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Autore: time_wings    14/03/2020    1 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ATYCHIPHOBIA

paura di fallire


The oldest and strongest emotion of mankind is fear, and the oldest and strongest kind of fear is fear of the unknown.
H.P. Lovecraft




Bakugo farfugliò qualcosa, in un verso simile a un ringhio e a un lamento allo stesso tempo. Un sorriso appuntito si fece largo sulle labbra di Kirishima, mentre picchiettava sulla sua spalla.
“Che cazzo vuoi, capelli di merda?” Riuscì finalmente a dire Bakugo, con la voce impastata dal sonno e un diavolo per capello. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma già le sopracciglia erano aggrottate in un cipiglio infastidito. Kirishima rise: “Scusa se ieri mi sono addormentato.”
“Sei un coglione.” Pronunciò Bakugo, voltandosi verso la finestra dannatamente luminosa, ma almeno riuscendo a dare le spalle a quel rompiscatole di Kirishima. Il ragazzo, però, non si perse troppo d’animo, perché reagì immediatamente, abbracciandolo con una mano: “Volevo farmi perdonare.” Esalò e Bakugo sentì distintamente il suo fiato caldo sul collo e una mano impertinente scivolare verso il basso. Continuando imperterrito a tenere gli occhi chiusi, Bakugo sospirò affranto e si adoperò immediatamente a liberarsi di quella manaccia. Kirishima, però, fu più veloce: “Oh.” Esalò, poi, dando una sbirciatina oltre la sua spalla per assicurarsi di non esser stato tradito dai suoi sensi. “Sbaglio o qui qualcuno mi ha rubato l’Unicità?”
Quello fu assolutamente troppo. Bakugo sbarrò gli occhi e la luce del sole gli colpì aggressiva le pupille, lasciandolo disorientato per qualche secondo: “Il mio pugno ha la tua Unicità. Adesso staccati di dosso perché altrimenti te la faccio provare.”
Kirishima pensò giustamente di disubbidire all’ordine di Bakugo e, come se non avesse mai parlato, infilò un dito nei pantaloncini larghi che il suo amico indossava come pigiama.
“Ma che cazzo!” Esclamò contrariato Bakugo, alzandosi di scatto con un colpo di reni e lasciando Kirishima da solo, in un letto troppo grande, steso supino e con un sorrisetto vittorioso in viso: “Cosa diavolo hai da ridere?”
“Niente.”
Bakugo si era ormai avvicinato alla porta del bagno e Kirishima lo guardava fisso negli occhi, con rilassatezza, quasi come a sfidarlo a fare qualcosa di imprecisato e intangibile che si respirava però innegabilmente nell’aria. Bakugo abbassò lo sguardo con un grugnito appena udibile e una leggerissima macchia rossa gli colorò le guance: “Non adesso.”
Kirishima annuì e si stiracchiò, mentre Bakugo entrò in bagno. Evidentemente quest’ultimo aveva fatto male i suoi calcoli, perché quel minuscolo e invisibile sorriso che gli spuntò sul viso Kirishima lo vide eccome, anche se per una frazione di secondo, prima che il muro gli impedisse di indagare.
 
“Okay, la situazione è seria.” Kaminari alzò un sopracciglio, vagamente offeso e volse lo sguardo ai bambini ai quali avrebbe dovuto badare: “Perché mai dovrebbe essere seria?”
“Vedi? Se questa è la tua risposta non solo è seria, è addirittura drammatica!” Mina ribatté teatrale e Kirishima pensò seriamente che se avesse preso parte allo spettacolo dell’animazione avrebbe sicuramente vinto un premio.
“Secondo me non è drammatica.” Si intromise infatti, alzando un sopracciglio ironico e sorridendo a Kaminari, che gli batté il cinque e prese a guardare Ashido come a sfidarla a ribattere. La ragazza, però, sembrava avere sempre un asso nella manica, perché non ebbe problemi a rispondere alla provocazione: “È evidente che non possiamo fidarci di Kirishima: lui è una frana in queste cose.”
“Che cosa? Ma se ho conquistato Bakugo!”
“No, è stato lui a conquistare te.” Gli ricordò Mina e Kirishima alzò un dito pronto a ribattere, prima di ricordarsi che non aveva argomenti per contrastare la lingua lunga dell’amica e finendo per aprire e chiudere la bocca come un pesce lesso.
“Ehi ehi, si respira aria di tensione, qui, di che parlate?” Sero fece il suo ingresso trionfale nella hall del resort, coinvolgendo Kaminari e Kirishima in un abbraccio e guardando Ashido, di fronte a sé: “Allora?”
“Oh, Sero, sarai la voce della verità.” Iniziò Kirishima, osservando Mina che se ne stava con sguardo ironicamente austero a guardare i ragazzi davanti a sé.
“Secondo te Kaminari è in grado di chiedere…” La voce di Kirishima si spezzò al segnale di Mina, che aveva improvvisamente preso a gesticolare senza sosta come se volesse impedire a un enorme dinosauro di avvicinarsi ai suoi amici: “Che c’è?” Domandò Kirishima, voltandosi appena per seguire lo sguardo di Ashido. Sero e Kaminari fecero lo stesso.
