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Autore: killer_joe    12/03/2020    4 recensioni
Dopo una rissa che costò loro i titoli già guadagnati e un posto nel mondo del pattinaggio artistico su ghiaccio, i pattinatori Freddie Mercury e Roger Taylor pensano che la loro vita di sportivi sia definitivamente conclusa.
Quando però John Deacon, miglior amico di Roger da sempre, e Brian May, ex-assistente personale di Freddie, trovano un cavillo legale che potrebbe rimetterli in pista, i due sono estasiati.
Se non fosse che, per tornare a competere, devono cambiare categoria.
Se non fosse che John e Brian sono convinti che possano competere in coppia.
Freddie e Roger sono rivali, e tra loro non corre buon sangue. Riusciranno nell'impresa di presentarsi come prima coppia esclusivamente maschile nella storia del pattinaggio su ghiaccio?
*
Friendship! Freddie/Roger – Romantic! Maylor, Deacury
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Bentrovate/i, lovelies, con il quarto capitolo di questa follia! Stavolta un episodio meno divertente e più introspettivo (è necessario), spero apprezziate comunque! 
Scusate tantissimo per il disastroso ritardo (^^"), mi impegnerò a non far passare così tanto tempo per il prossimo capitolo!





Capitolo quarto

 

NEULEUTASCH, AUSTRIA – 2007

CAPANNONE CON FUNZIONE MAGAZZINO/PISTA DI ALLENAMENTO

 



“Okay ragazzi, bene così! Adesso prendete velocità, concentrati, incrocio di braccia, Freddie sollevalo un po' di più, e...”


BADABAM SBANG CRASH

 

“...e la prossima volta andrà meglio” sospirò Beach, sconfitto.

 

“Al quarto di giro! Porca puttana, devi mollarmi al QUARTO DI GIRO!”
Roger, nonostante l'incontro-scontro ravvicinato con gli scatoloni del magazzino, non aveva perso la potenza dei polmoni.
“Scusa, tesoro. Stavo cercando di incorporare un po' di quella improvvisazione che ti piace tanto” si giustificò Freddie che, nonostante le parole, pareva tutto meno che dispiaciuto.

Beach si massaggiò le tempie con le mani. Quella che in principio era una semplice pressione alla base del cranio si era tramutata in una emicrania coi fiocchi. Così non avrebbero combinato nulla.
“D'accordo ragazzi, facciamo una pausa” si decise, stufo della mancanza di collaborazione dei suoi atleti. Qui ci voleva un piano geniale, farli vivere insieme non sarebbe bastato.
Roger, che stava cercando di rimettersi in piedi dopo l'ottava caduta in meno di due ore di allenamento, si lasciò ricadere a terra con uno sbuffo.
Grazie al cielo” sputò con sentimento. Beach alzò un sopracciglio ma decise di non commentare, consapevole che Roger raramente cadeva in modo così rovinoso durante le prove. L'umiliazione doveva essere più dolorosa dei lividi.


“Brian, tesoro, bottiglietta d'acqua” ordinò Freddie che, ancora sogghignante, non si era mosso di un millimetro dalla sua posizione eretta e stava guardando Roger con un sorrisetto di scherno tanto palese quanto irritante. Il biondo gli ringhiò contro.
“Prenditela da solo” sbottò Brian, in uno sfoggio di irritabilità mai visto prima da nessuno dei presenti. Freddie lo squadrò con uno sguardo scioccato mentre Roger, superata la sorpresa iniziale, mollò una risatina sotto i baffi.
“Ma sei il mio assistente personale!” recriminò Freddie, agitando le braccia su e giù come a rendere la sua argomentazione più pregnante. Brian fece solo spallucce, ignorandolo completamente. Il riccio aveva osservato con attenzione tutti gli allenamenti fino a quel punto, e ne aveva le scatole piene dell'atteggiamento scostante e irriverente di Freddie. Non ascoltava le indicazioni di Beach, faceva di testa sua ad ogni passo e, soprattutto, cercava in tutti i modi di mettere Roger nei casini. Avevano meno di un mese per prepararsi agli Europei e Freddie si comportava in modo completamente non professionale, per questo Brian era tanto arrabbiato. Non c'entrava nulla il fatto che fosse Roger a volare come un sacco di patate contro qualunque ostacolo presente, rischiando di farsi male sul serio. No, le sorti di Roger non c'entravano nulla con il suo malumore. Per niente.

