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Autore: Minako_    27/03/2020    4 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
cambiamenti.


« Vorrei parlarti », iniziò Shinichi, la gola secca. La fissò, mentre sentiva il calore imperlargli le guance. Si sentiva davvero un idiota.
Era da quel pomeriggio di due giorni prima che non si parlavano, e per lui iniziare quel discorso appena finite le lezioni era stato davvero difficile. Ma sapeva bene cosa aveva combinato, il perché Ran non gli parlava da così tanto. Lei lo guardò, mentre l’aula si svuotava lentamente e tutti li fissavano ridacchiando.
Quando avrebbero smesso di prenderli in giro?
Esausta da quelle continue attenzioni, portò la sua attenzione nuovamente a Shinichi.
« Dimmi », lo incalzò, mentre sistemava le ultime cose nella sua cartella con fare noncurante, Sonoko sull’uscio della porta che le faceva i pollici all’insù con aria sognante. Rise interiormente.

Quanto era scema a volte.
« Potremmo parlarne… altrove? ».
Ran alzò lo sguardo verso il suo ragazzo. Shinichi era ancora in piedi, l’espressione stranamente seria in volto, le mani in tasca e la sacca da calcio sulla schiena.
Davvero non stava capendo perché da imbarazzo su di loro fosse scesa quell’aurea così seria, ma decise di non darci troppo peso.
« Ehm va bene », ribattè con voce incerta. « Però io ora avrei gli allenamenti, potremmo fare dopo », suggerì.
Shinichi annuì, in evidente difficoltà.
« Facciamo che mi raggiungi a casa mia? », propose il ragazzi, guardandola di sottecchi. « Va bene », rispose tranquilla Ran. Lui in tutta risposta annuì, e velocemente camminò fuori dall’aula.
Ran rimase un attimo interdetta.
Quale era il problema? Era davvero solo quel pomeriggio di due giorni prima?
Si morse un labbro.
Raramente Shinichi era così serio con lei, solo una volta negli ultimi quattro mesi lo era stato. Di nuovo il suo cuore mancò un battito, esattamente come al ricordo della discussione con Shiho tornatole in mente la sera prima.
Abbassò il capo, chiudendo gli occhi.
Cos’è questo?
La voce seria, quasi rabbiosa di Shinichi la tormentò per tutto il tragitto fino alla palestra. Non era mai stato così arrabbiato con lei, mai, nemmeno quando erano ragazzini e discutevano per qualche stupidaggine. Si sentì malissimo al ricordo avvenuto un pomeriggio di tre mesi prima, quando ormai lui era stato dimesso e l’aveva raggiunta a casa per pranzare insieme.
Se solo non gli avesse detto di posare il cappotto in camera sua.
Si maledisse da sola, mentre si cambiava per indossare la divisa da karateka.
Perché hai del cianuro?
Chiuse gli occhi, il senso di colpa opprimente.
Già, perché aveva del cianuro il camera? Quasi se l’era dimenticato di averlo da almeno un mese. Aveva rimosso quando, ancora sotto shock e lui in coma, l’aveva trovato nella tasca di suo padre. Una boccetta piccola, ritrovata su una scena del crimine di tempo addietro e dimenticata nella tasca dell’agente privato, e mai ridata alla centrale di polizia.
Quando Ran l’aveva trovata nella giacca di suo padre, quasi le sembrò un segno divino.
Cianuro.
Semplice, facile.
Shinichi era ancora in coma, dopo una settimana dall’operazione.
E lei, era sola.
Prenderla d’istinto e nasconderla in camera, appena dietro la foto sua e di Shinichi durante la gita le era sembrato quasi naturale.
Se lui non si fosse mai risvegliato, lei lo avrebbe preso.
Semplice, logico.
Ma quando quel giorno Shinichi, guardando quella stessa foto, si era accorto di quella boccetta, ed era andato su tutte le furie.
Non l’aveva mai visto così, rabbioso, fuori di se, mentre camminava a grandi falcate verso di lei in cucina, sbattendo la bottiglietta sul tavolo con cosi forza che il rumore fece sobbalzare Ran…
 

« Cos’è questo? », tuonò Shinichi, il viso rosso di rabbia. Ran si voltò sobbalzando, spaventata. Non si aspettava certo uno Shinichi fuori di sé fissarla con uno sguardo del genere, mentre lei stava scaldando il riso e lui aveva semplicemente portato il suo cappotto in camera sua. Ma quando aveva visto nelle sue mani quella boccetta, avrebbe voluto prenderla d’istinto e non dover dare spiegazioni.
« Ran?! », la fece tornare dai suoi pensieri, impaziente.
« Perché hai del cianuro?! », ripetè rabbioso, guardandola con enfasi.
Ran deglutì, guardandolo.

