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Autore: fantaysytrash    15/03/2020    2 recensioni
[Steve/Bucky | Multigenre | Song-fic | Raccolta | Missing Moments | What If…? | Multisetting]
Una raccolta di song-fic riguardanti i momenti più importanti della vita di Steve e Bucky, tutti ispirati a diverse canzoni di Taylor Swift.
#1 – Light Pink Sky: “Il cielo rosa pallido del tramonto sancì quell’affermazione che suonava pericolosamente come una promessa.”
#2 – Rosy Cheeks: “Le guance rosee di Bucky si mossero per accomodare un sorriso radiante.”
#3 – Green Light: “Nemmeno il verde acceso dei suoi dipinti donava abbastanza luce a una vita senza Bucky.”
#4 – Ocean Blue Eyes: “Potevano anche aver potenziato i suoi muscoli e le sue prestazioni, ma aveva gli stessi occhi azzurri di sempre.”
#5 – Crimson Red Pain(t): “Il dolore era ancora presente, pulsante e infuocato, che gli bruciava nel petto con un’intensità che non aveva mai provato prima.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rating: Arancione

Genere: Introspettivo/Fluff/Romantico

Contesto: Captain America: The First Avenger

Canzoni: You Belong With Me / Im Only Me When Im With You / Dress

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

TAKE ME HOME

#4 – OCEAN BLUE EYES

 

Can’t you see that I’m the one who understands you /

Been here all along, so why can’t you see /

You belong with me

 

Steve aveva sempre saputo di essere una persona impulsiva. E, la maggior parte delle volte, non lo considerava un attributo negativo; era fermamente convinto che la sua abilità a intervenire immediatamente e aiutare qualcuno in difficoltà si fosse rivelata utile in più di un’occasione.

Ma non aveva mai abbandonato tutti i suoi doveri – o ciò che gli altri consideravano tali – tanto velocemente come quando apprese la notizia della cattura di Bucky.

Era come se qualcosa fosse scattato nella parte più remota del suo animo, una reazione involontaria che gli intimava di lasciar perdere il resto per concentrarsi sulla persona che contava davvero.

Sapeva che sarebbe finito in guai seri con il colonnello Phillips, con l’agente Carter, forse persino con gli altri militari, ma non avrebbe mai abbandonato Bucky nel momento di bisogno.

Lo avrebbe salvato, o sarebbe morto provandoci.

Ripensandoci in seguito, Steve non avrebbe saputo raccontare nel dettaglio come fosse riuscito a infiltrare la base nemica, liberare i molteplici soldati imprigionati e trovare con successo Bucky. 

L’adrenalina rese i suoi ricordi offuscati, lasciando un grande vuoto tra il momento in cui aveva lasciato l’aereo di Howard e l’attimo in cui una voce sommessa, che avrebbe riconosciuto ovunque, raggiunse le sue orecchie.

Bucky era steso su un tavolo di metallo, gli arti bloccati da pesanti cinghia e lo sguardo vacuo, focalizzato su qualcosa di indefinito.

“Credevo fossi morto,” sussurrò senza fiato non appena il moro venne rimesso in piedi.

“Credevo fossi più piccolo,” replicò confuso. Steve sorrise; forse sarebbe andato tutto per il verso giusto.

Dopo, quando furono tornati alla base ed ebbero finito tutti gli accertamenti medici, Steve condusse Bucky nella sua tenda, ignorando ancora una volta il resto del mondo, deciso a prendersi cura dell’altro nel migliore dei modi.

“Quindi… resterai sempre così?” chiese questi non appena furono soli, passando in rassegna il corpo possente del biondo con uno sguardo indagatore.

“A quanto pare…” rispose. “Perché, non ti piace forse?”

Per tutta risposta, Bucky lo strinse in un forte abbraccio, lasciando finalmente che la sua finta spavalderia si dissolvesse, sentendosi protetto tra le braccia del suo amante.

“Idiota, ti lascio da solo per qualche settimana e tu diventi un esperimento scientifico?”

Inspirò profondamente il suo odore – così simile a quello che aveva sempre conosciuto – e si lasciò mettere a letto senza ulteriori battibecchi.

Probabilmente se ne sarebbe pentito il mattino successivo, ma in quel momento gli sembrava così giusto trovare un po’ di serenità dopo mesi di una guerra che pareva infinita.