 

“Ehi, tutto okay? Ti sei fatto male?”
John aveva raggiunto Roger veloce come una saetta nel momento in cui il coach aveva annunciato la pausa, portando con sé un asciugamano pulito e una bottiglietta d'acqua, pronto al soccorso.

“Sì, grazie. Sparisci”.
Peccato che Roger non ne volesse sapere di farsi aiutare da lui. Dopo il commento di qualche giorno prima sui ruoli della coppia Roger non aveva rivolto a John più di tre parole in una volta, e solo quando la comunicazione era assolutamente necessaria. Per il resto si limitava ad un mugugno incoerente oppure al silenzio stampa.
Per John stava diventando frustrante.
“Per l'amor di dio, smettila con questa inutile strategia del silenzio e fatti aiutare! Sei più infantile di Mercury!” sbottò Deaky, irritato. Non era la prima volta che lui e Roger litigavano, visto il caratterino più che esplosivo del biondo, ma non era mai successo che non facessero pace entro fine giornata. Senza contare che era Roger stesso quello che ripeteva sempre 'di non andare a letto arrabbiati'. Gran bell'esempio di predicare bene e razzolare male, stavolta.
“Ehi! Io non sono infantile!” si intromise Freddie, che non sapeva mai quando stare zitto. Quella era una conversazione tra John e Roger, grazie tante.
“Tu hai l'età mentale di un bambino di cinque anni” rispose prontamente Brian, ancora seduto sul suo scatolone. Freddie gli rivolse uno sguardo sdegnato.
“Fai anche due” rincarò la dose Roger che, finalmente in piedi, si stava dirigendo verso l'uscita del capannone. John, che non aveva intenzione di lasciar cadere il discorso, strinse la mano attorno al suo polso.
“Datti una calmata e ascoltami...”
“Mollami subito o ti rompo il naso!”
John, un po' agitato, lasciò subito la presa. Roger, senza nemmeno guardarsi indietro, riprese la sua strada verso l'esterno.
“Molto maturo, Roger, davvero. Continua ad ignorare l'unico amico che ti è rimasto, è un piano perfetto!” gli urlò dietro Deacon, che stava raggiungendo il punto di ebollizione. Roger fece uno sbuffo altero.
“Meglio soli che mal accompagnati” rispose di rimando, con una freddezza che John aveva sentito raramente nel tono del suo migliore amico. Forse stavolta John aveva colpito più in profondità di quanto non avesse immaginato.
“Ragazzi, basta così! Tutti fuori, tranne Roger. Bevetevi una camomilla, fate un sonnellino, basta che non vi uccidiate a vicenda” interruppe Beach, che cominciava a preoccuparsi. La tensione nel magazzino si poteva tagliare con il coltello, e non stavano facendo progressi. Di questo passo l'Europeo sarebbe stato un vero disastro, altro che medaglia d'oro.

Roger incrociò le braccia al petto, furioso di essere stato isolato dal gruppo, ma rispettò il volere del suo coach e non si mosse dalla sua posizione, pattini ancora ai piedi. Freddie fece uno spettacolo nel togliersi i pattini e uscire dal magazzino, lasciando che la porta sbattesse dietro di lui con un tonfo sordo. Brian lo seguì con qualche secondo di ritardo, in modo da non essere costretto a camminare assieme a lui per raggiungere lo chalet, mentre John fu l'ultimo ad abbandonare il magazzino, con uno sguardo mogio rivolto verso Roger. Il biondo, imperterrito, fissò la parete opposta all'uscita finché la porta non si chiuse dietro alla schiena di Deacon.