« Lo aveva mio padre », sussurrò lei. Lui parve non crederle.
« E perché era in camera tua? », chiese impaziente. Ran provò a rispondere, ma non ci riuscì. Fu allora che Shinichi tirò un pugno sul tavolo, e le si avvicinò velocemente, facendola indietreggiare contro il muro. Per la prima ed unica volta nella sua vita, ebbe paura di lui.
« Io-io lo avrei preso », sputò Ran chiudendo gli occhi, quasi aspettandosi uno schiaffo.
Schiaffo che, naturalmente, non arrivò mai. Dopo qualche secondo, trovò il coraggio di riaprire gli occhi e guardare il viso di Shinichi a poca distanza dal suo viso. Lo trovò così meravigliosamente perfetto, ma anche così contratto di dolore.
La stava giudicando, con quegli occhi quasi velati di pietà, e lei si sentì punta sul vivo. Nel silenzio, trovò un pò di forza e tornò a fissarlo con prepotenza.
« Guardami negli occhi », boccheggiò. « Guardami e dimmi che al mio posto non l’avresti fatto anche tu », sputò fuori.
Non seppe tramite che coraggio gli disse quella frase, ma uscì dalla sua bocca prima che potesse rendersene conto. Shinichi sgranò gli occhi, punto sul vivo.
Rimasero così per quella che le parve una eternità, finché lui non l’abbracciò. Dapprima spiazzata, lei ricambiò l’abbraccio, alzandosi sulle punte per raggiungere il suo collo. Da quanto era diventato così alto?
« Non dovevi neanche pensarci », sussurrò Shinichi.
« Se tu fossi morto… », iniziò lei, la voce rotta, le lacrime a pungerle gli occhi.
« Non voleva dire che dovevi morire anche tu ».
Ran si staccò da lui, per poggiare il suo naso contro il suo.
« Guardami, e dimmi che non ci avresti pensato anche tu, al mio posto ».


Ran tornò in se, mentre si allenava con tutta la sua forza per scacciare quel ricordo dalla sua mente. Shinichi non le rispose mai a quella domanda, e finì lì il discorso. Lui si mise in tasca quella boccetta, e Ran non si osò mai chiedergli che fine avesse fatto. Ma se conosceva bene il suo ragazzo, probabilmente l’aveva buttata appena aveva messo piede fuori da casa sua.
L’ora di allenamento finì in fretta, per sua immensa gioia. Quel giorno aveva fatto decisamente pena, ma non le interessava. Voleva cambiarsi velocemente e correre da Shinichi. Quel suo sguardo di poco prima e le sue parole l’avevano messa in allarme.
Velocemente si buttò sotto la doccia e si lavò velocemente. Più il tempo passava, più una leggera ansia le faceva rigirare lo stomaco.
Vorrei parlarti.

