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Autore: Violet Nike    01/04/2020    0 recensioni
Per un momento la stanza si gelò e con essa il sangue nelle mie vene, era così seria che temevo realmente potesse parlare sul serio e la cosa non era per nulla positiva; ma poi la sua risata allegra ruppe il gelo e io lasciai correre il discorso salutandola... Non l’avrei mai più vista.
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È giunto il momento di dirti quello che avrei dovuto dirti cinque anni fa. Siediti, ti prego. Saprai tutto. Ti chiedo solo un po' di pazienza. Avrai modo di urlare...di fare quello che vuoi...quando avrò finito. Non te lo impedirò.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Theodore Nott, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La mattina arrivò in fretta, dalle tende della stanza un raggio di sole filtrò illuminando la scatola abbandonata sul pavimento creando uno strano gioco di luci riflettendosi sulla chiave dorata, gli occhi chiari di Aletheia si schiusero debolmente ancora persi nel mondo dei sogni mentre uno sbadiglio sonoro prorompeva dalle sue labbra; ci volle qualche attimo prima che il suo cervello ricollegasse gli avvenimenti della sera prima ricordandole che non era nel luogo che l’aveva custodita negli ultimi otto anni, quando finalmente ricordò tutto si alzò di scatto seduta sul letto con gli occhi sbarrati e la sensazione di voler vomitare. Non era sicura di cosa dovesse fare così, quando alla porta qualcuno bussò per entrare quasi immediatamente, rimase a fissare la creaturina che le porgeva un’ampolla con un liquido violaceo. “La padrona le manda questo per i vostri capelli, vi invita a indossare uno degli abiti che troverete nell’armadio e a raggiungere i padroni nella sala da pranzo per la colazione.” Era servile e intimorito, non la fissava mai negli occhi e quasi tremava, i pochi indumenti che portava erano sporchi e le mani verdognole erano coperte da bende per un qualche tipo di ferita, le orecchie a punta sporgevano dalla sommità del capo rendendo la scena tristemente buffa. “Come ti chiami?” Le giovane non aveva idea di cosa avesse di fronte e nemmeno di come si dovesse comportare a riguardo, così aveva usato cortesia mentre la creatura scompariva oltre la porta senza risponderle: tutti in quella casa avevano il vizio di sparire senza rispondere, forse era finita in qualche tipo di setta.  

Scrollò la testa appena spazientita, se voleva risposte doveva seguire le istruzioni appena fornitele e quindi raggiungere quella strana famiglia per fare colazione. Con l’ampolla in mano raggiunse il bagno privato dove asciugamani morbidi l’attendevano appoggiati su superfici di marmo, la vasca era posta contro il muro laterale ed era di forma ellittica il rubinetto era finemente lavorato di un bel color oro così come per i lavabi posti di fronte allo specchio, una finestra dai vetri satinati faceva entrare la giusta quantità di luce mentre dell’incenso riempiva la stanza col suo profumo. Affascinata si tolse la veste bianca e quella scomoda biancheria che le avevano dato al centro, poi si immersa nella vasca già colma di acqua calda avvertendo ogni singola cellula del suo corpo fremere strepitante per quella sensazione che da troppo tempo le mancava; si prese qualche attimo, sprofondò completamente sott’acqua con gli occhi chiusi ed i rumori ovattati, tutto ciò che poteva percepire era il suo cuore palpitante e la sensazione di leggerezza, sarebbe rimasta così per un tempo infinito se la sua mente iperattiva non avesse chiesto risposte. Riemerse decisa a non perdere ulteriore tempo, afferrò l’ampolla e dopo averla stappata la versò sui lunghi capelli massaggiandosi la cute e le lunghezze mentre una strana schiuma viola le copriva la massa informe; quando ebbe finito si risciacquò e finalmente uscì dalla vasca coprendosi con uno dei grandi asciugamani mentre frizionava i capelli in un secondo asciugamano, mosse qualche passo verso la stanza per potersi vestire e rimase sconvolta dal suo riflesso: i lunghi capelli dai vari colori erano spariti lasciando posto ad una lunga chioma fluente di capelli corvini, neri come la pece, nonostante i repentini cambi di colore era sicura di avere i capelli biondi. Era una magia?  

