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Autore: Crudelia 2_0    29/03/2020    8 recensioni
«Ginny» iniziò tormentandosi le mani e senza avere il coraggio di guardare l’amica «non metterò quell’abito, è troppo piccolo».
«Ma che dici, Hermione? Abbiamo la stessa taglia» Ginny la guardava con le sopracciglia corrugate, uno strano presentimento aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
«C’è un motivo se ho scelto di non frequentare Hogwarts il prossimo anno e dare soltanto gli esami».
«Lo so. Non mi hai ancora voluto dire di cosa si tratta, ma so che c’è un motivo» sussurrò Ginny. All’improvviso sostenere quella conversazione ad alta voce era diventato troppo difficile.
«A villa Malfoy, dopo che Bellatrix aveva finito con me, mi ha dato in mano a Greyback » disse Hermione con tono incolore.
«Sì» rispose Ginny con la bocca asciutta. Incrociò lo sguardo dell’amica e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non aveva finito, ma già aveva capito.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Note; nuovo capitolo amici! Prima di tutto, ringrazio ancora Missandei9216, che corregge i miei errori,e poi tutti voi: il calore con cui accogliete la mia storia mi riempie davvero il cuore in questi momenti difficili.
Passando a noi, questo capitolo è una specie di spartiacque, un “fine prima parte” potremmo dire (ma non temete, non ci stiamo ancora avvicinando alla fine). Quindi, come al solito, se volete farmi sapere il vostro parere è sempre ben accetto!
Un grande abbraccio,
Crudelia
 
 
 
 
 
Sulla buona strada
 
 
 
 
Avrà la febbre per i prossimi giorni, così si era congedato. Hermione aveva risposto dispiaciuta, perché Kathleen si sarebbe persa gli ultimi giorni d'asilo.
«Vorrei partecipare alla creazione della pozione, professore» così l'aveva fermato. In quel momento la sua preoccupazione non era ricevere una risposta negativa, ma sapere se si era rivolta a lui con il giusto appellativo. Non aveva mai chiamato con tanta formalità nessun uomo che aveva baciato. Ma si poteva chiamare bacio, il loro?
Un bacio mancato, piuttosto.
Ma era bastato. Era bastato a ricordarle che sì, era una madre, ma prima di tutto una donna, che sì, aveva dei desideri e, soprattutto, che il tocco di un uomo le era mancato. Non se n'era accorta, prima.
Aveva impiegato più di due anni, dopo la nascita di Kathleen, per affrontare il problema. Ron si era offerto di crescerla come sua figlia, ma Hermione aveva rifiutato, terrorizzata dalla parola moglie e dai doveri che ne conseguivano. Era stata Ginny, come al solito, ad aiutarla nel suo modo quasi invisibile, ma essenziale. Le aveva presentato un collega, un giocatore di Quidditch irlandese appena uscito dalla scuola. Hermione l'avrebbe scoperto solo in seguito che era più giovane dei vent’anni che le aveva dichiarato, ma in quel momento non le era importato. Non era stato un amplesso sconvolgentemente piacevole, ma le guance sbarbate e le mani morbide del ragazzo le avevano ricordato che non tutti gli uomini erano bestie orribili. Buona parte, forse, ma non tutti. Non si era neanche preoccupata di informarlo della bambina che la attendeva dormendo, affidata alle cure di un'altra donna amorevole.
C'erano stati altri uomini, dopo il giovane di cui si era anche dimenticata il nome. Uomini con cui aveva riscoperto il piacere di condividere una notte o qualcuna di più. Non aveva dimenticato Grayback, ma l'aveva messo da parte. Si era obbligata a farlo, per se stessa e per sua figlia.
Ciononostante, nessuna relazione era mai andata a termine. Tutti i tentativi si avviavano traballanti, qualcuno durava di più perché il lui in questione si sforzavano di piacere a Kathleen, ma Hermione aveva troncato i rapporti ogni volta: si sentiva a disagio, e non aveva bisogno dell'amore di nessun altro se aveva la sua bambina affianco.
Poi, era arrivato Severus. Lui non si era sforzato di piacerle (anzi, aveva cercato di allontanarla spaventandola), né aveva cercato di accattivarsi Kathleen. Aveva preteso professionalità e collaborazione, ma aveva ottenuto molto di più.
Erano solo sue impressioni, illusioni?
No, le sue carezze e il suo dito sulle labbra raccontavano una storia diversa. Le aveva sentite, le sue mani, tremare sulla sua schiena. Mani lunghe, eleganti, e dal grado di soddisfazione che aveva visto sul viso della donna che le aveva aperto la porta, la prima volta a casa sua, poteva solo immaginare i modi in cui era capace di usarle.
Comunque, sorprendendola, l'uomo aveva accettato di insegnarle ancora una volta. Sebbene ne fosse felice, Hermione non riusciva a non pensare che l'avesse fatto per togliersele di torno.
 
