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Autore: Miryel    13/03/2020    36 recensioni
Una raccolta di One Shot ispirata alle Gemme dell'Infinito.
1. Gemma dello Spazio.(1/6) (Tony/Peter) ○ 4. Gemma del Potere. (4/6) (Tony/Peter)
2. Gemma della Mente. (2/6) (Tony/Peter) • 5. Gemma della Realtà. (5/6) (Tony&Peter)
3. Gemma del Tempo.  (3/6) (Tony&Peter) ○ 6. Gemma dell'Anima (6/6) (Tony/Peter)
► Tony Stark x Peter Parker/Tony Stark & Peter Parker - Raccolta di One Shot - Introspettivo ◄
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ' It Wasn't Easy To be Happy for You'
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«Ma questa sera ho solo voglia di ballare. Di perdere la testa e non pensare
più che la mia vita non è niente di speciale. E che forse alla fine c'hai ragione tu.
In un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr.»
Ringo Starr - Pinguini Tattici Nucleari
 
 

 
3. Gemma del Tempo          

             

             
              Il tempo è una prigione, dalla quale non si può sfuggire ma che lascia, al suo interno, tanto spazio libero per vivere. Per esistere. Per permettere all’essere umano di spenderlo al massimo delle potenzialità, ma rincorso comunque da un unico, inesorabile epilogo: la morte. Il percorso è assai arduo, però, per arrivarci. Si nasce, si cresce, si ha la sensazione, da bambini, che il tempo non passi abbastanza in fretta e poi ci si ritrova a cinquantatré anni come se niente fosse. Come se in realtà quel passato abbia compiuto il suo corso alla velocità della luce. Tony, questo, lo sa meglio di chiunque altro e da quando Peter è entrato a far parte della sua vita, il concetto di tempo ha subito una piega ancora diversa, nella sua testa. Vede che vive la sua adolescenza e la sua spensieratezza come se ne avesse paura, e quello che vorrebbe dirgli è di non sprecare occasioni e di vivere alla giornata. Ma Peter non è lui, che ha sempre percepito quell’esistenza ai margini delle possibilità; vivendo ogni giorno come se fosse l’ultimo e accantonando le paura nei meandri del cuore, solo per non rallentare quel flusso e rischiare di perdere pezzi per strada. E perdere tempo.

Ma Peter è Peter. Ha paura di non piacere a nessuno e invece piace a tutti. Ma vaglielo a dire, a un ragazzo di diciassette anni – sparito per cinque, che gli riesce tutto e che non ha bisogno di sforzarsi per farlo. A volte si chiede cosa pretenda, Spider-Man, da se stesso. A volte si chiede se non sia troppo duro, anche se mettersi in dubbio aiuta a crescere, certe volte. Qualcosa che lui stesso ha fatto sempre di rado, ma ci ha pensato suo padre, per lui, a farlo sentire inadeguato e un fallimento. Mai all’altezza. E allora forse Peter non è tanto diverso da lui, solo non ha avuto nessuno che lo ha spronato a darsi da fare per contare qualcosa, ma per la sofferenza che questo ha generato in Tony, forse è meglio così. Due pesi, due misure. Sono loro, uguali e diversi. Le due facce della stessa medaglia. La vibrazione di due corde di strumenti diversi, che emettono lo stesso, medesimo suono, quando vengono pizzicate.
 

Le sue feste del cazzo danno prova di quanto questo sia vero. Organizza party esageratamente divertenti, dove alla fine nemmeno lui si diverte. Solo che Tony Stark, in qualche modo, deve dimostrarsi un uomo di mondo. Lo è, per carità, ma forse non come lo era un tempo. Banner ha schioccato le dita e metà dell’universo è tornato – anche metà del suo universo, lo ha fatto; anche lui ha schioccato le dita, e con Thanos e i suoi seguaci, se n’è andata anche un pezzo della sua parte arrogante, quella più burbera. Ora ricerca altro, dalla vita: il riposo e godersi altri lati dell’esistenza, come quelli semplici, nascosti in serate a guardare la tv e mangiare schifezze, sempre e solo insieme a chi vuole accanto – insieme a Peter, per lo più.