 

 

Beach, finalmente solo con il suo atleta, si concesse un piccolo sospiro di sollievo. Il ragazzo era teso, Jim lo poteva vedere dalla rigidità delle spalle, e il coach non sapeva come aiutarlo. Da un lato parte del nervosismo era giustificabile, visto il rapporto non proprio amichevole con il suo partner, ma Beach era convinto ci fosse qualcosa di più profondo a turbare il pattinatore. Roger cominciò a fare qualche giro della pista, provando una vecchia routine di qualche anno prima che gli era valsa l'oro al Grand Prix a Barcellona, e il coach decise di lasciargli qualche minuto di pace per sbollire l'incazzatura. D'altronde Beach conosceva bene le conseguenze del pressare un Roger già irritato, e si sarebbe volentieri risparmiato un pattino scagliato in fronte.

Seduto sull'unica sedia disponibile nel magazzino, Beach osservò Roger portare a termine un quadruplo toe-loop, il suo cavallo di battaglia, e una combinazione perfetta di tripli – loop, lutz e flip - che avrebbe fatto impazzire ogni giuria di qualunque gara. Roger aveva sempre avuto una relazione strana con l'ansia da prestazione; per la maggior parte degli atleti, l'importante era mantenere la calma. Per altri, era concentrarsi su emozioni positive – amore, fiducia, orgoglio. Per Roger, invece, il trucco era la rabbia. La prima volta che Beach l'aveva fatto incazzare sul serio, ovviamente senza volerlo, prima di una prestazione, Roger aveva superato il suo punteggio personale e segnato il record mondiale nel programma corto, stupendo giuria, concorrenti e il suo stesso coach. Da quel momento in poi Beach si era premurato di fargli saltare i nervi prima di ogni gara, cosa non difficile visto il carattere del biondo, con risultati sempre migliori di ogni più rosea previsione.

Constatato che Roger sembrava essersi calmato, Beach si schiarì la gola e chiamò il pattinatore a bordo campo.
“Allora, cosa sta succedendo?” chiese Jim, dritto al punto. Con Roger i giri di parole non servivano ad altro se non ad irritarlo più di quanto già non fosse.
“Niente” bofonchiò il biondo, con lo sguardo che si posava su tutto tranne che su Jim. Il coach non si perse d'animo.
“E' quasi una settimana che non parli con John, non per mancanza di tentativi da parte sua, e la cosa comincia a spaventarmi. Non è mai successo prima” lo informò Jim, palesando l'ovvio. Roger si limitò a scrollare una spalla, mentre la bocca si storpiava in una smorfia addolorata.
“Si tratta dei ruoli? È per questo che sei cosi nervoso?” tentò Beach davanti al mutismo del biondo. Era strano; di solito Roger non perdeva l'occasione di spiegare esattamente cosa non gli andasse a genio, senza mezzi termini e con tutti gli insulti disponibili nel suo repertorio.
“Non sono nervoso” ringhiò Roger, dimostrando l'esatto contrario. Jim si limitò ad alzare un sopracciglio, scettico, e il biondo alzò gli occhi al cielo.
“Non me ne frega niente dei ruoli, Jim, che cazzo!” sputò Roger, infastidito “che poi tra i due sono l'unico vagamente convincente nel ruolo femminile” aggiunse poi a mezza voce, più a se stesso che a Beach. L'allenatore annuì decidendo di lasciarlo parlare, voleva arrivare in fondo alla questione. Davanti all'espressione gentile di Jim, anche il muro di ostinazione e silenzio di Roger crollò come un castello di carte.
“E' che John... lui mi conosce da una vita, okay? Ed è il mio migliore amico, quindi sa” continuò Roger, sibillino, “e per ottenere quello che vuole, o quello che reputa essere la cosa migliore, non si fa nessun scrupolo. Solo che quando colpisce punta sempre al nervo scoperto, e stavolta ha fatto male” concluse, con una scrollata di spalle. Beach annuì di nuovo, non sicuro di aver capito di cosa Roger stesse parlando ma con la consapevolezza che si trattava di una discussione tra Roger e John, una che il coach non poteva risolvere per loro.
“D'accordo. Vai a farti una doccia e metti della pomata sui lividi, okay?” lo congedò, strizzandogli una spalla in segno di supporto. Roger mollò un sospiro sollevato, chiaramente felice che quella scomoda conversazione fosse terminata, e non ci mise più di un minuto a liberarsi dei pattini e sgattaiolare verso la porta. Prima che potesse sparire dalla visuale di Jim, il coach gli urlò dietro un ultimo consiglio.
“Parlaci! John è il tuo migliore amico, e ti vuole bene”.
Roger gli rivolse un'occhiata indecifrabile e sparì dietro lo stipite.

