Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Fauna96    21/03/2020    2 recensioni
Raccolta delle storie scritte per la Bart Prompt Week (2-8 marzo 2020)
I Prompt: Springtime. E il mio padrone si trasformava in una specie di mocio vagante e colante schifezze.
Lo osservai mentre si puliva il naso per quella che era la millesima volta in venti minuti.

II Prompt: Favourite Line. Mi mancava il deserto, il sole accecante e il blu limpido del cielo che ti faceva lacrimare gli occhi, il vento secco che mi portava in alto quando da falco volavo lontano…
III Prompt: AU. La vera Kitty lo osservò, poi disse: «Sembro molto più epica di quello che sono. Le cervella non danno quell’aura glorificante, macchiano e basta».
IV Prompt: Least favourite character. Finché una, tra le tante voci che bisbigliavano al suo orecchio, non aveva commentato che suo cugino, il più piccolo, quello incapace persino di tendere un arco, ecco, proprio lui sembrava avere interessi pericolosi. Interessi per la magia.
V Prompt: Role Reversal A Nathanael non piaceva granché rapire ragazzini; ma non gli piaceva nemmeno disobbedire agli rodine e venire punito, per cui non c'erano molte alternative.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bartimeus, Kitty Jones, Nathaniel, Tolomeo
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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III Prompt: AU. Ho scelto un Urban Fantasy AU, molto ma molto ispirato da The Witcher, anzi da una versione moderna di The Witcher, in cui si cacciano i mostri nel nostro mondo.

C’è qualcosa nei McDonald’s di notte

 

