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Autore: Crudelia 2_0    22/03/2020    6 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note: a chi segue, ricorda, preferisce e, soprattutto, recensisce. Siete più di quanti immaginassi: vi adoro.
Un abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
 
Non è un appuntamento
 
 

 
 
«Poi non mi dire che non te l'avevo detto, perché io...» Hermione spostò il telefono da un orecchio all'altro, pizzicandolo con la spalla per avere le mani libere di sistemare la spesa. Così facendo, si perse un pezzo del discorso dell'amica. «...follia! Non so proprio come ti sia venuto in mente»
«Te l'ho detto, Ginny, voglio ringraziarlo» rispose paziente.
«Per averti tenuto la bambina? Hermione, l'avrebbe fatto chiunque»
«È di Piton che stiamo parlando»
«E allora? Cosa doveva fare, sbatterla fuori di casa? Era malata, per le mutande di Merlino»
«Non penso tu possa capire, Ginny. Tu non l'hai visto»
«Oh, no no no no no. No! Non ricominciare con la storia che è cambiato»
«Kathleen ne era entusiasta. È da tre giorni che non smette di parlare di lui»
«È una bambina curiosa, era una novità e si è emozionata. Tutto qui»
«Non è tutto qui, Ginny. Conosco mia figlia, non la vedevo così elettrizzata da quando abbiamo visitato il parco dei dinosauri la scorsa estate. Lì ha passato due settimane a parlarne»
Ginny non rispose subito, la linea silenziosa ronzò nell'orecchio di Hermione. Quando tornò a parlare lo fece con tono serio.
«Ti stai cacciando in un guaio più grosso di te, Hermione»
«Ginny» sospirò. «Puoi mettere da parte un attimo la tua voglia di farmi la paternale ed essere felice per me?»
«Felice che la mia migliore amica abbia un appuntamento con il nostro vecchio professore? Ma tu sei pazza»
«Non è un appuntamento!» disse, ma scoppiò a ridere.
«Mmh, se ne sei convinta. Comunque adesso devo andare. Ti richiamo domani, e voglio sapere tutto
«A domani» rispose e riattaccò ancora sorridendo.
 
Dire della cena a Ginny non si era rivelata una delle sue idee migliori, ma a qualcuno doveva dirlo per evitare di finire strangolata dal nodo che sentiva allo stomaco. Non si spiegava neanche il perché di tanta agitazione. O meglio, cercava di evitare di rispondersi perché, ogni volta che ci pensava, le affiorava alla mente l'immagine del professore che sogghignava posando le labbra sul bicchiere.
Gli aveva fatto quella proposta di getto, spinta dall'aver visto Kathleen così felice, ma non si era aspettata davvero che accettasse. Quando l'aveva fatto era sembrato stupito lui stesso. In ogni caso, non se ne pentiva, soprattutto perché Kathleen passava il tempo a parlare di lui chiamandolo confidenzialmente per nome, raccontando del suo laboratorio, dei suoi panini e della signora che dava le caramelle e chiamava tutti caro.
Non era stata una cattiva iniziativa, quindi. Soprattutto perché, per quanto ne dicesse Ginny, Piton stava offrendo davvero un grosso aiuto alla sua famiglia, senza chiedere nulla in cambio.
O almeno per ora. Forse.
 
«Mamma, posso aiutarti?» Kathleen le spuntò affianco muovendosi impaziente. Spesso cucinavano insieme, e alla bimba piaceva.
«Certo» rispose e aspettò che la figlia spostasse una sedia fino al bancone della cucina per essere alla stessa altezza della madre. Hermione iniziò a tagliare le carote che avrebbero usato per preparare la torta, Kathleen prendeva pezzo per pezzo e lo spostava in una ciotola.
«Il professore Severus ha un coltello più grande del tuo, mamma» commentò ad un tratto.
«Lo immagino, ma lui lo usa per le pozioni, non per cucinare»
«È vero» disse seria, spostandosi i capelli con il palmo della mano. «Usa anche le pelli di serpente, lo sai?»
«Davvero?»
«Sì, sì. Le tiene in un barattolo grande così» fece un gesto con le braccia tese per indicarne la grandezza.
Hermione rise. «Così grande, addirittura?»
«Davvero!» urlò la bambina, unendosi alla risata della madre.
Hermione la guardò beandosi di quella vista, poi continuò a cucinare cercando di spostare il discorso su altri terreni. Invano.
 