“Appartengo a te, lo sai,” gli mormorò Steve a fior di labbra, prima di accomodarsi al suo fianco.

“Sempre,” fu l’unica risposta che ricevette.

 

I don’t try to hide my tears /

My secrets or my deepest fears /

Through it all nobody gets me like you do

 

Quando la bellissima agente Carter fece il suo ingresso nel piccolo bar, Bucky stava affogando tutti i suoi dispiaceri in un whiskey.

Si rendeva conto di quanto infantile e ingiusto fosse il suo comportamento ma, dopo aver avuto un incontro ravvicinato con la morte, pensava di essersi meritato un po’ di tempo per autocommiserarsi.

E, se fosse stato onesto con se stesso, avrebbe ammesso che la donna non costituiva in realtà il suo vero problema; era tutto frutto delle sue insicurezze.

Non era difficile capire il motivo di tanta attenzione nei suoi confronti da parte di Steve; una mente intelligente, una lingua astuta e un corpo da far girare la testa a chiunque.

E Bucky sapeva che la loro storia d’amore non sarebbe mai potuta progredire; era quasi sorpreso nel constatare che era sopravvissuta tanto a lungo. Non conosceva nessuno meritevole di affetto e felicità più del suo migliore amico, ma la sua indole orgogliosa e permalosa non gli permetteva di fare la cosa giusta e lasciare che si godesse per la prima volta la sua popolarità con il genere femminile.

Per questo, quando Steve gli si avvicinò, non diede segno di averlo notato.

“Insomma, cosa c’è che non va?”

“Niente, stavo solo riflettendo.” Finì il suo bicchiere e ne ordinò subito un altro – aveva già perso il conto di quanto alcol avesse ingerito ma, per qualche motivo, non sembrava avere nessun effetto.

“Oh, ora sì che sono preoccupato.”

La battuta del biondo suonò vuota alle sue stesse orecchie.

“Ora sei un eroe nazionale, immagino che facciano tutti la fila per avere un momento con te,” rispose secco. Il suo tono di voce era rassegnato e disdegnoso, ma Steve seppe cogliere il vero significato delle parole dell’amico.

“Sono sempre io, Buck. Niente potrà mai cambiare quello che rappresenti per me. Pensavo che ieri sera avesse rappresentato una prova sufficiente.”

Bucky rimase in silenzio per qualche istante, prima di chiedere: “Hai detto che il siero ti ha guarito da tutte le malattie. Non ha curato anche… quello?”

Steve capì subito a cosa si stesse riferendo il moro; la sua sessualità.

“No,” rispose semplicemente. “Immagino sia la prova ultima che non ci sia niente di sbagliato in quello che provo.”

Tornarono entrambi a fissare l’ambiente in cui si trovavano; lo spirito dei militari era alto dopo la recente vittoria, e nessuno stava prestando attenzione ai due.

“Non ti dà fastidio, vero? Il fatto che ora tutti mi diano retta, intendo,” riprese dopo un attimo Steve. Non l’avrebbe mai ammesso, ma era terrorizzato dalla reazione dell’amico; non sapeva se il suo nuovo aspetto e posizione militare avrebbero compromesso tutto quello che avevano costruito negli anni precedenti.

“Sei proprio un cretino,” fu la risposta secca di Bucky. “Mi stai chiedendo se mi facesse piacere vederti mezzo morto ogni inverno? Se apprezzassi trovarti in un vicolo buio mentre venivi pestato? Se mi dispiaccia che ora tutti ti vedano per la persona meravigliosa che sei sempre stato? Cazzo, Stevie, certo che no!”

“Tu sei l’unico con cui io mi senta a mio agio. Nonostante tutto, so di poter essere me stesso con te.” La confessione fu calma, pacata, sussurrata a mala pena nonostante il fragore tutt’intorno a loro.

Bucky non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso stanco, affezionato, prima di avvicinare lentamente la mano a quella dell’altro sul bancone lurido.

“Ne sono felice, Stevie. Sono contento che tu sia qui.”

Una pausa, una breve incertezza, poi: “Ma terrai l’outfit, vero?”

Steve ghignò, percependo l’insinuazione dietro quelle parole. Si guardò intorno, poi riportò lo sguardo sul suo amante.

“Sai, in realtà è piuttosto fastidioso. Mi aiuti a liberarmene?”

