella quale non esistevano giusto o sbagliato e dove una piccola, singola scintilla poteva passare di mano in mano, di mente in mente, amplificandosi sempre di più fino a diventare un grandioso fuoco d'artificio d'immaginazione.


Ovviamente, non si trattava di un processo particolarmente silenzioso.
L'altro abitante del luminoso loft, infatti, seppur rintanato in fondo al corridoio dentro al suo piccolo studio privato, iniziava a far fatica ad ignorare il vociare concitato proveniente dal soggiorno. Non che non ci fosse abituato, comunque. Lo stile lavorativo del compagno – puntiglioso e perfettino all'inverosimile – non gli permetteva di delegare a terzi, senza sua diretta supervisione, neanche il più piccolo dettaglio riguardante il proprio mestiere; perciò nel corso degli anni Andy aveva dovuto imparare a dividere non solo le attenzioni del libanese, ma anche i propri spazi vitali con tutta la macchina costruita attorno alla figura pubblica e artistica della pop star. Questo implicava, tra le altre cose, il ritrovarsi la casa invasa da estranei, i quali la maggior parte delle volte comunicavano tra loro il lingue sconosciute al cameraman.
Finché ciò accadeva nella loro estesa villetta a più piani in South Kensington, a Londra, Andy doveva ammettere che la cosa non gli pesava particolarmente; anzi, essendo lui stesso il prodotto multietnico di due diverse culture, non poteva che apprezzare la ricchezza di esperienze, civiltà e tradizione che passavano frequentemente dal suo salotto per un tè e quattro chiacchiere.
Ma l'appartamento di Milano, seppur spazioso e confortevole, era notevolmente meno ampio di quella – situata su suolo inglese – che da parecchi anni considerava a tutti gli effetti la sua casa. Ciò rendeva quindi un po' più difficoltosa la gestione di quegli spazi personali condivisi con cui doveva fare i conti ogni volta che Mika si portava il lavoro in casa, e con esso anche una mezza dozzina di chiassosi, caotici italiani.


 

Proprio mentre qualche stanza più in là si aggiungeva alla cacofonia di voci anche il suono indistinto della televisione, sulla quale il gruppo di scrittori mostrava ad un Mika inesperto alcuni spezzoni dei più iconici varietà italiani del vecchio secolo, Andy si rese conto che l'unico metodo a sua disposizione per potersi effettivamente mettere a lavorare senza distrazioni, era l'isolamento completo da tutto ciò che lo circondava.
Si sollevò quindi dalla poltroncina girevole sulla quale era rimasto seduto – improduttivo – per la precedente mezz'ora e, mani sui fianchi, scandagliò con lo sguardo la modesta camera adibita a studio le cui pareti erano coperte quasi interamente da scaffali ricolmi di libri, CD e DVD. Senza pensarci un secondo, il ragazzo afferrò le grandi cuffie insonorizzanti abbandonate sul divanetto di fronte alla finestra e poi si diresse con passo sicuro verso il ripiano della libreria dedicato a dischi e vinili. Qui, occhi socchiusi, fronte corrucciata e dito a mezz'aria ad accarezzare con riguardo il dorso delle numerose custodie in plastica disposte in ordine alfabetico, percorse distrattamente i primi tre quarti della mensola sino ad arrivare infine alla lettera P e trovare l'album che stava cercando e che sapeva fosse la scelta infallibile per potersi confinare dal resto del mondo per un paio d'ore.
Contemplò con un mezzo sorriso soddisfatto la copertina tricolore di Synchronicity, sui cui toni rossi, gialli e blu svettava a chiare lettere il nome della famosissima band britannica che lo aveva composto e che, fin da quand'era ragazzino, era stata uno dei gruppi preferiti del giovane cameraman. Non bastarono che pochi minuti prima che Andy si immergesse del tutto nel lavoro, la musica pop rock dei Police nelle orecchie e il baccano proveniente dal salotto ormai completamente dimenticato.


 

***


Passò circa un'ora e mezzo prima che qualcuno venisse a disturbare la sua oasi di tranquillità.

