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Autore: Emmastory    10/03/2020    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XLVI

Lieto vento d’autunno

È ormai pomeriggio, e tornata a casa da poco, mi godo il sole e la compagnia di Christopher. La mia condizione prosegue lenta, uno sporadico dolore alle gambe mi spinge a riposare, e non volendo restar sola, ho scherzosamente richiesto che mi restasse accanto, e così è stato. Ora siamo insieme, sopra e non sotto la coperta del letto che condividiamo, e in silenzio, il vento e le sue dita mi spostano i capelli. “Tesoro?” azzarda, con quella stessa voce calda e dolce che riconoscerei ovunque. “Sì?” rispondo, lo sguardo prima perso nel vuoto oltre l’orizzonte alla finestra e poi nel suo. “Ora lo sanno in tanti, visto?” mi fa notare, per poi scivolare nel silenzio e continuare ad accarezzarmi i capelli. Piano, come se fossero stati fili di seta. Ad occhi chiusi, lo lasciai fare, e respirando a fondo, ripresi la parola. “Già, e grazie al cielo ci accettano.” Soffiai al suo indirizzo, completamente rapita dai suoi gesti. Sdraiata al suo fianco, quasi non mi muovevo, spostandomi solo per cercare posizioni di volta in volta più comode. Ero incinta di soli quattro mesi, ma dopo così tanta attività e stress, sia fisico che psicologico, le caviglie iniziano già a non darmi tregua. Preoccupato, Cosmo mi ha perfino ceduto il cuscino su cui dorme, e pur sorridendo, non me la sono sentita di privarlo del suo giaciglio. “No, Cosmo, non mi serve, tranquillo.” Gli ho già detto più volte, ridacchiando come una bambina nel vederlo voltarsi e riportarlo indietro, per poi girare su sé stesso infinite volte prima di accucciarsi. “Sei sicura? Sono solo preoccupato.” Prova a dire ogni volta, nonostante sappia che alle mie orecchie non giunge nulla di diverso da adorabili mugolii. Mossa a compassione da quei tentativi di tirarmi su il morale, stirai le labbra in un ennesimo sorriso, e tornando a guardare Christopher, non attesi né resistetti alla tentazione di baciarlo. Paziente, lui non si sottrae al mio amore, e anche appena ci stacchiamo, ricambia subito, innamorato e affamato di me. Mentre il tempo scorre, la gravidanza sembra cambiarmi il carattere oltre che il corpo, e ultimamente i miei sentimenti hanno sempre la meglio. Se prima ero guidata dai sentimenti, ora anche i miei ormoni sembrano avere lo stesso compito, e con ogni giorno che passa, mi guidano in questo cammino. Ad essere sincera, non vedo l’ora di raggiungerne la meta, così da fermarmi e stringere finalmente fra le braccia i miei bambini, e il calendario appeso al muro ne è la prova. Ora come ora, Christopher ed io non siamo sicuri di nulla, ma nonostante tutto non ho potuto evitare di afferrare un pennarello e cerchiare in rosso una data, quella che secondo stime puramente arbitrarie, indicherà la nascita dei miei piccoli. “Chris…” biascico, già senza fiato per la miriade di baci che ci unisce. “Kia, amore…” risponde appena, la voce ridotta a un sussurro innamorato mentre continua, imperterrito, a baciarmi e rendermi metaforicamente sua. Inquieto, il cuore mi batte già nel petto, sembra impazzire con ogni suo gesto, e malgrado sia già pronta, succube di ogni sua mossa, mi trovo costretta a fermarlo. “Christopher, sul serio, basta. Non… non adesso.” Ho appena la forza di sussurrare, sentendo la mente e il cuore in completo disaccordo. “D’accordo, d’accordo, scusa. Mi sono lasciato prendere la mano.” Replica, scostandosi e ritirando la mano così da non toccarmi. Da allora in poi, fra noi cade il silenzio, e confuso, perfino Cosmo si sveglia dal suo riposo in un angolo della stanza. Conoscendo il mio amato protettore perfino meglio di me stessa, sono certa di non averlo offeso, ma l’espressione dipinta sul