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Autore: fandani03    23/03/2020    1 recensioni
E se Stefan non avesse preso la verbena e Damon avesse potuto soggiogarlo? Cosa sarebbe successo?
Dall'introduzione:
"Caro diario, [..] in questo giorno di ventidue anni fa perdevo i miei genitori, in questo giorno di ventidue anni fa il corso della mia vita è stato modificato irrevocabilmente. Ed oggi mi trovo qui a tirare le somme. Mi chiamo Elena Gilbert…ero un Vampiro…e questa è la fine della mia storia."
Dal testo:
"..la sua seconda opportunità era fuori dalla porta ogni giorno, ad ogni sorgere del sole. Voleva scoprire se stesso in questa nuova veste e aveva passato l’ultimo anno a cercare di accettare che, per far provare a lui l’emozione di una vita umana, Damon si era sacrificato e aveva rinunciato a tutto."
Elena e Stefan...sopravvissuti, lacerati, ciascuno in cerca della propria strada. Per i nostri protagonisti ogni giorno rappresenta un piccolo passo verso la Rinascita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti.
Ci voleva, purtroppo, questo momento di emergenza per farmi trovare il tempo di rimettere mani alla mia storia. Che è sempre stata nella mia testa senza però riuscire mai a dedicarmici come avrei voluto. E quindi sono stata costretta a metterla da parte per un po', in attesa di trovare momenti di maggiore concentrazione.
Ho cambiato il titolo del capitolo precedente che, rileggendolo, non aveva alcun senso forse..
Spero che questa ulteriore avventura, che probabilmente sarà l'ultima per il nostro gruppo di amici, sia gradita e non di troppo.
Nella mia testa c'è questa idea fissa di voler far vivere ai nostri personaggi essperienze umane senza l'aiuto o le facilitazioni della vita da vampiro. Salvarsi la vita con le proprie forze, affrontare una situazione di emergenza sapendo di poter contare su strumenti normale.
E tutti i protagoniti sono perfettamente in grado di farlo.
Intanto molti sentimenti si sono smossi, negli animi di molti di loro. Vediamo come evolveranno!
Spero sia una buona *lettura.
Un saluto a tutti.

13 - Consapevolezze

Il respiro e il cuore avevano ripreso un ritmo più normale. L’incontro con quei due aveva allentato la tensione ed era riuscito a riprendere il controllo. Era passato molto tempo dall’ultima volta che si era sentito così, dall’ultima volta in cui aveva provato rabbia, rabbia vera.
- “D’accordo, ma…. Ora però devi dirci cosa ti è successo…” -
- “Ah…vi prego, sono un idiota irrecuperabile..” -
- “Questo lo sappiamo! Ma prova a raccontare…” - aggiunse Jeremy tentando di sdrammatizzare con tono leggero.
- “Tanto per cominciare, spiegaci per quale ragione sei uscito dall’ospedale..” - il tono dello sceriffo, invece, non riusciva a non essere perquisitorio.
- “Perché sono un inguaribile romantico e volevo fare un’apparizione ad effetto. Volevo colpire nel segno e invece…” -
- “E invece ho l’impressione sia stato colpito tu, ben bene..!” -
- “Non è divertente, sceriffo!” -
- “Ok, scusa…” - ma entrambi gli amici non riuscirono a trattenere una risata.
- “Si stavano baciando…” - borbottò Stefan
- “Cosa? Chi?” - replicò Matt e la risata gli morì in gola.
- “Elena stava baciando il barista..” -
- “Ah…” -
- “Strano..” - Matt e Jeremy si guardarono, erano realmente perplessi.
- “Sì, in effetti, avrei giurato che…beh, insomma…” -
- “C’è una spiegazione, ne sono certo…” -
- “Forse, ma ora ho solo voglia di andare a casa…forza sceriffo, mi dia un passaggio, sono un povero umano in convalescenza..” - Stefan aveva già aperto la portiera della voltante e si era accomodato sul sedile posteriore.