Infatti, distolta momentaneamente dal flusso creativo che aveva spinto la loro immaginazione ben oltre i confini preimpostati del rigido e sterile format televisivo, la rumorosa comitiva che si era impossessata del soggiorno per tutto un pomeriggio, aveva deciso che fosse giunto il momento di prendersi una meritata pausa e mettere qualcosa sotto i denti.
Mika quindi, da buon padrone di casa, aveva fatto accomodare i collaboratori attorno all'ampio tavolo bianco del salone e – levati di mezzo fogli, appunti, computer, matite e tutto il resto del materiale utilizzato per lavorare – si era spostato nell'elegante cucina, promettendo all'affamata combriccola un'invitante crostata di pesche accompagnata da una tazza di tè. Dopo aver riempito e messo sul fuoco il bollitore, il libanese aveva però lanciato uno sguardo d'accertamento agli ospiti alle proprie spalle e si era poi allontanato momentaneamente, raggiungendo la candida porta all'estremità del corridoio – oltre la quale sapeva avrebbe trovato la sua metà – e bussando rispettoso prima di far capolino nella stanza.

Andy, perso com'era nel lavoro e nella musica, non sentì subito né il picchiare alla porta, né la voce di Mika che gli parlava, spalla poggiata allo stipite e mano destra ancora sulla maniglia. Tornò con i piedi per terra solo una volta che il compagno gli toccò un braccio, attirando la sua attenzione e facendogli distogliere lo sguardo dallo schermo luminoso del computer per la prima volta in quasi due ore. Sfilò le cuffie dalle orecchie abbandonandole di traverso sul collo, le percussioni del brano ancora in riproduzione che echeggiavano timidamente per la stanza, mentre il riccio gli ripeteva con un sorriso affabile:
<< Vieni a fare merenda con noi? >>


 

Si ritrovò quindi ad un lato del grande tavolo in sala, fumante tazza di tè nero sotto il naso, mentre attorno a lui i collaboratori del compagno – alcuni dei quali ben conosciuti anche dal greco – chiacchieravano del più e del meno spizzicando ogni tanto un pezzetto di crostata. L'arrivo del cameraman era stato accolto da tutti i presenti con gioviali e festanti esclamazioni di saluto, in particolare da parte di Giulio, manager italiano del cantante ormai da parecchi anni, che spesso aveva trovato in Andy un fondamentale alleato nella gestione delle paranoie del libanese, impresa che tante volte si era rivelata essere piuttosto delicata.
Con grande sollievo del più giovane, alla sua presenza la discussione era autonomamente passata dall'italiano all'inglese, grazie anche all'eventuale assistenza da parte di Giulio, Ivan o lo stesso Mika, nel caso uno degli altri commensali non masticasse con troppa disinvoltura la lingua d'oltremanica.

Nonostante tecnicamente stessero facendo pausa, la conversazione non si era mai allontanata troppo dal lavoro e da quella piacevole, inebriante sensazione di star creando qualcosa di nuovo a partire da zero; in quel preciso momento il discorso verteva su quali ospiti, nazionali o stranieri, si sarebbero potuti invitare nelle quattro ricche puntate concesse a Mika e al suo team dalla direzione Rai.
Tra un artista e l'altro, un personaggio pubblico e l'altro – alcuni più facilmente reperibili di altri – ogni tanto la fantasia di uno degli autori si permetteva di volare alta, oltre gli impedimenti fisici o metafisici della realtà, e di proporre con occhi luccicanti e sorriso birichino – un po' per gioco un po' per utopistico auspicio – un qualche nome troppo azzardato, troppo altisonante, troppo bello per essere vero.

Mika aveva decretato da subito, senza doverci pensare due volte, come la persona che più di tutte avrebbe voluto avere ospite nel programma era colui che, durante l'adolescenza, si era eretto come uno dei suoi più grandi eroi, nel burrascoso periodo della sua giovinezza era diventato una delle sue maggiori ispirazioni e che ora, una volta adulto, aveva il privilegio di poter chiamare – seppur sommessamente, in un bisbiglio incredulo – suo amico: il grande Maestro, Dario Fo. Ovviamente, nonostante il profondo rapporto di reciproca ammirazione e innata simpatia che legava i due, il cantante non osava farsi grandi illusioni: il giullare anarchico che aveva stregato il suo impressionabile animo di tredicenne appassionato di teatro, aveva ormai raggiunto e superato l'invidiabile meta dei 90 anni e, seppur la sua mente continuasse ad essere arguta, pungente e limpidamente geniale, il suo corpo in balia del tempo sarebbe potuto non essere all'altezza di ciò che il cervello gli comandava.
Allo stesso modo la co-ideatrice del progetto Casa Mika, Tiziana Martinengo, importante autrice televisiva italiana e al momento unica donna facente parte della tavolata, confessò con un sorriso nostalgico l'irrealizzabile sogno di poter avere il più grande tra i grandi, l'ineguagliabile Freddie Mercury, a stravolgere gli studi Rai con una delle sue coinvolgenti esibizioni. L'alternativa proposta da Fabio, regista principale del programma, ossia quella di mettersi in contatto con i restanti membri della leggendaria band britannica, magari attingendo alle conoscenze in campo astrofisico del chitarrista–scienziato Brian May per uno sketch di tutto rispetto tra la musica e le stelle, fu accolta dalla squadra con un entusiasta boato di approvazione, per essere però abbandonata e dimenticata attimi dopo in favore di quel gioco di immaginazione che era riuscito a trasformare i sei adulti presenti in bambini dagli occhi sognanti.