Rapidamente uscì, si asciugò, si cambiò e si mise ad asciugarsi i capelli. Diamine, perché li aveva così lunghi!
Dopo quella che le parve una eternità si ritrovò finalmente per strada, i capelli ancora un pò bagnati ma non le importava. Mordicchiandosi un labbro arrivò finalmente davanti casa di Shinichi, si appoggiò al cancello ma lo trovò aperto. Si fece coraggio ed entrò, trovando ancora le chiavi del ragazzo appese alla porta. Lo trovò inusuale che lui avesse certe dimenticanze, ma fece finta di niente. Mise una testa all’ingresso, e lo chiamò, senza ricevere risposta.
Insospettita si tolse in fretta le scarpe, acchiappò le ciabatte che lui le aveva comprato anni addietro per quando andava a trovarlo, e si diresse in cucina. Solo li, nel silenzio, si rese conto dell’unica luce accesa della casa, provenire dallo studio/libreria in fondo al corridoio. Prese un bel respiro e si avvicinò.
Trovò Shinichi immerso in un libro seduto alla scrivania, quella stessa scrivania dove aveva incontrato Conan. Un flash e quasi le parve che quello seduto lì non fosse un ragazzo di diciotto anni, ma un bambino di sei.
Scosse la testa, si fece coraggio ed entrò.
« Shinichi? », iniziò timidamente. Lui parve come risvegliato dalla lettura del libro, e la guardò stupito.
« C’era il cancello aperto, e le chiavi appese », disse a mò di scuse Ran.
« Ah, sì, scusa, devo aver avuto la testa soprappensiero », replicò lui chiudendo il libro. Pareva quasi in trance, si ritrovò a pensare Ran, mentre gli si avvicinava. Notò che non indossava la divisa, ma una maglietta e i pantaloni della tuta.
Le stesse sensazioni di due pomeriggi prima la travolsero, mentre lui le dava la schiena per posare il libro che aveva in mano in un angolo della libreria.
Poteva essere così perfetto? Si ritrovò a pensare, mentre gli fissava la schiena larga, e quei pantaloni della tuta così morbidi a coprirgli le gambe. Deglutì.
Datti un contegno, accidenti!
« Allora? Cosa volevi dirmi? », lo incalzò con un mezzo sorriso Ran, cercando di nascondere il suo evidente nervosismo. Lui si voltò, guardandola di sottecchi. Ci mise un pò, poi finalmente parlò, la voce incerta.
« Io… ti volevo chiedere scusa, Ran », sospirò infine.
La ragazza rimase immobile, lo sguardo perso.
« Ah », rispose incerta. « Per cosa? », quasi rise. Non stava capendo.
« Per l’altro pomeriggio… ».
Dirlo gli costò una immensa fatica, ma una volta detto si sentì sollevato. Stava facendo la cosa giusta, dopo tutto. Lei non gli aveva più rivolto parola dal pomeriggio in agenzia, e per troppo tempo era rimasto a tormentarsi sul perché. Poi, finalmente, c’era arrivato.
L’aveva senza dubbio messa a disagio, l’aveva toccata decisamente troppo e in punti fin troppo delicati. Aveva esagerato, accidenti a lui!
Ma non era davvero riuscito a trattenersi, quei maledetti ormoni che non lo lasciavano ragionare da quando era tornato adulto.
Quasi rimpiangeva Conan e il suo ingenuo corpo da bambino, almeno non aveva certi stimoli.
Quasi sollevato, si mise finalmente a guardare il volto silenzioso di Ran, e rimase stupito da ciò che lo attese.
Un viso contratto da una strana smorfia, i pugni chiusi, le labbra tirate in un’espressione stizzita.
Ecco, aveva di nuovo sbagliato. Non sapeva cosa, ma aveva evidentemente sbagliato qualcosa.
« Mi stai chiedendo scusa per l’altro pomeriggio? », ripetè lei lentamente.
« Ehm… », lui non era molto convinto, ma continuò.
« Sì, ho esagerato, credo… Non volevo offenderti, Ran, davvero, mi spiace », rincarò la dose, sperando facesse l’effetto sperato.