 
 
Le due settimane successive la fine dell'asilo furono per Hermione una ricerca continua di una routine che continuava a sfuggire.
Kathleen passava le mattine al campo estivo, saltuariamente alla Tana o da Andromeda, ma ormai, per l'esasperazione di Hermione, aveva deciso che le sue giornate non erano degne di essere vissute se non vedeva il professor Piton.
«Non è giusto che l'ultima volta che è venuto tu l'hai visto e io no, mamma!» sosteneva tutte le mattine mentre si vestiva, dopo aver scoperto che, anche quel giorno, i piani erano diversi dai suoi desideri.
«L'hai visto anche tu, ma non te lo ricordi» rispondeva, ogni giorno con un pizzico di pazienza in meno.
Ecco perché quando erano riusciti, infine, ad accordarsi per un giorno, erano ormai a metà luglio.
Kathleen (Hermione non aveva neanche pensato per un momento di escluderla, temeva che se avesse impedito alla figlia di vedere l'uomo si sarebbe trovata con una rivoluzione in casa, testarda com'era) si era preparata per il pomeriggio come se stesse andando in missione: cappellino con visiera per il viaggio, zainetto in spalla con quaderno e portapenne, merenda e acqua. Hermione riteneva il tutto eccessivo, ma non aveva cercato di dissuadere la bambina: doveva pur intrattenersi, mentre gli adulti preparavano la pozione, e non era sicuro per lei entrare nel laboratorio.
Nonostante quella notizia l'entusiasmo infantile non le era passato; aveva passato tutto il viaggio in metropolitana a parlare allegramente, una volta arrivata, si era praticamente fiondata sul campanello e quando la porta si era aperta aveva saltato di gioia.
«Ciao, Severus!» aveva gridato. Hermione aveva sorriso, sicura che se dall'altra parte ci fossero stati Harry o Ron gli sarebbe già corsa tra le braccia.
«Ciao, Kathleen» rispose calmo l'uomo, un angolo della bocca incurvato in un sorriso. Poi alzò gli occhi su di lei. «Hermione»
E lei si sentì sciogliere, al suono della sua voce. «Buongiorno, professore»
 
 
C'era una porta che si apriva su un balcone, vicino alla libreria. Kathleen lo sapeva perché l'aveva già vista, ma la volta scorsa era chiusa. Adesso, invece, era aperta, e avvicinandosi riusciva a sentire i rumori delle macchine che scorrevano al di sotto. Era più in alto del loro appartamento, quindi tutto era più interessante.
Avrebbe voluto uscire, ma per farlo avrebbe dovuto chiedere alla mamma, e non voleva disturbarla adesso che parlava con il professore. Le piaceva, il professore. Era intelligente come la mamma e, soprattutto, non la trattava come una bambina piccola.
La mamma le aveva promesso che le avrebbe aiutate con il loro problema con la luna (e l'aveva fatto!), ma le aveva anche promesso che, una volta risolto quello, sarebbero passate al secondo problema: trovare un papà. Il professore avrebbe risolto anche quel problema?
Kathleen sperava di sì. Sarebbe stato bello avere un papà così intelligente, che sapeva preparare tante pozioni e che assomigliava anche allo Stregone del suo libro. Certo, non sarebbe stato proprio il suo papà vero vero, ma poteva sempre accompagnarla a scuola e farle le foto durante le recite di danza. Come un papà vero, appunto.
E poi c'era ancora una cosa. Kathleen faceva finta di niente, ma se n'era accorta: Severus guardava la sua mamma proprio come lo zio Harry guardava la zia Ginny.
 
