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Autore: Al_cell    25/03/2020    3 recensioni
Eugenie du Coeur è una giovane ragazza che ha un solo desiderio nella sua vita, essere felice. Purtroppo la sua vita è un susseguirsi di avvenimenti che le renderanno difficile anche solo stare al mondo. La sua vita, però, è destinata a cambiare nel giorno in cui fa la conoscenza del giovane principe Belga; Leopoldo II.
La storia contiene personaggi reali ma gli eventi sono puramente fittizi.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
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Belgio 1853, qualche tempo prima del matrimonio.

Arrivammo, dopo aver attraversato un dedalo di corridoi e passaggi che non avrei mai ricordato, in giardino. Si fermò di colpo quando notò un capannello di donne.
Non mi accorsi del fatto che si fosse fermato e andai a sbattere contro la sua schiena. -Fermatevi.- Mi prese per il polso e mi condusse per un sentiero che passava fra dei cespugli; erano ben curati ma non sembrava un posto frequentato.
-Che succede?- Lo seguii anche perché il mio polso era intrappolato dalla sua presa. Seppur ferrea, delicata -Non preoccupatevi, stiamo solo facendo un altro giro per evitare delle signore piuttosto vanitose e frivole che avrebbero messo in imbarazzo me tanto quanto voi.-
Uscimmo dai cespugli per ritrovarci in una piccola radura avvolta da una siepe di alloro. Vi era una specie di arco tra la vegetazione, ma noi eravamo riesumati da un accesso secondario. Nel centro di questo spazio vi era una piccola serra in ferro battuto, sotto aveva un rialzo a fare da struttura portante. Non sembrava molto frequentata dalle persone del palazzo, si vedeva che era trascurata; ma indubbiamente era tenuta in uno stato ordinato dai giardinieri.
-Venite.- Mi fece cenno e solo in quel momento realizzai che mi aveva lasciato andare il polso, ma potevo ancora sentire la sua presa salda sulla mia pelle. Annuii e tirai lievemente sù le gonne mentre lo seguivo; il petto si alzava e abbassava per l'affanno della corsa ed ero sicura di avere le guance arrossate dallo sforzo fisico.
Jean aprì la porta, entrò per essere sicuro che non vi fosse nessuno all'interno, per poi tenerla aperta così che io potessi entrarvi.
Mi guardai intorno, incuriosita da quel nuovo ambiente, per poi notare che non vi erano molti vasi.Al loro posto vi era un filare, poco distante da me, e mi accorsi con stupore che erano delle piante di fragole. Dato che era fine maggio, non mi stupì trovarne, ormai le temperature si riscaldavano in previsione dell'estate.
-Questa sembra essere pronta.- La mano di Jean si sporse oltre la mia spalla per raccogliere un frutticino maturo che mi porse sotto il naso.
-Siete sicuro che possiamo?- Mi fece un sorrisetto affabile mentre i suoi occhi si soffermavano sulle mie guance che portavano ancora qualche traccia del mio precedente rossore.
-Certamente, non c'è nessuno che ce lo vieti.- Presi la fragola dalla sua mano e lo guardai mentre ne raccoglieva un'altra per se. Le addentammo insieme e rimasi estasiata da quel sapore acidulo ma allo stesso tempo zuccherino. La divorai in un attimo provocandogli una risata.
-Attenzione, vi siete sporcata.- Avvicinò una mano e con il pollice mi pulì, delicatamente, l'angolo della bocca macchiato dal succo della fragola. Indugiò per un attimo sulla mia pelle per poi staccarsi e passare la mano fra i capelli, tirandoli leggermente dalle radici. Sembrava essersi, d'un tratto, ricordato di qualcosa di orribile che gli provocò sul volto un'espressione tormentata; in quella postura assomigliava ad una delle statue che avevo visto in Gran Bretagna. Era ricorrente la presenza di queste sculture che rappresentavano un angelo dannato. Jean in quel momento era uno di loro, un angelo.
-Non vi ho portata qui per prendere il tè e mangiare. - Si allontanò da me, scivolando via per avvicinarsi alle vetrate della serra. Lo seguii notando che sotto ad essa vi era una specie di panca con dei cuscini dove accomodarsi. Presi posto vicino a lui, mantenendo però le distanze. Di per sé era una situazione oltremodo sconveniente, se ci avessero visto, non avrebbero atteso a puntare un dito accusatore.
-La mia attenzione è tutta vostra.- Accennai un sorriso dopo aver lisciato la gonna dalle pieghe.
-Io volevo scusarmi per come mi sono comportato settimana scorsa. Ero fuori di me e vi ho trattato in maniera ignobile, soprattutto non tenendo conto di quanto tutto ciò vi avrebbe impattata.- Cercò di agganciare il suo sguardo al mio ma lo evitai guardando prontamente a terra. Ringraziai il mio vizio in quel momento. Si stava veramente scusando con me? Dovevo ricordare l'ultima volta che era successo. Quella sua gentilezza mi scaldò appena il cuore freddo e duro come il marmo. Una piccola contrazione estinta sul nascere.
