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Autore: Il cactus infelice    25/03/2020    4 recensioni
Remus Lupin era il ragazzo nuovo della Junior High. Non aveva molte aspettative quando si è trasferito; dopotutto era solo la quarta scuola che cambiava e non aveva alcuna voglia di fare amicizie che poi non avrebbe potuto mantenere. Voleva soltanto sopravvivere a quell'anno e magari far sì che le sue condizioni di salute non peggiorassero.
Tutto questo almeno finché non incrocia lo sguardo con un certo Sirius Black. Campione della squadra di rugby, latin lover e sexy motociclista.
Modern Au / Non magico.
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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LA LEZIONE DI FRANCESE


Remus entrò nell’aula di francese al suono della campanella e riuscì ad occupare uno dei posti in fondo prima che gli altri studenti iniziassero a radunarsi caoticamente.
Il ragazzo non li badò troppo. Non era nemmeno eccessivamente interessato a memorizzare i loro volti. 

L’insegnante di francese, la professoressa Dumond, una donna alta, magra, coi tacchi a spillo su pantaloni e camicia eleganti, gli diede il benvenuto e gli disse che se aveva bisogno di aiuto di non esitare a chiedere a lei o ai suoi compagni, dato che era arrivato ad anno già iniziato.
Sembrava essere un’osservazione che piaceva fare alle persone che incontrava quel giorno.
Remus ringraziò sentendo le guance imporporarsi e abbassò subito lo sguardo. Odiava attirare l’attenzione ed essere sempre il ragazzo nuovo coinvolgeva una buona quantità di sguardi e occhiatine.
Per fortuna gli altri, dopo averlo guardato per qualche secondo, tornarono presto a farsi gli affari propri, e la lezione cominciò.
Remus tirò fuori il proprio quaderno e cercò di concentrarsi solo sul prendere appunti.
Nemmeno cinque minuti dopo, però, la porta si aprì di scatto e una figura alta e ben piazzata comparve sulla soglia.
Era un ragazzo - Remus non potè fare a meno di osservare - piuttosto di bell’aspetto. Capelli lunghi, lisci e neri legati in uno chignon spettinato da cui erano fuggite alcune ciocche che gli ricadevano sul volto pallido, jeans strappati sulle ginocchia e giacca di pelle nera, zaino buttato sulla spalla.
“Black!” esclamò l’insegnante, il gesso ancora in mano. “Sei in ritardo”.
“Meglio tardi che mai”, rispose il nuovo arrivato, Black, piazzandosi un ghigno sulla faccia.
Qualcuno ridacchiò.
La Dumond si limitò a sospirare. “Forza, siediti e comincia a prendere appunti”.
Black si sedette nell’unico posto che trovò libero, in seconda fila, sotto lo sguardo attento di Remus che non si era nemmeno accorto di starlo fissando. Non sapeva se ad attrarlo fosse la fluidità dei suoi movimento, il suo aspetto peculiare, la giacca di pelle o quei capelli.
Senza sapere perché, Remus si trovò a paragonare i capelli di Black con quelli dell’insegnante. Quelli della Dumond erano lisci e sottili come spaghetti e le arrivavano alle spalle, rendendo il suo viso ancora più sottile e il naso appuntito. Quelli di Black dovevano sicuramente essere morbidi e folti e arrivargli a metà schiena se liberi dallo chignon.
Solo quando Black, piegatosi per prendere il proprio quaderno, incrociò lo sguardo di Remus, quest’ultimo si riscosse e spostò gli occhi sul proprio quaderno di appunti.
Sperava davvero che Black non pensasse che lo stesse fissando, in fondo non era così.
Ripigliati, Remus!, si disse.

Quelli come Black, che arrivano in ritardo alla lezione e rispondono a un rimprovero dell’insegnante come se fosse la loro madre non potevano portare a nulla di buono. 


