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Autore: Dira_    07/08/2009    14 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Prologo (IV Parte)


30 Agosto 2017

Privet Drive, Little Whinging.
 


Thomas lo guardò il silenzio, mentre il sole andava a morire dietro i tetti di ardesia di Privet Drive.
“Così, questa è tutta la storia.”

O quasi tutta…
Il ragazzino scese dall’altalena. Aveva esitato, decidendo poi di rimanere in piedi davanti a lui. “Non avevo tracce di magia oscura, vero?”
“No Tom, eri completamente pulito. Sei stato esaminato proprio bene. Ero lì quando è accaduto, e conoscevo il medimago che l’ha fatto.”
“Papà è stato contento, quando mi hai portato da lui? Sii sincero.” soggiunse cupo.
“… All’inizio no. Si era sposato da poco con tua madre, e non avevano in programma di avere figli. Non subito almeno. Però poi ha accettato. E adesso è molto contento di averlo fatto.”
“Non è vero.”
Harry cercò il suo sguardo “Sì che lo è, posso assicurartelo…” ma l’undicenne evitò il contatto visivo. “Tom… Mi ha chiamato per venirti a parlare, e per dirti che ti vuole bene, anche se non sei nato da lui e Robin.”
“Stando a quello che dici non sono nato da nessuno.” replicò monocorde, allontanandosi verso la piscinetta gonfiabile che conteneva poche dita d’acqua tiepida.

Harry lo seguì, affiancandoglisi. Capiva lo sgomento del figlioccio e avrebbe voluto poter fare qualcosa per porvi riparo. Thomas voleva delle risposte…
Ma lui non ne aveva.
“Non sappiamo come sei nato, Tom, è vero. Ma ci sei, esisti. Non è questa la cosa davvero importante?”
Tom rimase in silenzio: non era genericamente di molte parole. Diversamente dai fratellastri o dai cugini non era chiassoso come i bambini di quell’età. Preferiva la lettura ai giochi all’aperto – e questo spiegava il pallore quasi innaturale della sua pelle – il silenzio alla confusione. Era chiuso, anche se non ostile o sgarbato. Se avesse dovuto usare una parola per descrivere il figlioccio avrebbe detto che era … cauto.

Era un osservatore Thomas. Aggettivo che non si addiceva molto alla sua età, forse.
“Tom, ti va un giro in moto?” gli propose con un sorriso. Il bambino non aveva alzato lo sguardo, ma Harry aveva comunque percepito il cambio di atmosfera attorno a loro.
“Io e te?”
“Vedi altri qui?”
Silenzio.

“Sì o no?”
“… Sì.”
“Bene, vado a dirlo a tuo padre. Magari potresti cenare da noi, se ti va.”
“Noi chi?”
“Me, Gin, Al, Jamie e Lily. Noi.”
Ancora silenzio.
“Sì o no?”
“… va bene. Posso rimanere da voi?”
“A dormire? Certo, non ci sono problemi.” Non succedeva spesso. Thomas amava la solitudine e quando rimaneva da loro era costretto a dividere la stanza con Albus.
“No, non a dormire.” Lo sorprese. “Fino all’inizio della scuola, intendevo.” Finalmente lo guardò. Aveva due occhi dolorosamente blu. Non azzurri, blu. Con il cattivo tempo o con una particolare angolazione della luce potevano sembrare neri. Mai particolarmente espressivi, stavolta erano estremamente attenti alla risposta che gli avrebbe dato.

Harry Potter capì che da quella risposta sarebbe dipeso il suo futuro rapporto con il figlioccio.
E vigliaccamente scelse di cedere. 
“Certo che puoi… parlerò con i tuoi genitori, e se saranno d’accordo farò recapitare il tuo baule a casa.” Gli posò una mano sulla testa, e Tom accettò il gesto senza scacciarlo: era il suo modo di sorridere. “Sei contento?”
“Mi sta bene.” rispose, svicolandosi dalla sua mano prima di correre dentro.
Harry l’aveva seguito lentamente. Si scontrò quasi con Dudley all’entrata.
“Allora?”
“Si è un po’ calmato… abbiamo parlato.”
“Altroché! È quasi ora di cena, lo sai?” borbottò. Harry si sentì orribilmente in colpa: per avere il perdono di Thomas indirettamente l’aveva messo in cattiva luce. O comunque, non aveva sufficientemente perorato la sua causa.

