💧 Il
Buio dell’Acqua 💧
L’attrae – da sempre,
irresistibilmente.
Tutti gli Arche si
sentono a loro agio in presenza del loro elemento, ma per Aidra è diverso – è di
più.
L’acqua la chiama e lei
risponde. L’immersione le procura un senso di familiarità e calore, ma non solo
– c’è tensione, quando si avvicina al fiume e vi immerge i piedi. Tensione e
paura di perdersi.
Perché no, Aidra non è
come gli altri Arche e lo sa, Mirel gliel’ha spiegato: lei è un’Ela, la scelta
dell’acqua. Il potere che essa le concede non ha limiti: può arrivare a mutarvi
il suo corpo, divenendo un tutt’uno con essa. Può farlo, lo vuole – esita ogni
volta.
L’attrae come la luce le
falene, ma insieme la spaventa.
Quando diviene d’acqua, si
fa strada in lei un’oscura sensazione; un terrore cieco l’avviluppa e subito
riemerge, constata con sollievo d’essere ancora lei, ancora lì, tutta intera. Spera.
Non riesce a sottrarsi al
richiamo, non del tutto – resta in bilico. Prossima alla fonte, vive una
vicinanza perenne che sfugge l’unione; finché non cede alla voce che costante le
sussurra tentatrice all’orecchio, convincendola a seguirla e raggiungerla – andrà
tutto bene.
Ma non va mai tutto bene,
non può: perché altrimenti tornerebbe sempre con un nodo alla bocca dello
stomaco e una sensazione opprimente di nostalgica tristezza?
Negli attimi che
succedono all’unione le sembra di essere qualcun altro. È un sentore fuggevole
che subito svanisce ma le lascia il ricordo confuso che per giorni – talora
settimane – le dà la forza di tenersi distante dal Tar, il grande fiume tanto
misteriosamente coinvolto nella sua vita.
Odrik la guarda confuso,
allora – vagamente preoccupato. Unico a notarlo, l’attribuisce a una tristezza
di cui non comprende il motivo e le cucina un dolce per tirarla su. Aidra sa
che l’ascolterebbe molto volentieri, ma sorride grata e tace. Non passa poi
molto prima che torni a seguire l’amico alla riva, fingendo che ogni sua
preoccupazione sia ormai sepolta. Allora sotto il suo sguardo gioca con le
gocce, le solleva dalla superficie che osa solo sfiorare. Ride e Odrik la
segue.
Il buio richiamo
dell’acqua continua, lei sa che verrà il giorno in cui cederà ancora.
Spera solo di riuscire a
non farsi inglobare, quando accadrà. Odrik le sorride ignaro, probabilmente
convinto che anche questa tempesta sia passata. Si chiede se riuscirà mai ad
aprirgli i suoi segreti – se il loro peso cambierebbe qualcosa tra loro.
Probabilmente cambierebbe tutto. A volte rimpiange di non avere – non
ricordare – una vita normale, dei genitori che l’aspettano a casa al
termine di una giornata di giochi. Tuttavia non è infelice, Aidra, è anzi grata
per ciò che ha. Vive al tempio con Mirel, che da piccola l’ha trovata proprio
in un braccio minore del Tar, immersa per metà nell’acqua, e l’ha cresciuta con
sé – non è una brutta vita.
Si è chiesta spesso se la
tensione e l’estraneità che prova unendosi al suo elemento siano collegate al
suo passato, ai cicli vissuti prima di arrivare a Lytho, ma la verità che ha
accettato è che non potrà mai saperlo. Non ha ricordi di quel tempo, solo
immagini confuse: un muro di nebbia tra lei e loro. Ha l’impressione che se
provasse a raggiungerle scoppierebbero come bolle al tocco.
Un giorno è sulla riva,
una mano sospesa a pochi centimetri dall’azzurro del fiume. Vede il suo
riflesso, sente il richiamo – ondeggia le dita, increspa la superficie con i
suoi giochi; la vede. Appare alle spalle dell’Aidra riflessa, una figura che
non ha mai visto prima – Aidra allora sa, sente che è lei la voce che l’ha
sempre chiamata. Respinge l’impulso a girarsi per controllare che non sia
davvero qualcuno dietro di lei, teme che voltandosi la perderebbe. Gli occhi
dell’ombra la scrutano penetranti – non c’è cattiveria in loro, forse è questo
ciò che la sorprende di più. “Chi sei?” mormora, ma l’incanto si spezza e nell’acqua
trova solo il dubbio dei suoi stessi occhi grigi.
Passano dieci cicli prima
che riveda la figura – voce – nell’acqua.
È cresciuta, segnata
dalle persone che ha conosciuto e dalle sfide affrontate con loro, eppure a
volte – sola con l’elemento in lei impresso – si sente ancora la bambina
spaventata all’idea di svanire inglobata dalla sua stessa essenza.