“Oh, ehi, Jiro.” Salutò quest’ultimo, appoggiando una mano sulla spalla di Sero a sua volta e fallendo miseramente, risultando semplicemente stupido. La ragazza alzò un sopracciglio confusa e osservò i tre amici negli occhi, come a cercare risposta per la sua stupidità. Purtroppo per lei, però, gli altri tre non sembravano più arzilli: “Che vi prende?” Domandò sospettosa, poggiando la scatola di lattine che reggeva in mano sul pavimento di marmo della hall.
“Niente.” Risposero contemporaneamente tutti i ragazzi, il che smentì prontamente la loro macchinosa risposta corale. Jiro aggrottò la fronte: “Ah sì? Di che parlavate?”
“Beach Volley.”
“Te.”
“Allenamenti.”
“Vacanze.”
Le quattro risposte evidentemente incompatibili arrivarono tutte insieme e Kaminari, Kirishima, Ashido e Sero presero a fissarsi con lo sguardo di chi ha appena ucciso un ragno gigante e non sa come liberarsene: “Ehm…” Iniziò Kirishima, sempre pronto a salvare eroicamente tutti: “Di te che ti alleni a beach volley durante queste vacanze.” Improvvisò il ragazzo e Mina si batté una mano in fronte con la naturalezza di chi sa di essere l’unica persona ad aver capito di essere appena entrata nella tana del lupo. A riprova di ciò, infatti, Kaminari e Sero sorrisero vittoriosi, come se quella risposta li avesse salvati dal più grande dei guai.
Jiro, però, non sembrava dello stesso avviso: “Ah sì?” Domandò, infatti, incrociando le braccia al petto e alzando un angolo della bocca in un sorriso divertito. I tre ragazzi annuirono contemporaneamente e Jiro alzò gli occhi al cielo e si fermò con lo sguardo su Ashido: “Niente da dichiarare.” Esalò la ragazza, senza aggiungere altro.
Jiro raccolse la scatola che aveva poggiato a terra e se la sistemò addosso per gestirne meglio il peso, poi sospirò: “Devo andare al chiosco, ti aspetto lì, Sero.” Esordì poi e si diresse verso la spiaggia.
Proprio prima di imboccare l’uscita, però, si voltò un’ultima volta, fissando lo sguardo su Kaminari, che già aveva il suo su di lei: “Dopo… Ehm, ci sei per una chiacchierata?”
Il ragazzo sgranò gli occhi e sussultò. Spire di elettricità si attorcigliarono subito ai suoi polsi, risalendo le braccia e costringendo Sero a balzare letteralmente via da lui: “C-certo.” Sussurrò appena, boccheggiando.
Jiro annuì seria e gli diede le spalle. Aspettare che se ne fosse completamente andata per iniziare a ridere fu, per Ashido, Kirishima e Sero, una vera impresa.
 
Bakugo se ne stava a braccia incrociate come se non fosse stato nei suoi interessi fingere di provare rispetto o un vago rimorso. Kirishima lo guardava di sottecchi, di tanto in tanto, più per assicurarsi che non facesse qualcosa di plateale e stupidissimo che per curiosità.
“L’avete fatta grossa.” Cominciò All Might che, sebbene ci tenesse a mantenere un’aura austera e cattiva, sembrava comunque vagamente divertito dalla situazione, sottolineando, anche inconsciamente, che in realtà non l’avevano fatta grossa affatto.
Aizawa, invece, sbadigliò genuinamente annoiato, eppure bastò a donare alla situazione quella carica di terrore che All Might da solo non era riuscito ad assicurare: “Tirate fuori il responsabile dell’incidente della canna da pesca,” Esordì pacato l’uomo: “e potrò tornare a dormire.”
Kirishima deglutì rumorosamente e Bakugo alzò prima gli occhi al cielo, poi gli rifilò un’occhiataccia. Kirishima non aveva paura, ci teneva solo a non passare per il casinista di turno. Come se poi non lo fosse, pensò Bakugo, ridacchiando tra sé.
“Non ne sappiamo niente.” Si limitò a rispondere Kirishima e Bakugo non si preoccupò nemmeno di dire la sua.
All Might alzò un sopracciglio e Aizawa sospirò rumorosamente, poi aprì bocca per parlare. Non riuscì a dire niente, però, perché Present Mic fece il suo ingresso veloce e rumoroso nelle cucine ancora sporche del resort: “Confessate, ragazzi.” Li invitò a fare, poi, con una risata: “Perché questa non si spiegherà da sola.” Aggiunse, poi, tirando fuori l’ultimo degli oggetti che Kirishima avrebbe voluto vedere.
Una canna da pesca grondante fango umido si stagliava davanti allo sguardo pericolosamente incredulo di Kirishima. Bakugo, invece, non aveva mosso un muscolo: “Allora?”