« Giuro che non mi comporterò più così! ».
Come un maledetto pervertito, avrebbe voluto aggiungere.
Aspetto dubbioso la risposta della sua ragazza, che però arrivò travolgendolo inaspettatamente.
« Quindi è questo il problema… », sussurrò a mezza voce lei.
Shinichi corrugò la fronte, avvertendo la sua voce spezzata da… lacrime?
« Ehm », iniziò, non sapendo cosa dire.
Le era saltato praticamente addosso.
Le aveva accarezzato una coscia e, dannazione!, anche sfiorato il petto.
Lei non gli aveva parlato per più di un giorno.
Lui le aveva chiesto scusa.
Nella sua testa a questo punto tutto doveva essere perdonato, o no?
Non ci stava capendo niente!
« Quindi ti dispiace? ».
Shinichi tornò in se, incapace di formulare una frase. Ma cosa stava dicendo?
Ran recuperò un pò di forze, e gli si avvicinò.
« Ti dispiace di avermi toccata? ».
Ran non seppe mai come quella frase così ardita le uscisse di bocca, ma era davvero fuori di se in quel momento. Improvvisamente odiò Sonoko, che l’aveva quasi incoraggiata.
E’ normale, tutti i fidanzati lo fanno!
Le aveva fatto credere che Shinichi si sentisse come lei, che la desiderasse, quando lui le aveva appena fatto capire che era stato tutto uno stramaledetto errore. Strinse i pugni, affondando le unghie nella pelle.
« Bene, direi che sei stato chiaro », ruppe il silenzio lei, girandosi indietro. Voleva uscire da lì, non voleva continuare quel discorso.
Era troppo, davvero. Aveva immaginato che lui si sentisse come lei, che quel pomeriggio significasse qualcosa. Ma evidentemente non era mai stato così, per lui.
Ma prima che potesse fare il secondo passo verso l’uscita, sentì la mano di lui trattenerla per un braccio. Improvvisamente, il flash di loro due sotto il Big Ben le tornò in testa.
E sperò che quello che stesse per dire fosse bella almeno quanto era stata bella la sua dichiarazione d’amore di quella sera, a Londra.
« Ma cosa stai dicendo?! », esclamò lui, rosso in volto, facendola voltare verso di lui.
« Cosa sto dicendo IO? », replicò Ran, imbarazzata.
« Mi hai appena chiesto scusa pe- ».
« Ti ho chiesto scusa, sì, perché è da due giorni che non mi parli! », replicò irato Shinichi. « E pensavo che fossi offesa per quello che avevo fatto! », concluse, ormai tendente al bordeaux.
Lei rimase interdetta, cercando di mettersi nei suoi panni. Effettivamente, era accaduto ormai due giorni prima, e lei non aveva fatto un passo verso di lui. Forse, e pensò, forse, poteva apparire realmente in collera con lui, vista dall’esterno. Odiò che lui forse avesse minimamente ragione, e si morse un labbro.
« Non sono offesa per quello! ».
« E allora per cosa?! », ribattè lui, ancora tenendola saldamente per un braccio.
« Sono offesa, perché dicendomi così è stato come se non mi volessi! ».
Calò il silenzio.
Shinichi lasciò andare il suo braccio, che lei si portò velocemente a sé. Rimane a bocca aperta, fissando la ragazza davanti a lui. Dopo almeno un minuto, tornò a parlare.
« T-tu pensi », balbettò. « Che io non ti voglia? ».
Ran fissò altrove, rossa in viso.
« Ti sei scusato », lo rimbeccò.
« Ti ho spiegato il perché! », sbuffò Shinichi, esasperato.
Ran deglutì, guardandolo fugacemente in viso.
Era roseo, così terribilmente bello, ma anche corrugato. Forse aveva ragione, a volte capirla era peggio di risolvere un caso estremamente difficile.
« Ascolta, ricominciamo, ti prego », Shinichi si appoggiò alla scrivania, in evidente difficoltà. Ran annuì, in imbarazzo.
« L-l’altro pomeriggio, ecco », tossì imbarazzato.