Incredibilmente lontana
dall’unico luogo che abbia mai chiamato casa, non si è chiesta il motivo
che l’ha spinta ad alzarsi nel cuore della notte e dirigersi, lenta ma sicura
nello schivare ostacoli quali rami e cespugli, al grande lago vicino al quale
si sono accampati lei e Malek.
Senza riflettere si
specchia guidata dal richiamo tanto familiare. Crescendo ha imparato a relegarlo
in un angolo secondario della mente, a lasciare la priorità assoluta a tutto il
resto – a tenersi impegnata. Ma negli ultimi tempi è tornato più forte e
insistente che mai, e Aidra è stufa di combatterlo. In fondo lei e
l’acqua sono una cosa sola, giusto? Non può ferirla, anche se il suo
istinto le suggerisce diversamente.
“Chi sei?” sussurra
all’immobile superficie acquosa, proprio come – con ben altri pensieri – dieci
cicli prima.
Stavolta non vede il suo
riflesso, Aidra: alla placida luce lunare è il volto sconosciuto che l’ha
sorpresa da bambina a palesarsi. “Vieni da me”, sembra dirle. Una
proposta a cui trova difficile resistere, ora più di allora.
Si china, sfiorando il misterioso
riflesso. Possibile che sia un’allucinazione? Non lo crede. Immerge la mano
nell’acqua, venendo subito assalita dalle familiari sensazioni contrastanti – sicurezza,
paura, gioia, malinconia.
“Aiutami.”
Sobbalza, ritraendo la
mano d’istinto. Si guarda intorno per accertarsi di essere sola; ha sentito
davvero quella voce o l’ha soltanto immaginata? Si rende conto di tremare,
mentre realizza che non può saperlo. Forse dovrebbe chiamare Malek, lui
potrebbe aiutarla – non lo farà. Non vuole coinvolgerlo, non può. Inspira
a fondo, bloccando il tremito che l’ha colta, e rilassa le spalle. Sorride triste:
non ha mai dovuto nascondere nulla a Malek. Nonostante le circostanze
completamente diverse della loro infanzia, ha sempre avuto l’impressione che
lui potesse capirla; è un Ela, porta un peso simile al suo – la voce è
un altro discorso. Non gli ha mai chiesto direttamente cosa provi nel divenire
tutt’uno col fuoco, ma Aidra lo sa, l’ha visto, quando si ritrasforma
non c’è traccia in lui dello spaesamento che coglie lei ogni volta. Per Malek
il fuoco è realmente, interamente un posto sicuro – l’unico, forse.
Vorrebbe poter dire lo
stesso dell’acqua, ma in lei la ripulsa ha sempre seguito l’attrazione. Adesso,
tuttavia, la prima ha allentato la presa.
Rimette la mano
nell’acqua.
“Aiutami”,
sente ancora – scaccia la paura che inizia ad avvolgerla scuotendo la testa.
È stanca di scappare e
fuggire l’ignoto. Lascia andare il fiato – quando ha iniziato a trattenerlo?
Non se n’è accorta.
“Vieni da me.”
La luna si specchia negli
occhi nero pece del riflesso, rendendoli quasi grigi. Aidra vi rivede i suoi –
rabbrividisce.
“Chiedi molto, ma non
rispondi” mormora, più tra sé che non rivolta alla figura nel lago. “Chi sei?”
ripete, una terza volta. L’accoglie – ancora – il silenzio.
Sta per ritrarsi, ma
improvvisamente l’avverte. L’acqua è ovunque – nel terreno sotto di lei, strati
e strati del suo elemento connettono il lago a un fiumiciattolo remoto,
formando una sorta di sentiero liquido che si allunga fino alle montagne del
nord. È lì, ne è certa, la sua destinazione – il richiamo aumenta
d’intensità, prepotente invade ogni fibra del suo essere. Aidra non oppone
resistenza.
“Va bene” sussurra alla
fine, “vengo”.
Si rialza con lentezza, riservando
un solo pensiero a Malek che dorme ignaro poco distante. Cosa penserà non
trovandola? Forse mi troverà, invece.
Non si volta verso la
tenda, mentre mormora “mi dispiace”.
Non si ferma a
razionalizzare, mentre con un movimento fluido scivola nel lago e raggiunge il
fondo, lasciando che il suo elemento l’avvolga in un gelido abbraccio. Rassicurante,
ma non solo.
L’acqua la ingloba –
Aidra percepisce il confine sfumare finché non svanisce del tutto.
Al buio, non vede,
ma non ne ha bisogno – sente. Lascia che sia l’istinto a guidarla,
cedendo infine ogni briciola di sé al richiamo dell’acqua.