 

*

 

“Si può sapere cosa ti ho fatto?”

Brian alzò gli occhi al cielo, sconfitto. Aveva sperato di poter rimanere solo per un po', e per ottenere il risultato era rimasto a gironzolare nei pressi del capannone quei cinque minuti necessari a ritrovare la calma. Ma a quanto pareva anche quella poca tranquillità mentale sarebbe durata poco. Freddie, braccia conserte e cipiglio battagliero, lo stava aspettando davanti alla porta dello chalet, postura e sguardo che dicevano tu non puoi passare senza prima darmi attenzioni. Beh, se era un têt a têt emozionale che voleva, sarebbe stato esattamente quello che Brian gli avrebbe dato.
“A me, nulla” rispose prontamente il riccio, incrociando le braccia al petto a sua volta. L'espressione di Freddie si fece confusa, salvo poi illuminarsi per un'intuizione che, secondo Brian, non era poi così difficile da raggiungere.
“Ce l'hai con me per Taylor?” sbottò Freddie, sbalordito. Brian si limitò ad alzare un sopracciglio, invitando l'amico ad elaborare sul punto. Freddie sbuffò di frustrazione.
“Sei arrabbiato con me perché mi sto prendendo qualche piccola soddisfazione a spese di Taylor? Solo perché il signorino non è abituato a cadere in allenamento? Guarda che se le nostre posizioni fossero invertite lui farebbe anche di peggio!” argomentò Freddie con veemenza, alzando le braccia al cielo come a pregare Dio di dargli la forza. Non poteva credere che Brian fosse così innervosito per conto del biondino, invece che supportare le ragioni di Freddie del quale era l'assistente personale e, Freddie sperava, amico.
“Il tuo atteggiamento nei confronti del tuo partner è parte del problema, sì” confermò Brian con aria severa, “ma anche la tua mancanza di professionalità nei confronti di Jim Beach, che ha fatto l'impossibile per permettervi di gareggiare di nuovo. E tu ti stai comportando da imbecille ingrato e irresponsabile!” lo rimproverò il riccio, senza accorgersi di aver inavvertitamente creato una sorta di allitterazione.
“Jim Beach” ripeté Freddie con una sorta di disgusto. “Quell'uomo è un santo, ma ha bisogno di un nome nuovo; quello con cui l'hanno battezzato alla nascita è terribilmente tedioso” commentò sovrappensiero, mentre rifletteva sulle parole di Brian. A lui non sembrava di aver intralciato più di tanto gli allenamenti, se doveva essere sincero. Sì, magari aveva lanciato Taylor con un po' più forza di quanta non fosse necessaria, ma in linea di massima stavano lavorando sodo. Era normale non essere già al top della forma, si stavano allenando da meno di una settimana dopo due anni di pausa dall'agonismo. Avevano bisogno di più tempo per brillare.
Brian spalancò la bocca, senza parole. Dopo la sua strigliata, tutto quello a cui Freddie riusciva a pensare era dare un nome nuovo al coach?
“Sei impossibile! Prenditi le tue responsabilità, per una volta nella vita!” tuonò Brian, frustrato.
“Ma io lo sto facendo! Abbiamo bisogno di più tempo, e i risultati si vedranno” ribatté Freddie, con un gesto incurante. Avevano più di tre settimane per preparare le qualificazioni, sarebbero andati alla grande. In fondo in pista ci sarebbe stato Freddie Mercury, in tutto il suo splendore.
Tu non ti stai impegnando nemmeno la metà di quanto è necessario per raggiungere un risultato che è quasi un'utopia! Senza contare il tuo comportamento assolutamente meschino verso Roger, che sta facendo il doppio del lavoro per imparare una parte che non ha mai eseguito prima!” rispose a tono Brian, che cominciava a sentirsi accaldato. L'aria di indifferenza di Freddie gli stava facendo ribollire il sangue nelle vene.
“Ah, è diventato 'Roger' adesso?” sputò Freddie, che a vedere Brian prendere le difese del biondino stava andando in bestia.
“E' il tuo partner, Freddie! Devi trattarlo, se non amichevolmente, almeno decentemente!” sbraitò Brian, che sentiva le mani pizzicare dalla voglia di sfogare tutta la rabbia che sentiva in corpo.
“Ma sentiti, Brian! Sembra quasi che lo stronzetto ti piaccia!”