« Ci siamo lasciati un pò andare, ecco », proseguì. « E dopo tu hai sempre evitato di parlarmi, sei andata con Sonoko, poi oggi in classe non mi hai nemmeno avvicinato », elencò lui, accaldato.
« Ieri sono andata con Sonoko per una merenda, e di ritorno ho avuto da fare », spiegò lei. « E oggi ero un pò stanca, ho dormito male stanotte ».
Ho fatto incubi su quando stavi morendo per colpa mia, idiota.
« Non ero minimamente offesa con te, anzi », si dondolò sui piedi, fissandoli. « E-ero contenta per l’altro pomeriggio », concluse.
Ero contenta per l’altro pomeriggio.
Quella frase riecheggiò nelle orecchie di Shinichi, rendendolo stranamente euforico.
Allora non aveva esagerato, lei non era in collera con lui.
Poco prima si era offesa perché… perchè…
« Pensavi che io mi fossi pentito dell’altro giorno? », ragionò a voce alta, facendo avvampare Ran. Quando si rese conto di cosa aveva appena pronunciato a voce alta, avrebbe voluto seppellirsi. Ma finalmente c’era arrivato.
Iniziarono a fissarsi in silenzio, ormai sull’orlo di una crisi di nervi. Alla fine, Shinichi prese coraggio, l’avvicinò a lui e le prese le mani nelle sue. Erano ghiacciate.
« Tu non devi pensarlo nemmeno lontanamente », disse piano.
« E’ che pensavo di aver esagerato, davvero… e non volevo che pensassi male di me. Non pensavo volessi, insomma… », non riuscì a finire la frase, ma Ran comprese, ed avvampò.
« Nemmeno io pensavo di volerlo », rispose, concludendo la frase.
« N-non è mai stato così, per me », ammise, faticando a trovare le parole. « Ma ultimamente, ecco… mi sento così nei tuoi confronti », lo fissò timidamente.
Anche in quel momento, il suo cuore era così accelerato che sperò di non avere un infarto. Shinichi era appoggiato alla scrivania, le gambe allargate per far spazio a lei, le mani intrecciate. Poteva avvertire la sua pelle a poca stanza dalla sua, e non riusciva a non fissargli quella vena così carina sul collo, che andava a nascondersi dentro quella maglietta così sottile.
« A-anche io mi sento così ».
La sua dichiarazione così sincera la fece avvampare. Annuì, guardandolo.
« Bene », disse stupidamente. Non sapeva davvero cosa dire.
« Bene », ripetè lui, mettendosi a giocherellare con un ciuffo di capelli che le scendeva sul viso. Quell’improvviso gesto sulla sua pelle le fece venire voglia di abbracciarlo, baciarlo, e ricominciare dove avevano interrotto due pomeriggi prima.
Evidentemente Shinichi glielo lesse negli occhi, perché prima che potesse fare qualcosa lei, lui sciolse anche l’altra mano dalla sua e gliela allacciò in vita, facendo aderire i loro corpi velocemente. Si mise a baciarla con delicatezza, mentre quella sensazione di bruciore lo facevano nuovamente avvampare come due giorni prima.
Ran si lasciò completamente su di lui, chiudendo gli occhi. La sua testa ebbe l’ennesimo blackout, e non capì più nulla mentre timidamente appoggiava le sue mani sul suo petto.
Era tutto così bello, nuovo, strano.
Sì, strano.
Era davvero Shinichi quello che la stava facendo uscire così di testa?
Lo stesso bambino musone, saputello che per così tanto tempo aveva giocato con lei? Lo stesso ragazzino che la rintronava su Sherlock Holmes, lo stesso che la prendeva in giro e gareggiava con lei a chi picchiava più forte?
Sì, era lui.
Sorrise, le labbra premute contro di lui.
Erano cambiati così tanto, ma una cosa non era affatto cambiata: lo stare così indissolubilmente insieme.
E, mentre Shinichi le accarezzava la schiena, le tornò in mente una discussione avvenuta con Sonoko qualche mese prima…
 