- “Beh, d’accordo, te lo do certamente un passaggio, ma devi darmi il tempo di fare una telefonata importante…Jeremy, rimani con lui per qualche istante, d’accordo? Non farlo scappare, è in stato di fermo!” - strizzò l’occhio al suo improvvisato collaboratore e scese dalla macchina, allontanandosi.
- “D’accordo..” -
- “Come sarebbe a dire una telefonata, non può farla dalla macchina?…” - replicò Stefan allargando le braccia.
Jeremy rispose alzando le spalle.

- “….non possiamo trattenerlo ancora, insiste per andare a casa…” - Matt aveva rapidamente composto il numero di Caroline.
- “Devi darmi ancora qualche minuto…sta arrivando anche Elena, Alaric è già qui…” -
- “E poi credo ci siano stati problemi al Grill, deve essere successo qualcosa con Josh...” -
- “Sì, lo so, si sono picchiati! Ma non è come crede Stefan…era un bacio d’addio, l’aveva appena lasciato…” -
- “Non ci posso credere, è un idiota! E si è fatto anche prendere a pugni!!” - sorrise suo malgrado.
- “A dire il vero è stato Stefan a colpirlo per primo! Era roso di gelosia, a sentire Elena…” -
- “Incredibile, non è da lui…” -
- “Hai ragione.."
- “E noi cosa possiamo fare?” -
- “Per ora possiamo solo condurli nella stessa casa…” -

Nel frattempo, Alaric stava finendo di sistemare gli addobbi sopra la porta. Avevano i minuti contati.
- “Accidenti, quel ragazzo deve fare sempre il supereroe, doveva per forza uscire un giorno prima?” -
- “Voleva fare una sorpresa ad Elena… ma la sorpresa l’ha avuta lui..” -
- “Sì, credo di aver intuito… Elena deve svegliarsi. Stefan è sempre stata la persona migliore per lei…” -
- “Lo pensi davvero?” – replicò Caroline, incuiriosita.
- “Sai quanto ho voluto bene a Damon, e so che si sono amati moltissimo. Ma senza dubbio con Stefan lei è stata felice..sono fatti l’uno per l’altra. ” -
- “Già, decisamente, in fondo l’abbiamo sempre saputo…” -
- “Caroline, scusami..” - avrebbe voluto mordersi la lingua.
- “Oh, non importa, davvero. E’ passata. Non era destino, non potevamo forzare gli eventi. E la vita ci ha allontanati. Ma credo fosse giusto così. Hai ragione tu, quei due sono fatti per stare insieme, dal primo giorno…” -
Alaric non era solito parlare senza riflettere, ma stavolta l’aveva fatto. A volte dimenticava che quei due erano stati ad un passo dal matrimonio. Cosa fosse successo, esattamente, forse nessuno l’aveva mai compreso, neppure i diretti interessati. Quello che era chiaro per tutti, però, era che il destino di Stefan era stato da sempre legato a quello di Elena. E in fondo anche Caroline, come aveva appena ammesso, l’aveva sempre saputo.
Caroline si allontanò a passo svelto. Si voltò e vide la scritta “Bentornato Stefan” appena sopra la porta.
I palloncini erano al loro posto, il frigorifero era pieno, mangiare e bere a volontà.
Mancavano solo gli amici più cari e Stefan si sarebbe sentito a casa, protetto. Sembrava tutto perfetto.

Un leggero nodo allo stomaco la colse di sorpresa. Era abituata a controllare tutto, le sue emozioni più di ogni altra cosa.
Le sue figlie stavano crescendo ma non si era mai permessa, finora, di lasciare spazio a emozioni che potessero destabilizzare una vita ben organizzata dove ogni cosa seguiva ritmi ben scanditi.