Ecco, Freddie aveva inteso quel 'piaccia' come quando una persona, con cui si è in un certo grado di confidenza perché ogni mattina ci si vede in pigiama, con gli occhi ancora appannati dal desiderio di tornare a dormire, ti sta abbastanza a genio da non volerla decapitare con il primo attrezzo contundente a disposizione. Secondo questa prima, innocente, interpretazione, a Freddie Roger non piaceva, perché gli avrebbe cambiato i connotati ogni volta che lo sentiva aprire bocca. A Brian, invece, Roger sembrava piacere, perché stava prendendo le parti del biondino invece che di Freddie. Semplice.

Dal rossore improvviso cosparso sulle guance di Brian, che in quel momento stava esibendo la sua migliore interpretazione di un pomodoro maturo, Freddie ebbe l'impressione di essersi perso un dettaglio incredibilmente importante dell'intera conversazione.

Brian sputacchiò un paio di volte, la rabbia dimenticata davanti all'intenso imbarazzo che aveva preso possesso del suo intero essere. Non solo John Deacon aveva capito che Brian provava qualcosa di più intenso nei confronti del pattinatore biondo, ma ora anche Freddie, inconsapevolmente, era giunto alla stessa conclusione. Quando il diretto interessato, preso nella sua faida silenziosa con il suo amico d'infanzia, non aveva rivolto a Brian niente più di qualche sguardo disinteressato.

Questo era un incubo.

“Brian?” lo sollecitò Freddie, suo malgrado incuriosito. Il riccio sembrava sul punto di implodere dalla portata dei suoi stessi pensieri. Brian deglutì un groppo in gola.
“Ma che diavolo dici, Freddie? Roger non mi piace, figurati, dico solo che devi imparare a collaborare con lui anche se è insopportabile!” sputò fuori Brian, cercando di mettere una pezza alla situazione disastrosa che si era venuta a creare. Freddie lo stava osservando con uno sguardo carico di incredulità, e davanti alla sua affrettata negazione aveva alzato un sopracciglio, dubbioso. Cavolo, questa era la peggior situazione in cui Brian potesse infilarsi, e il riccio non sapeva come tirarsene fuori. Se Freddie avesse intuito la verità sarebbe andato su tutte le furie, gli avrebbe urlato addosso in mezzo alla strada facendosi sentire da tutti – Roger compreso – e Brian sarebbe morto di vergogna. E poi Freddie avrebbe proceduto nel cavargli il cuore dal petto a mani nude, e Brian sarebbe morto letteralmente. Era una strada senza uscita, davvero, e la situazione non sarebbe potuta peggiorare.