Le due ore di matematica che seguirono la lezione di francese filarono via abbastanza lisce, senza altri intoppi di capelli lunghi e neri e giacche di pelle. Remus non ebbe modo di studiare quel Black perché dopo la lezione di francese il ragazzo scappò via come se avesse fretta di essere da qualche altra parte.
A pranzo, Remus prese il vassoio e perlustrò la mensa con lo sguardo per trovare un tavolo vuoto.
“Ehi, Remus!” si sentì chiamare da una voce squillante.
Il ragazzo si voltò e vide Lily che gli faceva segno col braccio di raggiungerla al suo tavolo.
Remus strinse il vassoio e si incamminò verso di lei. C’erano altre quattro ragazze con lei e più o meno tutte gli sorridevano.
“Ti va di sederti con noi?” chiese Lily indicandogli la sedia libera di fronte a sé, accanto a una ragazza coi boccoli biondi e un vestito a pois, stravagante ma molto carino.
Quello era un cambiamento di trama che Remus non si era aspettato, ma accettò di buon grado l’offerta, anche se avrebbe dovuto rinunciare alla lettura del pranzo.
“Lei è Emmeline”.
La ragazza bionda accanto a lui lo salutò con un timido ciao.
“Questa pigna in culo invece è Alice”.
“Ehi!” Protestò la ragazza seduta tra Lily e Emmeline, capelli castano scuro lunghi fino alle spalle e gli occhi marroni come il cioccolato fondente, grandi, su un volto dalle guance ricoperte di fard per farle risaltare.
“Non ascoltare Lily. Sono una persona discretamente nella norma”, fece Alice mostrandogli un enorme sorriso di labbra ricoperte di rossetto rosso sgargiante.
“E poi ci sono Marlene e Dorcas”, concluse Lily senza badare all’amica.
Le due ragazze, sedute accanto a Lily, gli fecero un piccolo cenno.
Una, Marlene, aveva anche lei i capelli lunghi e biondi, ma dal taglio diverso da Emmeline, e indossava una salopette con una spilla arcobaleno attaccata al petto sul lato sinistro. La scritta pride padroneggaiva al centro. 

Quella sì che era una cosa interessante, pensò Remus. 

L’altra, Dorcas, era la più mascolina tra le ragazze, se così era giusto definirla; capelli corti e scuri, sguardo tagliente e un anellino al naso. Era seduta molto vicino a Marlene, le due quasi si toccavano con le spalle.
“Fossi in te non lo mangerei quel polpettone”, gli disse quest’ultima con gli occhi puntati sul suo polpettone nel piatto e con espressione mortalmente seria. “Ci metterei la mano sul fuoco che non è carne. Sarà cartongesso. Ti lascia tutta la bocca impastata”.
“Oh, okay. Grazie”, rispose Remus, colto un po’ alla sprovvista.
“Come sono andate le lezioni, Remus?” gli chiese Lily.
“Credo abbastanza bene. Nulla di che”.
“Oh be’, non che ci sia molto che accada in questa scuola”, commentò Marlene con fare annoiato, allontanando il proprio piatto vuoto.
“Questo non è vero!” esclamò Alice come se la frase di Marlene l’avesse offesa personalmente. “La scuola è piena di gossip, devi solo saper ascoltare. L’altro giorno, per esempio, ho sentito che la Greengrass…”.
Mentre Alice blaterava pettegolezzi su persone che non conosceva e di cui non gli interessava nulla, Remus si guardò un po’ attorno, tra un boccone e l’altro. La mensa era ampia e con la parete che dava sul giardino fatta in vetro così ci si poteva godere il panorama. Le sedie e i tavoli erano erano di diversi colori e questo dava un po’ di allegria al posto.
Per il resto, Remus poteva concludere che anche quella scuola rappresentava gli standard delle altre scuole con le sue divisioni per “classe sociale”: c’era il tavolo della squadra di rugby, perfettamente riconoscibili dalle loro felpe con il nome della squadra - Junior Gryphons - e i colori e il logo della scuola; il tavolo delle cheerleader, anche loro nelle loro divise; e poi quello dei nerd, a giudicare dagli occhi bassi, gli occhiali spessi, i maglioni di flanella dalle improbabili decorazioni e la frenesia con cui leggevano da alcuni fogli. Probabilmente erano iscritti a qualche gara di matematica o robe simili.
E infine, c’era un tavolo con cinque ragazzi con indossi vestiti assolutamente stravaganti e i capelli dalle tinte dubbie. Sicuramente il gruppo di teatro o di arte. Remus non aveva idea di come si piazzassero loro sei in tutto questo e il fatto di essere l’unico ragazzo a un tavolo di sole ragazze non lo metteva a disagio in alcun modo.
“E tu, Remus? Vuoi fare il provino per lo spettacolo teatrale?”
“Che cosa?!”
“Il teatro? Spettacolo?” ripetè Alice senza scomporsi minimamente per la mancanza di attenzioni da parte dell’altro.
“Oh no, grazie. Non so recitare”.
“Oh be’, se ti interessa puoi sempre aiutarci dietro le quinte o con le luci o le musiche”.
“Oh be’, ecco…”.
“Remus vuole concentrarsi sullo studio”, si intromise Lily. Remus le fu grato per quell’intervento. “E fa bene”.
Alice alzò gli occhi al cielo sospirando.
“Oh Lily! Mica siamo tutti dei topi di biblioteca come te”.
“E’ appena arrivato. Lascialo respirare”.
“Comunque, spero di avere la parte di Giulietta”, disse Alice. Quella ragazza saltava da un argomento all’altro come una trottola. Era incredibile che non le venisse mal di testa.
“E il tuo Frank non sarò geloso?” le chiese Emmeline parlando per la prima volta dopo diverso tempo.
“Il mio Frank sa benissimo che ho occhi e cuore solo per lui”, rispose Alice.
Remus suppose che Frank fosse il suo fidanzato, ma non si disturbò a chiedere. “E anche qualcos’altro!” aggiunse Marlene con un ghigno malizioso.
“Marly, sei una pervertita!”
“Non c’è dubbio”.