Kirishima boccheggiò un paio di volte e Bakugo si voltò appena a guardarlo, come a controllare se il suo compagno di crimini fosse in difficoltà. Notò seccato che lo era eccome: “Cosa volete che ne sappiamo di una canna da pesca sporca di fango? Non è che se ce la fate vedere ce ne ricordiamo.” Prese la parola Bakugo, conscio di dover prendere la situazione in mano.
“Vi avevamo detto di trovare i colpevoli.”
“Oppure ci manderete alla U.A. un giorno prima della partenza? Per me va bene, sono tutti un branco di inutili scansafatiche, qui.” Continuò Bakugo e Kirishima si voltò a guardarlo allarmato. Non è che fosse un modo elegante di farsi valere. All Might, però, rise di gusto: “Il giovane Bakugo non ha tutti i torti.” Sentenziò, poi, alzando un sopracciglio.
“In effetti non ha poi così senso.” Si aggiunse Present Mic, alzando le spalle e guardando Aizawa come se fosse la mente di quel piano geniale. Il professore, però, sembrava semplicemente avere una gran voglia di andare a fare un riposino rigenerante in spiaggia e nulla di più.
Sbadigliò, infatti, coprendosi la bocca e dirigendosi a passo lento e cadenzato verso l’uscita: “Si ripercuoterà su di voi, in ogni caso. Godetevi le vostre ultime due ore qui.” E, con questo, i tre professori li lasciarono soli in una cucina sporca come al solito e felice di accogliere gocce grosse di fango nel regno inclusivo della sua sporcizia!
“Ci fanno neri, è la volta buona, siamo in guai grossi.” Iniziò a parlare Kirishima, non appena se ne furono andati e agguantando la scopa poggiata sulle mattonelle bianche senza davvero curarsi di cosa avesse tra le mani, ma limitandosi a torturare il legno del manico con fare assorto. Bakugo alzò un sopracciglio, osservandolo immobile: “Ma cosa avremmo dovuto fare?” Si domandò ancora Kirishima, guardandosi attorno come se le pareti avessero potuto rispondergli, poi allargò le braccia sconsolato e prese a spazzare a terra sovrappensiero: “Niente. Io non venderei mai i miei amici.” Considerò e il viaggio del sopracciglio di Bakugo verso lo spazio profondo non accennava a volersi arrestare: “Capelli di merda.” Lo richiamò, avvicinandosi a lui con un paio di falcate e bloccandogli la mano con cui reggeva la scopa con la sua, arrestandone il moto: “Siamo fregati, è il caso di dirlo. Siamo proprio fregati!”
“Stai zitto.” Lo ammonì, poi, e Kirishima puntò uno sguardo sconvolto nel suo, poi scosse appena la testa, come a chiedergli cosa avesse: “Mi sembri quel nerd di Deku, stai straparlando come lui.”
Kirishima lo guardò come se fosse pazzo: “Bakugo, noi siamo fritti!”
Per lui era abbastanza. Alzò gli occhi al cielo e si sporse in avanti, catturandogli le labbra in un bacio aggressivo, quasi perentorio, sperando che bastasse a zittirlo una volta per tutte. Lo stupore di Kirishima durò un massimo di due secondi, poi chiuse gli occhi e rispose con entusiasmo, infilandogli le mani sotto la maglietta con un movimento fluido e tastandone il fisico scolpito. Gli sfuggì un verso di approvazione.
Bakugo lo spinse veloce contro le mattonelle del muro e la scopa di legno cadde a terra con un suono secco e alto, ma nessuno dei due sembrò curarsene. Kirishima, anzi, sorrise furbo e alzò di poco il ginocchio, facendo scontrare la coscia con il cavallo dei pantaloni di Bakugo: “Che cazzo fai?” Gli domandò, più in un sussurro che in aggressivo disgusto. Il sorriso di Kirishima si allargò: “Rendo la situazione più… scoppiettante.” Esalò, poi, in un altro sussurro che rimbalzò provocante sulle labbra gonfie di Bakugo.
“Le tue battute a sfondo sessuale fanno veramente pena.” Commentò il ragazzo e Kirishima rise davvero, genuino: “E allora impediscimi di farle.”
Bakugo raccolse il suggerimento e lo baciò ancora, lasciandogli stavolta muovere la gamba come meglio credeva e stupendosi di quanto velocemente fosse riuscito a fargli aumentare il respiro. Anche Kirishima sembrò notarlo, perché all’improvviso non spostò la gamba da dove l’aveva piantata e anzi iniziò a muoverla strategicamente. Bakugo gli morse il labbro inferiore per riflesso e Kirishima gustò a fondo il dolore che ne seguì. Sarebbero andati piacevolmente avanti se solo, di nuovo, Sero, Kaminari e Ashido non fossero piombati dal nulla in quella cucina, ciarlando e ridendo sguaiatamente.
“Oh, ehi, ehi, abbiamo interrotto qualcosa?” Iniziò la ragazza.
Bakugo aveva raccolto quella scopa da terra come se si fosse preparato tutta la vita a quel momento, mentre Kirishima era rimasto spaesato al muro, confuso e vagamente disturbato dall’arrivo degli amici: “Volevamo sapere che vi hanno detto i professori, ma credo che ve la passiate benissimo.” Continuò Kaminari e Kirishima iniziò a temere per la reazione che avrebbe avuto Bakugo e quindi per l’incolumità del suo amico.