Kitty sfilò la lama d’argento dallo stomaco del mostro e insieme vennero fuori viscere aggrovigliate e sangue nero con un soddisfacente rumore viscido. Soddisfacente per Kitty, quantomeno: Nathaniel, alle sue spalle stava facendo del suo meglio per non vomitare.
Kitty si voltò verso di lui con uno svolazzo dei lunghi capelli neri. «Quando ti dico di stare lontano, stai. Lontano».
Nathaniel deglutì. Avrebbe volute ribattere che doveva vedere, doveva prendere appunti e, perché no, scattare qualche foto, altrimenti la loro piccolo impresa sarebbe fallita, ma gli artigli dell’incubus gli erano passata troppo vicini alla faccia per protestare. Finché non ricordò che lui aveva previsto con estrema precisione che il mostro in questione fosse un incubus, ma Kitty, no, oh lei non lo ascoltava mai, lei doveva gettarsi nella mischia senza nemmeno discutere con lui delle prove che lui, Nathaniel, aveva faticosamente raccolto e studiato…
Nel tempo che occuparono a riscuotere il pagamento e a cercare un McDonald’s nelle vicinanze, la lite aveva avuto modo di gonfiarsi, caricarsi e infine scemare insieme all’adrenalina. Ora sedevano silenziosi davanti ai vassoi di plastica, Kitty con gli occhi semichiusi e la testa ciondolante, Nathaniel che scorreva in maniera assente la bacheca di Instagram. Quando incontrò l’ennesima foto di Jane Farrar a mollo nella sua piscina, decise che era ora di spegnere il Wi-Fi.
Kitty si riscosse, prese un anello di cipolla di Nathaniel e chiese che ore fossero.
«Le tre e trentacinque. Perché non ti prendi mai anelli di cipolla per te?»
«Perché è solo fritto, Nat. Non fanno bene» Kitty gli sorrise pigramente e Nathaniel roteò gli occhi.
Cadde di nuovo il silenzio, a parte la musica soffusa dalla radio. Nathaniel fece scorrere le pagine del suo bloc-notes, fitte di appunti e disegni.
«Mi hai disegnato di nuovo?» Nathaniel chiuse di botto la copertina, sentendo le guance bruciare.
Kitty rise. «Lo so, che mi disegni mentre combatto. Non capisco cosa ci trovi, ma mi piacerebbe vederne uno, tanto per cambiare».
Nathaniel non osò alzare lo sguardo. «Be’, assumi delle pose molto… plastiche, mentre combatti» Dio, cosa stai dicendo? «Mi servono per far pratica».
«Benissimo, ma posso vedere?»
Nathaniel sbuffò, strappò in fretta una pagina con uno schizzo a carboncino e glielo passò. «Contenta?»
Era vecchio di qualche mese, ormai; mostrava Kitty intenta a liberare la spada da una massa informe, i capelli selvaggi, il viso schizzato di sangue di mostro.
La vera Kitty lo osservò, poi disse: «Sembro molto più epica di quello che sono. Le cervella non danno quell’aura glorificante, macchiano e basta».
Nathaniel si strinse nelle spalle e non disse nulla. Era meglio così.
Lasciò vagare lo sguardo lungo la sala semivuota: un gruppo di ragazzini, forse di ritorno dalla discoteca; un giovane con le cuffie alle orecchie che esaminava con aria critica il proprio hamburger; due infermiere del turno di notte che controllavano l’orologio.
C’era qualcosa di strano.
Nathaniel non era un cacciatore di mostri come Kitty; era uno studioso, sapeva disporre le trappole e conosceva a menadito tutte le debolezze delle loro prede. Certo, non sapeva ucciderle. Non ne era in grado, non lo sarebbe mai stato probabilmente, ma questo non voleva dire che non sapesse riconoscere i segni. E sentiva che qualcosa non andava. Glielo diceva il proprio naso: sentiva, a tratti e leggero, un odore vago di zolfo.
Glielo diceva il proprio battito, improvvisamente accelerato, perché il suo corpo aveva riconosciuto la presenza di un predatore.
«Kitty» sibilò. «Kitty!»
Kitty trasalì, le dita ancora strette sul disegno. «Che c’è?»
Nathaniel fece un vago cenno verso la stanza. «Qualcosa non va» mormorò.
Kitty sbatté le palpebre. Si posò le dita sul polso e Nathaniel la vide contare silenziosamente. Si raddrizzò impercettibilmente. «Chi?»
Nathaniel si strinse nelle spalle. «Escluderei quei ragazzini: sono in gruppo, se anche fosse uno di loro, perché portarli tutti qui?»
«È uno solo» aggiunse Kitty. «Sentiremmo se fossero di più».
«E allora-» Nathaniel si interruppe: le due infermiere se ne stavano andando. Ancora non avevano girato l’angolo che il giovane con le cuffie era in piedi, e poi fuori.
Nathaniel e Kitty aspettarono qualche secondo, poi si gettarono al suo inseguimento. Era importante raggiungerlo senza creargli sospetti, ma altrettanto importante arrivare prima che iniziasse a uccidere…
Kitty era pronta, i sensi all’erta, la mano sulla spada; Nathaniel, più indietro, ripassava mentalmente i vari demoni e i loro punti deboli e…
Si bloccarono. Era scomparso.
Kitty afferrò la manica di Nathaniel e lo avvicinò a sé, il cuore dolorosamente pesante nel petto. Cazzo. Cazzo.
«Avete finite di seguirmi?»
L’istinto di Kitty fu più veloce di qualunque altra cosa: lei scattò in avanti e colpì.
«Ehi! È argento, vacci piano!» La creatura era spuntata dalle tenebre, con un palmo che perdeva sangue incolore, luminoso. «Calma! Siete voi che mi avete aggredito, cosa volete?»
La maggior parte dei mostri non parlava; non era nemmeno senziente, a dir la verità. I demoni, alcuni, sapevano parlare, ma non lo facevano molto; e nemmeno ti fissavano corrucciati, senza attaccarti, mentre tu eri pronto ad affettarli.
«C’è qualcosa di strano» sussurrò Nathaniel all’orecchio di Kitty. Il demone evidentemente lo sentì, perché sbraitò: «Certo che c’è qualcosa di strano! Mi faccio gli affari miei e due ragazzini mi seguono e cercano di ammazzarmi! Dite un po’, siete fatti?»
«È il nostro lavoro» replicò Kitty gelida. «Stavi per uccidere due donne. Noi uccidiamo te».
«Oh, davvero? Vedi due cadaveri da qualche parte? Li ho forse mangiati?» si interruppe. «Be’, potrei averlo fatto, in effetti. Ma sarei coperto di sangue, non credi?»
«Non ho detto che le hai uccise, ho detto che volevi farlo» replicò Kitty, e Nathaniel vide che stava perdendo la pazienza. Quanto a lui, iniziava ad avvertire un certo mal di testa salirgli su per la cervicale.
«Oh oh, e che prove hai?» Kitty lo fissò. Nathaniel avvertì tutta la surrealtà della situazione. Stavano davvero litigando con un demone alle quattro del mattino?
«È quello che fate» tagliò corto.
Il demone alzò un sopracciglio. «Finora di pazzi assassini ci siete solo voi due» Nathaniel ora riusciva a vedergli le zanne, bianche e appuntite. «Sentite, non siamo tutti maniaci assassini. E io non ho alcun interesse nell’uccidere umani. Volevo solo un cavolo di milkshake. E ora stavo andando a casa».
Nathaniel iniziava a chiedersi se in realtà ci fosse qualcosa di strano nei suoi anelli di cipolla. O forse, era meglio smettere di bere bibite zuccherate. Kitty gli stringeva ancora il braccio, ma la lama si era abbassata di qualche centimetro.
«Cosa sei?» mormorò.
Il demone fece una smorfia e si toccò piano il taglio sulla mano. «Non è carino chiedere una cosa del genere! Sentite, perché non torniamo tutti al Mc e maaagari parlare come persone civili?»
  
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