Remus intanto era ben conscio del fatto che Dorcas lo stava fissando e non si preoccupava nemmeno di nasconderlo.
Lui tuttavia cercava di ignorarla fingendosi interessato alla conversazione di Alice e Lily.
“Di dove sei, Remus?” gli chiese a un certo punto quando calò il silenzio sul tavolo.
“Cardiff”, rispose lui.
“Oh, sei gallese quindi. Non si direbbe dall’accento”, osservò Lily.
Remus sorrise. “Sono nato lì e i miei sono di lì ma ci spostiamo spesso, quindi in realtà è un bel po’ che non ci torno, in Galles”.
“E come mai?”
Ecco, quello era uno dei motivi per cui cercava di tenere a distanza le persone. Dare spiegazioni, dire perché si era trasferito e come mai viaggiasse così spesso. Non se la sentiva di raccontare i cazzi suoi.
“Lavoro di mio padre”.
Remus non era a suo agio nel mentire, ma si sarebbe sentito molto più a disagio nel raccontare la verità.
“E che lavoro fa tuo padre?”
Dorcas non era una che mollava e tutto il tavolo ormai aveva l’attenzione rivolta a lui, persino Emmeline.
“E’ informatico. La sua azienda lo manda a lavorare in altre città ogni tanto”.
Era vero, suo padre era informatico ma non era la sua azienda a mandarlo via.
“Deve essere dura, cambiare così spesso città”, disse Emmeline.
Remus scrollò le spalle. “Be’, ci si abitua”.
“Su quello non c’è dubbio”.
La conversazione si interruppe quando un paio di forti braccia circondarono il collo di Alice da dietro e un ragazzo alto, dalle spalle larghe, la sormontò da sopra la testa come un gigante. Tuttavia, i suoi occhi all’ingiù che gli davano uno sguardo malinconico perenne e l’espressione dolce - contrastante col fisico possente che possedeva - fece intuire immediatamente che non era una minaccia.
“Frank!” esclamò la ragazza accarezzandogli le braccia muscolose.
Quindi questo era il famoso Frank. 