“Va tutto bene, non vi abbiamo traditi.”
“Allora noi andiamo, eh.” Disse Sero, la voce striata di risa contenute: “Mi raccomando, non ti dimenticare di quella cosa.”
“Aspetta, che cosa?” Inquisì Mina e Sero si limitò a scuotere la testa, senza darle alcuna risposta. I tre amici si voltarono e, veloci com’erano entrati, si diressero alla porta della cucina. Prima che varcassero la soglia, però, Mina si voltò e sfruttò il fatto che Bakugo fosse di spalle per guardare Kirishima, puntare il pollice in basso come ad avvertirlo e scendere veloce con lo sguardo. Poi mimò con le labbra qualcosa che sembrava tanto un: “Occupati di quella” e se ne andò.
Kirishima guardò velocemente in basso, poi alzò lo sguardo di scatto e poggiò la testa sconsolato contro le mattonelle. Guardò la figura di Bakugo, che mormorava imprecazioni di continuo, spazzare frenetica il pavimento e, con calma, prese parola: “Non hai più intenzio...”
“Puliamo questo schifo per l’ultima volta.” Lo interruppe lui.
Kirishima annuì, sospirò affranto e, per la terza volta in due giorni, si rassegnò acciuffando il flacone di disinfettante.
 
Ashido batté forte una mano sul parquet di legno, per attirare l’attenzione. Infine alzò uno sguardo vivace sulle persone che la circondavano e sorrise di cuore: “Dichiariamo aperta l’ultima riunione tra ragazze di quest’avventura!” Annunciò, poi, e l’intera stanza esplose tra grida e felicità.
Jiro alzò gli occhi al cielo, ma il sorriso appena accennato che le incurvava le labbra la tradì: “Sei davvero apocalittica.” Esalò, infatti, scoccando un’occhiata furba a Mina, che alzò le spalle e rise di gusto.
“Per l’occasione,” Continuò, poi, rivolgendosi a tutte le ragazze nella stanza e guardandole a una a una negli occhi. “grazie all’aiuto di Momo, abbiamo una scatola!” Disse, infine, risultando parecchio teatrale, ma non per questo meno sincera.
Momo aprì un’anta del grande armadio rustico e ne tirò fuori un’ordinaria e comunissima scatola verde. L’unico dettaglio che faceva capire che ci fosse qualcosa di strano era un taglio sul coperchio, lungo qualche centimetro e largo quanto una moneta.
Uraraka alzò un sopracciglio, il che diede a Mina il la per continuare la sua sorpresa.
All’interno della scatola riposavano una pila di fogli di carta e una penna. Momo li tirò fuori tutti e ne distribuì uno a tutte le ragazze: “Abbiamo pensato di esprimere qualche desiderio.” Spiegò, poi, leggermente in imbarazzo all’idea di raccontare un’idea così sentimentale: “Abbiamo legato e condiviso tanto, non sarebbe male fare lo stesso anche con il futuro.” Concluse, poi, alzando un angolo della bocca in un sorriso timido e fissando Jiro negli occhi. La ragazza sgranò gli occhi sorpresa e non se la sentì proprio di prendere in giro anche quella proposta.
“È una bella idea, cra!” Sentenziò Tsuyu, che aveva già capito tutto e aveva quindi poggiato una mano sotto al mento in riflessione. Non aveva intenzione di perdere tempo e voleva pensare a qualcosa di vero e grande allo stesso tempo da scrivere.
Nella stanza c’era una bella atmosfera rilassata. La luce rossastra del pomeriggio filtrava attraverso le finestre, lasciando nell’ombra tutta la stanza eccetto per una striscia alta pochi centimetri di muro e tutto il pavimento. Le ragazze, sedute tutte in cerchio per terra, quindi, osservavano questi fasci tanto belli e forti da permettere loro di distinguere anche i più piccoli granelli di polvere che volteggiavano nell’aria. Si respirava un’atmosfera sospesa, serenissima e l’attività proposta risultava quindi ancor più emozionante.
“I-io ho un’idea.” Parlò all’improvviso Uraraka, interrompendo il silenzio riflessivo che da qualche tempo era sceso nella stanza.
Mina alzò lo sguardo dal suo foglio per guardarla con curiosità e la ragazza ricambiò con un sorriso timido: “Ecco, pensavo che potremmo seppellirla da qualche parte nella pineta, per lasciarla per sempre qui.”
Lo sguardo di Ashido si illuminò, ma fu Hagakure a parlare per prima: “È un’idea fantastica!” Commentò, mentre il foglietto che teneva tra le mani si agitava emozionato: “Sarebbe bellissimo farlo domani, prima di partire!”
“In effetti non è male come idea, cra.” Commentò Tusyu, osservando il punto in cui si trovava il viso di Hagakure e annuendo soddisfatta.
“Sì!” Convennero entusiaste anche Momo e Ashido, all’unisono.