 
Hermione finì la frase portando gli occhi sulla figlia. Kathleen, poco più avanti, li stava fissando con espressione seria e contemplativa, la testa piegata da un lato.
«Tutto bene, Kat?» le chiese.
«Sì» rispose la bambina sbattendo le palpebre. Sebbene il tono fosse stato dei più innocui, Hermione la scrutò con gli occhi socchiusi. Kathleen era furba, ma non poteva ingannare la sua stessa madre. Quello sguardo e quel tono avevano un preciso significato: le era venuta un'idea.
Hermione sperò che non le avrebbe cacciate in una situazione imbarazzante.
«Ti ricordi cosa mi hai promesso a casa?» le chiese, sospettosa.
«Sì, mamma, di fare la brava» Kathleen rispose con un sorriso fin troppo smagliante. «Farò i compiti. Guarda: mi metterò qui!» E con espressione risoluta si sedette sulla poltrona che quotidianamente occupava l'uomo, sprofondando nel morbido cuscino di pelle. Scoppiò a ridere iniziando a frugare nel suo zainetto, Hermione scosse la testa.
 
 
Il laboratorio era semibuio, come la prima volta in cui ci era entrata, ma se l'era aspettato: la luce diretta del sole rischiava di danneggiare gli ingredienti.
Ciò che non si era aspettata era il comportamento dell'uomo, che le aveva preparato una postazione e consegnato un foglio con ingredienti e procedure da seguire, fine.
«Sei una strega adulta, saprai prepararti una pozione» si era congedato con tono pungente.
«Certo» aveva bisbigliato Hermione in risposta, ma lui si era già diretto dall'alta parte del tavolo a lavorare su qualcosa che sicuramente non le era dato sapere.
Hermione aveva osservato la pergamena che aveva tra le mani, non l'aveva giudicata troppo complicata (una curiosa variazione della Pozione Antilupo) e si era messa al lavoro.
Non le pesava il silenzio, eppure avrebbe voluto non essere trattata come un’estranea. O peggio, come qualcuno di cui non si sopporta nemmeno la presenza.
«Si è messa in testa di imparare a scrivere» disse quindi, riferendosi a Kathleen, cercando di avviare una conversazione.
Ottenne come risposta solo un mugugno che suonava del tutto disinteressato.
Strinse le labbra, dopo poco riprovò. «So che la Pozione Antilupo è un preparato illegale, spero che questo non le abbia procurato problemi» gli disse azzardando un'occhiata nella sua direzione. Reggeva tra le mani un mortaio, gli avambracci, lasciati scoperti, guizzavano ad ogni movimento delle mani, ma non la guardava.
«Ho fatto ciò che dovevo» rispose, secco, infastidito.
Hermione tornò al suo lavoro, stizzita. Voleva passare le successive ore in silenzio? Bene, l'avrebbe assecondato.
Con un colpo secco del coltello attaccò le radici che aveva precedentemente ordinato sul tagliere. Il taglio fu secco e rumoroso, come una scure, e metà delle radici caddero a terra per la violenza dell'impatto.
Piton alzò la testa di scatto, gli occhi fiammeggianti. «Solo perché ti ho messo a disposizione la mia dispensa, non significa che tu debba rovinarmi gli ingredienti, Granger» abbaiò.
«Oh, certo, Piton» rispose alzando gli occhi al cielo, sottolineando l’uso del cognome. Erano passati i giorni in cui la rabbia di un professore era in grado di terrorizzarla. Si era fatta influenzare dai suoi modi, ma non si sarebbe fatta prendere in giro.
Lui la guardò furibondo e lei sostenne il suo sguardo.
«Le ho chiesto di insegnarmi per non esserle di peso in futuro, ma se per lei è così fastidioso avermi intorno, me ne vado subito. Farò questa benedetta pozione da sola, e quando Kathleen sarà abbastanza grande le insegnerò come distillarla, grazie a questo foglietto che lei si è degnato di darmi!» concluse tutto d'un fiato agitando la pergamena nella sua direzione. Girò sui tacchi, decisa a non farsi dissuadere dai suoi occhi, e si diresse verso la porta.
«Hermione» sentì la sua voce alle spalle.
Che la chiamasse pure con quella voce calda e viscerale, con quel tono che suonava come una scusa, non si sarebbe fatta intenerire.
«Non siete un peso».
I piedi le si fermarono, come incollati al pavimento. La mano destra era già pronta sulla maniglia, ma non la abbassò, la sinistra stava stingendo così forte il foglio che sentiva le unghie premere contro il palmo.
Il cuore prese a batterle furioso nel petto, perché era esattamente quello che voleva sentirsi dire. Anzi, era anche qualcosa di più, perché lui aveva usato il plurale. Ma un’altra parte di lei, la parte della sua mente così determinata, da far decidere al Cappello Parlante che era meglio smistarla a Grifondoro, gridava con forza di non girarsi, di non cedere alla carezza della sua voce, di andarsene sbattendo la porta, e a mai più rivederci.
Strinse la maniglia con più forza. Bello, certo, ma Kathleen?
Può sopportare l'esistenza di un padre assente e criminale, sopporterà anche questo, bisbigliò la sua parte cinica. Ed era vero, Kathleen avrebbe capito, prima o poi. Ma lei sarebbe riuscita ad andare avanti dopo aver conosciuto il calore delle sue dita sulla pelle?
Inutile chiederselo, sapeva la risposta. Si voltò, senza avvicinarsi, le braccia incrociate sul petto. Lo vide vicino al suo calderone, intento a salvare il lavoro che aveva abbandonato.
