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Autore: Al_cell    25/03/2020    2 recensioni
Eugenie du Coeur è una giovane ragazza che ha un solo desiderio nella sua vita, essere felice. Purtroppo la sua vita è un susseguirsi di avvenimenti che le renderanno difficile anche solo stare al mondo. La sua vita, però, è destinata a cambiare nel giorno in cui fa la conoscenza del giovane principe Belga; Leopoldo II.
La storia contiene personaggi reali ma gli eventi sono puramente fittizi.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
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Belgio, 22 agosto 1853.

Leopoldo si chiuse la porta della camera alle spalle. Eravamo soli, dopo tutto il giorno passato fra festeggiamenti e strette di mano. Avevo i piedi che mi dolevano per aver ballato così a lungo e i miei fianchi erano stati feriti dalla voluminosa crinolina che aveva scalfito la mia pelle. Aver tolto quegli aggeggi infernali fu uno dei pochi momenti piacevoli della giornata. Mi infilai sotto le coperte con indosso la mia camicia da notte. Angelique mi aveva preparata sapientemente per la prima notte di nozze e io non avevo avuto altro se non un sentore di angoscia misto a disgusto aumentare nelle viscere. Era come un peso che mi minacciava di farmi vomitare di lì a poco, facendo pressione senza sosta, insistendo ed insistendo, provando piacere nel farlo.
Leopoldo mi si fece vicino sul letto e si mise seduto. Strinsi le lenzuola al petto pronta a dire la prima sciocchezza che mi passò per la mente con l'intento di scagionarmi.
-No, non preoccupatevi. Non faremo nulla questa notte, ho tutto sotto controllo.- Rimasi con le labbra dischiuse quando disse quelle parole. Lo vidi allungarsi e tirare fuori dalla tasca un coltellino. Scoprì le lenzuola, si arrotolò le maniche, e dopo essersi fatto un taglio non molto profondo in una parte relativamente nascosta del braccio, fece cadere alcune gocce sul letto. Attesi che finì il suo lavoro per fargli un cenno con il capo, segno della mia riconoscenza per quel gesto. -Grazie.- Sussurrai. Si sporse per darmi un bacio sulla fronte per poi alzarsi e prendere la sua giacca. -Tornerò domani mattina, almeno così tutti abboccheranno al nostro piano.- Mi fece l'occhiolino prima di andare verso una parete perpendicolare rispetto a dove mi trovassi. Fece una lieve pressione su un pannello invisibile, riuscii a vederlo solo grazie al gioco di ombre della profondità, e si aprì una porta nascosta; nella quale entrò, inghiottito dal buio, scomparve. Attesi alcuni istanti per essere sicura di essere veramente sola. Mi alzai dal letto e andai verso il grande armadio dove era stato riposto il mio abito da sposa. Avevo chiesto ad Angelique di lasciarmelo in modo da poterlo guardare un'ultima volta prima che venisse messo Dio solo sa dove; probabilmente in una grande cabina armadio.
Presi il lungo velo e lo portai con me nel letto. Accarezzai con cura tutti i ricami e le perle preziose che vi erano messe per decorarlo. Era così bello eppure... eppure io mi sentivo così brutta sia dentro che fuori. Il principe, fino all'ultimo, era rimasto fermo sulla sua posizione e verso l'amore per la sua donna. Forse la conoscevo, forse no; non che fossimo mai state presentate in vie ufficiose. Mi tornarono in mente i gesti di Jean, i suoi occhi sofferenti, le sue carezze che non ero stata in grado di apprezzare. Sentii le lacrime pizzicarmi al lato degli occhi. Perché Dio, o chiunque per lui, mi aveva rilegata ad una esistenza così miserabile? Non avevo mai desiderato nulla, come in quel momento, di far cessare le mie sofferenze. Ma tra le varie disgrazie, non ero neanche stata dotata del coraggio necessario per porre fine alla mia esistenza. Ero anche una codarda, insieme a tutte le altre cattive qualità. Fui baciata dalla dea degli sventurati ed incoscienti, fin dal giorno in cui feci il mio primo respiro in questo mondo venni marchiata. Crescendo non migliorai, causai la morte dell'unica persona che mi fosse stata accanto, mio fratello. Persi lui e come punizione, Dio o qualsiasi divinità ci controlli , mi ha mandato uomini squallidi e colmi di lussuria alla mia porta. Fui trattata come un animale, una bestia che meritava quel che le hanno fatto, ma in fondo sapevo che non me lo meritavo. Dov'è la misericordia di cui tutti parlano? Dov'è il perdono? Per me non esisteva, non esiste e non esisterà mai, sono condannata a rimanere sola, senza l'amore di una madre e senza l'amore di un amante fedele.
Le candele illuminavano la camera, le conferivano un aria spettrale e io mi sentivo ancora più piccola in quell'immenso letto matrimoniale. La mia figura non occupava nemmeno un quarto del materasso. La finestra era leggermente accostata e da essa entrava un soffio di aria notturna. Le tende si muovevano al ritmo di essa, e la luna evidenziava le forme sinuose che scrivevano. La luna era l'unica compagnia che avevo, ma presto se ne sarebbe andata completando il suo ciclo; mentre io rimanevo sempre lì, inetta e incapace di proseguire.
Strinsi con forza la stoffa fra le dita mentre le lacrime lasciavano i miei occhi per cadere sul velo; che da lì a poco sarebbe stato tutto impregnato delle mie lacrime amare.
Le lacrime sul velo si erano sedimentate su di esso, come se marchiassero l'oggetto rimanendoci per l'eternità.

   
 
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