***
 

« Da quanto è che siete fidanzati, ormai? ».

Shinichi e Ran si voltarono verso Sonoko contemporaneamente, distogliendo per un attimo la loro attenzione dal libro che la ragazza teneva in mano. Quel pomeriggio erano rimasti a studiare in biblioteca, ma per tutto il tempo la biondina non aveva tolto lo sguardo di dosso ai due ragazzi.
« Ehm… tre mesi », rispose Ran, arrossendo leggermente, guardando Shinichi di sottecchi, che faceva finta di niente.
« Mmm », continuò pensierosa Sonoko, con sguardo serio, guadagnandosi la loro totale attenzione preoccupata. I due ragazzi si guardarono confusi.
« Mmm… secondo me non è corretto », concluse convinta.
« Mmm… sì, lo è », ribattè Ran. « Ci siamo messi insieme in gita, ricordi? ».
« Certo che me lo ricordo, come dimenticare Kudo-kun che prova a baciarti e si fa distrarre dall’ennesimo cadavere? », Shinichi le lanciò un’occhiata di fuoco.
Quanto la odiava. A volte desiderava riverlarle di Conan solo per tapparle finalmente quella dannata bocca.
« Insomma, quello che voglio dire è… esattamente, cosa è cambiato rispetto a prima della gita? », buttò lì Sonoko, nascondendo una risatina.
Ran aprì la bocca di scatto per ribattere, ma non le uscì niente.
Shinichi la guardò aspettandosi perlomeno una risposta a tono, che non arrivò mai. Un pò indignato provò a prendere parola lui, ma quando si mise a pensare, non gli venne veramente in mente nulla.
Calò un silenzio divertito fra i tre, e infine Shinichi e Ran si riguardarono sorpresi.
Sonoko, alla vista del loro evidente disagio, rise.
« Uscire, uscivate anche prima », prese un foglio di carta, e iniziò ad annotare, sotto lo sguardo imbarazzato dei due.
« Acquario, Tropical Land… »
« Indimenticabile quello », borbottò Shinichi, guadagnandosi una gomitata da Ran.
« Stavate sempre appiccicati anche prima », continuò scrivendo maldestramente.
« Non vi siete mai fidanzati con altri… ».
Ran e Shinichi la fissavano perplessi, chiedendosi dove volesse andare a parare.
« Vi scambiavate occhiate pervertite anche prima… », continuò senza freni.
« Sonoko, qual è il punto?! », sbottò Ran.
Sonoko sospirò divertita, guardandoli.
« Secondo i miei calcoli, voi due siete fidanzati da esattamente quindici anni », esclamò, attirando qualche occhiataccia dagli altri presenti in biblioteca.
« Peccato che non ve ne siate mai accorti », concluse mettendo un bel punto ai suoi appunti.
« Mentre la sottoscritta ve lo sta dicendo dall’asilo ».
Ran e Shinichi la fissarono ulteriormente, e per una volta non trovarono nulla da ribattere.
Era assurdo, ma in quel momento Sonoko Suzuki non aveva tutti i torti.
Arrivando a quella buffa considerazione entrambi, si guardarono e trattennero le risate.
« Anche se spero che almeno qualche bacetto in più ora ve lo diate ».
Le risate si interruppero, lasciando spazio a un rossore incrollabile.