Gli occhi delle cinque ragazze si puntarono tutti su Jiro, che sobbalzò nella sua posizione comodamente rilassata, tendendo i muscoli quasi spaventata: “Oh, ehm, ma sì, certo, perché non…”
La voce della ragazza fu interrotta da una suoneria che i non amanti del genere potrebbero definire senza ombra di dubbio rumorosa e Jiro si alzò a sedere quel tanto che bastava per allungarsi verso i piedi del letto: “Scusate, è il mio.” Annunciò, afferrando il cellulare.
“Non avevamo dubbi.” Commentò con una risata Ashido, riferendosi alla musica, e Jiro le riservò un’occhiataccia.
“Ehi, ti posso chiamare dopo? Sto…” Jiro si interruppe, evidentemente in ascolto, poi gettò una veloce occhiata in direzione delle ragazze, constatando che sì, aveva gli occhi di tutte ancora puntati addosso: “Sì, ma tranquillo, non devo dirti niente di…” Venne ancora interrotta e alzò gli occhi al cielo, prima di tentare di riprendere la parola: “Okay, ci vediamo prima di riunirci con gli altri, va bene?” Jiro abbassò di poco la voce e si voltò per dare le spalle alle ragazze, poi seguì qualche attimo di silenzio, prima che parlasse di nuovo: “Non fare tardi, scoppiato.” Concluse, poi, sorridendo tra sé e chiudendo la chiamata. Infine si voltò di nuovo.
Prevedibilmente, una chiamata fatta nel silenzio più totale non poteva aver goduto di chissà quale privacy e il tentativo di abbassare il volume della voce e dare le spalle al gruppo non aveva sortito alcun effetto se non quello di aumentare la curiosità delle ragazze.
Jiro le guardò tutte negli occhi, cercando di apparire il più incurante possibile, poi, prima che chiunque altro potesse prendere parola, Ashido si intromise in una delle sue maniere da leader: “Bene,” Iniziò, con un sorriso che indirizzò tutto a Jiro: “è forse arrivata l’ora di vuotare il sacco?”
“Ehm…”
La voce di Hagakure arrivò, inaspettatamente forte e chiara, dal nulla: “È Kaminari?”
Jiro sospirò; era stato decisamente più facile del previsto.
 
“Ma… Davvero possiamo farlo?” Domandò Midoriya, inoltrandosi nel buio con la prudenza di un ricercato.
“Sì, assolutamente, ho fatto una richiesta speciale ai professori.” Replicò solenne Iida, sorridendo tra sé per il bel lavoro. Todoroki diede un colpetto con un fianco a Midoriya e, inaspettatamente, gli sussurrò all’orecchio: “L’ultima volta non ti sei mica fatto tutti questi problemi.”
Midoriya ridacchiò a disagio. Non tanto per le sue parole, ma per la maniera in cui erano state pronunciate. Decise di non rispondere, per contenere il nervosismo piacevole che gli si stagnava nello stomaco ogni volta che si trovava in sua presenza.
“Eccoci.” Dichiarò Ashido, in testa alla fila, fermandosi al centro di uno spiazzo ricavato tra gli ombrelloni chiusi della spiaggia: “Todoroki.” Chiamò, poi, mentre disponeva delle candele a formare un cerchio e lasciava che il ragazzo le accendesse una dopo l’altra, quieto e silenzioso come al solito.
I ragazzi presero posto con un po’ di curiosità ad animarli, fatta eccezione per Jiro, che si sedette disinteressata e con un broncio che aveva tutte le carte in regola per arrivare fino alla Luna. Kaminari le lanciò un’occhiata di sottecchi e la ragazza ricambiò veloce come il vento, invertendo i ruoli e fulminandolo letteralmente con lo sguardo. Kaminari sorrise mogio e si voltò a parlare con Kirishima, ridendo sguaiato un attimo dopo.
“Va tutto bene? Com’è andata la vostra conversazione?” Domandò Momo, avvicinandosi a Jiro in maniera che la sentisse solo lei. La ragazza sbuffò ironica e si voltò a guardarla offesa: “Benissimo, una meraviglia, perché non si è presentato.” Confessò e Momo sgranò gli occhi sconcertata: “Ma se è stato lui a tartassarti per accordarvi su un orario!”
“Già, esatto. Non ho neanche più voglia di fargli sapere perché gli avevo chiesto di parlare.” Esalò la ragazza, voltandosi automaticamente a guardarlo e sentendo l’ennesimo moto di rabbia impadronirsi come un brivido del suo corpo.
“Non so che dirti. Non so perché l’abbia fatto, davvero.” Tentò di rispondere Momo, percependo la debolezza della sua solidarietà. Non aveva nulla da dire all’amica, perché quello di Kaminari era un fenomeno che non riusciva a spiegarsi neanche con tutta la fantasia di cui disponeva… e non si poteva dire che fosse poca.
“Bene, ho una sorpresa per voi!” Mina le interruppe, conquistando l’attenzione di tutto il gruppo.
“Che novità.” Scherzò Kaminari e Jiro alzò gli occhi al cielo al solo sentire la sua voce.