Ognuno ebbe il proprio turno per dire la sua, aggiungere un commento alle fantasie altrui o proporre simpatiche congetture su quali reazioni i vari ospiti fittizi – tra i quali spiccavano De Andrè, Jean Cocteau, Oscar Wilde e David Bowie – avrebbero potuto avere dinnanzi all'impossibile, irriverente, magica Casa che avrebbe aperto le sue porte a tutti gli abitanti d'Italia di lì a qualche mese.
Una volta che il tè si fu freddato e che della crostata furono rimaste solo le ultime briciole, gli occhi di tutti i presenti si posarono curiosi sul volto del greco, sotto la cui folta barba ramata si intravedeva ancora l'ombra di un sorriso divertito.

<< Andy, tu chi inviteresti se potessi? >>

Il ragazzo piegò istintivamente la testa di lato e ci pensò su qualche attimo, facendo vagare la mente sulla lunga lista di autori, registi, cantanti, fotografi, illustratori e artisti che erano stati fonte d'ispirazione sia per il suo lavoro che, in generale, per la sua vita. Si rese conto in quel momento che il sound vagamente blues e il ritmo incalzante di Murder by Numbers, ultima canzone dell'album che aveva scelto di ascoltare più di due ore prima e la cui riproduzione era stata interrotta dal bussare di Mika, non aveva mai smesso di ronzargli nelle orecchie.
Stringendosi nelle spalle con un mezzo ghigno compiaciuto a sollevargli un angolo della bocca, rispose semplicemente:

<< Beh, potreste sempre invitare Sting. >>


 

Dopo quella spassosa oretta di pausa, sia Andy che il team di scrittori e registi convenirono che fosse giunto il momento di tornare ai rispettivi impieghi. Il greco aiutò Mika a sparecchiare la tavola e a riporre le stoviglie sporche nel lavello, pregustando già la giocosa, inesorabile battaglia che sarebbe scaturita per designare a chi sarebbe toccato fare i piatti una volta che gli ospiti li avessero lasciati soli. Salutò il gruppo di italiani con un cenno del capo e un augurio di buon lavoro e poi, facendo una capatina nell'atrio per lasciare una carezza alle golden appisolate nelle rispettive cuccette, tornò nuovamente a chiudersi nel suo studio per cercare di obbedire alla propria tabella di marcia. Stavolta preferì lasciare le cuffie sul divano, riporre il dischetto argentato nella sua custodia sullo scaffale e concentrarsi per quanto possibile su quello che doveva fare, le melodie new wave dei Police finalmente allontanate dai suoi pensieri.

Nel salotto qualche metro più in là, invece, nonostante la squadra fosse tornata in carreggiata su una linea di pensiero più concreta e le idee avessero ripreso a fluire copiose, parte della mente di Mika viaggiava in direzione del tutto opposta e non era riuscita a liberarsi né della disarmante semplicità con cui il compagno aveva espresso quell'ultima ironica proposta una manciata di minuti prima, né dello scintillio sognante del suo sguardo alla menzione del famoso musicista inglese.
Ripromettendosi di fare una telefonata ai produttori dello show appena avesse avuto il tempo, il libanese si costrinse a concentrarsi completamente sulla discussione in corso di fronte a lui, un sorrisetto machiavellico che gli contagiava furbescamente gli occhi nocciola.