-Non preoccupatevi, in fondo è perfettamente logico il modo in cui avete reagito. Nessuno vi può biasimare, immagino che in me vediate tutto ciò che è successo alla vostra famiglia.- Portai una mano alla bocca per cancellare una risatina isterica che minacciava di uscire dalle mie labbra. Nervosismo, curiosità ed impazienza mi martellavano e tentavano di sfuggire al mio autocontrollo.
-Veramente no, nulla è successo per colpa vostra.- Si appoggiò alla vetrata, vibrò appena a quel gesto. -So cosa successe il giorno del vostro compleanno ma non mi stupisce. Vostro fratello era una persona molto più complessa di quanto non sappiate. Senza considerare che eravate ancora piccola a quei tempi.-
Guardai la punta delle mie scarpette mentre stringevo le mani in grembo.
-Lo posso immaginare benissimo, il giorno dell'incidente sembrava fuori di sé e anche vostra sorella lo era. Quando arrivai sul posto tutta la scena era piuttosto criptica, oserei dire. Stentavo a riconoscerlo.- Alzai il volto quando lo sentii sospirare.
-Vostro fratello aveva dei sicari che lo spiavano, non so per quali motivi, le mie indagini non sono bastate per rispondere alle nostre domande. Ad ogni modo, quella situazione lo stressò moltissimo, non sapeva come ripagare i debiti e si sfogava continuamente su mia sorella.- Fece una pausa, come se volesse che io mi rendessi conto delle sue parole. La sensazione che provai in quel momento, quando si scopre che una persona è diversa da come la si pensa e conosce, fu qualcosa di veramente orribile. In meno di un minuto, l'ultimo pezzo d'infanzia che mi aiutava a non soccombere a quella realtà si disintegrò e lentamente sentì il mio corpo schiacciato sotto quei pezzi, grossi come massi e penetranti come vetro affilato
-Inoltre, il cocchiere dichiarò che qualcuno li stava inseguendo e che li avevano colpiti sulla fiancata danneggiando una delle due ruote della carrozza, impendendo loro di proseguire il viaggio in sicurezza. Per questo erano assenti lui e uno dei cavalli. Purtroppo il poveretto non riuscì a far arrivare in tempo gli aiuti. Sicuramente uno degli scagnozzi dei suoi strozzini recisero le redini del vostro cavallo facendolo sembrare un "Incidente."Non so cosa abbiate visto quel giorno ma spero che vi sia d'aiuto per sollevare i sensi di colpa e le questioni.-
Rimasi in silenzio. Quindi non era stata colpa mia, non lo era mai stata. E allora perché i miei genitori mi avevano odiata così tanto? Che cosa li aveva spinti? Feci un sorriso amaro mentre guardavo il cielo cambiare i suoi colori preparandosi per il tramonto.
-Che buffa la vita, impossibile prevedere cos'ha in serbo per noi. Dopo che mio fratello morì, i nostri genitori si liberarono dell'arpa che vi era in casa. Mi venne anche impedito di suonarla per evitare di riportare alla memoria ricordi troppo dolorosi.-
Allungò una mano per prendere la mia, la strinse con decisione ma restando sempre delicato a modo suo. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato una risposta simile.
Mi rivenne in mente la fame che patii per anni in quella casa, il dolore dei bastoni di legno che si schiantavano con forza sulla mia pelle fragile, il sangue che avevo versato, i pretendenti che mi erano stati presentati che mi osservavano come si osserva una bestia da macello, decidendo se sia più o meno idonea per diventare carne per le nobili tavole. E poi, e poi quel maledetto scantinato, quei maledetti giorni di sofferenza pura e cruda.
-Purtroppo, non ho ancora capito il perché inventare che facevate parte di una famiglia di nobili. Non ha alcun senso.- Fissai, come incantata, le piccole particelle di polvere che aleggiavano nell'ambiente. La sua voce mi sembrava lontana di molte miglia, ero lì fisicamente ma con la mente ero altrove. -Probabilmente non lo sapremo mai.- Risposi tranquillamente, la mia voce non faceva trapelare la guerra che stava distruggendo la mia anima. Avvertii la sua mano salire sul mio avambraccio e tirarmi leggermente, così che potessi guardarlo negli occhi. Questa volta non li abbassai, li tenni fissi nei suoi.
-Cosa vi è capitato Eugenie? Farò di tutto per proteggervi, sempre.- Ebbi un brivido quando lo sentii chiamarmi per nome. Feci un sorriso misto a una smorfia di disgusto.
-Per me questa vita è stata un calvario e spero che, il giorno in cui lascerò questo mondo, di non tornare mai più.-

Ciao ragazzi! Volevo dirvi che se volete aggiornamenti più frequenti e continui della mia storia, di visualizzare il mio profilo wattpad Al_cell. Grazie a tutti coloro che stanno leggendo la mia storia!
   
 
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