Alice buttò la testa all’indietro e Frank si chinò per posarle un casto bacio sulle labbra.
“Ci vediamo dopo scuola?” gli chiese lei.
“Ho gli allenamenti. Però subito dopo passo da te”.
“Oh sì, micio”.
I due si baciarono di nuovo, questa volta più intensamente, le braccia ormai incatenate e Marlene e Dorcas che facevano il gesto di vomitare. Emmeline invece spostò lo sguardo verso un punto non precisato, con le guance imporporate.
Anche Remus guardò altrove, più che altro perché non voleva intromettersi in quel momento intimo che non gli apparteneva.
Non era sicuro di essere una persona che amava troppo le effusioni in pubblico, però non gli dispiaceva vedere una coppia così innamorata. Anzi, sentì una strana pressione a metà petto, all’altezza dello stomaco.
“Ehi, Frankie!” esclamò un altro ragazzo arrivato in quel momento, che batté una mano sulla schiena di Frank. “Hai finito di divorare la tua ragazza?”
Remus lo osservò bene: una matassa di capelli neri e ricci, piuttosto spettinati ma in maniera tale che sembrava fosse voluto, una piccola fossetta sul mento, quella che ti rende immediatamente più cool, e mandibola pronunciata.
“Ehi, James! Sei geloso perché io ho la ragazza e tu solo la tua mano destra?” disse Frank ghignando in direzione del nuovo arrivato, senza allontanarsi un millimetro da Alice.
“Ha ha ha!” ribatté l’altro per nulla turbato da quella presa in giro. “Non sono geloso, Frankie. Come posso essere geloso se ho un’intensa relazione con la Evans?”
Dicendo quello il ragazzo - James - si infilò tra Lily e Marlene, poggiando le mani aperte sul tavolo. Remus percorse il profilo delle sue braccia, seguendo la linea delle vene tese. Non era grosso come Frank, ma anche James aveva una buona dose di muscoli.
Lily sospirò alzando gli occhi al cielo, chiaramente scocciata.
“Nei tuoi sogni, Potter!”
James abbassò lo sguardo sul volto di Lily e piegò le labbra in un sorriso sghembo.
“Oh credimi. Nei miei sogni siamo già sposati e abbiamo cinque figli”.
Alice scoppiò a ridere. Lily invece sprofondò il volto nelle mani.
“Ti sta bene quel maglioncino. Tutti quei colori… ti donano”, disse James riferendosi al maglioncino a righe colorate che la ragazza indossava.
Lily aprì bocca per dire qualcosa ma evidentemente ogni battuta sagace l’aveva abbandonata. Per fortuna a interrompere quel siparietto ci pensò Frank che prese l’amico per le spalle e lo allontanò dal tavolo.
“Forza, James, amico, andiamo. Smettila di importunare le signore”.
“Addio, Lily, amore mio. Mi mancherai”, urlò James mentre Frank lo allontanava, senza minimamente preoccuparsi di trovarsi in una mensa piena di gente. Ma gli altri tavoli sembravano ignorarli.
Quando i due ragazzi se ne furono andati, tutto il tavolo di Remus stava ridacchiando, a eccezione di Lily che aveva ancora addosso quell’espressione scocciata. Ma Remus avrebbe potuto dire che c’era anche dell’altro in quell’espressione, solo che non avrebbe saputo definire cosa.
“Quello era James Potter”, disse Marlene all’unico ragazzo presente al loro tavolo, probabilmente notando il suo punto di domanda dipinto in faccia. “L’ammiratore della nostra Lily”.
“Un ammiratore piuttosto… esuberante”, aggiunse Alice.
“Oh, lui non è il mio ammiratore. Si diverte solo a farmi girare le ovaie. Non gli piaccio, mi provoca e basta”.
“Non saprei, Lily. Secondo me è sincero”.
“Lo pensi solo tu, Alice”.
“E ho ragione”.
Mentre le due discutevano, Remus tornò con la mente a Frank e James e soprattutto sulle loro braccia e sui fisici, paragonandoli e cercando di capire quale dei due gli piacesse di più. Dovevano essere entrambi della squadra di rugby, sicuramente quantomeno a giudicare dalle felpe. Gli atleti le indossavano spesso, come se non si capisse che erano atleti.
Intanto Dorcas continuava a fissarlo. 


“Comunque sembra simpatico il nuovo ragazzo. Un po’ silenzioso, forse, ma simpatico”, disse Alice mentre piegava una gamba all’indietro, tirandosela per la caviglia verso il sedere. Era l’ora di ginnastica e il coach aveva ordinato a chiunque fosse già pronto di iniziare col riscaldamento.
“Non è difficile entrare nelle tue grazie, Alice. Ti piacciono tutti”, disse Lily legandosi i lunghi capelli in una coda alta.
“Perché io, a differenza tua, cerco di vedere il bello delle persone anziché partire prevenuta”.
Lily sbuffò.
“Però Alice ha ragione”, si intromise Emmeline. “E poi… è carino”.
Non appena lo disse le sue guance si tinsero di rosso.
Alice e Lily ridacchiarono. Dorcas e Marlene, seduta a terra a fare allungamenti, si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Emm, tesoro”, fece Marlene girandosi verso l’amica. “Su questo non ti do torto, ma purtroppo devo deluderti. Temo proprio che il nostro caro Remus sia dell’altra sponda”.
“Ma per favore!” esclamò Alice. “E cosa te lo fa dire con questa certezza?”
“Si chiama gay radar. Tutti i gay ne hanno uno”, rispose Dorcas.
Alice alzò gli occhi al cielo. Dorcas e Marlene se ne uscivano spesso con quella frase, specie da quando erano una coppia.
“E’ per questo che lo hai fissato in quel modo per tutto il pranzo?” chiese Lily. 