 

***


 

Ormai giunti all'ultima settimana di ottobre, erano passati diversi mesi da quel particolare giorno di primavera nel quale Mika – sotto inconsapevole consiglio del suo partner – aveva avuto quella che, ai tempi, gli era sembrata un'idea geniale.
Aveva parlato subito con la produzione dello show, con gli amici co-ideatori e con la direzione Rai, la quale si era messa immediatamente all'opera per contattare il famoso cantautore ormai ultra–sessantenne nel suo attico a Central Park, chiedendogli la disponibilità per un'esibizione su suolo italiano, accompagnata da un'intervista descrittagli come "fuori dal comune".
Nonostante si fosse prefissato di mantenere il segreto il più a lungo possibile, appena cinque minuti dopo aver ricevuto la conferma dal suo produttore nel bel mezzo dell'estate, il riccio non era riuscito a trattenersi e, buttatosi a peso morto su Andy che leggeva tranquillo sul divano del loro soggiorno londinese, gli aveva gridato in faccia con eccitazione fanciullesca:

<< Abbiamo Sting! >>

A questa ambigua e peculiare esclamazione erano seguiti alcuni minuti in cui il libanese gli aveva spiegato per filo e per segno tutte le suppliche indirizzate al direttivo Rai, il cui budget limitato avrebbe dovuto coprire delle spese non indifferenti, e gli altrettanti sotterfugi a cui si era dovuto prestare per evitare di rovinargli la sorpresa e rischiare di fargli scoprire in anteprima che uno dei suoi artisti preferiti sarebbe stato a pochi centimetri da lui e gli avrebbe finalmente potuto rivolgere la parola.
La reazione di Andy – il quale aveva dapprima strabuzzato gli occhi incredulo, si era poi aperto in un istintivo sorriso di pura euforia ed aveva infine travolto il cantante in un abbraccio entusiasta, comportandosi come un bambino la mattina di Natale per il resto della giornata – era bastata a ripagare Mika di tutta la fatica, facendolo beare dell'inequivocabile gioia del suo innamorato come se fosse la propria.


 


 

Ora però, a distanza di poche ore dalle prove generali dello show, la situazione si era ribaltata in modo del tutto inatteso.

Il suo Andy, solitamente composto, pacato e quasi imperscrutabile, era diventato un fascio di nervi: marciava caparbio su e giù per il corridoio del backstage, schivando tecnici, costumisti, truccatori e ballerini nel suo percorso senza meta ma necessario come valvola di sfogo per l'euforica agitazione che lo aveva pervaso.
Nell'ultimo decennio passato fianco a fianco con la pop star (ma anche grazie al suo stesso lavoro nel campo dei videoclip musicali) aveva avuto modo di incontrare centinaia di artisti di un certo calibro o di cui seguiva con assiduo interesse i vari progetti: non si era mai fatto intimidire né assoggettare dalla personalità che gli stava davanti, per quanto illustre potesse essere. Al massimo aveva provato un rispetto ed un'ammirazione referenziali, ma si era sempre guardato bene dal mostrarsi troppo entusiasta, soprattutto perché spesso quel genere di incontri avvenivano sotto i rossi occhi vigili delle telecamere accese e l'ultima cosa di cui aveva bisogno era mettersi in mostra, in particolare se si trovava nei paraggi di Mika.
Stavolta, però, non era il solito uomo di mondo professionale ed alla mano, quello che camminava irrequieto per l'andito illuminato a neon, mordicchiandosi nervosamente le unghie ben curate. Invece, colui che in quel momento aveva fatto il suo irruento, inaspettato, inopportuno ingresso nell'animo del greco, era il suo io quindicenne – maldestro ed emozionato – che passava le giornate a vagare per le vie di Londra, cuffie nelle orecchie e vecchie cassette dei Police a tenergli compagnia attraverso il consunto walkman passatogli in eredità da sua sorella maggiore.
E se la sua facciata di impassibile ermetismo aveva già iniziato a cedere, frammentandosi in piccole crepe frastagliate da cui fuoriusciva tutta la commozione custodita all'interno di quell'armatura protettiva, dentro di sé il giovane uomo tornato ragazzino stava tremando come una foglia.