“Veramente gli ho promesso un giro sulla moto, e poi…” sospirò “Mi ha chiesto di venire a stare da noi fino a…” esitò, senza riuscire a finire la frase. “Penso che sia la cosa migliore. È molto scosso.”
Dudley fece una smorfia. “Così lo porti nel tuo mondo magico, eh Harry?”
“Dudley, non è questo il punto… e poi si tratta solo di due giorni.”
“No, no. Capisco. L’hai parcheggiato qui finché non ti ha fatto comodo, e adesso te lo riprendi. Funzionano così le cose con te.” Era sarcastico.
Harry serrò le labbra. “Non cerco di sostituirmi a te, Dudley. Sei suo padre, lo so.”
“Non volevo essere suo padre, ma mi hai costretto a diventarlo. E adesso lo porti via. Come pensi che possa reagire? Stringendoti la mano cugino?” sibilò. “Il ragazzo ha il mio cognome, ma so che non sarà mai mio figlio. L’ho sempre saputo. Appartiene al vostro mondo.” sputò sprezzante “Ma va bene, forse è meglio che stia da te… Thomas!” chiamò imperioso. Il ragazzino uscì dalla cucina, guardando di sottecchi. Sembrava incuriosito.
“Sì, signore?”
“Va in camera e prepara le tue cose, starai da tuo zio Harry fino all’inizio della scuola.” Mentre stava per salire le scale lo richiamò. “Cerca di non combinare guai, intesi?”
“Sissignore.”
“E saluta i tuoi fratelli e tua madre, prima di andartene.”
“Sissignore.”
“Adesso va’, svelto.”
Thomas scomparve al piano superiore. Dudley lanciò un’occhiata ad Harry.
“Tu lo porterai ogni tanto a fare corse su quell’affare ma io l’ho cresciuto…” guardò verso le scale con un’espressione strana. Sarebbe stato affetto, se non vi avesse letto anche preoccupazione. E timore. “Tienilo d’occhio.”

Poi rientrò in salotto, da dove proveniva il vociare della tv, senza degnarlo di un’altra parola.
Harry lo lasciò andare via, senza trattenerlo, in preda a sentimenti contrastanti: vergogna, per averlo usato. Gli aveva chiesto di crescere un giovane e futuro mago, di tenerlo al sicuro e nasconderlo, per poi portarglielo via, fregiandosi di un titolo che non meritava, neppure per parentela. Non era davvero lo zio di Thomas, mentre Dudley poteva essere considerato suo padre: gli aveva dato un cognome, una casa, persino affetto. Non era come suo padre Vernon.
Però…
A ben pensarci provava anche sollievo. Finalmente aveva una scusa per riprendersi Tom. Dudley rivelandogli incautamente la verità aveva reso la situazione instabile, e messo la serenità del bambino a rischio.
Ed ecco arrivare Harry Potter, il Salvatore…
Non era fiero di se stesso, no.
Thomas era tornato giù con un semplice zainetto “Il baule l’ho lasciato in camera.” Gli disse con tono tranquillo. Quasi allegro.
“Me ne occuperò io dopo. Hai fatto bene. In moto bisogna viaggiare leggeri…” Gli diede una pacca sulla spalla magra. “Va’ a salutare tua madre e i tuoi fratelli. Io ti aspetto fuori.”
“Sì zio Harry.” Gli sorrise, inaspettatamente, prima di entrare in cucina.
Harry si sentì scaldare il cuore: sì, forse stava sbagliando. Ma per una buona causa. Per Thomas.

Questo forse non giustificava tutto?



1 Settembre 2017
Londra, Stazione di King Cross, Binario 9 e ¾.




“E se finissi a Serpeverde? Pensaci, se ci finissi?”
Albus Severus Potter, meglio conosciuto con un semplice ‘Al’, guardava ad occhi sgranati il fratello maggiore, che arruffato e trionfante si ergeva sul carrello dei bagagli.

… Sfottendolo allegramente come suo solito.
“Non ci finirò! Tu non ci sei finito, Jamie, perché dovrei finirci io?”
“Beh, si sa che il Cappello Parlante è mezzo matto! Magari vede i tuoi occhioni verdi e zack! SERPEVERDE!” gridò alzando le braccia significativamente.
Al impallidì, serrando i pugni contro il maglione sformato e caldo che la nonna gli aveva regalato a Natale dell’anno prima. Una bella ‘A’ fiammante campeggiava su un arancione improbabile.
“Non finirò a Serpeverde!” strillò a pieni polmoni facendo voltare entrambi i genitori.
“Jamie! Smettila di spaventare tuo fratello!” esclamò seccata Ginny, il cui problema principale era cercare di tener buona la figlia, che scalpitava recalcitrante.
“Mammina, voglio andare anche io con Jam e Al!” guardò in direzione di una colonna di mattoni “… E Tommy!”
“Thomas…” mormorò stancamente il ragazzino: erano anni che cercava di infilare in quella testolina rossa che non gradiva i nomignoli.