“Lieto di sentire che hai una così alta opinione di me. Per la cronaca, il sentimento è ricambiato al cento per cento”.

Roger non aggiunse altro, e sorpassò Brian per raggiungere la porta dello chalet. Con noncuranza diede una spallata a Freddie per farsi strada e sparì alla loro vista, sbattendo la porta alle sue spalle.

Brian si rimangiò il suo precedente pensiero, le cose potevano sempre peggiorare. Nell'ansia di negare a Freddie la sua infatuazione per Roger, Brian non si era accorto che il biondo era dietro di lui, arrivato giusto in tempo per sentire come Brian lo stesse insultando.

Il riccio strizzò gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che sentiva bruciare dietro al bulbo degli occhi. Nel giro di una settimana era riuscito ad inanellare una gaffe dietro l'altra, e se anche Roger fosse stato un sogno accessibile – cosa che non era, perché il biondo era fuori dalla sua portata, Brian lo sapeva – ora... beh, ora gli aveva detto in faccia che non avrebbero funzionato nemmeno come amici.

Per la prima volta dopo quell'orribile udienza che aveva spazzato via la sua vita, Brian sentì il bisogno di piangere.

 

*

 

'Brutto stronzo, bastardo e maledetto. Vaffanculo a lui, ai suoi ricci, al suo viso perfetto e alle sue gambe lunghe un chilometro! Vaffanculo a tutto!'

Roger entrò come una furia dentro allo chalet, sbattendo ogni porta che si trovava davanti. Quella era la ciliegina sulla torta, davvero. Dopo un allenamento disastroso e l'interrogatorio, mascherato da chiacchierata, con il coach, l'ultima cosa che gli serviva era sentire l'opinione che il fottuto Brian May aveva di lui. Non rimarchevole, come c'era da immaginarsi.

Beh, Roger ne aveva ufficialmente abbastanza. Ora si sarebbe chiuso in bagno, e Mercury poteva andare a pisciare nel bosco vicino per quanto lo riguardava, si sarebbe fatto una lunghissima doccia, usando tutta l'acqua calda disponibile, e si sarebbe goduto una serata in completa solitudine, a leccarsi le ferite (sia figurate che reali. Erano anni che non cadeva così violentemente durante le prove, e si era dimenticato quanto fosse duro il ghiaccio). E il giorno seguente sarebbe stato un uomo nuovo.

L'ultima porta nel suo percorso ricevette un poderoso calcio, aprendosi fino a sbattere sul muro opposto con un tonfo sordo. Nella stanza John, che si era preparato un tè caldo per combattere il freddo pungente dell'inverno austriaco, fece un salto dallo spavento. La tazza barcollò pericolosamente nella sua mano, facendo cadere delle gocce di liquido bollente sulla stoffa della poltrona, e John imprecò sottovoce. Per fortuna non aveva macchiato il berbero altrimenti, incidente o meno, Beach l'avrebbe spellato vivo.

“Uh... scusa” mormorò Roger, che non aveva pensato al fatto che ci potesse essere qualcuno nella stanza. Dandosi dell'idiota il biondo girò sui tacchi, pronto a mettere in atto una fuga all'inglese. Una chiacchierata a cuore aperto con John sarebbe stata il colpo di grazia, Roger ne era certo.

“Rog, aspetta!” lo chiamò Deacon che, superato l'attimo di allarme, non aveva intenzione di lasciare che Roger scappasse di nuovo. John aveva provato in tutti i modi a cominciare quella discussione, che sarebbe stata difficile ma necessaria per ricostruire il rapporto tra loro. Certo quello di John era stato un commento, per molti, di poco conto, ma non per Roger. Il suo amico biondo aveva una pletora di complessi riguardanti quel particolare problema, che Deacon aveva bellamente ignorato solo per risolvere lo stupido litigio sui ruoli della coppia. Senza contare che John era stato dalla parte di Mercury nel momento di massimo scontro tra i due rivali. Due tradimenti in una sola frase: era normale che Roger si sentisse solo contro tutti.