Scrutando furtivamente il trepidante compagno attraverso lo specchio del suo camerino, Mika si ritrovò a pensare che, se non fosse stato sommerso di cose da fare in vista dell'imminente debutto, si sarebbe senz'altro preso qualche minuto in più per rifarsi gli occhi con quella vista così fuori dall'ordinario, ma al contempo talmente tenera da costringerlo a dover lottare contro l'impulso viscerale di interrompere la perpetua marcia del greco, prendergli il viso tra le mani e baciarlo proprio lì di fronte a tutti, tra gli studi della Rai.
Invece, il cantante si spostò a malincuore dalla sua privilegiata postazione osservativa, aggirando il divano al centro della stanza alla ricerca del piccolo zaino che aveva portato con sé quel giorno fin dentro lo studio milanese. Lo trovò dove lo aveva lasciato al suo ingresso, nell'appendiabiti vicino alla porta; una borsa talmente anonima da essere stata trascurata da chiunque avesse messo piede in quel camerino. Accertandosi che Andy non avesse spontaneamente deciso di mettere fine alla sua peregrinazione proprio in quel momento, il riccio afferrò lo zainetto e, dopo aver rovistato al suo interno per qualche secondo, ne tirò fuori trionfante quella stessa custodia in plastica, decorata in stile minimalista dai soli 3 colori primari, che il compagno aveva lasciato aperta sulla sua scrivania quel lontano giorno di metà aprile in cui il nome di Sting era stato menzionato per la prima volta nel contesto di Stasera Casa Mika.
In realtà, se anche in quell'occasione non avesse notato quale CD il cameraman aveva prelevato dall'ordinata libreria, negli ultimi 10 anni i due uomini avevano disquisito fin troppo a lungo di musica perché Mika non sapesse che l'ultimo album studio dei Police fosse in assoluto uno dei preferiti del compagno.
Perciò, nonostante non si aspettasse la sua reazione così inquieta e nervosa, il libanese sapeva per certo che Andy sarebbe stato troppo orgoglioso e forse anche un po' in imbarazzo nel chiedere un autografo al famoso cantautore; quindi ci aveva pensato lui e quella mattina, prima di uscire di casa per un'intensa giornata di prove, si era intrufolato nello studio dell'altro uomo prendendo in prestito quel CD a cui era tanto affezionato.
Certo, non si trattava dell'originale cassetta, logora e sciupata da anni e anni di utilizzo, che il greco custodiva gelosamente all'interno dell'immensa collezione esposta con meticolosità ed orgoglio nella sua biblioteca a Londra, ma Mika non aveva dubbi sul fatto che il più giovane avrebbe comunque apprezzato il gesto.

Risvegliato dal cinguettio allegro del cellulare, tramite il quale Giulio lo avvisava che Sting era finalmente arrivato, il cantante si affrettò a nascondere il CD nella tasca destra della comoda felpa che usava spesso durante le prove e i sound check dei suoi show, uscì dal camerino e, sopprimendo a fatica un sorriso incriminante, si chiuse la porta alle spalle.
Dopo aver dato ad Andy l'aggiornamento che aspettava da diverse ore, prendendo bonariamente in giro la sua reazione concitata – fin troppo simile a quella che lui stesso era solito vedere nei propri fan – Mika si prese un attimo per gustare appieno il fatto che, una volta tanto, avrebbe tenuto lui la penna dalla parte dell'inchiostro, rendendosi vulnerabile e forse anche ridicolo, implorando un vero e proprio Gigante della musica di dedicargli un secondo del suo tempo e una riga dei suoi pensieri. Sorrise assorto a quell'immagine così particolare eppure famigliare, ripromettendosi di fare tesoro del leggero fermento che si agitava nel suo petto e compiacendosi dal fatto che, se anche Andy non fosse riuscito a spiccicare parola dall'emozione, almeno quella sera si sarebbe consolato trovando sulla sua scrivania uno spigoloso pacchetto infiocchettato con dentro una piccola dedica, scritta direttamente dal pugno di uno dei suoi più grandi idoli.

Fu con questi pensieri che il libanese, seguito a ruota da Andy, attraversò il corridoio e raggiunse la porta aperta dell'ampio camerino assegnato al maggiore dei suoi ospiti e alla sua band. Un sogghigno divertito gli si dipinse sul volto quando percepì dietro di lui il corpo del compagno irrigidirsi completamente ed indietreggiare appena, come se avesse ricevuto un secchio d'acqua ghiacciata in pieno volto. Era adorabile.
Approfittando dei pochi secondi a sua disposizione prima che i vari ospiti si accorgessero della loro presenza, Mika si permise di allungare la mano destra all'indietro ed intrecciare le dita con quelle del più giovane, cercando di infondergli così un po' di quell'audacia – solitamente caratteristica della sua personalità – che in quel momento gli era venuta a mancare. La forza con cui Andy ricambiò quella stretta, come se la sua mano fosse l'unico appiglio rimastogli al mondo, fece fare una squisita capriola al cuore del riccio e lo convinse a mandare definitivamente a fare un giro il suo ferreo paradigma di discrezione. Si concesse infatti di voltarsi all'indietro ed esaminare con sguardo gentile ed intenerito la buffa reazione del greco, pietrificato al cospetto del suo eroe: occhi strabuzzati e vagamente irrequieti, bocca dischiusa in un'espressione di stupore che – considerata l'estenuante attesa – non aveva motivo di esistere, gote imporporate dall'imbarazzo e labbra rese gonfie e sanguinanti dagli incisivi che le martoriavano morbosamente in un tic nervoso. Era dannatamente adorabile.