E Spider-Man è lì, incastrato tra la parete e un paio di persone – una di queste è Steve Rogers, l’altro è Sam Wilson. Pare a disagio, anche se sorride. Si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano che non tiene un cocktail tutto annacquato che sembra proprio intenzionato a non bere. Non gli piace l’alcool, così gli ha detto. Pizzica, gli ha detto una volta, con la faccia schifata più adorabile della storia del mondo. Vorrebbe salvarlo, ma anche Tony è incastrato tra le costole della gente che lo cerca in continuazione; persone che si congratulano per le solite cose: la società, la salvezza del mondo, le armature… bla, bla, bla… noia totale. 

«Le ascolti anche, le persone, o aspetti solo il tuo turno per parlare?», ironizza Natasha, e gli dà una gomitata che gli fa distogliere lo sguardo da Peter e la sua insicurezza e il suo visibile bisogno di andare a casa, nella sua comfort zone. Si chiede se abbia accettato quell’invito solo per farlo felice. Tony lo è; lo è sempre quando quel tornado combinaguai gli gira intorno, fresco come la rugiada di montagna. 

«Hai detto qualcosa di significativo? Se lo avessi fatto sarei qui a risponderti!» 

Lei alza le sopracciglia e gli riserva un’occhiata indefinibile, poi stira le labbra rossissime in un sorriso dei suoi, e sospira. «No, non ho detto niente, signor io non perdo tempo con voi miseri mortali

«Questa è una bugia bella e buona. Lo sai che non è così! Dopotutto, per fomentare il mio ego, ho bisogno proprio di voi miseri mortali, no?»

«Da solo non ci riesci? Ma povero te, Stark!», esclama lei, e il cervello di Tony inizia a ossigenare, svegliandolo. Ci sono poche persone, in quella stanza gigante del complesso, che riescono a mantenere viva quella fiamma di interesse che si affievolisce troppo facilmente, siccome perde interesse spessissimo. Una si queste è Natasha. L’unica che lo tratta come dovrebbe: come un perfetto stronzo, ma senza farlo sentire mai né inadeguato né in colpa. Vai bene così, sembra dirgli ogni volta che lo critica e a lui, dopotutto, la cosa fa piacere. 

«Ho provato a farmi un paio di complimenti allo specchio, stamattina, ma tendo a peccare di modestia. Voi invece siete sempre così accorati!» 

«Io non faccio parte di quel mondo, Tony. Sei un egocentrico, arrogante che non sa vedere al di là del proprio naso. L’unica cosa che mi trattiene dal picchiarti è che sei estremamente simpatico, quando vuoi. Almeno con me, dico», ammette lei e ci sono poche persone a cui concede quella sincerità, riuscendo a prenderla sempre con ottimismo e come fossero complimenti. Sentirsi dire che è un genio è di certo piacevole, ma rimane un’osservazione distaccata, che non scava a fondo sulla sua personalità e sulla sua umanità. Sentirsi dire che è simpatico, è la prova che è vivo e umano. Qualcosa che tende a dimenticare, certe volte; una mancanza che a volte va colmata molto più dell’ego, per sopravvivere.

«Potrei smettere di esserlo da un momento all’altro, ti avviso.» 

Natasha sbuffa, divertita. «Non importa. Tanto c’è sempre Parker pronto a ricordarti quanto sei figo, no?» 

A Tony scappa una risatina, a quella riposta. Forse perché è la verità. Peter ha un modo tutto suo di vederlo, e l’ammirazione che mette in ogni complimento che gli fa, lo rende luminoso. Natasha è più brutale e diretta, ma forse è questione di carattere. O di età diverse. O di percezioni. O di chissà quale altra diavoleria che la psiche umana nasconde. 

È sempre il tempo, il problema. Tony cerca di allinearsi alla giovinezza di Peter, ma ogni giorno che passa diventano tutti e due più grandi. Il divario è sempre uguale, non c’è mai speranza che vi sia un punto di incontro. La verità è che Tony vorrebbe fermare il tempo e aspettare che lui lo raggiunga. Il suo ennesimo capriccio, che però gli fa aggrovigliare il colon per il dispiacere. È convinto che, se si fossero conosciuti al college, passandosi pochi anni di età, lui e Peter avrebbero potuto instaurato una meravigliosa amicizia, duratura nel tempo, dove quei «Signor Stark!», sarebbero potuti essere dei genuini «Ehi, Tony!» con pacche sulle spalle e gare ai videogame, appesi entrambi ad una routine che sarebbe stata incantevole. Un tempo che avrebbe amato, sinceramente, ma che ora non può viverlo così. È il suo punto di riferimento e non un suo pari. È qualcuno che Peter vedrà sempre troppe spanne avanti. E quando lui gli dimostra che possono essere equilibrati, Peter si ferma e allunga le distanze. Non lo fa per cattiveria, gli viene naturale. Ricerca un distacco che non vuole nemmeno lui, o almeno questo pensa Tony. E non insiste, solo per paura che quel tentativo di affiancarlo possa pressarlo, o metterlo a disagio. E allora va bene anche così, purché quel ragazzo gli illumini la vita, va bene così.