«E non ho bisogno di insegnarti nulla, stavi facendo un ottimo lavoro»
Ed eccolo lì, il complimento che aveva cercato per sei anni. Era bella, l'approvazione. Così bella da farle saltare un battito e subito dopo inondarle le guance di calore.
Sciolse le braccia, ma non gli avrebbe dato soddisfazione. «Lo so» rispose.
Lui le lanciò un'occhiata, un angolo della bocca storto in un sorriso ironico, ed Hermione, guardandolo, poté sentire il muro delle sue convinzioni cadere.
«Perché ha accettato di insegnarmi, allora?» chiese. Si era avvicinata fino ad appoggiare il bacino sul lungo tavolo, al suo fianco.
«Perché me l'hai chiesto» rispose semplicemente, gettando la polvere nella pozione, che subito iniziò a sfrigolare. Hermione era tanto vicina che se avesse allungato una mano l'avrebbe toccato, ma si trattenne, con forza. Si staccò dalla postazione di lavoro e iniziò a camminare per il laboratorio, iniziando a capire perché aveva suscitato tanto entusiasmo nella figlia.
L'uomo si schiarì la gola. «In ogni caso, funzionerà meglio se sarai tu a prepararla»
«Perché?» chiese quasi distrattamente.
«Kathleen si fida di te» rispose. C'era davvero un pizzico di rammarico nella sua voce o se l'era immaginato?
Tornò al suo fianco e, con la scusa di porgergli il prossimo ingrediente, gli toccò deliberatamente la mano.
«Si fida anche di te,» aspettò di incontrare i suoi occhi «Severus».
Nell'immobile silenzio che seguì Hermione poté sentire le macerie nella sua mente essere polverizzate e spazzate via. Si era innamorata, addio buon senso.
Piton scivolò dalla sua mano e distolse lo sguardo, quando tornò a prendere il coltello lo fece con tanta forza, da far sbiancare le nocche. Per un attimo, Hermione temette che l'avrebbe colpita, ma lui ricominciò a tagliare, la mascella contratta.
Ritenendo più prudente allontanarsi, ricominciò l'attività precedente.
Gli ingredienti erano catalogati in un ordine che le sfuggiva, apparentemente illogico, ma dubitava fosse davvero così. Alla base di ogni barattolo c'era un'etichetta su cui, con la sua calligrafia magra e obliqua, aveva annotato nome e quantità. Hermione seguì le etichette con un polpastrello, finché non si imbattè in qualcosa di insolito.
Amazzonia; febbraio-aprile 2003
«Oh» si lasciò scappare dalle labbra. L'etichetta era posizionata sotto un sasso, ma era in realtà un ricordo. Hermione ne vide altri, perfettamente datati: India, Africa, Perù, perfino Artico. Erano ricordi dei suoi viaggi.
Pensava di non poter essere più sorpresa, ma poi la vide: una foto. Era attraversata a metà da una linea frastagliata, segno che tempo prima era stata strappata e poi aggiustata, e rappresentava un Severus giovane come mai avrebbe immaginato di vederlo, a fianco ad una donna. Hermione impiegò due secondi netti a capire che era sua madre.
«È l'unica foto magica che ho di lei» Si voltò di scatto, trovandoselo a fianco. Non l'aveva sentito avvicinarsi.
«Tutti abbiamo una foto del giorno del nostro diploma» sussurrò. Anche lei ne aveva una, in salotto.
«Ma penso di essere stato fortunato» iniziò l'uomo catturando i suoi occhi. «Io l'ho fatta in compagnia di mia madre»
Hermione impallidì. «Come-?» Fece mezzo passo indietro, come se l'avesse colpita fisicamente. «È stata Kathleen?» riuscì a chiedere, quasi senza voce.
Piton scosse la testa. «Non volontariamente. Mi ha detto che erano dentisti. Erano» sottolineò il verbo al passato in risposta alle sue sopracciglia corrugate.
Hermione si passò una mano tra i capelli. Era sempre doloroso, parlare dei suoi genitori. «All'inizio era difficile trovare un modo per andare in Australia» iniziò a spiegare. «Dovevo organizzare la mia vita e l'arrivo di Kathleen. Poi lei è nata e...» sbuffò, agitando una mano come ad indicare che ormai non era più importante. «Ci sono un sacco di problemi con un bambino piccolo. Per fortuna Molly è stata disposta ad aiutarmi, io... non so proprio cosa avrei fatto senza di lei» concluse.
Lui annuì senza guardarla con compassione, solo comprensione. Hermione si sentì invitata a continuare.
«Ma va bene così, loro sono felici nella terra in cui avrebbero voluto vivere. E poi non so se avrebbero retto il colpo di una nipotina come Kathleen» lo guardò eloquente, non c'era bisogno di spiegare di più.
Piton annuì di nuovo, le mani affondate nelle tasche. Fu nella rilassatezza della sua posa che trovò il coraggio di chiedere.
«Lei... tu, invece?»
Subito lo vide irrigidire le spalle, poi una risata sarcastica lasciò la sua bocca. «Siamo in vena di confessioni, mh?» Ma c'era una tale amarezza nella sua voce che Hermione non trovò risposta, se non uno stringersi nelle spalle.
«Non c'è molto da dire. Se n'è andata, Granger» disse con sguardo malinconico rivolto alla foto, ma non le sfuggì che aveva parlato al singolare.
Chinò lo sguardo, notando quanto fossero vicine le loro mani. «Hermione» lo corresse prendendogli il palmo caldo con il proprio.
Lui la guardò con un lampo di sorpresa negli occhi. «Hermione» le concesse, prima di stringerle le dita.
 