Qualche singhiozzo uscì suo malgrado. Si rese conto che non sarebbe riuscita a controllarsi. Non sapeva bene cosa le stesse succedendo, ma capì che non doveva impedirlo e che, forse, aveva ancora qualche minuto prima che arrivassero tutti.
Quel pianto giunse alle orecchie di Alaric inaspettato, totalmente inaspettato. Erano anni che non la vedeva piangere. Quando Damon era morto lei, come tutti loro, si era lasciata andare al dolore della perdita. Ma non l’aveva mai più vista singhiozzare in preda alle emozioni, come in quel momento, forse dal giorno in cui erano nate le gemelle.
Che cosa le stava succedendo? Senza neppure riflettere si era ritrovato accovacciato accanto a lei e l’aveva presa tra le braccia.
- “Ehi...sshh, tranquilla..è tutto normale…” -
- “Cosa? Non so neppure io perché sto piangendo!” - disse continuando a piangere copiosamente.
- “Sì che lo sai….pensaci…” -
Rimasero qualche attimo in silenzio, ascoltando quel pianto che si stava normalizzando.
Nella mente di entrambi scorsero molte immagini, probabilmente simili tra loro.NLe feste, la vita, la morte, i compleanni, Stefan, Elena, Damon. Le loro figlie.
Era stato troppo.
Ciascuno di loro, Caroline compresa, aveva completamente dimenticato cosa volesse dire gioire e festeggiare per cose normali. Le loro menti e i loro cuori erano stati abituati, per così tanto tempo, a dover gestire eventi di natura straordinaria, così devastanti per il corpo e per le menti. A svegliarsi ogni mattina con quel senso di eccitazione misto a paura, per una costante esistenza sopra le righe, sempre in allerta, sempre con la costante sensazione che un devastante pericolo fosse dietro l’angolo.
Vedere che la vita aveva ripreso a scorrere in modo quasi normale era, ad ora, un’emozione talmente diversa da renderla inaspettata e ingestibile.
Persino un ricovero in ospedale, e il relativo ritorno a casa con festa di bentornato, che per una vita qualunque sarebbe stato un momento traumatico, sembrava la cosa più normale e più sana che ciascuno di loro avesse vissuto negli ultimi anni.
Una normalità che la stava frastornando al punto da portare quell’enorme vaso pieno a traboccare definitivamente.
L’emotività di Caroline, sempre sotto controllo, stavolta aveva scelto di farsi sentire.
Mentre Alaric le parlava sentiva che le sue parole corrispondevano al vero.
Non stava piangendo per quanto Alaric le aveva appena ricordato, per l’amore perduto di Stefan o per quel matrimonio mancato. Era certa di questo. La separazione l’aveva gestita e il sentimento verso il vecchio amico Stefan era sincero. Non fingeva, né con gli atri né con se stessa.
Non piangeva neppure per una sorta di paura provata per il suo amico, o per qualche avventura sovrannaturale che da qualche parte, lontano di Mystic Falls, qualche suo amico vampiro stava forse affrontando e che le lasciava una costante sensazione di ansia. Ma a quello era abituata.
Aveva ragione Alaric, il nodo allo stomaco e alla gola erano arrivati nell’istante in cui aveva realizzato che tutto andava bene. Che erano a casa, che erano insieme, che Stefan stava bene. Che lo squartatore non sarebbe più tornato e che l’amore tra Stefan e Elena forse aveva un’altra possibilità.
Che il loro unico pensiero, al momento, era la gioia per il rientro a casa di uno di loro, dopo una brutta avventura. Un’avventura umana, un’avventura normale.
La sua sola occupazione, al momento, era attaccare festoni e preparare tante cose da mangiare.
Lei era un vampiro, sapeva che per tutta la vita eterna che l’aspettava il suo compito sarebbe stato quello di controllarsi e, al tempo stesso, di occuparsi dei suoi amici. Ma non si sentiva un vampiro.