“Tommy!”
Tom sospirò, fissando il grosso treno nero, lucido e sbuffante. Sembrava estremamente annoiato da tutta quella faccenda. Tutta quella confusione
Harry gli sorrise divertito: in fondo allo sguardo riusciva a leggergli la stessa eccitazione di Al.

Solo, ecco… un po’ più nascosta.
Al gonfiò le guance, strattonando la giacca del padre. “Non finirò a Serpeverde, vero papà?”
“Non capisco cosa ci sia di sbagliato a Serpeverde.” replicò Tom, fissandolo. 

“Beh, Jamie dice…”
James, sentendosi chiamato in causa, scese con un balzo dal carrello. “A Serpeverde ci vanno quelli come… come i Malfoy!”
“Chi sono i Malfoy?” inquisì Thomas. James scrollò le spalle, noncurante: non gli piaceva granché quel damerino del cugino Tom. Prima di tutto non voleva mai giocare ad un accidenti, che fosse Quidditch o tuffarsi nel lago. Al massimo a scacchi magici, ma a lui annoiavano. Infatti il povero Ted si prestava volentieri al supplizio di quel moccioso, che ci impiegava secoli per fare una mossa.
E poi… ecco. A dire il vero non sapeva chi fossero i Malfoy. Sapeva solo che a suo zio Ron non piacevano affatto. Il che, dal suo punto di vista, bastava ed avanzava.
“Sì, chi sono i Malfoy, Jam?” rincarò la dose Al, incuriosito.

“I Malfoy… i Malfoy…” esitò, nel pallone. 
“Sono una casata di maghi, Al, molto antica. Sono stato compagno di scuola dell’attuale capofamiglia, Draco.” gli aveva spiegato gentilmente il padre, indorando decisamente la pillola: ma non voleva che i figli crescessero con dei pregiudizi.
I pregiudizi possono uccidere, io lo so bene…
“Dovrebbe avere un figlio della vostra età…”   
Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento, Harry scorse in mezzo alla calca l’antico rivale – che sembrava aver ceduto ad una lieve stempiatura – e il figlio, sua fotocopia vivente. Gli rivolse un cenno, ricambiato dopo una lieve esitazione.

… e lo sa anche Draco Malfoy.
“Com’è che si chiama pa’?” chiese malandrino James. “Dico, il figlio di Malfoy.”
“Scorpius, credo… ma niente scherzi, intesi peste?”
Dal sorriso innocente che il dodicenne gli rivolse seppe che non sarebbe stato minimamente ascoltato.
Ron gli si era affiancato, battendogli una mano sulla spalla. “Ehy, padre dell’anno! Ci siamo anche noi.” Indicò con un cenno della testa la moglie e la figlia maggiore.
Albus sorrise immensamente sollevato alla vista della cugina. “Rose!”
La ragazzina gli sorrise di rimando, contenta. “Ciao Al! Non vedo l’ora di salire sul treno, e tu? Spero proprio di essere smistata a Grifon…”
“Non dirlo!” uggiolò il ragazzino. “Jamie dice che il cappello parlante è tutto matto, e smista a caso!”
Rose sbuffò, lanciando un’occhiataccia al maggiore degli eredi Potter.

“Che sciocchezza… il Cappello Parlante è assolutamente affidabile, me l’ha detto mia madre. Ti smisterà nella Casa giusta Al, sta’ tranquillo.”
“… Sei sicura?” pigolò, mentre gli occhioni verdi sembravano farsi più grandi. La ragazzina ignorò l’impulso di abbracciarlo forte: era pur sempre un maschio, come gli aveva spiegato bonariamente suo padre, e non avrebbe potuto non gradire i gesti di affetto.

Sempre meglio di Jamie, che intende come ‘gesti d’affetto’ buttarmi delle caccabombe nei capelli…
“Certo! E poi ormai le Case non sono più così separate… mamma dice che un sacco di Serpeverde adesso potrebbero essere ottimi Grifondoro e viceversa. Insomma, la casa in cui sei non dice nulla del tuo carattere o di quello dei tuoi compagni!”
“A dire la verità il sorteggio è dovuto al carattere…” intervenne Tom atono. “I Serpeverde, secondo la tradizione, sono quelli astuti e ambiziosi” concluse.
Rose fece una lieve smorfia: non gradiva essere interrotta durante la spiegazione. Specie dal cugino mezzo matto dei fratelli Potter.
Su una cosa Jamie ha ragione… è antipaticissimo!