 
 
L'avevano invitato per le sette. Presto, ma la bambina si era svegliata per andare all'asilo e avrebbe avuto sonno. Aveva scelto il venerdì appositamente: se la serata fosse stata un fiasco avrebbero avuto un motivo valido per separarsi.
Hermione controllò un'ultima volta il trucco leggero allo specchio. Nulla di appariscente, lo stesso di tutte le mattine. Si rasettò ancora una volta i jeans e la maglia (sarebbe stato ridicolo presentarsi con i completi eleganti che usava in ufficio) e uscì dal bagno.
«Kat?»
«Sono qui, mamma»  rispose la bambina da dietro il divano, intenta a giocare con degli animaletti di plastica. Hermione annuì, senza sapere come occupare i cinque minuti restanti. Continuava a sentire la bocca dello stomaco chiusa da una morsa e non ne aveva motivo. A discapito delle parole di Ginny, non era la prima volta che invitava un uomo a cena, con sua figlia presente e soprattutto per lavoro. Quindi non c'era ragione per cui... oh, al diavolo, Ginny aveva ragione! La verità era che si sentiva-
 
Il campanello suonò in concomitanza con lo scroccare dell'ora. Hermione si avviò ad aprire la porta sorridendo involontariamente per la sua puntualità.
«Buonasera, professor Piton» lo salutò appena incrociò i suoi occhi.
«Granger» annuì in risposta.
«Ciao, professore!» Kathleen si materializzò vicino alle sue gambe con un sorriso smagliante, in una mano stringeva ancora un cavallino di plastica.
«Kathleen» disse semplicemente Severus, ma Hermione poté notare come i lineamenti del viso si fossero leggermente ammorbiditi.
«Prego, si accomodi» Hermione si spostò e chiuse la porta alle spalle dell'uomo, che con un solo grande passo era entrato nel salotto.
Appena tornò al suo fianco Piton, senza dire nulla, allungò nella sua direzione una bottiglia di vino.
«Oh, grazie professore» disse accettando la bottiglia e prendendola tra le mani. Fece attenzione a non sfiorare le sua dita nel farlo. «Non doveva»
«Educazione, Granger» rispose guardandosi attorno.
Certo, educazione, pensò Hermione. Per quale altro motivo avrebbe dovuto portare qualcosa a chi l'aveva invitato a cena?
Educazione, appunto.
«Bene! Possiamo accomodarci di là, direi» disse impacciata. Non sapeva come comportarsi, ma l'uomo annuì e lei fece un passo verso la cucina, aprendo la strada. Si aspettava che Kathleen la precedesse, come sempre, ma la bambina scelse di rimanere indietro, affiancandosi al professore.
«Io ho fame» gli disse alzando il viso nella sua direzione.
«Ma che sorpresa» commentò ironico Piton, ma un angolo della sua bocca era incurvato in un sorriso.
«E tu?» chiese la bambina. Hermione vide entrambe le sopracciglia dell'uomo alzarsi sorprese, e dovette sopprimere un sorriso. Immaginava che non molte persone nella sua vita si fossero preoccupate di fargli quella domanda, per quanto banale.
«Un po'» le concesse l'uomo, entrando in cucina.
 