Spesso dimenticava di esserlo. Non si sentiva diversa. Si sentiva un’amica, una mamma, una quasi moglie, una buona direttrice di scuola. Ogni attimo delle sue giornate era riempito da tanta normalità, tanto da farla sentire vera, viva.
E poter godere di compleanni, feste, striscioni di “bentornato”, la facevano sentire ancora più umana, ancora più tra loro. E provò gioia, provò gratitudine verso questa vita che le stava concedendo, stava concedendo a tutti loro dopo tante sofferenze, di poter godere di sprazzi di normalità. Ciò di cui ciascuno di loro aveva sinceramente bisogno.
Si asciugò le lacrime e si alzò da terra. Si passò le mani sul vestito indossato quel giorno per l’occasione.
- “Bene! Basta così… basta morte, basta dolore, basta vampiri e problemi. E’ il momento di voltare pagina…” -
- “Brava, questo volevo sentirti dire...” -
- “E’ solo che…è difficile credere che tutto sia passato…” -
- “Niente è davvero passato. Ogni giorno dobbiamo fare i conti con il nostro passato, Caroline. Damon è morto. Enzo è morto. I nostri amici portano i segni di queste perdite. Non finirà mai veramente, ma possiamo…anzi dobbiamo, pensare che la nostra vita sia altro, sia questo..” - affermò con fermezza osservando la stanza intorno a loro - “… e rendersene conto fa quasi paura, a volte, giusto? Per questo il tuo cuore ha deciso che oggi era il momento di affrontarlo. Perché oggi è un giorno importante. E lo sai perché? Perché Stefan sta bene, è guarito e sta tornando a casa. E questo è accaduto senza l’aiuto di alcun vampiro.” -
- “Giusto. Non ha voluto alcun aiuto. Aveva ragione lui. Questo è servito di insegnamento a tutti noi.” -
- “Ad ogni modo…” - aggiunse Alaric voltandosi appena - “…qualche vampiro tra i piedi credo lo avremo ancora!” -
- “mmmmm…” -
- “In fondo ci ha dato un sacco di soldi, dovresti provare ad essere più gentile con lui…..” -
- “mmmm…lo sono eccome, anche troppo..” -
- “Non mi sembra, a giudicare dalla voce che aveva ieri al telefono..” -
- “Klaus ha telefonato?” -
- “Non te l’ho detto?” -
- “Non me l’hai detto…” - il tono di voce era tornato ad essere quello di sempre. Piccato e infastidito al punto giusto da renderla come sempre adorabile.
Alaric continuava a tacere.
- “Quindi?” -
- “Quindi cosa?” -
- “Cosa ti ha detto?” -
- “Beh, non ricordo, a parte parlare con Hope…. Ha aggiunto qualcosa, forse, qualcosa su una prossima visita, e ha fatto cenno a qualcosa accaduto alla festa dei fondatori con un vestito molto scomodo…” -
A velocità vampiro un canovaccio finì sul volto divertito di Alaric.
- “Ahia!” - una risata divertita uscì dalla bocca di Alaric.
- “E’ assolutamente impossibile che Klaus ti abbia rivelato particolari del genere. Mi hai spiato??” -
- “Non esattamente, diciamo che non passavate inosservati…” -
- “Accidenti, in questa città siete tutti troppo curiosi!” -
- “Non prendertela….è Mystic Falls….” -
- “E’ vero, questa è Mystic Falls, e un ragazzo distinto come Klaus non potrebbe mai passare inosservato!” - il tono di voce bonariamente canzonatorio di Elena giunse alle orecchie di Caroline.
- “Non ti ci mettere anche tu, Elena. Ti prego! Argomento Klaus chiuso, chiaro?” -
- “Sissignora!” - risposero all’unisono i due amici.
- “Avanti, diamoci da fare, altrimenti addio sorpresa…” -
Batté le mani tra loro, con quel suo modo di fare unico, che rendeva leggero e ben accetto persino un gesto quasi “imperativo” da maestrina.