“E dove l’avresti letto?”
“In un libro naturalmente. ‘Storia di Hogwarts’.” fece un pallido sorriso. “Tu l’hai letto?”
Rose arrossì di dispetto: ovvio che non l’avesse ancora letto tutto!
A dire il vero ne ho letto solo un pezzettino… poi sono iniziati i cartoni in tv…

“Non ancora…” sibilò di pessimo umore. Al aveva guardato dall’uno all’altra, confuso.
“Sì… Ma allora io che c’entro con i Serpeverde? Niente, no?” esclamò speranzoso. “Non sono di certo astuto o … ambizioso, ecco!”

Tom scrollò le spalle staccandosi dalla parete. “Le scelte del Cappello non sono così definite… dipendono da un sacco di fattori.”
Al lo guardò con l’aria di chi gli stava per crollare il mondo addosso. Rose allora, in quanto cugina buona, gli passò un braccio attorno alle spalle gracili.

“Non dargli retta, Al! Non finirai a Serpeverde, ma a Grifondoro!”
Tom serrò appena le labbra, poi si infilò le mani in tasca.
“Io andrò a Serpeverde.” decretò, prima di riprendere a guardare la folla.

“Che scemo…” sussurrò Rose. “Proprio è insopportabile.”
Al inspirò appena: invece a lui Tommy piaceva. Era il cugino più forte che avesse, o quasi. Certo, Ted era un mutaforma, però non era veramente suo cugino, purtroppo. E Rose era davvero in gamba e simpatica… ma Tom era… beh, Tom era diverso. E poi sapeva sempre rispondere a tutto, ed era difficile che gli adulti riuscissero a prenderlo in castagna.
Era intelligente, e Al lo ammirava sinceramente. Non era un tipo simpatico, vero.
Però era forte.
… e voleva andare a Serpeverde.
Sì, forse è un po’ matto, come dice Jam.

Albus al momento dei saluti si era avvicinato al padre.
“Papà… e se finissi davvero a Serpeverde?” mormorò, così piano che l’uomo quasi non lo sentì. Ma capì. Si inginocchiò di fronte a lui, con un sorriso complice.
“Albus Severus. Tu porti il nome di due presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l’uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto…¹”
Al si era morso l’interno della guancia. “Quindi… Anche i Serpeverde possono essere okay?”
“Molto più che okay. E poi sai… il Cappello non impone le sue scelte. Non ti obbliga a dargli retta, se non vuoi. Pensa che voleva mandarmi a Serpeverde.”
Sgranò gli occhi. “Tu papà?”
Harry ridacchiò. “Proprio io. Ma gli dissi che non volevo, e lui mi assegnò a Grifondoro. Quindi, come vedi, la scelta finale sta a te. Siamo noi che decidiamo il nostro destino, Albie…” lo vezzeggiò affettuosamente. L’undicenne arrossì.

“Non chiamarmi così dai, papà. È da marmocchi.” Però gli aveva sorriso luminosamente.
“Ricevuto. Avanti, dammi un bacio. E ricordati di salutare Neville da parte mia e della mamma.”

Al sbuffò, ma subito dopo gli gettò le braccia al collo, stampandogli un bacio umido sulla guancia, imbarazzato e rapido. Salutò anche la madre, e baciò la sorellina prima di salire sul predellino del treno. Dei bagagli si era occupato un entusiasta James, che aveva quasi rischiato di potare la testa a qualcuno.
Salutò ancora un paio di volte i genitori, prima di sparire dentro il vagone.
“Thomas..” Harry richiamò il figlioccio, che si apprestava silenzioso come sempre a seguire l’esempio dei cugini e salire sul treno, evitando le smancerie di cui invece stava venendo sommersa Rose.
“Non ti aspetterai che ti baci, vero?” gli rispose un po’ scandalizzato.

L’uomo rise. “Non mi permetterei mai… Posso almeno augurarti un buon anno scolastico?”
L’undicenne annuì seriamente. “Certo, questo sì.”
Harry si sporse per stringergli leggermente una spalla. “Qualsiasi cosa ti serva, fammelo sapere. Un gufo, qualsiasi cosa. Intesi?”
Tom lo guardò con sufficienza. “So cavarmela da solo zio.”