Vorrebbe dirlo, a Natasha, che dei complimenti di Peter ne fa tesoro, ma che a volte vorrebbe che le cose fossero più semplici, meno reverenziali, con lui. Vorrebbe dirglielo perché lei non è come gli altri. Lei le sue debolezze le ascolta, anche se lui gliele ammette tra giri di parole e metafore strane, che nascondono il vero intento, ma che lei riesce sempre a cogliere. Lo fa sentire capito. Le è sempre grato. 

E poi parte la musica, e le luci si spengono. Faretti colorati iniziano a vorticare per tutta la stanza; flash bianchi a intermittenza illuminano la stanza a tratti. I suoi occhi si piantano di nuovo su Peter, ancora appiccicato al muro, con Steve e Sam che parlano di qualcosa e lui sorride di certo interessato, ma incapace di intromettersi per paura di non dire mai la cosa giusta. Poi tutti sorridono; qualcuno si butta in pista, tipo Shuri e mezzo Wakanda. Come Banner, che si precipita a rapire Natasha, tirandola per un braccio.

«Balla anche tu e dimostrami che sei il migliore anche in questo, Tony!», lo sfida lei, ad alta voce, per sovrastare quella canzone che non è né vecchia, né nuova. È a metà della linea del tempo che separa la sua giovinezza e la nascita di Peter. Un segno a metà sulla linea temporale della sua vita, che sembra più lunga di quanto crede, quando ripensa a tutto ciò che ha fatto in passato. 

Sorride, e poi Natasha sparisce tra la folla. La perde, e non le risponde. No, non ballerà, ma lo soddisfa il fatto che sia ancora il re dei party che organizza, per quanto quel ruolo gli imponga poi la solitudine, in certe situazioni. Portare la corona significa anche questo: rimanere statici a guardare, quando si è gli artefici del benessere altrui, ma si sente il bisogno di non immischiarsi a loro. Inquieto giace il capo che porta la corona. Il re guarda i sudditi felici, e non può far altro che quello; e nessuno lo guarda più. Nessuno se ne ricorda più. Tony Stark sparisce, e il tempo non si ferma. Continua la sua corsa inarrestabile e non gli importa chi si lascia indietro.

Si sente solo, fra centinaia di persone. Intasca le mani e osserva il mondo girare, dove lui è fermo.

Peter ha quel senso di inadeguatezza che gli preme lo stomaco. Non ha mai amato i posti affollati e i party, ma non ha mai piacere nel dire di no al signor Stark. Non perché sia un debole, ma perché gli viene naturale. Si sente a suo agio quando sono nello stesso ambiente – che sia quello superomistico o quello di tutti i giorni, come se si conoscessero da sempre. O come se Peter non avesse aspettato altro che conoscerlo, vivendo quel tempo precedente a Tony in attesa del suo arrivo. Assurdo, pensa, ma è così che si sente e non può nascondere quello che prova, nemmeno dietro la vergogna. 

La musica lo salva da quella conversazione sterile a cui non sta nemmeno partecipando. Ricordi lontani di Steve Rogers, fusi a confidenze di Sam Wilson – che ha sempre pensato lo odiasse a morte e forse è così –, che lui non conosce. Ha sorriso impacciato e nessuno si è accorto del suo disagio. Solo che non riesce ad andare via, quando sembra che le persone lo avvicinino pensando che si senta solo. Ma Peter da solo sta bene, specie in certe situazioni. Osserva, e si diverte molto di più guardando gli altri divertirsi, piuttosto che tentare di farlo, senza successo. 

Tutti si buttano in pista. Qualcuno resta a chiacchierare, e lui sembra l’unica persona immobile in un mondo che si agita e sfoga l’adrenalina con dei passi di danza – alcuni ben studiati, alcuni senza logica. Divertirsi vuol dire anche buttarsi, senza alcuna pretesa. Un po’ come quando indossa la tuta di Spider-Man e vola da un palazzo all’altro, con l’adrenalina che gli pulsa nel petto e lo fa sentire bene, vivo. Adoro quando succede, e un po’ si immedesima in quelle persone che si agitano tra le luci colorate, facendo un gran chiasso. 