- “Ah, ce l’hai fatta! Una lunga telefonata direi…” -
Matt si era dilungato fingendo una telefonata che non era mai avvenuta.
- “Sì, mi dispiace, dovevo assolutamente coordinare alcune cose prima di smontare dal servizio…” -
- “Ma non eri di riposo oggi?” -
- “Sì, volevo dire, prima di andare a casa e sperare di non dover più rispondere al telefono…” -
- “D’accordo, Matt, ma adesso possiamo andare? Sono davvero stanco…” - persino Jeremy era diventato impaziente.
- “…e come ti dicevo…beh, non ho capito se ti interessa davvero sapere tutto questo…” - Jeremy e Stefan continuarono la conversazione appena intrapresa. Matt aveva messo in moto.
- “Ma sì, certo che mi interessa. Non posso esserti utile come un tempo, però…ecco, a volte mi manca sentirmi utile..” -
- “Non devi per forza uccidere vampiri, o umani, o originali per essere utile a questo mondo. Ci sono molte cose da fare, Stefan, e ora che puoi…beh, forse dovresti cercare di non precluderti nulla, pensare a tutte le possibilità che hai di fronte, magari a un sogno che avevi e che l’essere un vampiro ti ha impedito di realizzare!” - Matt non si rese conto, in quel momento, che quel suo consiglio non richiesto, dettato comunque da un sincero interesse, avrebbe probabilmente cambiato molte cose in futuro. Sicuramente nel futuro di Stefan Salvatore.
Stefan aveva avuto un piccolo sussulto. Non aveva più pensato a quei tempi, non aveva più pensato realmente ai suoi desideri. Per così tanto tempo aveva dovuto accantonarli tanto da farli scomparire quasi del tutto.
Anche una volta tornato umano non aveva mai concentrato seriamente la sua attenzione sul futuro.
Gli tornò alla mente quel giorno a scuola quando, insieme ad Elena, avevano partecipato alla giornata di presentazione delle facoltà universitarie.
Un sorriso sornione gli percorse il viso.
- “Cosa? A cosa stai pensando?” -
Stefan continuava a non rispondere. Con Stefan nulla era facile. Ogni cosa che lo riguardava era sempre stata privata, delicata, mai sbandierata.
Jeremy era combattuto tra una sana curiosità e un istinto che, in quel momento, lo stava portando a riflettere ad alta voce.
- “Io non ho mai ben capito se ci fosse qualcosa di adatto a me, non so se essere un cacciatore di vampiri mi abbia recluso ogni strada, ma forse non ero portato per lo studio, come sapete! E poi, in famiglia, c’è già Elena che vuole diventare medico…” -
- “Già, forse…” -
- “Forse?” -
- “Non so, non sono certo sia quello che desidera davvero…” -
- “Dici sul serio? Non ci ho mai pensato…” - Jeremy rifletté, in quell’istante dopo molto tempo, che troppe cose erano sfuggite alla sua attenzione negli ultimi tempi. Negli ultimi anni forse.
- “Non dimenticarti che tutto ciò che dice Stefan riguardo ad Elena non va mai sottovalutato! Quei due si conoscono meglio di tutti noi che siamo cresciuti insieme…” - replicò ironico, Matt, facendo cenno col capo in direzione di Stefan.
- “Può darsi, o forse sono solo uno che osserva molto i particolari, le sfumature…” -
- “D’accordo, ma ora spara. Cosa volevi fare? L’avvocato? Il giocatore di Football??!” -
- “Non so se ne sarei in grado a questo punto! Era un desiderio che avevo nel 1864….” -
- “Perché dici questo? La tua età ufficiale, per quanto ne sanno all’anagrafe della nostra città, ti consente di fare tutto, Stefan!” -
Erano ormai a poche centinaia di metri dalla casa di Stefan, le luci della strada si erano da poco accese, era quasi buio.