Roger, miracolosamente, si era fermato sul ciglio della porta, con un piede già fuori dalla stanza. Gli dava le spalle, ma John si sarebbe accontentato. Per ora.

“Per quello che vale, mi dispiace”.
Ecco, l'aveva detto. Quello che per quattro giorni aveva cercato di sputare fuori, ma che era rimasto bloccato in gola, come un boccone amaro che non si riesce né ad inghiottire, né a rigettare. Era chiedere scusa, ed era detto con sincerità.
Roger non rispose, ma fece un cenno d'assenso quasi impercettibile con il capo; okay, scuse accettate.
Roger si dileguò subito dopo, ma John lo guardò andare via con il cuore leggero. Il primo passo era fatto.
'Un passo alla volta, John. Un passo alla volta'.

 

*


John era ancora nella stessa posizione quando Beach entrò nel salotto dello chalet, quasi mezz'ora dopo. Il castano era stravaccato sulla poltrona a sorseggiare il suo tè, e il coach gli rivolse un sorriso che pareva avere un secondo fine.
“John, cercavo proprio te”.
“Ho parlato con Roger” anticipò Deacon, che pensava di sapere dove l'allenatore volesse arrivare. Beach però lo sorprese con un gesto di indifferenza.
“Anch'io, e ne ho concluso che dovete arrangiarvi da soli. No, io devo chiederti un favore”.

Beach si diresse nel cucinotto, e si preparò una tazza di tè sotto lo sguardo incuriosito di John. Quando il coach fu comodamente seduto sul divano davanti a Deaky, gli rivolse un sorriso sornione.
“Qui le cose non migliorano. Roger e Freddie non sono in grado di ragionare come una coppia, né di pattinare come una coppia. Visto che la mia prima strategia, di farli vivere insieme, non sta riscuotendo risultati... ho avuto un'idea che oserei definire geniale. Ma ho bisogno che tu chiami una persona per me”.
John si spremette le meningi per cercare di capire chi dovesse contattare, ma ne venne fuori con la mente vuota. Comunque avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare i due pattinatori a migliorare il loro feeling in pista, a qualunque costo, quindi si limitò ad annuire con convinzione.
“Devi chiamare Jim Hutton e organizzare un programma intensivo. Almeno tre ore al giorno” sentenziò Beach, con un sorrisetto appena accennato a tirargli le labbra.
Gli occhi di John brillarono di ammirazione: il coach era un vero genio.

Anche se Roger e Mercury li avrebbero ammazzati.

 


... uhm. Cosa avrà in mente il malefico coach Beach? Stay tuned per scoprire a cosa andranno incontro i nostri eroi! XD

No vabbè, auto-promozione a parte, volevo mettere due note su questa AU con delle info che ho decisamente tralasciato:
1) Roger e Freddie sono CAMPIONI del pattinaggio artistico su ghiaccio singolo maschile; quindi, Roger detiene con orgoglio il record mondiale sul programma corto, e Freddie detiene invece quello sul programma libero ( Evgenij Plushenko? Yuzuri Hanyu? Chi sono costoro?). 
2) Ho usato il look di Freddie e Roger circa 1975 per il prologo, e il look circa 1980 per il resto della storia. Ovviamente, non possono avere trent'anni (anche perché ho deciso di farli cambiare carriera xD imparando un intero nuovo stile. A trent'anni un pattinatore è prossimo alla pensione, se già non si è ritirato). Visto che non voglio trasformare la mia fic in una hospital!AU, Freddie aveva 23 anni nel 2005, e ora ne ha 25, mentre Roger ne aveva 20 e ora ne ha 23. 

E dopo queste totalmente inutili vagamente indispensabili note, vi mando un bacio e vi aspetto (spero) nei commenti e nel prossimo capitolo!

Alla prossima
KJ

 

   
 
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