***
 

Sorrise contro le labbra di Shinichi, e questo se ne accorse con non poca diffidenza.
« Ti faccio ridere? », le disse, guardandola quasi offeso. Lei si accorse del momento poco consono per ridere, lei esattamente addosso a lui fra le sua gambe, e le mani ancora a vagabondare sulla sua schiena. Si schiarì la gola, staccandosi leggermente da lui.
« No, è che pensavo… », cercò di salvare il salvabile.
« Insomma, quando eravamo piccoli pensavi che saremmo finiti così? ».
Shinichi la guardò, chiedendosi perché esattamente aveva dovuto interrompere un momento così con un’uscita del genere.
« Ehm, no. A quattro anni uno non pensa esattamente a questo ».
Ran sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
« Niente, scusa, è che sono un pò nervosa ecco », ammise, appoggiandosi al suo petto, per evitare il suo sguardo. Sentì Shinichi rilassarsi un poco, per poi accarezzarle la testa.
« Non c’è nulla per cui esserlo », le disse piano. « Non siamo obbligati proprio oggi ».
Ran alzò lo sguardo verso di lui, che la stava guardando dolcemente.
Da quando era tornato era così dolce che faticava quasi a riconoscerlo. A volte pensava che quel brutto scherzo del destino che lo aveva fatto diventare Conan, gli avesse fatto davvero bene. Lo aveva fatto crescere, maturare, e, anche se non si osò mai dirlo ad alta voce, decisamente lo preferiva così. Era diventato un uomo, ad una velocità che l’aveva travolta una volta che tutto era tornato alla normalità.
Sorrise. Conan aveva fatto bene a tutti, dopotutto.
E probabilmente aveva fatto bene anche ai loro sentimenti. Ci avrebbe scommesso che, se non avessero maturato i loro sentimenti in quel periodo di distanza, probabilmente non avrebbero realmente compreso cosa provavano l’uno per l’altro. La cotta si era lentamente trasformata in amore, senza che nessuno dei due potesse accorgersene.
« A cosa pensi? », le chiese incuriosito, dondolando la testa da un lato.
« Sei carino », ammise lei, imbarazzata. Shinichi divenne rosso, e non riuscì a ribattere.
« Anche quando arrossisci », rise lei, togliendogli un ciuffo da davanti gli occhi.
Il tocco della sua mano sul viso mosse nuovamente qualcosa dentro di lui.
Se doveva proprio essere sincero, anche se le aveva appena detto che no, non erano obbligati a fare chissà cosa quel giorno, in realtà ogni centimetro del suo corpo la pensava diversamente. Sentiva la necessità di averla per sé, un bisogno così forte da fargli male. Diavolo, perché aveva dovuto interrompere quel momento?
Ma sopratutto, perché la sua mente così ragionevolmente razionale non voleva collaborare con lei nei dintorni, ultimamente? Ormai era un tumulto di emozioni a muoverlo, a fargli desiderare così ardentemente la sua ragazza. E dopo ciò che lei gli aveva detto quel pomeriggio, era ancora più difficile resisterle.
Probabilmente il suo stesso viso lo tradì in quel preciso momento in cui la fissava, perché lei lo fissò un pò intimorita.
Shinichi l’aveva paralizzata in uno sguardo così profondo che si sentì avvampare. Gli si leggeva negli occhi che avrebbe voluto altro, da lei quel giorno.
Non l’aveva mai guardata così prima, e nel vederlo così si sentì quasi compiaciuta di potergli sortire quell’effetto.
Shinichi Kudo che perdeva ogni barriera, ogni razionalità, solo per lei. Doveva ammettere che si sentì potente, in quel momento.
E prima che potesse rendersene conto, lui l’aveva riavvicinata a lui baciandola senza alcuna traccia di dolcezza, stritolandola in un abbraccio che le tolse il respiro.
Ogni pensiero o nervosismo si dissolsero, mentre le sue mani si mossero velocemente sotto la sua maglietta, e quelle di Shinichi alla sua cravatta. Gliela sciolse velocemente, per poi sbottonarle i primi tre bottoni della camicia.
Ran gli accarezzò la schiena, finché la sua pelle liscia lasciò il posto a qualcosa di ruvido e superficiale.
Ran sobbalzò, sgranando gli occhi. Shinichi fece un gemito leggero, guardandola spaesato.
Gli aveva appena toccato la cicatrice.
Dall’incidente non gliela aveva mai vista. A dire il vero, Shinichi aveva sempre evitato di poter fare in modo che lei la vedesse, anche per sbaglio.
Improvvisamente sentirla sotto le sue dita la spiazzò. Si morse un labbro, mentre lui allentava la presa sulla sua camicia.
« T-ti ho fatto male? », domandò lei. Lui rise piano.
« Non mi fa male », spiegò semplicemente.
« Scusa, io non volevo… ».
« Ran », Shinichi assunse un tono deciso, premendole le mani nelle sue nuovamente. « Non ti devi scusare di niente ».
« Ma se la hai è per col- ».
« Non è colpa di nessuno », la interruppe asciutto. « Se non mia che quel giorno ti ho lasciata sola, per inseguire qualcuno di davvero troppo pericoloso », concluse, secco. Ran lo fissò.
« E, se non li avessi seguiti, nessuno ti avrebbe puntato una pallottola alla pancia », finì, con voce incrinata.
Sentiva il senso di colpa nella sua voce, e si ricordò di quando quello stesso senso di colpa l’aveva travolta in ospedale. Abbassò il volto, rendendosi conto solo in quel momento di avere il reggiseno decisamente in bella vista. Avvampò, cosa che non passò inosservata a Shinichi, in quale sospirò e lentamente iniziò a richiuderle la camicia. Lei lo guardò spaesata.
« Oggi non è decisamente giornata, non trovi? », rise. « Piuttosto, ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa? », propose con un sorriso, allontanandosi da lei.
Non sentirlo più vicino fu quasi doloroso per lei, ma effettivamente forse quella era l’idea migliore.
« Ramen? », propose, voltandosi anch’essa con un sorriso.
Shinichi annuì, porgendole la mano. Lei la prese, e insieme uscirono dalla libreria.
E, anche se per tutta la cena, flash di loro due così avvinghiati li perseguitarono fino a quando si salutarono, cercarono di non darlo a vedere.

Almeno, Sonoko sarebbe stata contenta, pensò Ran tornando a casa.
Qualcosa fra di loro, rispetto a prima della gita, era finalmente cambiato.

   
 
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