- “Ehi, Matt, ferma l’auto. Io sono arrivato! Non credo tu abbia bisogno di me per accompagnarlo a casa, giusto?” – Jeremy doveva sgattaiolare quanto prima per poter entrare a casa di Stefan senza essere visto.
- “Il medico. Volevo fare il medico…” -
- “Oh..” - nell’abitacolo sfuggì giusto qualche monosillabo.
- “Beh, era sicuramente incompatibile con l’essere un vampiro….” -
- “Già…” -
Jeremy scese dalla macchina.
- “Stefan, stammi bene d’accordo?” -
- “Grazi, Jeremy!” - gli sorrise. Osservò la piccola casa alle sue spalle, ben diversa dalla casa dei Gilbert che ora non c’era più. Senza portico. E Jeremy era un adulto ormai. Persino lui aveva trovato la sua strada, anche se non la strada canonica che forse i suoi genitori avrebbero voluto per lui.
Elena che fa il medico. Una parte di lui aveva sempre pensato che non fosse una vera vocazione quanto piuttosto un desiderio di seguire le orme di suo padre.

Quel breve tragitto a Stefan era parso interminabile. Gli sembrava di aver subito persino una sorta di interrogatorio.
- “Siamo arrivati. A casa Stefan…” - parcheggiò l’auto nell’apposito spazio, di fianco alla vecchia decapottabile di Stefan.
- “Accidenti, un giorno di questi devo proprio farci un giro su questa macchina…” -
- “Quanto vuoi, Matt..” -
Lo sceriffo, per deformazione professionale, scese dalla macchina e andò ad aprire la portiera posteriore.
- “Ehi, non devi accompagnarmi fin dentro casa, avanti..” -
- “Sì che devo… Non sei in forma e non vorrei vederti barcollare su quei gradini!” -
Stefan, rassegnato, gli voltò le spalle dirigendosi verso casa.
- “Ah, Stefan…dimenticavo una cosa…” - aggiunse Matt, sorridendo lievemente.
- “Dimmi…” - rispose Stefan voltandosi.
- “Era un bacio di addio…” -
- “Cosa?” -
- “L’aveva appena lasciato..” -
“..Oh, bene. Allora ho combinato un disastro? Sono davvero un idiota…!” -
- “Te l’ho detto più volte, mi sembra…” -
Scoppiarono entrambi in una sonora risata.
Dopo quella sorta di rivelazione da parte del suo amico, nonostante la consapevolezza di essersi comportato come un banale adolescente, il suo cuore si era fatto improvvisamente più leggero.
Aaahh…Elena…
Si rese anche conto che, dopo aver parlato con i suoi amici e aver esternato pensieri che lui stesso aveva rimandato indietro per anni, forse decenni, era sceso dalla macchina con una sensazione allo stomaco che non ricordava. Quella lieve eccitazione di chi pensa al futuro, di chi progetta e apre la mente a mille possibilità.
Quella giornata era stata certamente significativa, sotto tanti punti di vista. Uno sguardo al futuro che apriva il suo cuore a tante possibilità.

La sorpresa fu come Caroline aveva previsto e desiderato. Stefan aveva aperto la porta di casa, entrando al buio e colto d’improvviso da risa, luci e applausi.
Non l’applauso di un’intera folla di gente, no di certo, ma il calore di poche persone che, comunque, avevano riempito quella casa vuota della loro amicizia e del loro amore per lui. Persino Jeremy era apparso nel suo salotto in tempi record, passando da chi sa solo dove.
Quella lacrima che sentì scendere, una volta rifugiatosi in cucina dopo un primo momento di convenevoli, gli rese chiaro quanto ciascuna delle persone presenti in quel momento nel salotto della sua casa, fosse importanti per lui. Una su tutte.
Come quel giorno al Grill, il giorno del compleanno di Elena, i loro sguardi si erano scaldati reciprocamente.