E quel muro di persone copre il resto e ciò che Peter cerca, non lo trova. Percorre il perimetro della stanza, accostato al muro, cercando l’unica persona che riesce, anche nel mezzo di un party caotico, a farlo sentire a casa. Lo cerca con gli occhi, che saettano ovunque. In pista non c’è, non lo ha visto e quando infine lo individua, allunga il passo e lo raggiunge. 

Il signor Stark è immobile, che osserva la calca di gente ma sembra non farlo davvero. Chissà dov’è la sua mente? Chissà i suoi occhi cosa vedono, in questo momento… 

«Signor Stark!», lo chiama. Tony sussulta e si spalanca una mano sul petto, che inizia a muoversi su e giù.

«Un giorno o l’altro mi farai venire un infarto, Peter!»  

«Lo dice ogni volta», ridacchia, cercando di sovrastare la musica troppo alta, poi incastra le mani ai fianchi e sospira. «Non sta ballando?» 

«Nemmeno tu.» 

«Non sono bravo. In realtà non l’ho mai fatto prima. Non fa per me, credo.» 

Tony lo squadra da capo a piedi, poi inclina le labbra in un sorrisetto furbastro, che un po’ lo fa sussultare. «Come puoi saperlo, se non lo hai mai fatto?»

Peter fa roteare gli occhi all’insù, ma non riesce a nascondere una lieve risata squillante delle sue. «Istinto. I sensi di ragno non funzionano solo per i pericoli, ma anche per evitare figuracce», decide, e annuisce.

«Non mi pare abbiano mai funzionato, in quello», controbatte il signor Stark e Peter abbandona la sua espressione spensierata per regalargliene una di disappunto; offeso, ma non per davvero. È solo che quel gioco dei ruoli con signor Stark lo diverte sempre moltissimo, specie perché lui gli dà sempre corda. A volte dimentica che si passano così tanti anni. A volte sembra di avere accanto un amico di vecchia data, che ti prende in giro e tocca punti sensibili solo perché sa fin dove spingersi, per non ferire. «Mi importa che funzionino quando te ne vai in giro a fare l’eroe. Alle figuracce si rimedia sempre.»

Lui sbuffa divertito. «Come?» 

«Facendone altre e spostando l’attenzione su quelle più recenti; ad un certo punto la gente si confonde e smette di farci caso.» Tony gli appoggia una mano sulla spalla, come se volesse rassicurarlo che, quello che ha detto, è la sacrosanta verità. E Peter ci vuole credere, un po’, al fatto che non sempre serve nascondersi, per risultare invisibili. A volte bisogna mischiarsi tra la gente e continuare a brillare, con dignità, senza aver paura di deludere nessuno. 

«Le va di ballare?», chiede, ad un tratto, e si stupisce non tanto per la propria sfacciataggine che non gli appartiene, ma per il fatto che non provi vergogna nell’aver posto quella domanda. Che un no non lo spaventa. Non stavolta.

Tony alza le sopracciglia, scettico. 

«Basterà muoversi senza logica, come stanno facendo tutti», continua, e alza le spalle, come se solo quel gesto potesse rendere la cosa meno imbarazzante e problematica. 

«Vuoi proprio che ti faccia sfigurare, Parker?» 

«Nah, ho già perso la mia dignità; non posso andare più a fondo di dove sono! Lo ha detto lei: se ne fai tante, di figuracce, a un certo punto la gente non ci fa più caso!», esclama e, senza pensarci due volte, prende la sua mano sana tra le sue e lo trascina in pista. Si ritrovano l’uno di fronte all’altro, immobili. Si guardano intorno e la musica è assordante. Peter osserva Shuri scatenarsi e, poco più in là, un legnoso Steve Rogers che comunque sorride e si diverte, di fronte alla signorina Romanoff e il dottor Banner. Arriccia le labbra e inizia a muovere i piedi, schioccando le dita a tempo di musica. Guarda Tony, ancora immobile, ma non si ferma. Poi sorride, quando pure il signor Stark prende coraggio e si lascia andare. Sono movimenti lenti, fuori tempo, senza senso… senza logica, eppure quando alla fine vengono coinvolti da quell’atmosfera, tutto pare mutare. Sorrisi divertiti e una complicità negli sguardi, esplodono sui loro visi. Diventa quasi una competizione e, sotto le luci colorate, il tempo improvvisamente si ferma. E Peter vede un altro Tony, che non aveva ancora avuto il piacere di conoscere.