A quel punto, appena un attimo prima di schiarirsi la gola attirando l'attenzione dei presenti, Mika strattonò bruscamente il più giovane per la mano che ancora stringeva nella sua, facendolo passare a tradimento di fronte a sé giusto in tempo perché Sting si voltasse e, sorridendogli amichevole, allungasse un braccio nella sua direzione in un cordiale gesto di saluto che Andy si affrettò a ricambiare.


 


 

Sapeva che, una volta tornati a casa, avrebbe pagato caro per quell'ultima letterale spintarella incentiva, datagli senza alcun preavviso o possibilità di tirarsi indietro.
Ma in quel momento – mentre già anticipava lo sguardo luminoso e la foga euforica con cui il compagno gli avrebbe descritto più e più volte quell'incontro, probabilmente sciorinando un'inconsueta parlantina e non riuscendo a chiudere il becco fino a notte inoltrata – a Mika davvero non sarebbe potuto importare meno delle conseguenze.




















Ehilà!
Non sono troppo sicura di quello che è venuto fuori con questo capitolo, ad essere sincera mi lascia così, un po' titubante.
Guardando la prima puntata di SCM era evidente che Mika in primis fosse parecchio gasato per la presenza di Sting, poi però non so bene cosa sia successo ma ho deciso che l'idea di scrivere di un Andy in modalità fanboy (con reazioni magari anche troppo simili a quelle che abbiamo noi quando incontriamo Mika) mi piaceva ancora di più. Nonostante ciò, è proprio per "colpa" di questo capitolo che questa raccolta è rimasta bloccata nelle note così a lungo: l'idea di base era lì, vagamente, ma la concreta ispirazione per scriverci qualcosa sopra non ne voleva sapere di venire a galla. Ci è voluto più di un anno e mezzo, due settimane di pausa dall'università e l'intervento di uno sparuto gruppetto di altri scrittori di fanfiction (che ringrazio tantissimo) che si sono riuniti su twitter e mi hanno dato un sacco di ottimi spunti, per poter uscire dal mio blocco.
In particolare, ne approfitto subito per fare un ringraziamento speciale all'unica e sola VvFreiheit, che è sempre la prima a cui vado a rompere le scatole ogni volta che mi serve un parere: so che non ho rispettato appieno il tuo consiglio e tu volevi che scrivessi tutto il seguito con un Andy un po' "out of character", euforico e chiacchierone "perché è l'Andy quindicenne"; mi spiace, spero che le ultime frasi riparino un pochino a questa mia mancanza haha

Per quanto riguarda il resto del capitolo, che dire? Mi ispirava tanto l'idea di provare ad infilarmi in tutto lo sviluppo creativo che sta dietro un programma come Stasera Casa Mika; ci sono state tante idee bellissime e sinceramente sarei anche curiosa di sapere da quale specifica mente arrivavano o se, un po' come ho scritto io, si trattava di un processo più collettivo. Scusatemi se, mentre facevo tutti questi ragionamenti, la me "studentessa di astrofisica" e la me "grandissima fan dei Queen" si sono coalizzate e hanno partorito l'immagine di Brian May invitato nello show che teneva una "mini-lezione" di astrofisica, magari cantando '39 per spiegare gli effetti relativistici di dilatazione dei tempi. Mika non mi ha voluto fare questo enorme regalo, quindi me lo sono dovuta immaginare da sola. Let a girl dream.

Ok, ho blaterato anche abbastanza, ma ci tenevo a darvi un po' di background su come è nata questa storiella.
Stavolta sono davvero curiosa di sapere quali sono state le vostre impressioni, opinioni e critiche: fatemi sapere!
Alla prossima xX



 

  
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