Il tavolo era apparecchiato in modo semplice per tre, non voleva dare l'impressione di ostentare un lusso e delle maniere che non avevano. Erano abituate al minimo indispensabile, e, nel bene o nel male, era ciò che poteva offrire.
Tuttavia, Piton sembrava non farci caso: la sua attenzione era rivolta al disegno di Kathleen attaccato al frigorifero con una grande calamita a forma di smiley. Era un regalo che aveva ricevuto da sua figlia per la festa della mamma e le loro due figure, disegnate in modo approssimativo, erano abbracciate all'interno di un grande cuore rosso.
Hermione si schiarì la gola e subito si trovò gli occhi di Piton addosso.
«A lei l'onore, professore» disse porgendogli la bottiglia di vino. Lui la prese con espressione quasi indifferente, ma Hermione notò che non usò la stessa accortezza di lei poco prima. Le loro dita si sfiorarono per meno di un secondo, ma ad Hermione bastò perché il suo stomaco iniziasse a fare le capriole.
Piton aprì la bottiglia con la sua usuale eleganza, tolse il tappo senza quasi fare rumore e dal collo si sollevò una sottile striscia di fumo. Lei fece per porgergli un calice, in silenzio, perché le sembrava che parlando avrebbe guastato l'atmosfera. Anche Kathleen si era acquietata, in bilico sulla sua sedia. Ma l’uomo le sfilò il bicchiere prendendolo tra le dita lunghe, guardandola quasi con rimprovero, come se una donna non dovesse compiere simili azioni. Hermione accettò il tutto senza sentirsi sminuita, anzi, le parve di ricevere le attenzioni di un nobile lord ottocentesco.
Piton le restituì il bicchiere riempiendo più in fretta e con meno attenzione il suo. Quando ebbe finito posò la bottiglia e le si avvicinò di un passo, facendo toccare i loro calici con un lungo tintinnio.
«Alla padrona di casa» disse alzando il bicchiere e facendo un cenno con il capo nella sua direzione. Si portò il bicchiere alle labbra guardandola negli occhi.
Hermione si sentì avvampare e si sbrigò a bere dal suo bicchiere per ingoiare l'imbarazzo. Il vino la scaldò fino allo stomaco, lasciandole sulla lingua il suo sapore dolce e leggermente speziato.
«Anch'io voglio fare il brindisi!» disse Kathleen ad alta voce per attirare l'attenzione e sporgendosi sul tavolo per prendere con entrambe le mani la caraffa con il succo di zucca e versandosene nel bicchiere. Hermione si avvicinò al tavolo e si allungò per toccare con il calice il bicchiere che la bambina teneva sollevato.
«Cin cin!» dissero in coro, scambiandosi un sorriso. Quando Hermione si tirò indietro sfiorò con il gomito il braccio di Severus, accorgendosi solo allora di quanto fossero vicini.
Si morse le labbra. «Uhm, sì.» Posò il bicchiere e strofinò le mani sulle cosce, agitata.  «Prego, si accomodi» Gli indicò con un gesto della mano la sedia libera, si accorse solo dopo che così facendo se lo trovò seduto di fronte. Cercando di non farci caso, iniziò a servire la cena.
 
 
 
«La torta l'ho fatta anch'io» commentò Kathleen non appena ebbe ingoiato l'ultimo boccone.
«Era buona» rispose Piton, assaporando l'ultimo sorso di vino. Non gli sfuggirono il sorriso trionfante della bambina e lo sguardo metà sorpreso e metà ammirato della Granger alla sua risposta.
Si era accorto che le sue dimostrazioni di buone maniere l'avevano messa in imbarazzo, ma avrebbe dovuto immaginarlo: Hermione non era Narcissa e non era mai stata educata alle rigide e medievali trazioni dei maghi. Era più che consapevole della profonda differenza di una cena alla Tana e una in casa Malfoy, e avrebbe dovuto pensarci. Tuttavia, non l'aveva fatto.
La osservò mentre si alzava: il vino le aveva acceso le guance donando una sfumatura rosa e le aveva illuminato gli occhi. Sebbene non fosse un commensale facile da intrattenere, madre e figlia avevano portato avanti la conversazione spiegando le loro vite. Severus aveva scoperto così più cose di quante fosse davvero interessato. Aveva scoperto che a Kathleen piaceva l'asilo, ma da quando Teddy se n'era andato non era più divertente come prima, e non vedeva l'ora di andare a scuola. La sua amica era Mary, erano diventate amiche perché entrambe stavano spesso a casa malate e avevano difficoltà ad integrarsi con gli altri bambini. Invece, non sopportava Violet, il tipo di bambina vestita sempre alla moda e con ogni gioco capace di generare l'invidia dei coetanei. Le piaceva andare a danza, e da grande voleva diventare una ballerina. Mangiava i broccoli, ma non poteva soffrire le zucchine.
In compenso, Hermione era stata più riservata. Aveva fatto commenti brillanti sulla politica, sul suo lavoro e sul Ministero, ma nulla o quasi su questioni più private. Se possibile, il suo comportamento aveva accattivato la curiosità del professore, che più di una volta si era ritrovato a versarle il vino mentre annuiva alle sue parole, interessato.
 