Dorcas spalancò gli occhi fingendo di essere sconvolta.
“Chi? Io? Ma quando mai?” 

“Dorca, il poveretto avrà pensato che volessi farlo esplodere con lo sguardo”, aggiunse Alice.
“Ma… Come mai non è qui?” chiese a un certo punto Marlene correndo in soccorso della sua ragazza.
Le altre ragazze sondarono la palestra e notarono che effettivamente Remus non si trovava da nessuna parte.
“E’ vero. Non dovrebbe avere più o meno i nostri stessi orari?” 

Lily scrollò le spalle quando una voce dietro di lei la fece sobbalzare.
“Donne! Di che parlate?”
James Potter stava in piedi dietro di loro, le braccia incrociate al petto e il solito ghigno stampato in faccia. E accanto a lui, immancabilmente, c’era Black, canotta larga, shorts, e quell’espressione costantemente seria quando non ghignava in maniera derisoria o sprezzante. 

Erano le uniche espressioni che si potevano vedere sul volto del ragazzo dai capelli lunghi. Lilu era convinta che esagerasse apposta quell’espressione seria e annoiata, solo per darsi l’aria da cattivo ragazzo. Voleva costruire l’immagine di qualcuno a cui non importava niente di nulla e che non coincideva affatto con la realtà perché probabilmente nella realtà non era granché. Lily ne era certa, anche a giudicare dalla quantità di ragazze che frequentava e nessuna restava mai troppo a lungo.
“Nulla che ti riguardi, Potter”, rispose Lily. 

“Ohi, Evans! Ti stanno bene i capelli legati così”.
Lily inarcò un sopracciglio: quello era il secondo complimento della giornata. Non che fosse strano, anzi, ma Potter aveva quella malsana abitudine di lanciarle complimenti quando erano assolutamente fuori dal contesto, tipo quando lei lo rimproverava e lui diceva semplicemente “bella maglietta, Evans” o “i tuoi capelli sono più morbidi oggi”. Sapeva davvero come farla andare fuori dai gangheri.
“Parlavamo del ragazzo nuovo”, rispose Alice con nonchalance.
“Uh”. James sembrò sorpreso. “C’è un ragazzo nuovo?”
“Sì. Si chiama Remus”.
Ora persino Black sembrava essere interessato. O almeno, non indossava più quell’espressione annoiata.
“Oh, interessante. Spero di conoscerlo presto”.
Non ci fu modo di proseguire la conversazione perché il coach richiamò tutti sull’attenti e la lezione cominciò. 

“Però è vero che hai la tendenza a fissare le persone”, sussurrò Marlene a Dorcas mentre le sue si dirigevano verso il cesto dei palloni. 


*** 

Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo.
Vorrei fare solo un paio di appunti: la fanfiction si ambienta nel Regno Unito, a Brighton precisamente, come avevo scritto nel precedente capitolo. Io non conosco molto bene le scuole inglesi, pertanto mi baso su quanto vedo nei film o nelle serie tv. Pertanto, magari rischio di mischiare un po’ lo stile americano e lo stile inglese insieme. Chiedo scusa per questo.
Mi piace comunque l’idea dei ragazzi che giocano a rugby (sì, okay, mi piacciono le divise) e le cheerleader. Ma in realtà non so se gli inglesi abbiano la tradizione delle cheerleader. 

Secondo appunto: spero che nessuno di voi sia troppo disturbato dagli “stereotipi” che ho presentato. A me personalmente non danno fastidio, dopotutto gli stereotipi sono tali perché sono veri, il problema diventa quando siamo noi a pensarli o usarli in maniera offensiva. 

:) 


Sperando che la vostra quarantena stia andando bene e che siate al sicuro nelle vostre case e pieni di attività da fare, vi mando un mega bacio. 

Alla prossima,

C. 


   
 
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