“Ho rubato una cosa alla mia compagna di stanza!” Annunciò Ashido e Jiro si voltò di scatto verso di lei, perché proprio non si era resa conto di quel furto e temeva seriamente per la sua incolumità. Di Ashido, s’intende: “Che cosa?”
“Giuro che sono stata attentissima e l’ho trattata come un gioiello.” Annunciò, tirando fuori la chitarra di Jiro e porgendogliela con un sorriso.
“Che cosa…”
“Suonaci qualcosa!” Esclamò Uraraka, sorridendole entusiasta. Jiro la guardò come se le avesse appena chiesto di saltare da un ramo a un altro come una scimmia: “Aspetta, che cosa…”
“Sì, ti prego!”
“È l’ultima sera!” S’intromisero anche Midoriya e Hagakure. Ojiro annuì felice.
“Io non penso che sia…”
“Dai, fallo per noi.” Suggerì Mina, facendole l’occhiolino: “Non è che sia granché…” Jiro tentava di giustificarsi in tutti i modi, ma l’entusiasmo dei compagni pareva incontenibile.
“Un pezzo piccolo.” La implorò Kirishima e lo sguardo della ragazza cadde involontariamente su Kaminari, seduto accanto a lui, che sorrideva soltanto, in religioso silenzio.
Jiro abbassò lo sguardo: “Piccolo.” Accettò, in un sussurro, e la classe esplose in urla esultanti. Sorrise, poi, impercettibilmente e cercò di arginare il tremore alle mani, mentre toccava pigramente le corde, concentrandosi. Kaminari la studiò senza perdersi un movimento.
Lentamente, quasi timidamente, una musica sottile si diffuse nell’aria di sera e la classe intera si ammutolì, concentrandosi su Jiro. La ragazza si limitò a guardare la chitarra, ma non riuscì a evitare di arrossire fino alla punta dei suoi jack. Era dannatamente imbarazzante e aveva questo istinto continuo di tirarsi indietro, mettersi a urlare e scappare lontanissimo. Non lo fece mai, però, e, lentamente, la musica aumentò di volume e le sue dita si fecero sempre più audaci e veloci, a suonare accordi più complessi, sequenze più particolari. Iniziava dimenticare tutto. I compagni, Kaminari, l’imbarazzo. Iniziava a perdersi in quel mondo.
Fu un effetto a catena. Lentamente gli sguardi di tutti si persero, tra i suoni della chitarra e quelli della risacca. Le stelle li coprivano calorose e una coltre di nubi prese a disporsi quasi magicamente a formare un cerchio, un anello gassoso che incorniciava quei punti brillanti e così lontani.
Midoriya espirò estasiato, incapace di dare un nome a quel fenomeno così emozionante. Poi due dita che riconobbe senza neanche abbassare lo sguardo raggiunsero le sue, intrecciandosi saldamente e rendendo l’atmosfera più familiare di quanto già non fosse. Todoroki aveva smesso da un po’ di guardare le stelle: aveva scoperto che guardarle specchiate negli occhi di Midoriya aveva tutt’altro sapore e non aveva intenzione di cambiare visuale.
Kaminari, invece, non era un tipo romantico. Le stelle, il mare, le onde non gli importavano un fico secco. Aveva una strabiliante chitarrista da guardare. Fu l’unico a non lasciarsi distrarre dall’atmosfera.
Kirishima si sdraiò con un sospirone, accomodandosi con la testa per puro caso sulle cosce di Bakugo. Poi alzò lo sguardo su di lui, quella luce negli occhi che gridava sfida continuamente, che lo esasperava come a chiedergli di scrollarselo di dosso, di resistergli. Bakugo sbuffò e, seccato, gli poggiò una mano tra i capelli bassi, beandosi del contatto non rovinato dal solito gel. Erano soffici e la cosa lo fece annuire soddisfatto: “Io me ne fotto delle stelle, capelli di merda.” Lo avvertì Bakugo, con un sussurro. Kirishima rise piano: “Non è nei miei piani.” Replicò lui, calmo, sistemandosi meglio sulle sue gambe con un sorriso soddisfatto.
Indubbiamente, però, c’era una bellissima atmosfera.
 
Era abbastanza tardi quando Jiro smise di suonare e i ragazzi, a poco a poco, iniziarono ad avviarsi verso le loro stanze. Jiro si adoperò tranquillamente a rimettere a posto la chitarra. Non aveva fretta: l’aria era fresca, la brezza rilassante e la chitarra andava trattata bene.
Kirishima diede una leggera pacca accompagnata a uno sguardo d’intesa all’ultimo rimasto e Kaminari gli sorrise, prima di vederlo scomparire oltre l’ingresso della spiaggia. Jiro era di spalle e non poté vedere arrivare il pericolo.