«Possiamo andare, adesso?» chiese Kathleen. Severus si riscosse dai suoi pensieri, si era evidentemente perso parte della conversazione.
«Finisci il succo prima» rispose Hermione. Kathleen scivolò dalla sedia e bevve il succo rimasto in piedi, poi si avvicinò a Severus, leccandosi il labbro superiore.
«Vieni!» Gli prese una mano tra le sue e lo tirò in piedi. Severus assecondò i suoi movimenti lasciando un'occhiata interrogativa ad Hermione, che finse di non coglierla, intenta ad impilare i piatti sporchi.
«Ti faccio vedere la mia stanza» gli spiegò trascinandolo per il salotto verso una porta dalla parte opposta.
Severus si lanciò guidare ed entrò nella stanza con un pizzico di curiosità. Esclusa la sua camera d'infanzia, che in ogni modo si poteva definire tranne che adatta ad un bambino, e occasionalmente quella che Lily condivideva con la sorella, le uniche stanze che aveva visto erano quelle di Hogwarts. Osservò quindi con attenzione ogni dettaglio, aiutato da Kathleen che aveva iniziato ad illustrare il tutto con una spiegazione tutta d'un fiato da guida turistica.
«Lì ci sono il letto e l'armadio» disse indicando con una mano la parte a sinistra della stanza, con evidente disinteresse. Parve poi cambiare idea e si diresse verso il letto, lasciandolo ad aspettarla in piedi al centro di un tappeto.
«Lui è Scuro» disse tenendo tra le mani un peluche di un cane. «Me l'ha regalato zio Ron» Guardò il cane, gli schioccò un bacio sul muso e lo posò di nuovo sul cuscino.
«Poi qui c'è il baule con i giochi» disse correndo verso l'altra parete e indicando tutto con la mano. «Qui le mie cose di danza. Qui-ah, questa è la gabbia dei criceti, ma non ci sono più perché gli ho mangiati. Comunque, qui-»
«Come, li hai mangiati?» chiese Severus, visibilmente sorpreso.
«Sì, sì» Kathleen liquidò tutto con un gesto della mano. «Comunque, qui c'è la libreria» disse spostando una sedia su cui si mise in piedi per raggiungere gli scaffali più in alto.
Severus si avvicinò, quasi inconsapevolmente, e le si posizionò alle spalle per sorreggerla in caso di caduta.
«Qui ci sono le mie foto. Questa è la mia preferita» disse prendendo una cornice fra le mani. Era una foto babbana: Kathleen sorrideva immobile nel suo tutù bianco e intenta a sfoggiare una prima posizione il più possibile vicino alla perfezione.
«È dell'anno scorso, il mio primo saggio. Facevo il fiocco di neve» Piton annuì, ma aveva già smesso di guardarla. I suoi occhi erano stati catturati dalla foto affianco. Era una foto magica: Hermione era seduta su un muretto, Kathleen, in piedi al suo fianco, non poteva avere più di due anni, il vestito che indossava non nascondeva lo spessore del pannolino. Alle loro spalle c'era il mare. Hermione indicava qualcosa all'orizzonte quando chi scattava la foto doveva chiamarle, perché entrambe si giravano e iniziavano a salutare. Kathleen sorrideva e così facendo le cadeva il ciuccio dalla bocca. Hermione scoppiava a ridere.
Severus si ritrovò con la foto tra le mani senza sapere quando l'aveva raccolta. Erano belle, pensò, felici.
«Quella è stata la nostra prima vacanza insieme» spiegò Kathleen, che si era accorta del suo gesto. «Siamo andate in Francia»
Severus annuì posando la foto, ma senza riuscire a smettere di guardarla davvero.
«Questo invece è il mio libro preferito» disse Kathleen. Nel suo entusiasmo infantile era andata avanti, incurante dei pensieri che la foto aveva scatenato nell'uomo.
«Vieni a vederlo?» gli chiese. Severus si girò e la vide in piedi accanto al basso tavolino di plastica poco più avanti. Aveva spostato una sedia per fargli spazio e lui, non vedendo un'alternativa, si accomodò sulla sedia dolorosamente rosa, cercando di sopprimere una smorfia disgustata.
«La mamma me ne legge una tutte le sere» spiegò iniziando a sfogliare una copia illustrata delle Fiabe di Beda e il Bardo. «Questa è la mia preferita» continuò spingendo nella sua direzione il libro, aperto sulla fiaba dello Stregone dal cuore peloso.
Severus alzò un sopracciglio, si era aspettato una scelta diversa. «Davvero?» chiese.
«Sì, sì» rispose, poi si sporse nella sua direzione, appoggiando le braccia incrociate sul suo ginocchio. «Ti assomiglia, un po'»
Severus impiegò un po' a capire a cosa si stesse riferendo la bambina, troppo sorpreso dal sentire il suo peso contro la gamba. Aveva già provato la stessa sensazione la sera in cui l'aveva curata nel suo letto, ma ora era diverso, lo stava facendo di sua spontanea volontà. Sentì una curiosa stretta al petto, ma deglutì per ignorarla. Avrebbe avuto tutta la notte a disposizione per analizzarla.
«Non mi sembra» rispose alla fine. Kathleen si stava riferendo all'immagine dello stregone che occupava gran parte della pagina. Era rappresentato come un guerriero dalla forte bellezza fantastica.
«Ha i capelli lunghi come te» insistè la bambina, continuando a guardare l'immagine come se stesse riflettendo.
«E qual è la tua preferita?» chiese poi, alzando i grandi occhi verso i suoi. Non si era ancora sollevata del suo ginocchio e Severus provò in senso di familiarità che lo scaldò da dentro. L'aveva definita strana, in precedenza, ma adesso ciò che gli saltava alla mente e che cercava di respingere era la parola speciale. Era una bambina cresciuta da una madre giovanissima e sola, con problemi che avrebbero potuto avere gravi ripercussioni sul suo futuro, ma che nonostante questo si preoccupava di chiedergli quale fosse la sua fiaba preferita e lo guardava come se fosse stata pronta a rimettere in discussione il mondo dopo la sua risposta.
Severus aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse. Come se il suo corpo non gli appartenesse, poi, vide la sua mano alzarsi e posarsi sulla testa della bambina.
«Lo stregone dal cuore peloso è una bella storia, penso sia anche la mia preferita» sussurrò, lasciando scivolare la mano verso la nuca sottile e le spalle delicate in una carezza. Kathleen lo ricompensò con il sorriso più grande e luminoso che avesse mai visto, che Severus ricambiò con le sue labbra sottili sentendosi fortunato e indegno di accogliere un tale dono.
 