suo volto esprime pura tristezza, così, guidata ancora una volta dal cuore e da ciò che sento, lo abbraccio. “Ti perdono, custode mio, ma… soltanto la mano?” scherzo, di nuovo desiderosa di distrarmi, estraniarmi dal mondo e ridere con lui. “Va bene, anche il braccio, contenta?” risponde poco dopo, inizialmente stranito da quella battuta. “Estasiata.” Non manco di replicare, affidando quell’unica parola a un sospiro di beatitudine. In breve, il silenzio torna a farci visita, e così come si erano interrotte, le sue carezze riprendono, lente e rilassanti. Non muovendo foglia, inizio ad avvertire i loro effetti, e all’improvviso, un tenue bagliore ci distrae entrambi. “Che… che succede?” indaga, con una sottile vena di preoccupazione nella voce. “Nulla, Chris, nulla. Anzi, credo che piaccia ai piccolini.” Veloce e sincera, la mia risposta arriva solo pochi istanti più tardi, e dopo altra quiete, l’unico suono che non mi aspettavo. “Perfetto, ora hanno anche fame.” Commentai, fingendo rabbia realmente non provata. “Però! Che esigenti!” rispose poco dopo Christopher, stando al mio gioco e aiutandomi ad alzarmi. “Su, non incolparli. Significa solo che sanno quello che vogliono.” Fui svelta a replicare, già orgogliosa di loro. Lenta, mi rimisi in piedi, e sempre al mio fianco, Chris fu lì per sostenermi. Gentile, mi tese la mano, e seguendolo, gli sorrisi. “Sai una cosa, fatina?” tentò, già immensamente divertito. “No, cosa?” chiesi, non riuscendo a tenere a freno la curiosità. “Forse è presto per dirlo, ma scommetto che somiglieranno alla mamma.” Quella l’unica frase che abbandonò le sue labbra, di fronte alla quale, sempre fintamente in collera, sorrisi appena, pronta ad accettare quella metaforica sfida. “Scommetti cosa? Un bacio o soltanto qualche rublo di luna?” non potei evitare di chiedere, negli occhi chiari segni d’amore e malizia. Decisamente interessato, Christopher si ritrovò a imitarmi, e in un attimo, nel bel mezzo del corridoio che portava alla cucina, fui di nuovo fra le sue braccia. “Perché non scegli tu, mia protetta?” mi sussurrò all’orecchio, stringendo dolcemente la presa attorno alla mia vita. “Vieni qui…” lo pregai, convinta all’istante da quelle parole. Bastò un attimo, e la nostra vicinanza si trasformò in un contatto. Un bacio dolce, tenero e caldo, forse il migliore che ci fossimo mai scambiati. “Saggia, scelta, tesoro mio.” Mi rispose poco dopo, la voce ridotta ancora una volta a un sussurro innamorato. Chiusa in un silenzio tutto mio, mi limitai a guardarlo, e allontanandomi, seppur di malavoglia, tornai finalmente alla realtà. Pochi passi mi condussero così in cucina, e con movenze simili a quella di un automa, aprii la dispensa. Da ormai qualche giorno, Christopher faceva spesso compere a mia insaputa, avendo comunque cura di soddisfare le mie voglie, di giorno in giorno sempre più strane. Era strano a dirsi, e lo sapevo bene, ma se un giorno desideravo unicamente pane tostato, in un altro toccavo soltanto miele e tisane alle erbe, mentre l’ultimo periodo era dedicato alle fragole.  Tranquilla, aprii un pensile tirando fuori una vaschetta colma, e respirando a fondo, contenta e rilassata, andai a sedermi sul divano di casa. Sapevo bene che non avrei dovuto, che pur facendo attenzione avrei potuto sporcare, ma negli ultimi tempi vedevo quelle dolci fragole come un premio, e in quanto tale, sempre pronto da gustare ovunque volessi. “Ne vuoi una?” non potei evitare di chiedere, fermandomi appena prima di riempirmi la bocca. “No, cara, ma qualcun altro sì, a quanto pare.” Rispose semplicemente Christopher, riferendosi a qualcosa che inizialmente non vidi. “Come?” azzardai in risposta, alzando di colpo la voce e non badando al tono che utilizzai nel parlare. Tornando a guardarmi, il mio amato si