“Ehi.” Kaminari l’avverti della sua presenza e fu in quel momento che lei si girò contrariata, scandagliando velocemente la zona e rendendosi improvvisamente conto di essere assolutamente sola con lui. Kaminari le sorrise appena, ma Jiro si voltò di nuovo ad assicurare la chitarra nella sua custodia. Quando ebbe finito fece per prendere la via del ritorno anche lei, senza dire una parola, ma Kaminari le sbarrò la strada: “Devo chiederti una cosa.” Si giustificò e Jiro alzò irritata gli occhi al cielo: “Potevi chiedermela quando ci siamo dati appuntamento, invece hai preferito non presentarti proprio.” Replicò tagliente, senza mostrare però sul suo viso alcuna traccia di quell’irritazione. Kaminari alzò un sopracciglio, vagamente spaventato, poi scosse la testa come a cercare il coraggio che gli stava venendo meno: “Stavo organizzando una cosa.” Spiegò, poi, non riuscendo affatto a mettere a posto le cose, perché Jiro aprì la bocca per parlare e non sembrava essere particolarmente soddisfatta: “Per te.” Aggiunse quindi Kaminari, prima che lei potesse dire alcunché.
“Cosa?” Domandò infatti Jiro, sospendendo momentaneamente gli insulti che aveva pronti già da qualche ora.
“Sì, ecco, io avevo paura che volessi vedermi per dirmi qualcosa di irrimediabile, come, boh, che non volevi più vedermi… in quel senso.” Jiro alzò un sopracciglio divertito a quel ‘boh’.
“Quindi ho pensato di anticiparti.” Annunciò e Jiro non ebbe il tempo di chiedergli in che modo che una spirale di elettricità si attorcigliò alla caviglia di Kaminari, strisciando sulla sabbia fino a perdersi nel buio. La ragazza gli riservò una delle sue occhiate diffidenti, ma c’era della curiosità a renderla meno credibile.
Kaminari sorrise orgoglioso e, un attimo dopo, dei fuochi d’artificio esplosero nel cielo. Jiro sobbalzò e si voltò a guardarli, vagamente sorpresa. Non passò molto prima che tornasse a guardare Kaminari, che intanto aveva guadagnato parecchi centimetri e adesso era a un palmo dal suo naso: “Mi chiedevo se ci fosse qualche speranza di… sai, di stare con te.”
Jiro non rispose, lo guardò vagamente sconcertata: “Intendo una relazione, capisci? Una di quelle cose che fanno le persone.” Si spiegò Kaminari, che sentiva lentamente di avere assolutamente e innegabilmente sbagliato tutto.
Jiro lo guardò fisso negli occhi per qualche altro, interminabile, secondo, poi successe una cosa che Kaminari non si sarebbe mai aspettato di vedere accadere: Jiro scoppiò a ridere, davvero, così tanto da ritrovarsi costretta a tenersi la pancia. Kaminari semplicemente non resistette e la seguì a ruota: “Sei uno scoppiato!” Esclamò la ragazza, cercando il suo sguardo.
“È quello che ho fatto, in effetti.” Considerò, tra le risate, alzando lo sguardo sui fuochi d’artificio che ancora scoppiettavano in cielo.
“Quanto del tuo genio ci è voluto per organizzare questa cosa stupidamente romantica?”
“Tutto il mio e quelli di Sero e Kirishima.”
“Non ci posso credere.” Esclamò divertita Jiro, avvicinandosi di nuovo a lui. Kaminari non se la lasciò scappare e le poggiò le mani sui fianchi: “Allora?”
“Allora sì.” Ribatté lei, distogliendo lo sguardo e sentendo le guance prendere fuoco. Alzò gli occhi a incontrare quelli di Kaminari: “Non vorrai baciarmi come in una di quelle commedie di basso livello, spero.”
Kaminari distolse appena lo sguardo, messo nel sacco, e sorrise colpevole: “Oh, sì.” Ammise, poi, chinandosi a baciarla.
 
Fu difficile.
Fu veramente difficile. Un’impresa ardua. Un’impresa titanica. Un’impresa degna del più emozionante dei poemi epici.
Quest’impresa, che sarebbe passata alla storia della vita di Kirishima con il nome di ‘il ritorno alla camera E-75’, fu particolarmente stressante. Sì, perché erano più di ventiquattro ore che non riusciva a ottenere quello che voleva e la cosa stava diventando psicologicamente deleteria. Rischiava, dannazione, rischiava seriamente di impazzire!
Per questo motivo gli parve di sognare quando tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il calzino che aveva precedentemente portato con sé, lo applicò alla maniglia della porta, la spalancò e la richiuse con un tonfo impaziente.
“Che stai…”
Kirishima non perse tempo, afferrò a pugno la maglietta smollata di Bakugo e gli fece sbattere violentemente la schiena contro la porta. Il ragazzo non si lamentò più di tanto, perché comprese al volo e si sporse veloce verso Kirishima, catturandogli le labbra in un bacio bagnato, impaziente, assolutamente scomposto. I loro denti cozzarono e la vibrazione fece tremare l’intero corpo di Kirishima.
Bakugo, che non aveva preso nel migliore dei modi questa storia dell’essere sbattuto al muro come se fosse una specie di ragazzina, poggiò una mano sul petto di Kirishima e lo spinse indietro senza troppe cerimonie, rifiutandosi categoricamente di interrompere il bacio.