 
«Non pensi che sia ora di lasciar andare il professore, Kathleen?»
Entrambi si voltarono di scatto, ed Hermione si trovò così due paia di occhi neri puntati addosso.
Kathleen provò a mugugnare una lamentela, ma Piton si era già alzato, scostando con delicatezza la bambina dalle sue gambe. «Penso sia meglio» commentò, stirando una piega invisibile della camicia.
Hermione disse a Kathleen di cambiarsi mentre accompagnava il professore alla porta. Kathleen annuì «Buonanotte, professore Severus» urlò correndo verso il letto e buttandosi sopra. Severus sbuffò sentendosi apostrofare in quel modo.
Hermione uscì dalla stanza scuotendo la testa, ma senza trattenere un sorriso.
 
«Spero che non l'abbia importunata troppo, professore» disse mentre attraversavano il salotto.
«Affatto, Granger» commentò Piton. «È una bambina sveglia»
«Oh, lo è» sorrise Hermione. «A volte fin troppo»
Arrivarono alla porta ed Hermione l'aprì, Piton la varcò con passo prima di voltarsi nella sua direzione. Hermione si morse l'interno della guancia, indecisa, ma fu l'uomo a parlare per primo.
«Mi ha parlato dei criceti» disse Piton, quasi annoiato.
«Oh» Hermione si sentì impallidire. Si leccò il labbro superiore e poi si morse quello inferiore. «Gliel'ha detto» commentò alla fine, senza sapere cosa dire.
«Mi ha detto che li ha mangiati»
«Lei...» Hermione si passò una mano tra i capelli gettando un'occhiata alla porta da cui ancora si sentivano le molle del letto cigolare. «Lei non capisce, Kathleen non si controlla in quei momenti. È-»
«Non la sto giudicando, Hermione» la interruppe Piton. «Voglio solo capire»
Hermione si passò le mani sulle braccia. La sua voce calma e rassicurante le aveva fatto venire i brividi.
Annuì. «La ringrazio, signore» disse con decisione, ed entrambi capirono che la conversazione era stata chiusa. Ci sarebbe stato un momento in cui gli avrebbe spiegato tutto, in cui avrebbe visto, ma non quella sera. Non voleva rovinare la sottile atmosfera che si era creata: confortevole, tranquilla, intima.
Severus fece un passo in avanti ed Hermione sentì le sue dita calde avvolgerle il polso.
«Grazie a voi, signorina Granger» sussurrò contro il dorso della sua mano, gli occhi profondamente ancorati ai suoi. Le lasciò la mano con calma, senza abbandonare il suo sguardo, poi fece un passo indietro.
Un secondo dopo, era sparito.
Hermione chiuse la porte, ci appoggiò la fronte e chiuse gli occhi. Sentiva le guance in fiamme e il cuore correre nel petto.
«Oh, benedetta Morgana» sussurrò. Sulla mano sentiva ancora l'ombra delle sue dita.
   
 
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