 
 
«Dunque, fammi vedere se ho capito. Non la vedi per anni, lei si presenta a casa tua e tu fai finta di volere del sesso in cambio del tuo aiuto così lei se ne va, ma lei torna con un soldo di cacio di figlia, tu accetti e finisci non solo per affezionarti alla bambina, ma anche per innamorarti della madre. Dico bene?»
«Salazar, Lucius! La fai apparire ancora peggiore di com’è» disse Severus, reclinando la testa sulla morbida poltrona e nascondendo gli occhi sotto la mano. Fece un sospiro tanto profondo da sconquassargli gli organi, ma Lucius si fece una grossa risata.
«Mi hai chiesto aiuto, cercavo di capire» rispose Malfoy con un finito tono innocente. Il sorrisetto sulle sue labbra, però, raccontava che si stava divertendo un mondo.
«Bastardo» disse tra i denti Piton. Poi, ancora senza degnarlo di un'occhiata, allungò il bicchiere. «Versa» intimò.
Lucius si allungò verso l'amico e gli riempì il bicchiere con la professionalità del buon padrone di casa esperto. «Ed ecco come, il grande Severus Piton, Ordine di Merlino di Prima Classe, braccio destro dell'ormai fu Signore Oscuro e spia del famoso Albus Silente, affronta i problemi»
Severus fu tentato di rispondere con un altro insulto, ma preferì riempirsi la bocca in altri modi.
 
   
 
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