E quando lei gli giunse alle spalle, nonostante non avesse più i sensi acuiti dei vampiri, capì immediatamente che gli occhi che lo stavano osservando erano i suoi.
- “Un bacio d’addio eh?! - proferì queste parole senza voltarsi.
- “Già…” -
- “Ti sei divertita alle mia spalle, dì la verità…!” - continuò con tono leggero, voltandosi.
- “Non mi hai dato il tempo di….” -
Le fu di fronte in breve. Con una mano le sfiorò una guancia.
- “Stefan… Bentornato a casa!” - sorrise con gli occhi.
Bastò ad entrambi in quel momento.
Stefan sentì il cuore accelerare. Quella sensazione, standole vicino, probabilmente non era mai cambiata né davvero svanita, negli anni. La sua sola vicinanza gli provocava delle vibrazioni che non aveva mai saputo, né voluto, controllare.
Gli occhi intensi e color nocciola della sua piccola Elena brillavano di una bella luce. Quella che probabilmente i suoi stessi occhi stavano a loro volta trasmettendo.
la ragazza stava per pronunciare qualcosa.
- “Non dire altro…non ora..” -
- “D’accordo. Caroline era fuori di sé per il timore tu scoprissi tutto, ha passato giorni ad organizzare questa cosa!” – disse divertita.
- “Lo so, è giusto ringraziarla adeguatamente!” -

La compagnia era riunita sui divani e una telefonata di Bonnie stava tenendo loro compagnia.
Jeremy si trovava in cucina, aveva ricevuto il compito di preparare pasta per tutti.
Ma quando sentì la voce della sua…amica, senza neppure rendersene conto si era ritrovato nel salotto per ascoltarla.
Era rimasto sulla porta, tra il corridoio e la cucina, in disparte. Gli mancava, accidenti se gli mancava. Ma non osava ammetterlo con nessuno, forse neppure con se stesso.
- “Ehi, che fai lì impalato, vieni qui…” - la voce di Elena lo aveva riscosso dai suoi pensieri tortuosi.
- “Non lo so, è che devo tornare in cucina…” -
- “Ehi, Jeremy…non dirmi che non mi vuoi salutare, andiamo…” - la voce di Bonnie risuonò in modo così solare che il giovane Gilbert non poté fare a meno di essere risucchiato dal divano e intraprendere una conversazione con lei.
- “Ehi, streghetta…cosa stai combinando a Parigi?” -
L’ilarità si era diffusa soave in quel piccolo salotto di provincia, in quel gruppo di amici.
Caroline, dopo poco l’arrivo di Stefan, era dovuta tornare a casa. Le figlie la aspettavano.
Ma tu resta, aveva detto ad Alaric.

Stefan si trovava sul suo divano, costretto ad adagiarsi in modo più comodo dai suoi infermieri a domicilio. Elena, seduta al suo fianco fino a qualche istante prima, si era alzata subito dopo aver terminato la chiacchierata con Bonnie.
Il divano era tutto per lui. Era sereno e non aveva voluto dare troppa importanza, di primo acchito, a quella strana sensazione che aveva provato quando le sue narici avevano percepito quell’odore inconsueto quanto inconfondibile.
La presa di coscienza non fu immediata. Accadde solo quando, con la coda dell’occhio, intravide un lampo di luce anomalo provenire dalle sua spalle.
Incontrò fulmineo lo sguardo di Alaric che, a sua volta, aveva immediatamente reagito ad un pericolo che era diventato chiaro ad entrambi.
- “Qualcosa sta andando a fuoco! Fuori tutti!”- gridò Alaric alzandosi di scatto.
- “Merda, la cucina…!!” - urlò Jeremy, consapevole della sua probabile responsabilità.
- “Jeremy, allontanati!” - si impose perentorio Alaric.
Matt era diretto verso la porta di uscita, le fiamme in cucina stavano dilagando in fretta - “Avanti, dobbiamo uscire! Non c’è altro tempo da perdere!” -
Matt, Jeremy, Stefan, Alaric.