 

Our secret moments in a crowded room /

They got no idea about me and you /

There is an indentation in the shape of you /

Made your mark on me, a golden tattoo

 

Steve lo trascinò fino alle stanze dove alloggiava, salutando i pochi soldati che incontrarono per la strada. Aveva richiesto una sistemazione singola e, non trovando nessun buon motivo per rifiutarlo, il colonello gliela aveva concessa senza troppi problemi.

“Oh, è così che stanno le cose?” Bucky sollevò le sopracciglia con fare provocatorio, notando come tutti lo rispettassero. “Diventi un bruto muscoloso e improvvisamente sei tu quello che sta sopra?”

Normalmente Steve si sarebbe accigliato, forse sarebbe persino arrossito, ma erano mesi che non vedeva l’altro e non avrebbe certo sprecato il poco tempo a disposizione bisticciando. Inoltre, era felice di vedere che l’altro fosse tornato alla normalità, tutto sorrisini e battute stupide; non sapeva come si sarebbe comportato, se il suo cattivo umore si fosse protratto.

Senza ulteriori indugi, dunque, lo spinse contro la parete, bloccandogli le braccia con la sua nuova forza fisica.

“Oh, fai sul serio.” La voce di Bucky era genuinamente sorpresa, come se non si fosse aspettato veramente una presa di controllo da parte del biondo.

“Okay, allora, Capitan America, mostrami quello che madre natura ti ha dato.”

Steve interruppe i suoi commenti con un bacio infuocato, quasi violento, strofinando i loro nasi e iniziando a inarcare il suo corpo con quello invitante dell’altro.

“Sai, il siero ha potenziato molte cose…” disse Steve con un sorriso malizioso. “E ha… anche aumentato certe prestazioni.”

Bucky sogghignò, chiaramente intrigato. “Ne saranno state felici le ragazze dell’USO.” La nota di gelosia venne coperta solo in parte dal suo sarcasmo.

“No, idiota, ho sempre pensato a te.”

“Quindi anche gli eroi si fanno le seg– hmph!”

Steve fermò le sue profanità con un altro bacio, umido e leggero, dal momento che la sua bocca si era aperta, nonostante tutto, in un largo sorriso.

“Facciamo che utilizzi quella bella bocca per fare altro, eh?” propose.

“Autoritario,” commentò Bucky. “Mi piace.”

Senza farselo ripetere due volte, invertì le loro posizioni e scivolò con grazia per terra, sistemandosi sulle ginocchia e, in un gesto svelto, sbottonò i pantaloni di Steve.

Il suo membro duro non era certo una sorpresa e, se anche Bucky avesse avuto qualcosa da commentare, la sua libido ebbe la meglio.

Fece scorrere la lingua per tutta la lunghezza del biondo, senza mai interrompere il contatto visivo. Quando le sue labbra si mossero per accomodare la sua notevole mole, Steve si lasciò scappare un gemito di piacere, e fece scorrere una mano tra i capelli morbidi dell’altro.

Proseguirono per qualche minuto ma, prima che venisse, Bucky si staccò e si rimise in piedi con uno sguardo compiaciuto. Venne prontamente afferrato bruscamente dal compagno, che non perse tempo prima di abbassargli i pantaloni e scoprire il suo sesso interessato.

“Come mi vuoi?” chiese, la voce roca.

Bucky gli rispose spingendolo lievemente e facendolo sedere sul bordo del letto; poi si mise a cavalcioni su di lui e leccò un paio di dita che si spinse all’interno in modo da accomodare tutta la massa di Steve senza problemi.

Si adagiò quindi sull’amante, i muscoli delle gambe tesi e un’espressione concentrata sul viso. I loro ansimi riempirono l’intera stanza e non tentarono di dissimularli, nemmeno quando le loro spinte si fecero erratiche, smaniose di arrivare alla fine di quella gara contro se stessi.

E quando si accasciarono l’uno contro l’altro, la fronte imbrattata di sudore e il respiro ancora affannoso, Bucky sorrise nel posare lo sguardo sul suo amante. Potevano anche aver potenziato i suoi muscoli e le sue prestazioni, ma aveva gli stessi occhi azzurri di sempre.

“Dammi un minuto, e poi possiamo dare inizio al secondo round.”

Bucky grugnì in assenso; forse si sarebbe abituato a quella nuova versione di Steve prima del previsto.

   
 
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