preparò a rispondermi, ma ancor prima che potesse farlo, una voce alle sue spalle rispose per lui. Era Cosmo, che approfittando della porta rimasta aperta, era sgattaiolato fuori dalla stanza, desideroso della nostra compagnia. “Cucciolotto!” lo chiamai, divertita e felice di rivederlo. Continuando ad abbaiare, lui mi corse incontro, e allargando le braccia, mi aspettai di accoglierlo. Stando a quanto ricordavo, quel piccolo mascalzone aveva acquisito la strana eppure adorabile abitudine di saltare sul divano proprio come la cara Willow, che addormentata su uno dei cuscini delle sedie in cucina, ora ci ignorava. Contro ogni mia previsione, si sedette, e fissandomi con i suoi dolci occhioni, azzurri proprio come i miei, attese agitando la coda. “Dammi una fragola, dai! Dammi una fragola, una sola!” pregava, la folta coda così veloce da sembrare irriconoscibile. “Va bene, cagnetto, però aspetta, va bene? E anzi, su.” Concessi, per poi chiudere il pugno e sollevarlo appena sopra la sua testa. Confuso, il lupacchiotto mi annusò la mano, e tutt’altro che soddisfatta, ritirai quella delizia dalla sua vista. “Su, ho detto, Cosmo, su!” ripetei, incoraggiandolo. Testardo, il cucciolo rimase fermo dov’era nella speranza che cedessi, e poi, all’improvviso, si alzò su due zampe. Sorridendogli, decisi di premiarlo, e non appena riaprii la mano, lui quasi divorò quella minuscola fragola. “Grazie!” parve voler dire, gustandola appieno e leccandosi i baffi. “Tu guarda, l’hai anche ammaestrato?” mi chiese Christopher, rimasto in silenzio ad osservare la scena fino a quel momento. “Addestrato, amore. Usa le parole giuste, è praticamente un cane, non una scimmietta da circo.” Corressi gentilmente, per poi vedere il mio piccolo amico ripetere quel gesto e sperare di ricevere un’altra leccornia. “Va bene, padrona degli animali, hai ragione.” Concesse lui in risposta, inscenando sdegno mascherato come sempre da amore per me. Divertita da quella pantomima tutta nostra, scoppiai a ridere, accettando, pur senza voltarmi, un bacio pieno di passione. “Cielo, Chris, sai sempre come essere…” provai a dire, scoprendomi improvvisamente interdetta. Fu questione di un solo attimo, e rigida come un’asse di legno, mi precipitai alla finestra. Come al solito, la vista non mi ingannava, al pomeriggio si stava sostituendo l’imbrunire, e anche se solo per qualche misero secondo, potei giurare di vedere due volatili solcare i cieli. Insieme e mai divisi, prima Midnight e poi Ranger, che volando insieme, riempirono il cielo e il silenzio di stridii inconfondibili. Mantenendo la calma, posai una mano sul davanzale, e frugandomi nella tasca della veste con la mano libera, ne estrassi qualcosa. Ancora una volta, non il cristallo né l’anello di Marisa, entrambi al sicuro sulla mia mano o proprio in quella tasca, ma bensì un singolo petalo rosato. Secondo il caro Noah, appartenuto in origine a un albero di ciliegio sempre in fiore, che il suo amico piumato aveva trovato e raccolto proprio per me. Rimanendo ferma e inerme, non attesi che le nuvole, e poi, con il buio a coprire la foresta, lo lasciai andare e volteggiare nel vento. Un gesto già compiuto un precedenza con un algido fiocco di neve, ora ripetuto proprio con quel petalo, un segno di benessere dato con il cuore gonfio di speranza mentre avvertivo sulla pelle lo spirare dell’ora più lieto vento d’autunno.

 
 
 
Anche stavolta, una buonasera a tutti i miei lettori. Ora come ora, tutta l'Italia non se la cava affatto bene, ma a quanto sembra, almeno Christopher e Kaleia sono felici, e possono sperare in un futuro migliore per sè e per i propri futuri figli. Vi ringrazio come sempre del supporto, ci risentiremo nel prossimo capitolo,
 
Emmastory :)
   
 
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