Nonostante i capelli fossero ancora umidi, quasi bagnati, decise di vestirsi e scendere; fra tutti gli abiti proposti uno le era subito saltato all’occhio, era una lunga tunica di un bel verde che le arrivava fino ai piedi, le maniche erano strette e finivano ai polsi mentre lo scollo era a barchetta con un bordo alto ricamato di un verde più chiaro, in vita si stringeva appena seguendo la normale fisionomia femminile e slanciandola. Vi abbinò un paio di ballerine basse, dato che tutte le altre scarpe erano dotate di tacchi alti, e si rimirò nello specchio un paio di minuti con un sorriso vittorioso: non sembrava più la sfortunata paziente di una clinica per malati mentali pericolosi, neon sembrava più la nipote non voluta di due anziani e burberi signori, non sembrava più la ragazza che era, sembrava una persona nuova pronta a prendere le redini della sua vita. Scese finalmente le scale, pronta a conoscere quella famiglia un po’ strana, e raggiunse la sala da pranzo cercando di trovare qualche spiegazione nel mobilio della casa; nel lungo tavolo di mogano la donna ed il ragazzo sedevano l’uno di fronte all’altro consumando la loro colazione in rigoroso silenzio mentre a capo tavola un signore dai corti capelli biondi leggeva il giornale, accanto a sé un bastone dall’impugnatura a teschio d’argento, la tazza di tè che gli stava di fronte aveva un cucchiaino che girava da solo seguendo il gesto di un dito affilato dell’uomo.  

Rimase per qualche minuto ferma all’entrata osservando quella scena gelida prima che la voce secca del padrone di casa la interpellasse. “Siediti. Non vuoi unirti a noi per fare colazione?” Aletheia gli scoccò un’occhiata decisa inarcando un sopracciglio, fece qualche passo avanti avvicinandosi all’uomo senza timore e quindi rispose senza fronzoli con decisione. “Mi avete portata via da dove stavo senza dirmi assolutamente cosa volete da me o perché io sono qui.” Il giovane e la donna si bloccarono voltandosi a guardare la ragazza che non aveva alcuna intenzione di cedere, l’uomo abbassò il giornale per guardare la nuova arrivata gli occhi antracite come il figlio la squadrarono come fosse nuda ma Aletheia non si lasciò intimorire. “Qualcuno ci ha chiesto di portarti via dal luogo dove stavi, fra qualche ora arriveranno per parlarti e spiegarti cosa vogliono. Intanto puoi decidere se mangiare ed aspettarli oppure se preferisci essere riportata in quella bella struttura.” Nonostante la fermezza e la velata minaccia, Aletheia colse un bagliore di apprensione nella voce dell’uomo che comunque non le aveva dato risposte chiare; sospirò infastidita andando quindi a prendere posto dove un piatto ed una tazza erano stati preparati per lei, dei croissant fragranti erano posati su un vassoio argentato mentre nel porta frutta di vetro una pesca rossa spiccava fra i normali frutti, dalla tazza del tè verde fumava. Non prestò nemmeno bado a come cominciò a mangiare frugale ciò che aveva attirato la sua attenzione, il suo cervello continuava a ragionare su tutto ciò che stava vivendo ed al suo passato: l’immagine del cucchiaino che si muoveva da solo e di quello spostamento istantaneo si sovrapponeva al suo ricordo dei nonni immersi nelle fiamme, le nozioni apprese nei libri sembravano spiegare ciò che stava vivendo tanto che parlavano anche di quella strana creaturina che continuava a servire i tre padroni di casa. 

Fu quando i suoi occhi videro la foto del giornale muoversi con una scritta che parlava di una serie di attacchi che il suo cervello capì: per tutti quegli anni non era riuscita a spiegarsi ciò che era accaduto, per tutti quegli anni era convinta che si fosse immaginata cose o che addirittura avesse rimosso particolari. “Ho dato fuoco ai miei nonni.” Lo aveva detto senza prestare bado al fatto che non fosse sola, finalmente i pezzi cominciavano a quadrare incastrandosi perfettamente, i commensali infatti si girarono a fissarla perplessi mentre lei lentamente lasciava uscire una risata inquietante.   

  
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