- “Dov’è Elena??” - chiese allarmato Stefan, fermatosi di colpo.
- “Non lo so, Forse era andata in bagno…dannazione.” - Jeremy aveva provato ad avvicinarsi alla cucina ma le fiamme erano improvvisamente divampate nel piccolo corridoio che li divideva dal bagno.
- “Elenaaa!” - Elena non rispondeva.
Stefan, nonostante le sue condizioni, corse sulle scale per cercare Elena al piano di sopra. Non c’era.
- “Stefan, non fare sciocchezze!” -
- “Non è di sopra.. è in bagno, Elenaaa..!” -
- “Chiamo il 911 !” - Matt prese in mano la situazione, seguito da Alaric.
Alaric era certo che Stefan avrebbe potuto commettere qualche gesto avventato.
- “Possiamo raggiungerla dalla finestra, da fuori.” -
- “Il bagno non ha finestra!” -
- “Merda!” -
- “Dobbiamo agire come agirebbero le forze dell’ordine… Jeremy, non muoverti da qui, tienilo con la forza se necessario.” - salì nella camera di Stefan, aprì l’armadio e tirò fuori tutte le coperte che riuscì a trovare.
- “Non sono più un vampiro, non posso correre, non posso salvarla…” - cercò di divincolarsi dalla presa di Jeremy il quale, al momento, era decisamente molto più forte e allenato. Stefan fu pervaso da un senso di frustrazione enorme e, per la prima volta seriamente, rimpianse di non essere un vampiro.
Il fuoco è letale per i vampiri come gli esseri umani ma sapeva che, in un modo o nell’altro, Elena sarebbe già stata in salvo.
- “Fate attenzione!” - gridò Jeremy rivolto a Matt e Stefan.
Alaric era sceso con due coperte. Le fiamme avevano ormai invaso l’ingresso. Ormai era impossibile uscire dalla porta, avevano perso troppo tempo. Si spostarono istintivamente verso l’altro angolo della casa, all’estremità del salotto. Aprirono le finestre.
- “Dobbiamo uscire, avanti…rimango io!” - le parole di Alaric avevano raggiunto tutti i ragazzi nella stanza. Quel silenzio che durò lo spazio di un attimo fu sufficiente perché fosse chiaro a tutti che nessuno di loro sarebbe uscito da quella casa senza Elena. Erano tutti d’accordo. Annuirono con la testa.
- “Allora dobbiamo provare.” - Jeremy consegnò una coperta Matt, se la misero sulla testa.
Mentre Alaric tratteneva Stefan, i due si buttarono verso le fiamme ma furono costretti a fermarsi di colpo. Erano troppo alte. Il pericolo era troppo elevato.
- “Provo io!” -
- “Non dire sciocchezze. Stefan…guardami!” - lo strinse con forza per le spalle - “E’ troppo tardi. Sarebbe un suicidio. I vigili del fuoco stanno arrivando, devi avere fiducia…” -
- “Mentre aspettiamo morirà soffocata, Alaric. Non posso credere tu dica questo, Elenaaaa….” -
- “Stefan..” - una voce lontana e flebile rispose a quel richiamo.
Gli occhi di Stefan si spalancarono. Fu quello l’attimo di rottura. Con uno scatto improvviso riuscì a divincolarsi dalla stretta presa di Alaric. Una forza che non credeva più di avere lo pervase, una forza nata dalla rabbia e dalla disperazione. Raccolse fulmineo la coperta che Jeremy aveva gettato a terra. Fu impossibile, a quel punto, fermarlo. Era tardi.

La figura di quel ragazzo disperato, che si gettava tra le fiamme avvolto unicamente da una coperta, era accompagnata dal suono lontano delle sirene e dal crepitio delle fiamme che, ormai, stavano devastando quel piccolo appartamento di periferia.

  
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