Tony si sente leggero. Non sentiva quella sensazione di spensieratezza da troppo, nemmeno quando il peso dell’universo e delle guerre combattute non erano ancora scritti nel suo destino. Si sente in un altro mondo, anche se sa che durerà poco; troppo poco, ma basta per consapevolizzare che la vita è una e che il tempo passa per tutti, ma a volte lo fa con il corpo, e non con l’anima. 

È sparito il pizzetto  e il completo elegante. Sono spariti i capelli bianchi, le rughe e gli occhiali da vista costosi. Ha indosso una maglietta dei Black Sabbath, un paio di converse nere e jeans rotti sulle ginocchia; sente il peso di una vita scendere dalle spalle e lasciare spazio a un passato che non ritorna; non sempre. Nella sua testa, però, è ancora così vivido che può viverlo e sovrapporlo alla realtà.

Ora ha diciotto anni, e un coetaneo di fronte. Un amico. Ballano come se domani potesse finire il mondo, dimenticando la dignità, la vergogna e le brutture della vita. Tony si sente giovane; si sente come Peter. Forse lo è davvero. Forse sono sempre stati simili, pari, equilibrati, coetanei nell’anima. 

Gli sembra assurdo, ma non gli dispiace pensare che sia così, dopotutto; e allora continua a ballare. 

 

 
 

Fine

 

 




 


 

♥ Note Autore ♥


Salve a tutti! Come va?
Ma salve a tuttissimi, anche a quelli che sono risultati positivi al Covid-19! No, a parte gli scherzi, spero che stiate tutti bene, e che presto l'Italia possa uscire da questa brutta situazione che ci ha piegati ma non spezzati e, qual è il miglior modo di affrontare una quarantena forzata se non scrivere di loro e lasciare che voi ne leggiate fino ad odiarmi? Nessuno, ovvio! Dunque grazie per essere arrivati fin qui!
Che dire di questa shot? Il tempo. Ah, il tempo, il nemico dell'amore. Un tempo che separa questi due ma che non li separa mai davvero, anzi... e, ammetto di trovare questo esperimento un po' inusuale, e spero che il risultato finale si sia capito ma, il mio intento, era quello di arrivare alla fine immaginando Peter che balla di fronte a uno Young!Tony, perché è così che si sente in quel momento.
Ho parlato di amicizia. In questa shot sentivo la necessità di colmare qualcosa, come un'occasione persa del passato, dove avrebbero di certo instaurato un rapporto del genere. Dunque, diciamo che la ship non è stata pensata, in questo lavoro in particolare (lo sapete, supporto il loro rapporto sia canonicamente che come ship, adorandolo in ogni caso, purché esista). Se la volete vedere, sono contenta, se non la vedete sono felice lo stesso! Vi ringrazio per l'entusiasmo mostrato negli scorsi capitoli!
Poi volevo ringraziare ancora la mia Guascosa _Lightning_ (che è la una buddy in murder, perciò amatela come la amo io!)  per avermi dato altre tre parole che hanno generato tutto questo ♥ Grazie Guascosa ♥ E la canzone, stavolta, l'ho scelta io siccome sto in FISSA TOTALE con "Ringo Starr" dei Pinguini Tattici Nucleari che, non contenti, hanno pure fatto il video stile Ritorno al Futuro e chi mi conosce da un po' sa quanto ami quel film!
Poi vorrei fare della pubblicità a una storia, ovvero il primo capitolo di un racconto scritto a quattro mani con Shilyss (la mia cosa ♥) che si chiama "Dove va l'anima quando moriamo?", che già dal titolo preannuncia del generoso e ilare ANGST! Se vi va di farci una visita, renderete queste dua autrici felicissime! In più, sempre in tema di storie a quattro mani, ricordo al pubblico che io e Lightning abbiamo scritto una storia che presto aggiorneremo! Se vi va, la trovate qui: "The Super Life of Pete&Harl" che è tanto tanto caruccia, e tanto tanto divertente – sul serio, non mento XD
Alla prossima, dunque,
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

 
 
   
 
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