Kirishima non perse tempo e indietreggiò senza proteste, tirandogli inutilmente verso il basso la maglietta: “Idiota, cosa speri di ottenere così?” Lo prese in giro Bakugo, scrollandosi le sue mani di dosso e occupandosi da solo dei suoi indumenti. Lo sguardo che gli riservò Kirishima, nella penombra, acceso di qualcosa che non aveva mai visto prima, lo ricordò per sempre. Lo stava guardando senza ritegno, umettandosi le labbra e boccheggiando in cerca d’aria.
Bakugo alzò gli occhi al cielo e tornò su di lui, diminuendo il ritmo e spingendolo ora lentamente verso il letto. Kirishima vi si accomodò senza proteste, tirando Bakugo con sé e poi puntando i gomiti nel materasso, per tenere su il busto. Il ragazzo si sistemò tra le sue gambe e lo baciò ancora, reggendosi con il braccio sinistro a superargli le spalle. Con la mano destra, invece, scese a toccare Kirishima più in basso e rimase seriamente colpito e vagamente orgoglioso del gemito alto che gli strappò… prima che un altro pensiero lo distogliesse dai suoi pensieri positivi, costringendolo per istinto a togliere immediatamente la mano da lì: “Ma che cazzo fai, idiota?! Abbassa la voce.”
“Scusa.” Esalò Kirishima, senza fiato, che proprio non ce la faceva a mettersi a discutere.
Bakugo esitò con lo sguardo, improvvisamente impensierito: “Tu… sai come si fa?” Domandò, poi, aggrottando la fronte.
“Cosa?” Kirishima alzò un sopracciglio confuso, perché aveva chiaramente troppo poco sangue in corpo per lasciarne un po’ al cervello.
Bakugo sospirò nervoso: “Questo, idiota, questa roba.”
“Ah, intendi il sesso?”
Bakugo alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se Kirishima fosse seriamente così stupido da non riuscire a capire che, forse, non aveva voglia di essere così esplicito. Quando il ragazzo lo incalzò con lo sguardo a rispondere, Bakugo fu sicuro della sua tesi: era un vero idiota.
“Sì.” Mormorò, iniziando ad arrabbiarsi: “Sì, il sesso.” Concesse, evitando il suo sguardo.
“Mh, credo di sì, ho letto qualche guida.”
“Hai letto qualche guida?”
Kirishima annuì, chiaramente non percependo la vena fortemente scettica nella voce di Bakugo: “Ha letto qualche guida.” Ripeté il ragazzo, in una specie di ringhio: “Io ti faccio esplodere la testa, altro che guida.” Replicò, poi, calmissimo, come se gli avesse promesso di comprargli un gelato.
Kirishima rise e si sporse per baciarlo: “Non ci pensare.” Gli suggerì, poi, e non fu troppo difficile dargli retta quando sentì la mano di Kirishima toccarlo audace e sicura.



Note di El: Non ho fatto passare un mese e poi febbraio era di 29!
Nessuno mi ha chiesto di giustificarmi, I know.
Ragazzacci miei, questo era il penultimo capitolo, sigh.
Non ho molte cose da dire (disse, prima di stilare la lista della spesa), quindi i primi commenti riguardano il fatto che questo capitolo è praticamente tutto "Bakusquad", mi dispiace, ma dovevo esasperare un po' Kirishima. Mi sono riscoperta sadica e interromperli è stato una delizia :P
Poi ho lasciato due tre cosette in sospeso perchè questo ventesimo capitolo lo dobbiamo pur rendere un vero capitolo!
Comunque friendly reminder che abbiamo superato le duecento pagine totali! Se penso che vi ho fatto leggere duecento pagine di idiozie mi vien da piangere :( scusate, amici, non volevo.
Attenzione: questa spiaggia ha sabbia che contiene ferro. Inoltre, essendo proprio una spiaggia presenta acqua salata. NON MI DOVETE CONTESTARE.
Mi è servita una (not yet) laurea in fisica per dire che questa sabbia conduce corrente, grazie a Dio, altrimenti io come li facevo sparare i fuochi a distanza? Mi raccomando, non vi confondete, la sabbia non conduce, è il ferro che contiene a contatto con l'acqua a farlo. La smetto.
Scusate se li ho fatti ridere e rompere l'atmosfera, ma sinceramente sarebbe stata una scena pietosamente romantica (tra l'altro scritta anche un po' così), guardiamoci in faccia e poi mi piace rovinare queste cose. Poche storie.
U L T I M A   C O S A
Le nuvole che accerchiano il cielo esistono, è una roba che può succedere. Non lo dico perchè so perchè (chiedete troppo), ma perchè le ho viste. Ran, questo è il messaggio che aspettavi! Tu quelle nuvole non le hai viste e mi è sempre un po' dispiaciuto, quindi te le ho messe qqqqua.
Ci tengo davvero a prendermi un altro paio di righi per ringraziare chi sta ancora seguendo questa cosa scema dopo ben diciannove capitoli. Non me l'aspettavo davvero e niente, GRZ amici.
Spero vi stia/sia piacendo/piaciuto. Ci vediamo presto, perchè tanto che ho da fare?
;)
Adieu,

El.

 
   
 
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