Harry sospirò: Tom era orgoglioso, e nonostante le rivelazioni shockanti di pochi giorni prima di ostinava a comportarsi come se non fosse successo nulla. Ma sapeva che non sarebbe servito forzarlo a parlarne.
Avremo tempo, per farlo. Tutto il tempo del mondo.
“Ehi, sono o non sono tuo zio? È mio dovere morale romperti le scatole.”
Tom sbuffò, scrollando la testa. “Sì… comunque. Zio Harry… zia Ginny… Lily.” Snocciolò indietreggiando verso il treno che avvisava l’imminente partenza.
“Ciao Tommy…” mugugnò la bambina, con gli occhi rossi e gonfi, assolutamente irritata da tanta ingiustizia anagrafica.

Tom alzò gli occhi al cielo, senza neanche rispondere.


 

Harry rimase a guardare il treno partire in compagnia della moglie, di un piagnucolante Ron e di una esasperata Hermione.
“E non oso immaginare come ti ridurrai quando toccherà a Hugo!” sospirò con un sorriso simpatetico verso il marito: grande e grosso e dalla lacrima straordinariamente facile se si trattava dei figli.
“Oh, sta zitta, miseriaccia!” Il rosso si soffiò rumorosamente il naso. “Il mio fiorellino darà filo da torcere a quel Malfoy, hai sentito?”
“In realtà mi è sembrato che avesse alzato gli occhi al cielo. Figlia mia, del resto.”
Harry ridacchiò allo scambio di battute trai due coniugi. Osservò fino a che gli fu possibile il convoglio, fino a perdita d’occhio. Sentiva una morsa al petto. Prima Jamie, poi Al.

Ma James è sempre stato più indipendente….
Albie, che aveva i suoi occhi e quelli di Lily… gli sarebbe mancato immensamente vederlo girare per casa, infagottato nei maglioni marca Weasley – era l’unico membro della famiglia che li indossasse con evidente piacere.
Sentì la mano di Ginny intrecciarsi alla sua.
“Andrà tutto bene.” gli sorrise incoraggiante. Harry sospirò appena.
“Sì, lo penso anche io. Al e Tom se la caveranno alla grande…”

“Thomas specialmente.” osservò la donna. “Non ho visto bambino più rilassato al suo primo giorno di scuola…”
Harry ridacchiò. “Non era affatto rilassato, era un fascio di nervi, come Al.”
“Sarà…” Ginny scrollò le spalle, poco convinta, poi si rivolse a Lily. “Forza tesoro, basta tenere il muso. Gelato da Florian Fortebraccio?”
La piccola smise immediatamente di tenere il broncio, illuminandosi.
“Oh sì!”
Harry ridacchiò assieme alla moglie, sfiorandosi poi la cicatrice, quasi inconsciamente: erano anni che non gli dava più problemi.
Sì, sarebbe andato tutto bene.

 

*****
 


Note:
1-    dall’ultimo capitolo di “Harry Potter e i Doni della Morte” di J.K. Rowling.
 

Commenti:
Per chi mi ha gentilmente (grazie grazie grazie!) recensito...
Marty McGonnagal: Ciao! Mi fa piacere vedere che continui a seguire questo piccolo sgorbio partitorito dalla mia mente bacata ^^ Mi spiace, ma non ho potuto accontentarti su Harru che scarica il pupo a Dursley, ma spero di essermi fatta perdonare con King's Cross. E non è detto che tu non possa leggerlo. Contavo infatti di inserirlo trai flashback, più avanti, quando approfondirò il rapporto tra Tom e il buo vecchio Dud. (Dopotutto mi è simpatico :P)
Federica_06: Ciao, grazie mille per il bellissimo complimento! Mi fa piacere essere considerata 'originale'! So che in questo fandom non è proprio facilissimo. Penso che mi salvi il fatto che vengo dal mondo delle original-fiction, uhm... Comunque spero di non aver deluso le tue aspettative con questo capitolo! Fammi sapere!
Finalmente si è concluso il prologo! E poi....
Dal prossimo capitolo inizierà la storia vera e propria!
Visto e considerato che la Row non ha dato molte indicazioni sull’aspetto fisico della ‘Next Generation’ mi sono permessa di fare di testaccia mia. I link sottostanti sono le versioni undicenni/dodicenni. Serviranno anche per ulteriori flashback, essì. (*Dira aaama i flashback*)

Albus Severus Potter
Thomas Dursley
James Sirius ‘Jamie’ Potter
Rose Weasley
  
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